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Autore: LeanhaunSidhe    09/08/2019    6 recensioni
La lama brillava ed era sporca. Imuen girò il taglio della falce verso la luna e ghignò incontrando il proprio riflesso. Si sentiva di nuovo vivo. Non distingueva il rosso dei suoi capelli da quello del sangue dei suoi nemici. La sua voce si alzò fino a divenire un urlo. Rideva, rinato e folle, verso quel morto vivente che era stato a lungo: per quanto era rimasto lo spettro di se stesso? Voleva gridare alla notte.
È una storia con tanto originale, che tratta argomenti non convenzionali, non solo battaglia. È una storia di famiglia, di chi si mette in gioco e trova nuove strade... Non solo vecchi sentieri già tracciati... PS: l'avvertimento OOC e' messo piu' che altro per sicurezza. Credo di aver lasciato IC i personaggi. Solo il fatto di averli messi a contatto con nemici niente affatto tradizionali puo' portarli ad agire, talvolta, fuori dalla loro abitudini, sicuramente lontano dalle loro zone di comfort
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aries Kiki, Aries Mu, Aries Shion, Cancer DeathMask, Nuovo Personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Ballata dei finti immortali'
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Note: il pezzo in corsivo in mezzo è un flash-back. Non so se stona in mezzo ad una scena di battaglia... Ci ho provato comunque.Non so poi se come scena di guerra sia almeno lontanamente passabile. Avverto fin d'ora che, se i casini saranno troppo grossi, il capitolo potrebbe anche essere rivisto in seguito. Per chi legge: abbiate pietà.

 

Erano stati sbilanciati dal tremore del terreno che franava sotto ai loro piedi. Il boato della stele che si sgretolava vibrava nello stomaco e nelle tempie. Le schegge che si erano staccate durante l'esplosione li avrebbero scarnificati vivi, come un vortice di aghi e lame, se la barriera non fosse stata innalzata a dovere. Seleina e Tabe avevano aumentato il controllo su quelle creature, che loro chiamavano anime dell'acqua, e non cra stato possibile ad uno solo di quei frammenti carichi di malvagità passarci in mezzo. Venivano arrestati nella loro corsa, dispersi nel liquido, congelati. Allora, ricadevano come piccoli pezzi di ghiaccio inerti attorno ad ognuno di loro.

 

Haldir aveva attraversato il turbinare della pietra con un balzo, come un lampo che saetta nel temporale notturno. Il liquido trasparente che circondava tutti si aprì permettendogli di atterrare vicino al gemello e si richiuse appena dopo il suo passaggio. Si era alzato lentamente, da chino che era sceso. Le gocce disegnavano il profilo della sua corazza e si incanalavano nelle incisioni runiche lungo i bordi, celate dalla fioca luce azzurra che queste emettevano.

Aveva iniziato immediatamente ad accumulare gran parte del potere nelle mani e, da li, a farlo fluire nelle lame che impugnava. Le sue spade brillavano. Dalle aure congiunte dei gemelli e del seguace di Haldir scaturì allora un colpo prodigioso, che rischiarò per lunghi secondi l'ambiente circostante, rivelando la pietra bianca e scintillante di cui erano composte molte delle stalattiti ormai rovinate. Un attimo solamente, prima che Zalaia accennasse all'Altare di seguirlo e si tuffassero nella scia di quel fulmine. Appena la luce si disperse, anche loro sembravano spariti con essa.

 

Tra i cavalieri d'Oro, Aphrodite stringeva tra le dita una rosa bianca. Spostò lo sguardo alla moltitudine di avversari che prendeva forma davanti ai suoi occhi. Si chiedeva di che colore sarebbero diventati i petali del suo fiore, appena l'avrebbe infilzato nel petto di uno di quegli esseri. Strizzò le palpebre, riabituandosi a vedere in quella penombra, mentre la polvere si placava e le ultime schegge rotolavano più lente, col rumore della pietra che batte sopra altra pietra.

