Tanmoku Ki,
 
nell'anima la tempesta di neve rende grigio anche il cielo del mattino. Avanzo lentamente nella nebbia, presto sarò da te.
 

I miei poteri premonitori  non hanno mai funzionato a dovere: l'ultimo discendente di una famosa famiglia di veggenti, dicevano... ma la mia mente è sempre stata chiusa a tutto ciò che non fosse il pasto quotidiano, l'affitto da pagare e le bestemmie dei vicini a notte fonda. Qualcuno nasce nella luce di un faro che rischiara il mare, io invece sono nato con in fronte una lampadina che illumina a malapena un metro sotto il mio naso. Così i passi cadono a vuoto, il buio avvolge la via.

Il tempo e le generazioni hanno seccato la vitalità del mio sangue; la fantasia è spenta, sai. La forza è povera. Ma credo che incontrarti abbia risvegliato l'ultimo barlume di magia rimasto in me: quella sera misera della mia morte qualcosa mi ha scosso l'anima, sussurrandomi di seguirti; e per quanto mi sia opposto, e abbia continuato a oppormi per diversi giorni anche dopo essermi unito a te, una voce segreta mi ha imposto di ascoltarti. Sarà stato il sesto senso di un famoso veggente? Forse no, però è stato un richiamo silenzioso che mi ha preso per mano e mi ha condotto sulla tua scia... "saremo sani e salvi".

Una parte di me ha sempre saputo che mi amavi. Nonostante i segnali contrastanti, e i tuoi ritiri indecifrabili e la solitudine che separa uno spettro dal mondo dei viventi, l'ho sempre saputo. Fin dal primo viaggio, quando stavi zitto e i lampioni sulla strada sfrecciavano veloci e sembrava la notte di Dongzhi. Sentivo un mormorio alle nostre spalle, ed erano anime in preghiera.

Ho sempre saputo. Ma adesso, adesso ti ho perso di vista: ora siedo sull'orlo di un grande dirupo e scorgo la tua sagoma in lontananza, a centinaia di eternità di distanza. E tra noi il vuoto più profondo, cupo e desolato che sia mai esistito.

La bufera si sprigiona dal baratro, le nevi precipitano nelle  tenebre come fantasmi folli. In questa landa smarrita soltanto i rovi crescono fino a lambirmi le caviglie, li sento penetrare nella carne mentre sanguino nel nulla.  Ti osservo da lontano, ti vedo fermo dall'altra parte e non so quale sia l'espressione del tuo viso.

A volte la nebbia ti nasconde a me, e allora è il ricordo a disegnare un'ombra sottile dove dovresti essere; il ricordo e la speranza, la speranza che quando l'aria si schiarirà tu sarai ancora lì. Ti vedo sollevare una mano, non so se sia un addio oppure un saluto: chissà se con quel gesto vuoi farmi compagnia, non lasciarmi solo... o se ormai è la cortesia di un estraneo.

Non siamo mai stati così distanti, Tanmoku Ki. Eppure io ti imploro, piego le ginocchia e apro il cuore per chiederti di sfidare una volta ancora la tempesta e tornare da me; vinci il dolore della tua malinconia, spalanca le enormi ali che hai sempre avuto e calcola la traiettoria nei mulinelli di vento e ghiaccio. Vieni da me, ti prego. Contro l'inverno che ci intrappola, contro la paura dei monti che incombono sui tuoi occhi, contro una sorte che sembra impossibile da cambiare.
Squarcerai lo specchio del rimorso, ti lascerai alle spalle queste rovine e la mia fiducia ti accompagnerà, sarà la tua spada.

Ti aspetto, ti aspetto con le dita tese nella pioggia. Per la prima e ultima volta contravvengo al giuramento, e invece di proteggerti ti chiedo di rischiare la vita nella bufera: rischia per me, per noi.

Attraversa il baratro, Tanmoku Ki. Ti aspetto, scruto il nevischio in attesa del tuo ritorno.

E il baratro nero mi restituisce lo sguardo.