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Autore: Camelia_blu    10/08/2019    0 recensioni
"Il primo giorno" forma un dittico con la mia precedente ff "La prima sera", di cui è il seguito ideale.
Mi è sempre piaciuto, quando mi appassionavo ad una storia, ricamare con la fantasia su tutto ciò che accade ai personaggi "tra le righe del libro".
Nello specifico della saga di HP, mi intriga molto Severus bambino, dal momento che è nella sua infanzia che si trovano tutti gli elementi scatenanti del suo futuro ego adulto e anche perché è stato un bambino molto triste e sfortunato e mi piace poterlo seguire più da vicino.
Come nella precedente ff, ci sono parecchie incursioni nel passato di Severus (compreso il racconto del giorno in cui scoprì di essere un mago, il suo rapporto con Eileen e l'amicizia con Lily).
Ne ho scritti per ora 19 capitoli e ritengo di essere a "metà" della giornata di Severus che vorrei raccontare, il 2 settembre, ovvero il suo primo giorno ad Hogwarts. Osservo man mano cosa gli succede, in questo nuovo giorno pieno di incognite.
DISCLAIMER: I personaggi e i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me ma a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. Nessuna violazione del copyright è intesa.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Eileen Prince, I Malandrini, Lily Evans, Lucius Malfoy, Severus Piton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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Severus si voltò inviperito.
Eccoli, lo sapeva che sarebbero sbucati fuori quando meno se l’aspettava! Si rammaricò di essere al chiuso, in mezzo a tanta gente e sotto l’occhio di alcuni insegnanti, per quanto intenti a godersi la pausa pomeridiana. L’istinto era quello di sfoderare la bacchetta e dare una lezione a Potter. Per fortuna si trattenne. Un litigio gli sarebbe certamente costato dei punti; era una sensazione stupenda vederseli assegnare, non avrebbe potuto sopportare che gliene venissero tolti. Per colpa di quel deficiente poi!

“Lasciami in pace, Potter” sibilò.
James e Sirius parvero deliziati. L’avevano fatto innnervosire, fantastico, non chiedevano altro. Alle loro spalle Minus ridacchiava senza controllo, si stava divertendo un mondo. Un passo indietro c’era Lupin, pallido e a disagio. Fosse stato per lui, non avrebbe dedicato a Piton un solo sguardo, si sarebbe cercato un posto tranquillo per godersi la pausa e mettere un boccone sotto i denti. Sempre che avesse fame, pareva reduce da una settimana di influenza potente.

“Sennò?”
Black aveva lo stesso tono di sfida che aveva sfoderato già la sera prima con Malfoy. Come sul treno, cercava la rissa, lo scontro, quasi con avidità.

“Sennò lo dico alla McGranitt” si inserì Lily, piano ma decisa.
“Ohh, sennò lo dico alla McGranitt” ripeté petulante Potter.
Minus rise di gusto. Lupin si guardò intorno.
“C’è un sacco di posto, non potete andare a sedervi lontano da noi?” l’aggredì Piton.
Remus si inserì a sorpresa:
“Dai, sì… andiamo a sederci più in là, ho una fame…”
Il suo aspetto negava l’affermazione, ma muovendo un passo oltre Lily le sue parole inattese ebbero l’effetto di dare una calmata al dinamico duo.
“Ci si vede sulle scope, Mocciosus” fece James, gradasso.
Prima di seguire i compagni agguantò rapido un muffin e lo fece passare sopra la testa di Severus, acchiappandolo al volo.
“Hop!” disse e con un morso si allontanò, il passo sicuro.

Lily lo seguì con lo sguardo, la fronte corrucciata.
“Che fastidioso” sbuffò, quando si voltò verso Piton.
L’espressione sul volto dell’amico la face ammutolire. Severus grondava rabbia, aveva perfino le guance quasi rosse.
“Sev…?”
“Perché non mi lascia in pace?” soffiò stizzito lui.
Per tutto il tempo era rimasto a pugni stretti, ora muoveva le mani a caso, per stemperare i nervi. Afferrò un tramezzino, ma non lo portò alla bocca.
“Perché è uno stupido, non vedi?” rispose Lily, cercando di calmarlo. “Si diverte a dare fastidio agli altri. Lascialo perdere, non ne vale…”
“No che non lascio perdere!” saltò su Piton, la voce rauca per lo sforzo di tenerla bassa e non farsi sentire da altri. “La deve smettere! E’ dal treno di ieri che mi dà fastidio!”
Lily sussultò. Era dispiaciuta, non sapeva che dire o fare, cercava velocemente le parole adatte per placare l’amico.
Severus stringeva così tanto le labbra che ormai erano una linea sottile.