Le fiammelle semoventi che fluttuavano nell'indistinto iniziavano a tremolare in visi deformi, in parte decomposti, che ringhiavano e ed erano calamitati verso di loro, come la spuma che costeggia l'avanzare dell'onda fino a che muore sulla battigia. Dall'alto, le orbite vacue dei demoni che li studiavano sembravano formare nastri laceri che nascevano dalla base della stele distrutta per infrangersi all'origine dello spuntone che ospitava gli alleati e li separava dagli oppositori, come il mare quando sbatte su una scogliera a picco e non può raggiungere la riva. Poi, il moto apparentemente scoordinato dei piccoli gruppi di quella moltitudine aveva iniziato a prendere ordine, per tornare ad essere uno. Era stato un grido sibilante, crescente in intensità, che aveva atterrito ognuno di loro, anche il più sprezzante. Era l'urlo di guerra dei Dunedain perduti ormai svegli. Lo scrosciare dell'acqua risuonò come un boato. La barriera che li aveva protetti durante l'esplosione cadeva, lasciandoli apparentemente inermi. Imuen roteò su se stesso brandendo la falce. Il sangue marcio di cinque avversari gli colorò fronte e gote, mentre il mantello finiva la giravolta. Aveva aperto le danze.

 

 

In mezzo a quel pandemonio di metallo che cozzava e grida di guerra, Seleina aveva indietreggiato istintivamente di un passo, provando l'impulso di tapparsi gli orecchi e fuggire via.

Appena l'aveva vista atterrita, Mu aveva realizzato che non era pronta. Non ci aveva nemmeno pensato, prima di correre in suo aiuto. Aveva evitato che le nuocessero facilmente. Appena aveva scansato l'arma diretta alla testa di lei, si era reso conto che era cambiato qualcosa nella ragazza. In qualche modo, era come se le avesse donato il coraggio di cui avesse avuto bisogno.

Il clangore della lama disarcionata al volo dalla sua mano aveva fatto scattare qualcosa in lei. L'odore del suo sangue l'aveva trasportata in uno stato di trance. Lei aveva inspirato. Un attimo dopo la sua spada saettava nella mischia. Come quelle di Tabe, ne aveva atterrati quattro. Coperta di sangue come chiunque altro, bianca e rossa come la spada. In pochi attimi, non c'era più differenza tra la ragazzina ed un altro guerriero.

 

 

 

Trovandosi accerchiato da troppe di quelle figure, Death Mask impiegò meno di un secondo a lanciare la sua tecnica migliore e spedirle lontano da sè, in un posto da cui non sarebbero potute tornare facilmente. Compiaciuto, aveva teso le labbra nel suo sorriso migliore, prima che gli ricomparissero davanti dopo pochi minuti. Iniziando a rendersi conto della reale necessità della loro presenza in quella situazione, si apprestava a ripetere la stessa operazione di poco prima, quando fu costretto a scartare di lato: Tabe aveva rischiato di essere risucchiato verso la costellazione di Presepe, nel suo precedente intervento, vista breve distanza a cui si trovavano ad agire. Lo spadaccino, stizzoso, aveva estratto dal suolo le spade a cui era stato costretto a trattenersi come appiglio di fortuna. Gli aveva sibilato di stare più attento a dove direzionava i suoi colpi, se non voleva finire sotto la traiettoria dei suoi. Era una delle tante questioni che dovevano affrontare: dosare la potenza per essere efficaci senza nuocere i vicini. Era un modo diverso dallo duello in campo aperto. Sbuffando, il cavaliere del Cancro diede le spalle a tutti i suoi compagni, umani e non. Lanciò nuovamente gli Strati di Spirito alla maggiore potenza che riusciva. Per un po', davanti a lui si creò il vuoto. Si guardò attorno. Tutti i cavalieri d'Oro erano impegnati in modo simile a lui: a cercare di annientare quelle cose che puntavano ad ucciderli e rivivevano in fretta, senza nuocere a chi era prossimo. Si chiese quanto avrebbero potuto resistere a quel modo. L'Altare e suo figlio avrebbero dovuto fare in fretta. Quelli che comunque ne abbattevano di più e con minor fatica erano i domatori gemelli, che sembravano distruggerne una gran quantità ad ogni minimo movimento. Il gigante bianco, in particolare, si muoveva il meno possibile ma, quando lo faceva, era per infliggere il maggior danno. Era come se potesse scatenare gli elementi con un gesto. Al suo comando, infatti, acqua ed aria rispondevano impetuose, come vortici che si liberassero dal palmo delle sue dita e morissero nel vuoto, portandosi dietro decine di oppositori. Nessuno riusciva ad avvicinarsi a lui, soprattutto quando univa l'azione di quei turbini al taglio delle sue spade. Doveva trattarsi di un potere simile a quello che i suoi seguaci avevano usato per erigere la barriera. Semplicemente, lui se ne serviva anche per attaccare.