“E’ perché sono di Serpeverde!” sbottò infine, incapace di tenerselo ancora dentro.
“Ma non è ve….” iniziò amareggiata Lily.
“Sì invece” ringhiò lui. “Pensa che essere di Grifondoro sia il meglio del meglio, quando invece…”
Si zittì, gli occhi fissi con orrore sulla divisa dell’amica.
Lei aveva spalancato gli occhi.
“Non volevo dire… Sono loro che… Cioè Potter e Black fanno… Non è colpa tua…” farfugliò. E più farfugliava, più sentiva di uscirne male.
Lily taceva.

“Senti, andiamo fuori” disse infine.
Prese due dolcetti e col mento indicò a Piton di prendere un altro tramezzino.
Severus era confuso, pentito dello scatto d’ira che non era riuscito a controllare, in colpa per essersi espresso tanto duramente su Grifondoro. Sia chiaro, pensava davvero ogni singola parola che aveva detto, ma esternare quei pensieri così, davanti alla sua unica amica era stato un errore.

A capo chino, vergognandosi per la sua mancanza di educazione e tatto, la seguiva verso la sala d’ingresso.
La bambina procedeva spedita, senza voltarsi e senza dire una parola. Uscirono nel sole di quel pomeriggio settembrino allietato dalla brezza che spirava dal lago. Era un paesaggio magnifico, con le montagne lontane e il parco così bello da mozzare il fiato.
Ma non ci fu tempo di fermarsi ad ammirare quel quadro, Lily scendeva giù per la scalinata a passo risoluto, i muffin stretti nel pugno. Si spinse fino alla spiaggetta sassosa e si fermò.

Gli dava le spalle, ma Piton immaginava il suo bel viso proteso al sole, gli occhi chiusi e le narici a catturare l’odore dell’acqua appena increspata dal vento leggero.
Un gruppo di uccelli faceva un gran chiasso su un albero lì a fianco. Poi Lily si voltò all’improvviso e il sole le accese la chioma di un rosso splendente. Strinse un muffin tra le dita e ne gettò le bricole ai piedi dell’albero. Rimase zitta, come se stesse riflettendo, mentre gli uccelli si mettevano a becchettare in allegro disordine.

“Non ho scelto io di essere Grifondoro” dichiarò infine.
Aveva il volto in ombra, ma Severus scorse il bagliore verde dei suoi occhi. Si sentì un vero imbecille.
Stava davanti a lei, sapendo di aver torto marcio e reggendo i tramezzini con entrambe le mani in una posa assolutamente ridicola.
Mortificato, abbassò lo sguardo. Vide i propri piedi stropicciarsi sul ghiaino umido.

Mille pensieri cozzavano nella sua mente, le immagini dello Smistamento della sera prima si scontravano nuovamente con le fantasie in cui l’amica in tenuta Serpeverde andava a lezione con lui, studiava con lui, mangiava con lui, si godeva le ore buche con lui.
Tutto svanito, tutto ricacciato nel regno del Mai dalle quattro peggiori sillabe del mondo: “Gri-fon-do-ro”.
Proprio non riusciva a non pensarci, era più forte di lui, dalla sera prima era quello il pensiero che si era inchiodato nella sua mente. Essere vissuto undici anni nello squallore di Spinner’s End diventava quasi nulla rispetto al dover assistere impotente alla frantumazione dei suoi sogni.

“Lo so” ammise infine. “Non… Cioè, tu non c’entri niente.”
Ora gli veniva da piangere ma lottò con tutte le forze per non fare anche questa figuraccia davanti a Lily.
“Mi dispiace, Sev” disse piano lei.
Severus fu così sorpreso che rialzò la testa e vide che anche lei aveva i lucciconi.
“Ma che dici?”
“Lo so che avresti preferito che fossi Serpeverde, ho visto che faccia avevi ieri quando il Cappello mi ha messo in questa Casa.” E sollevò lo stemma della divisa tra due dita.
“Ma che cosa posso farci?” aggiunse, accorata.
Severus si sentì ancora peggio. Era perverso rigettare su di Lily l’antipatia che provava per Potter, l’amica si stava addirittura scusando per una cosa di cui non aveva colpa alcuna.

“Non è colpa tua, Lily. Io… io ero arrabbiato con Potter.”
“Non potrei mai arrabbiarmi con te” pensò, senza tuttavia riuscire a dirlo.

“A lui piace farsi vedere” sentenziò Lily.
Era un’impressione o c’era stata una lieve sfumatura di disgusto nel suo parlare? Piton la registrò inconsciamente, sentendosi di nuovo al fianco dell’amica, come fossero una squadra a fronteggiare un nemico comune.
La piovra gigante alzò pigramente un tentacolo ed entrambi la guardarono. Forse Lily ricordò la stessa immagine della sera prima, quando il tentacolo emerso repentinamente le era parso un benvenuto. Sorrise.

Poi si sedette, in quella striscia di ghiaino framisto ad erba che correva tutt’intorno al lago.
Severus la imitò subito.
Era un momento di assoluta serenità dopo la tempesta, non c’era bisogno di dire altro.

“Vuoi un tramezzino?”
“Vuoi mezzo muffin?”
Questa era una delle cose meravigliose che potevano accadere con Lily e che dimostravano la loro sintonia: cosa c’era di meglio che pensare e dire la stessa cosa assieme?
Come pochi minuti prima in Sala Grande, si apprestavano a mangiare assieme, di nuovo in armonia. Masticavano in silenzio, guardando il lago senza vederlo, presi dai propri pensieri. Il riverbero del sole sull’acqua contribuiva a quella sorta di trance che era caduta su di loro.

Fu Lily a spezzare il silenzio.
“Pensi che sarà difficile andare su una scopa?”
C’era apprensione nelle sue parole. A essere onesti, Severus condivideva gli stessi sentimenti, ma si chiese se sarebbe stato meglio nasconderli e cercare invece di infondere fiducia nell’amica.
Scelse la seconda via e nella foga raccontò bugie anche a se stesso.

“Noo, che dici? E poi siamo in tanti a non aver mai volato, mica ci fanno fare cose complicate. Ci insegneranno a come tenere la scopa e come salirci, non sarà difficile.”

Ma più parlava, più cresceva la sua preoccupazione.
L’idea del volo non gli piaceva neanche un po’.
Non era come con le altre materie, in cui si sentiva protetto dalla sicurezza che lo studio e l’impegno gli avrebbero permesso di affrontare e vincere ogni battaglia. Qui si trattava di abilità fisiche e lui non era mai stato bravo in questo. Ricordò all’improvviso l’episodio del salto della corda davanti a Petunia e capì che cosa lo turbava davvero: doverlo fare davanti agli altri, a tutti gli altri.
E se fosse stato l’unico ad aver problemi? All’improvviso sentì venir meno la protezione dei dodici punti guadagnati da solo in mezza giornata, sentì venir meno il potere della sua precoce abilità con gli incantesimi più difficili. Non aveva percepito quanto fossero uno scudo difensivo, ora si sentiva nudo e disarmato, senza sostegni.

Cercò di ricordare se sua madre gli avesse mai parlato del volo. No, non c’erano mai state vere conversazioni su questo, né il minimo accenno sul fatto che potesse essere pericoloso oppure divertente.
Gli tornarono alla mente le parole di Potter: “Ci si vede sulle scope, Mocciosus”.
Era una minaccia?
E poi, un pensiero fulmineo lo angosciò: Potter sapeva già volare. Ne era certo, era chiaro dalla sua spavalderia, come aveva fatto a non capirlo?
Ecco da dove arrivava la propria insicurezza, mentre mentiva a Lily e cercava di rassicurarla! Era la possibilità di commettere errori davanti a Potter.
Ora avrebbe barattato la lezione di volo con i compiti più difficili che ogni professore potesse dargli, avrebbe… pulito tutti i calderoni della scuola, senza magia!, pur di non partecipare.

Si tappò la bocca con il tramezzino, anche se ogni boccone gli sembrava un macigno.
“Sì, è sicuramente come dici tu” stava dicendo intanto Lily. “Non sarà difficile, non possono farci fare cose difficili, soprattutto se sono pericolose.”

Perché quelle parole che lui stesso aveva detto a Lily non riuscivano a calmarlo?
Stirò le labbra e ingoiò l’ultimo boccone. Anche Lily finì di mangiare, ma sembrava gustarselo molto di più, era tranquilla.
Dei rumori alle loro spalle li fecero voltare e videro che molti ragazzi avevano deciso di godersi il tramonto fuori, nel poco tempo concesso dalla pausa merenda. Sciamavano giù dalla scalinata come disordinati puntini neri e si disperdevano tra il prato e la riva del lago.
Severus non volle sapere se anche Potter e la sua banda erano tra loro. Tornò a guardare il lago e a respirarne il buon odore. Quant’era diverso dalle acque viscide e opache del fiume di Spinner’s End.

Stranamente il pensiero del suo vecchio quartiere gli donò un’improvvisa, bizzarra allegria. Il sapere di non farne più parte lo fece sentire bene. Guardò l’acqua del lago, così trasparente e pulita; annusò l’erba, verde e fresca; guardò Lily, serena accanto a lui.
Sì, avrebbe affrontato le scope.

“Primo anno!”
Qualcuno gridava alle loro spalle.
“E’ Alice?” chiese Lily strizzando gli occhi.
Altre voci chiamavano “Primo anno!” e non ci volle molto a capire che tutti i Prefetti stavano chiamando a raccolta le matricole.
Severus cercò con lo sguardo Malfoy e lo vide raggiungere un punto vuoto del prato, con regale calma.