 

Troppo impegnato con tre decisamente più veloci degli altri e non avevano sentito il dolore causato dal primo scarlett needle ma si erano arrestati solo dopo averne ricevute almeno cinque a testa, Milo di Scorpio teneva il conto di quanti ne avesse abbattuti fino a quel momento: era a quota trenta. Peccato si rialzassero quasi subito. Con Camus si erano già aiutati a vicenda un paio di volte, abbattendo i rispettivi avversari perchè in posizioni più favorevoli. Tra cavalieri d'oro avevano iniziato a disporsi ognuno alle spalle dell'altro, a formare quasi un cerchio, non troppo vicini da infastidirsi a vicenda, ne troppo lontani da permettere ai nemici di infilarcisi dentro e coglierli alla sprovvista. Soprattutto, gli spadaccini di Haldir, velocissimi ma dotati di colpi meno efficaci, si intrufolavano in mezzo a loro, calcolando l'attimo esatto in cui scattare o attaccare sulla corta distanza. Camus gli sembrava attento al loro stile, per quanto gli fosse concesso in un frangente del genere.

 

 

Per Camus, maestro delle energie fredde, le tecniche della figlia di Cristal erano assurde. Perchè con la spada era agilissima ma era una continuo rigirarsi, una sequenza forsennata di salti acrobatici e passi di danza che avrebbe dovuto condurre al capogiro un ballerino piuttosto che ad atterrare un avversario. Non c'era niente dell'arte nitida e precisa di Capricorn con Excalibur.

Nei momenti invece in cui avrebbe dovuto correre, la ragazza rimaneva immobile, scartando all'ultimo istante prima di prendere in pieno il colpo dell'avversario. Camus non riusciva a credere che riuscisse comunque a salvarsi ogni volta ed aver avuto la meglio parecchi nemici. Si chiedeva se fosse qualcosa di studiato per essere imprevedibili o semplicemente fortuna. Quando la giovane si trovò davanti uno più alto di lei di almeno un metro e la vide letteralmente usare il ginocchio piegato di quello come appiglio per saltare e conficcargli la spada nella giugulare con una capriola al volo, si rassegnò al fatto che non fosse caso. Il corpo mezzo congelato del nemico era caduto in pezzi prima di sparire e poi rianimarsi.

Le si era avvicinato, a chiederle da chi mai avesse imparato a battersi in quel modo. La ragazza sembrava non aver colto il senso di leggero scherno e preoccupazione celato dalla sua domanda od ignorarlo apertamente, come un avvenimento di scarsa importanza. Aveva indicato l'altro spadaccino magro. Camus vide quell'individuo rimanere fermo davanti ad uno che gli ruggiva addosso. Sbadigliare, girarsi e, con un ghigno malevolo, far scattare indietro una spada, a conficcarglierla nello stomaco, atterrandolo all'istante. Perchè oltre che matto e veloce, all'occorrenza Tabe era pure vigoroso. In quel momento, come maestro, aveva preso una decisione: se mai fosse uscito vivo da quella situazione e Seleina con lui, avrebbe intimato a Cristal di insegnarle o insegnargli lui stesso, nel modo più tradizionale, da cavaliere del Grande Tempio.

Aveva lanciato un'altra polvere di diamanti, andando a segno. Aveva perso di vista gli spadaccini, di nuovo.

 

 

Dopo aver fatto saltare parecchie teste, Imuen aveva sbuffato osservando Tabe, che saltava a destra e a manca come un grillo ed usava la sua agilità per sferrare fendenti apparentemente a caso. Ormai, quello era circondato da quasi una decina di quelle creature. Chiese ad Haldir, esasperato, cosa accidenti aspettasse a terminare l'opera. Addirittura, aveva cercato un cenno di rimprovero verso quell'allievo indisciplinato nello sguardo assorto del fratello.

"Cosa diamine sta aspettando quel cretino?"

Gli aveva infatti rinfacciato, ringhiandogli a due passi dal viso. Per tutta risposta, Haldir lo aveva scansato, con la sua solita espressione evasiva. Gli aveva risposto che Tabe cercava il momento adatto, gli piaceva giocare.

Un istante dopo, con un solo giro completo e lo sferragliare delle spade, l'oggetto del litigio aveva trucidato tutti quelli che gli erano attorno. Ad un paio alle spalle, però, aveva riservato un trattamento diverso, recidendo arterie che schizzarono copiose dietro di lui. Erano seguite le rimostranze di qualcuno. Il cavaliere dei Pesci non aveva gradito di essere stato colto da una doccia inattesa, i capelli lordi del plasma marcio dei perduti. Aphrodite era scattato inviperito verso lo spadaccino, brandendo la rosa rossa in mano. Alla sua collera, Tabe aveva risposto con un inchino, prima di gettarsi di nuovo nella mischia, ridendo. Perchè i più onorevoli bramavano una morte gloriosa. Lui, però, non aveva mai temuto la nera signora: le sarebbe andato incontro beffandola, sprezzante.

Gli unici che sembravano non curarsi troppo di quelle stranezze, restavano l'Ariete, la Vergine ed il Toro, troppo ponderati i primi due, serio il secondo. Tra lo sfavillare del loro cosmo, non c'era spazio per una sola traccia di oscurità.

 

 

 

 

Zalaia era rimasto sorpreso che fosse stata lei a ricercare un contatto, dopo che era stato allontanato ogni volta che aveva cercato di avvicinarsi un po' di più. Con quella ragazza, lui ci capiva sempre poco.

"Ma tu ricambi davvero i miei sentimenti o no?"

Seleina si era girata verso di lui, senza allontanarsi. Sembrava contrariata a quella domanda.

"Sai che hai una bella faccia di bronzo, a chiederlo, dopo che ti sei comportato in quella maniera odiosa, l'altra sera?"

Confuso, che i conti non gli tornavano, l'aveva obbligata a spiegarsi. L'aveva vista arrossire,

"Prima mi inviti a ballare davanti due cari amici, facendomi fare una figura barbina con loro. Lo sai che a differenza tua mi vergogno..."

Poi, il tono di voce era cambiato, risentito, più deciso.

"Mi fai credere di essere importante per te. Invece passi metà della serata a fare il cretino con le tue... ammiratrici."

Seleina aveva cercato qualche secondo il termine più adatto con cui etichettare le sue ex. Di sicuro, se non le avessero insegnato ad essere educata, avrebbe usato altri termini.

"Te la sei presa per così poco? Allora eri davvero gelosa!"

La ragazza aveva appuntato le mani ai fianchi. Se l'era presa eccome.

"Io non sono l'ultima della tua collezione di conquiste. Se pensi di divertirti con me come fai con loro, cercatene un'altra."

Se ne stava andando e Zalaia l'aveva trattenuta per il polso, prima che scappasse ancora. Sapeva di aver esagerato un po', quella sera, ma non aveva resistito a stuzzicarla. Seleina non lo aveva mai considerato in quel modo, prima di allora. Aveva avuto bisogno di sentirsi importante per lei, anche se, probabilmente, aveva scelto il modo meno adatto.

"E' che... per te sono sempre stato invisibile. Avevo bisogno di sapere che anche ai tuoi occhi valgo qualcosa. E' stato bello vedere che tenevi a me."

Poi, le aveva chiesto perchè non avesse usato le sue facoltà per leggere in lui, se non si fidava, invece di prenderlo a schiaffi per un bacio rubato. Seleina aveva obiettato che aveva bisogno di fidarsi di una persona indipendentemente dalle sue facoltà. Era stressante essere sempre sul chi vive. Specie se doveva scegliere qualcuno da poter tenere al proprio fianco. Poi, sembrava essersi calmata. Lui aveva sorriso, sornione, certo di aver scalfito un po' la corazza di lei. L'aveva guardata di nuovo, trovandola ancora inquieta.

"Allora, per farmi perdonare, ti prometto che d'ora in poi mi comporterò da bravo ragazzo e proteggerò al meglio delle mie possibilità quel lemuriano a cui tieni così tanto."

Seleina, inteso il tono, l'aveva ricambiato divertita. Sapeva che lui e Kiki erano entrambi guerrieri potenti e valorosi.

"Promettimi invece che tornerai. Quando questa storia sarà finita, mi inviterai ancora a danzare con te. Ma se farai ancora lo stupido con le altre, con me avrai chiuso ancora prima di iniziare."