“Serpeverde!” si limitò a dire il giovane e subito Avery e Mulciber arrivarono correndo da chissà dove.
Severus scattò in piedi.
“Dobbiamo andare” disse con urgenza e represse l’istinto di iniziare a correre anche lui.
Lily si alzò pulendosi via dalle mani dei fili d’erba.
“Ma faremo la lezione separati?” domandò.
“Non lo so, sentiamo che dicono” ribatté il bambino, già pronto a spiccare la corsa.
“Lily!” Un paio di bambine chiamavano poco lontano.
“Oh, c’è Mary!”
“Io allora vado” disse Severus.
“Ok, ciao!”

Severus corse verso Malfoy. Era l’ultimo? Che figura. Ma gli altri erano appena arrivati, avevano tutti il fiatone e le guance rosse. Il Prefetto si limitò a guardarli tutti, senza tradire alcuna emozione.
Era ammirevole come fosse sempre così composto, pareva una statua dotata del dono di minimi movimenti, ma carichi di autorità.
“Vi avevo detto di farvi trovare in Sala d’Ingresso per poi andare vicino alla Serra numero 1, ma la professoressa Wadcock preferisce che veniate accompagnati al campo di Quidditch, da un Prefetto, così sarà possibile spiegarvi…” e la sua voce si fece più tagliente mentre raggelava con lo sguardo il tentativo di Mulciber di mettersi già a correre in direzione dello stadio “…spiegarvi come dovrete comportarvi tutte le volte che avrete una lezione di volo o, più avanti, di Quidditch… per coloro che saranno abbastanza in gamba da entrare in squadra dall’anno prossimo.”

Un mormorio entusiata si diffuse tra i compagni.
“Lezioni con la Wadcock!!” riuscì a sentire Severus.
Chi era questa donna? Perché tutti erano così eccitati ogni volta che veniva nominata? Moriva dalla voglia di saperlo.

“L’ingresso al campo di Quidditch è severamente regolamentato. Non si può accedervi che durante le lezioni, gli allenamenti o le partite; se qualcuno di voi nei prossimi anni farà parte della squadra di Serpeverde, sappia fin d’ora che il campo va prenotato dal capitano presso il Direttore della Casa. Nessun altro ingresso è consentito e mi auguro che nessun Serpreverde faccia mai perdere punti alla Casa per l’infrazione di questa regola.”
Era incredibile come le parole di Malfoy riuscissero ad essere così affilate come una lama. Severus era affascinato dal carisma di quel giovane: Lucius aveva solo pochi anni più di lui, ma era ad un altro livello. Voleva diventare come lui.

Nel frattempo il Prefetto si era avviato deciso in direzione delle serre. Il campo di Quidditch era dietro la scuola, oltre il grande prato che circondava il castello anche sul retro.
I Serpeverde erano stati primi a muoversi, ovviamente Malfoy non voleva essere preceduto da nessuno.

“Adesso ho capito perché mio padre non mi diceva niente dell’insegnante di volo!” stava dicendo Mulciber.
Severus cercò di accostarsi per ascoltare meglio, avido di informazioni. Avery lo notò e stavolta fu stranamente gentile perché si volse e spiegò, senza che nessuno gli avesse chiesto nulla:
“Joscelind Wadcock giocava nel Puddlemore United come cacciatrice, sai?”
“Nessuno ha mai battuto il suo record di goal nel Campionato di Lega Britannica del 20° secolo!” si inserì entusiasta Mulciber, con la voce così emozionata da sconfinare nella venerazione.
“Io a casa ho la sua figurina delle Cioccorane autografata” si vantò Avery, con un sorrisetto.
“Coooosaaaa??!”
“Eh sì, di quelle che fanno apposta per i giocatori di Quidditch, se la fece autografare mio padre quando aveva cinque anni e sai dov’era? Proprio alla partita del record, quella del ‘31 contro i Pipistrelli di Ballycastle!”
“C A V O L I!”
“La mia famiglia ha sempre avuto i posti riservati allo stadio del Puddlemore” buttò lì Avery, con quella finta noncuranza che invece gridava al mondo “Sono parte di una delle più importanti famiglie purosangue del Paese intero, sappiatelo, sappiatelo tutti.”
“Hai-l’autografo-della-Wadcock” sillabava intanto Mulciber, la mente concentrata solo su quel dettaglio.

Cosa gliene importava del posto riservato allo stadio, di sicuro anche la sua famiglia ne aveva, si disse Severus, che invece era rimasto colpito.
Era confuso. Si sentiva preoccupato per la lezione, dal momento che non aveva mai avuto a che fare con scope volanti, e inoltre non sapeva nulla del Quidditch, della Lega Britannica e tanto meno della Wadcock. Un’istituzione, presso i suoi amici.
Si sorprese di aver pensato ad Avery e Mulciber come i suoi “amici”.
Come poteva quella stessa parola valere sia per loro che per Lily?!