 

 

Benchè a certe stupidaggini non avrebbe dovuto pensare, Zalaia aveva dato davvero la sua parola. Ci teneva a riscattarsi ed avrebbe fatto del suo meglio per riuscire. Anche se, a conti fatti, il suo non era stato poi chissà quale misfatto. Non aveva avuto bisogno di indicare al suo alleato qualc che fosse il momento migliore per saltare, quando Haldir ed Imuen avevano aperto loro una via. Col lemuriano, avevano seguito la traiettoria di quel raggio poderoso in sincronia perfetta. Avevano descritto una parabola perfetta sopra le teste dei loro nemici. Poi, poco prima di atterrare al centro della formazione nemica, aveva lanciato la falce davanti a sè, sprigionando una sfera di energia. Quelli che si trovavano immediatamente sotto erano stati letteralmente polverizzati in un istante. Furono accerchiati immediatamente. Ingaggiarono battaglia contro quelli che gli si lanciarono addosso. Zalaia aveva iniziato subito a guardarsi intorno, intento a cercare quello tirava le fila ed avrebbero dovuto abbattere. Quell'analisi però gli sottraeva concentrazione per combattere e gli avversari erano più agguerriti rispetto a quelli che fronteggiavano il resto del gruppo, fuori. Aveva saettato lo sguardo in ogni direzione. Nessuno degli oppositori gli sfuggiva ma era come se non ci fosse. L'Altare, invece di mettergli fretta, gli copriva le spalle al meglio delle sue possibilità. Lo ringraziò a denti stretti, rendendosi finalmente conto che stavano nascondendo la loro vittima. L'aria, già rarefatta, stava diventando irrespirabile. Anche Kiki, ad un certo punto, si era passato la mano sugli occhi. Perchè avevano ricordato tardi che erano stati figli di Haldir e parte del loro potere si manifestava grazie agli occhi.

Zalaia riuscì a lanciare la falce tagliando letteralmente a metà la faccia odiosa di quello che lo fissava più da vicino e stava iniziando a controllarlo. Imuen lo aveva avvisato: li si sarebbero misurati con avversari più subdoli. Avvertì il compagno d'armi di stare all'erta, mentre vedeva armi simili a spade iniziare a sfavillare in mezzo alla nebbia, ghermite dalle dita di quelle cose. Avevano fatto male i conti. Non sarebbe stato così facile stanare quello che cercavano.

 

Notando la difficoltà di Zalaia, Kiki gli si era fatto più prossimo. Sapeva di dover sprecare la minore quantità di energia possibile prima di usare il pugnale di Haldir ma, certo, non poteva lasciare scoperto un suo pari. Appena si era alzata la nebbia, aveva ripensato alla loro visita al campo Dunedain. Perchè gli allievi di Haldir, in mezzo al caos che avevano creato, quella volta, gli avevano in parte anche mostrato una via. Erano illusioni, potenti, ma restavano in prima battuta quello. Kanon, quella volta, era riuscito ad avere la meglio colpendo Seleina, che in quel momento era l'elemento più vulnerabile del branco avversario. Tentando, Kiki cercò di capire dove fosse l'anello debole della catena che iniziava a stringerli. Non era semplice, tra il ghiaccio che tagliava ed il vento che, se abbassavi la guardia, ti spingeva indietro. Poi, il lemuriano si accorse che c'era qualcuno disperso nella nebbia, che lo scrutava più subdolo in mezzo ad altri. Se non era quello meno pericoloso, certo era meno temibile. Lanciò lo Stardust Revolution in quel punto esatto. Per un momento, l'aria si era fatta più respirabile. Veloce a proteggere se stesso e l'allievo di Imuen sotto la Tela di Cristallo, chiese al ragazzo come stesse. Senza dubbio, gli era sembrato più arrabbiato che malconcio. Zalaia, infatti, si era alzato, attento a non sporgersi oltre il raggio d'azione della sua tela.

"Quei bastardi ci confondono. Ci sono caduto in mezzo come un fesso. Non sarà immediato stanare quello giusto."

Presto, sentirono il ghiaccio salire sotto ai piedi e cercare di bloccare le gambe. Zalaia, allora, aveva conficcato la falce nel terreno, spaccandolo in più punti. Era vero che era caduto nella loro azione ma non si sarebbe mai piegato senza combattere. Doveva tornare e proteggere anche quell'altro: l'aveva promesso.

 

   
 
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