Si voltò a cercarla.
Vide il gruppo dei Grifondoro capitanati dalla Prefetto Alice una decina di metri più indietro. Lily chiacchierava allegra con le sue amiche (di nuovo quella parola!!) e Severus sapeva che se condivideva con lei una certa apprensione per il volo, la bambina si stava approcciando alla lezione con curiosità. Lui invece avrebbe preferito affrontare una sessione d’esami scritti del M.A.G.O. Aveva il terrore di fare figuracce davanti a tutti e non poteva sopportarlo.

Una certa caciara proveniva dalla fila disordinata dei Grifondoro.
Potter.
Stizzito, Severus prese a camminare con più lena, come a mettere la maggior distanza possibile tra loro due. Avevano raggiunto lo stadio ed era una cosa imponente, non per le dimensioni che comunque non erano male, ma per l’altezza del muro di legno che ne segnava il perimetro. Dieci metri, come minimo.
Malfoy varcò l’ingresso, una porticina ritagliata entro un portone a due battenti molto più ampio, e i bambini lo seguirono a ruota.
“Wow!” fu la reazione generale.
Tuttavia alcune voci sparse, tra cui quella di Avery, dicevano sottovoce: “Beh, io ne ho visti di più grandi di così!”

Bisognava camminare col naso all’insù per ammirare quella costruzione ovale, tutta sviluppata in altezza.
La parte bassa, per i primi cinque metri era formata da scale, tante scale che salivano in tutte le direzioni per raggiungere gli spalti. Le gradinate correvano lungo l’intero contorno, inframmezzate da torrette con gli stendardi delle Case e quello con la H e il motto di Hogwarts a campeggiare sopra quella che senz’altro era la tribuna d’onore, riservata a preside e professori.
I sedili erano divisi in quattro settori, ognuno contraddistinto da un colore, rosso per i Grifondoro, giallo per Tassorosso, blu per Corvonero e verde per Serpeverde. Alcuni sembravano galleggiare per aria.
Tre coppie di pali altissimi, con un anello in cima, svettavano sui due lati corti del campo di gioco.

“Bene, questo è lo stadio” annunciò Malfoy, i biondi capelli baciati dal sole.
“E’ vietato entrare negli spogliatoi…” e indicò due porte sui lati lunghi, chiuse da una catena “…a meno che non facciate parte di una squadra ed è vietato anche entrare nel locale laggiù”, il suo dito puntava in direzione di un’altra porta, al lato opposto del campo, “perché è esclusiva della professoressa Wadcock che sarà anche l’arbitro delle partite, nonché custode delle palle da gioco.”

Il Prefetto li guardò tutti in silenzio.
“Inutile dire che se qualcuno di voi dovesse mai entrare nella squadra di Serpeverde… mi auguro contribuisca a far vincere la Coppa del Quidditch alla Casa. Al professor Lumacorno piace avere anche quella sulla sua scrivania.”

Il gruppo avanzò verso il centro del campo, dall’erba folta e un po’ alta, con lunghi ciuffi disordinati lungo i bordi.
Le divise frusciavano per terra.
Alla spicciolata stavano entrando anche le matricole delle altre Case e mentre i vari Prefetti raggruppavano i loro studenti in ordine, Lucius si mosse deciso verso il fondo del campo.
“Aspettate qui” disse ai Serpeverde.
Lo video bussare alla porta in fondo e subito qualcuno ne uscì, tornando verso di loro assieme a Malfoy.

Era una donna, abbastanza avanti con l’età ma con una camminata agile e sorprendetemente scattante. I capelli bianchi, dal taglio abbastanza corto, un tempo dovevano essere stati di un bel castano ramato, come le sopracciglia che non avevano perso colore. Il viso era squadrato e severo, ma con una dolcezza diffusa che derivava da una profonda calma interiore: la donna emanava un’aura di sicurezza, sapeva cosa voleva ed era chiaro che era solita ottenerlo dai suoi studenti.
Il mento lievemente sporgente le donava un fascino tutto particolare e i capelli scompigliati raccontavano del suo amore per il volo.

“Madama Wadcock, le presento i nuovi studenti.”
Malfoy aveva preso la parola prima che qualcuno degli altri Prefetti potesse farlo. Parve godere di questo.
“Grazie, ragazzi” disse la professoressa. “Potete lasciarmeli qui e tornare al castello.”
I Prefetti si allontanarono dopo averla salutata, Severus vide Alice strizzare l’occhio con un sorriso ai Grifondoro.

“Bene!”
Tutti guardarono immediatamente la Wadcock. Parlava con voce limpida e chiara e nello stadio vuoto si produsse una sorta di eco.
“Avvicinatevi, su, non abbiate paura. Per oggi faremo ben poco, ma ho chiesto al Preside di incontrarci qui già oggi perché…” le parole si addolcirono “…il mio primo giorno ad Hogwarts provai a volare per la prima volta e da allora non ho più smesso. Spero che possiate provare anche voi questa sensazione meravigliosa, in un giorno tanto importante e fondamentale della vostra vita.”

Battè le mani, inguainate in un paio di guanti marrone di pelle di drago che le aderivano perfettamente addosso, eleganti nonostante l’usura, molto diversi da quelli informi da lavoro indossati dalla Sprite o scovati nel baule di Eileen.
“Dal momento che non abbiamo molto tempo, ho già fatto preparare le scope in fondo al campo, sotto gli anelli, seguitemi.”
Ubbidienti, i bambini si misero in moto, chi incuriosito, chi preoccupato, chi decisamente eccitato.
“Imparare a volare vi sarà utile quando sarete fuori dalla scuola. Per chi non ama usare la Metropolvere, per chi non ama (o non sa) smaterializzarsi, rimane l’unico mezzo magico abbastanza rapido per muoversi. E se poi vi piacerà giocare a Quidditch, beh, sarà anche divertente!”.

Erano arrivati in una zona del campo con delle scope disposte a semicerchio.
Severus si rese conto troppo tardi che il gruppo di Grifondoro era rimasto lontano dal suo; ora non poteva avvicinarsi a loro senza dare nell’occhio.

“Bene ragazzi, ecco qua. Dalla prossima volta sarete voi a occuparvi di prendere le scope per i vostri compagni, le rimesse si trovano accanto agli spogliatoi. Scegliete tre compagni per ogni Casa e per tutto l’anno quei tre avranno questo compito
“Io! Io!”
Alcune mani si erano alzate, ma a gridare quasi saltellando erano stati due bambini particolarmente entusiasti, Potter per Grifondoro e Mulciber dalle fila di Serpeverde.
“Molto bene. Tu, tu, tu, anche tu e tu…”
La Wadcock indicava i bambini che si erano offerti volontari. Black aveva immediatamente alzato la mano dopo James e Peter l’aveva subito imitato. Loro tre sarebbero stati i responsabili per le scope della loro Casa.
I Tassorosso si erano messi a confabulare tra loro e avevano deciso in maniera più democratica, così pure i Corvonero. Per Serpreverde Avery non sembrava intenzionato a mettersi a disposizione della Casa, era troppo una cosa da servi per lui, Mulciber invece l’aveva fatto solo per il piacere di poter fare qualcosa che ad altri sarebbe stata proibita. A lui si aggiunsero Wilkes e una ragazzina con cui Severus non aveva ancora avuto modo di parlare.

Piton non aveva proprio voglia di avere l’incombenza delle scope, non gliene poteva importare di meno, tuttavia guardava Potter e con dispetto si pentì di non essere stato più rapido. Sotto sotto, ma non ne era consapevole, avrebbe voluto dimostrare a Lily di sapersi assumere una responsabilità del genere.
Guardò James e Sirius e Peter… si chiese come mai Lupin non avesse nemmeno tentato di alzare la mano, sarà stato per via della sfumatura verde che aveva in faccia. A quando pareva il volo lo terrorizzava
La paura di Remus fece scattare un sentimento opposto in Severus: ora voleva salire su una scopa, lo voleva con tutte le forze.

“Questa è la chiave della rimessa” spiegava la Wadcock “la userete tutti a turno.”
Pronunciò quelle parole quasi come una minaccia, chissà quanti studenti si erano litigati quel privilegio prima d’ora
“Forza, sceglietevi una scopa!”

Ci fu un momento di confusione. Quelli un po’ più svegli e svelti, o che già avevano dimestichezza con le scope, si erano lanciati verso quelle con la coda più ordinata. Erano le meno vecchie e usurate, di sicuro avrebbbero garantito una maggiore stabilità.
Nel parapiglia Severus ne approfittò per avvicinarsi a Lily e non gli importò che questo l’avesse portato davanti ad una scopa piena di rametti storti e spezzati. Non gli importava neppure di essere a tiro di Potter.

Ma quando la docente parlò di nuovo, provò un moto di terrore.
“Toglietevi la divisa! Non vorrei che per ora vi fosse d’impaccio, per i primi tentativi proverete con la maggior libertà di movimento possibile.”
Cosa? La divisa? Severus sperava di aver capito male. Per quanto di seconda mano, era ciò che lo rendeva uguale agli altri! All’improvviso gli tornò alla mente ogni parola maligna di Petunia, ogni momento di imbarazzo provato tutte le volte che i suoi abiti logori, troppo grandi e troppo fuori moda avevano attirato gli sguardi. Pensava di essersi lasciato tutto questo alle spalle, per sempre!

Molti compagni stavano già sbottonandosi o sfilandosi la divisa, ansiosi di iniziare, e con la morte nel cuore anche Severus non potè esimersi.
Se non altro gli abiti che indossava quel giorno erano solo un po’ scoloriti e sdruciti, per fortuna non erano larghi. Il colletto della sua semplice camicia era stato rivoltato e tagliato e mostrava qualche segno di usura, i pantaloni al ginocchio, di una stoffa ordinaria, erano stretti e lasciavano vedere l’estrema magrezza e il pallore delle sue gambe.
Senza volerlo, a capo chino mosse qualche piccolo passo all’indietro, per sottrarsi agli sguardi.
Attraverso i capelli osservava gli altri, cercando inutilmente di nascondersi dietro il suo manico di scopa.
Per fortuna Avery era quattro compagni più in là. Con la coda dell’occhio Severus notò la buona fattura dei suoi calzoni, perfettamente stirati con una piega in mezzo e quei segni che si notavano sul petto della camicia inamidata erano sicuramente il blasone della sua famiglia, ricamato dall’elfo di casa.
Subito Severus cercò anche Sirius.
Eccolo lì, anche lui ben vestito e calzato. Eppure, rispetto ad Avery, c’era un che di più morbido e quasi ribelle nel modo in cui indossava i suoi abiti di ottima fattura. La cravatta era allentata e storta, quasi con intenzione. Non gliene importava niente.
Severus si seppellì tra i suoi capelli e sperò che tutti fossero troppo presi dalle scope per guardarlo.
Gli occhi puntati a terra vide le sue scarpe impolverate e vecchie, ma vide anche quelle di Lily accanto a sé. Lei indossava un vestitino molto semplice, di lana leggera, di un verde scuro che esaltava il colore dei suoi capelli. Era davvero graziosa.

Madama Wadcock s’era messa in mezzo al loro semicerchio, affinché tutti potessero vederla bene. Inforcò la scopa e con voce salda invitò i bambini a fare altrettanto.
“Ora tenete le mani in questa posizione, guardate, vedete i pollici? Osservate bene… Piegate leggermente le ginocchia e al mio tre datevi una lieve spinta, come se doveste saltare sul posto. Tutto chiaro?”
Una certa elettricità serpeggiava tra gli allievi, la trepidazione faceva stringere le mani sui manici più del dovuto.

“Uno… due… tre!”
I bambini per lo più rimasero sospesi poco meno di un palmo in aria, chi per pochissimi secondi, chi rimanendo semi-stabile, chi tremando così tanto da non riuscire a governare il manico e da sbilanciarsi un po’ in avanti. Alcuni si sollevarono di quasi mezzo metro e fu subito chiaro chi aveva già usato una scopa e chi no. Diversi gridolini si levarono dal gruppo.
Severus era nervosissimo: lo sguardo fisso sulle proprie mani, non riusciva a controllare il suo manico e più si irrigidiva, più quello vibrava. I piedi scalciavano nel vuoto, non aveva appoggi, era una sensazione bruttissima.

“Giù!” ordinò la professoressa.
Quando i piedi tornarono a toccare terra, i bambini più inesperti si rilassaro, le loro scope divennero subito docili e tutti tornarono a respirare.
“Che forte!” disse Lily. Un po’ si era spaventata, ma poi l’eccitazione aveva preso il sopravvento e le aveva colorato le guance.
“Mi sembrava come quando ho usato la bicicletta senza le ruote per la prima volta.” E mimò uno sbandamento a destra e a sinistra.
Severus si chiese come fosse andare in bicicletta. Non ne aveva mai posseduta una e le volte che Lily gli aveva proposto di usare la propria aveva sempre rifiutato, per la presenza di Petunia. I signori Evans lasciavano uscire le figlie da sole in bici solo quando erano assieme.

Altre tre volte la professoressa fece fare l’esercizio alle classi e al quarto tentativo i tremori si erano notevolente ridotti.
Perfino Severus si sentiva un po’ più tranquillo ed era riuscito a sollevarsi più alto e rimanendo relativamente stabile, nonostante i piedi continuassero ad annaspare scomposti nell’aria.
La Wadcock annuiva con approvazione.

“Ora rivestitevi, perché spesso volerete con la divisa addosso o con vestiti da mago ed è bene che impariate a destreggiarvi anche con quelli, prima di passare a manovre più complicate.”
Il sollievo di Severus fu tale che quasi si gettò sull’uniforme.

Quando tutti ebbero nuovamente indossato la divisa, madama Wadcock li fece riposizionare e ordinò loro di sollevarsi e di provare a chinarsi un po’ sul manico. Mostrò lentamente la manovra che dovevano fare.
“Questo vi darà una spinta in avanti e più imparerete a stare piegati sul manico, più la velocità sarà maggiore. Per ora comunque limitatevi a piegarvi appena un po’, non siete ancora del tutto stabili e rischiereste di sbilanciarvi troppo in avanti. Per tornare in posizione invece tirate il manico verso di voi, così. Fatelo con calma, altrimenti rischierete una frenata troppo brusa o, peggio, un’impennata all’indietro.”

Severus trattenne il respiro. Al via della professoressa si diede la spinta con i piedi, irrigidì le braccia per cercare di stabilizzarsi e poi provò a chinarsi in avanti. Come molti principianti, commise l’errore di non piegare i gomiti e di inclinare quindi in avanti anche la scopa. Un attimo dopo rovinava a terra, pur senza conseguenze, visto che si era sollevato di pochissimo.
Vide molti altri bambini nella sua stessa situazione, compresa Lily, che comunque rideva, con la voglia di riprovarci subito.
Madama Wadcock, ora che i bambini avevano almeno imparato a sollevarsi un po’ da terra, aveva abbandonato la sua posizione e, come i professori Vitious e Mc Granitt, si era messa a girare tra loro per dare consigli e correggere prese e posizioni sbagliate.

Non più sotto il suo occhio vigile, James ne approfittò subito.
La Wadcock dava loro le spalle e lui si avvicinò volando per un metro appena ma con grande sicurezza. Sapeva manovrare bene la scopa ed era pure silenzioso, Severus non lo sentì avvicinarsi. Tutto preso dalla concentrazione, stava riprovando a sollevarsi e avanzare di un po’ nell’aria, la fronte corrucciata, mordendosi il labbro.

Si chinò sul manico e proprio mentre gli sembrava di potercela fare, perse inaspettatamente il controllo. Avvertì uno strattone e non riuscì più a governare la stabilità del suo manico, era come se la scopa agisse di testa propria. Tremava violentemente ma senza spostarsi, come trattenuta da qualcosa. Poi all’improvviso scattò in avanti e Severus sarebbe senz’altro caduto con la faccia nell’erba se non fosse riuscito a toccare per terra con un piede, cosa che però gli diede una spinta e lo riportò per aria, le gambe ossute che si agitavano a vuoto.
Non riusciva ad avere il controllo: tanto la sera prima aveva sprovato un senso di comando quando con la bacchetta aveva spento il fuoco, tanto ora l’impotenza totale lo governava. Era la scopa a comandare, lo strumento agiva di testa propria e lui ne era in totale balìa. Era una sensazione orribile.
Udì una ragazza ridere sguaiatamente di lui, mentre la scopa imbizzarrita sembrava nutrirsi del suo panico e diventava ogni secondo più incontrollabile.

“Basta così!”
D’incanto, la scopa si assestò e calò fino a che i piedi di Severus poterno di nuovo toccare il suolo. Il cuore gli batteva impazzito, per lo spavento, il dispetto e la vergogna di essere stato lo zimbello di qualcuno.
Vide Madama Wadcock avanzare risoluta, gli occhi di fuoco, il dito puntato.
“Signor…?” chiese, imperiosa.
“Potter, professoressa” rispose subito una voce.

E Severus capì. Quell’idiota aveva trattenuto la sua scopa per farlo cadere.
Ancora con la risata di quella ragazza (chi?, maledetta lei) nelle orecchie, provò una rabbia cocente. Quasi non sentì Lily che, preoccupata, gli chiedeva se si era fatto male; con i pugni serrati sul manico, era tutto concentrato sul bambino con gli occhiali.

“Signor Potter,” scandiva intanto la Wadcock, con voce dura “che non accada mai più una cosa del genere!”
Si fermò e guardò la classe, ridiscesa tutta a terra per seguire la scena.
“Che non accada mai a nessuno, sono stata chiara? Può essere molto, molto pericoloso bloccare una scopa e far perdere l’equilibrio a chi la cavalca! Se a qualcuno venisse voglia di riprovarci, state pur certi che non gli farò mai più frequentare le mie lezioni! Quanto a lei, signor Potter…”
Si voltò verso il ragazzino, che aveva messo su una faccia contrita.
“…comportamenti del genere non sono in alcun modo tollerabili, due punti in meno a Grifondoro!”

Ah!
Severus provò un impeto di gioia selvaggia, ben gli stava a quell’idiota! Di qui alla fine dell’anno Grifondoro avrebbe perso un sacco di punti grazie a Potter. Era così che funzionava: c’era chi guadagnava e chi perdeva e cosa c’era di meglio del sapere che James era stato l’artefice del danno alla propria Casa?
Guardò Lily con trionfo ma notò il dispiacere sul suo volto.
Capì.
Con la sua prodezza, James aveva annullato i punti che lei aveva guadagnato in quella giornata.
   
 
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