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Autore: LilyShakarian    09/09/2019    1 recensioni
Kimiko, dal passato triste e oscuro, dovrà affrontare i suoi demoni.
Mizu e il suo desiderio di aiutare gli altri, troppo spesso anteponendo se stessa.
Due nemesi ma che, come lo Ying e lo Yang, la Luce e l'Oscurità, si completano.
Un'indagine in corso, un assassino spietato, forse qualcuno lo aiuterà nella sua redenzione.
Questa storia comincia prima dell'inizio di My Hero Academia e pian piano si metterà in pari.
Possibili SPOILER più avanti.
Utilizziamo la teoria secondo cui Dabi è Touya Todoroki, ma NON È SPOILER. È per l'appunto solo una teoria. Se la cosa dovessere cambiare, metteremo l'avviso.
Presenza di OC, personaggi originali.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dabi, Hawks, Nuovo personaggio, Shōta Aizawa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Quella sera si alzò un forte vento e il cielo - dopo le lunghe nevicate dei giorni precedenti – minacciava temporale. Per fortuna Kimiko aveva staccato prima dal Doragon, così ebbe il tempo di noleggiare un film e rincasare in tutta tranquillità. Aveva preparato del riso al curry, uno dei suoi piatti preferiti, e dopo una lunga doccia, si era messa comoda sul divano per godersi il film. Peccato che, distrattamente, forse aveva premuto la selezione sbagliata: al posto del film d’azione presente tra le novità, aveva noleggiato un film d’amore e strappa lacrime. Per via delle custodie bianche e prive di copertina, non aveva neanche potuto cambiare subito il noleggio. Quindi, fiduciosa della scelta, era rientrata a casa come se niente fosse.

« Io ti amo, Annie. Perché deve finire così? »

« Perdonami… ma è giusto che torni a casa! »

Sulla faccia della ragazza era dipinta la peggiore espressione di disgusto mai vista. Il cucchiaio con la porzione di curry restò sospeso a mezz’aria, senza neanche avvicinarsi alle labbra.

« Ma che schifo! » Commentò quando i due protagonisti presero a baciarsi con una passione travolgente. « No, non posso guardare certe cose. Distrugge il mio appetito! » Poggiò il piatto sul tavolino davanti a lei e si affrettò a spegnere il lettore dvd, mettendo successivamente i canali della tv. Forse quella sera delle forze maggiori avevano deciso di complottare contro di lei. Ogni zapping portava a delle trasmissioni o film con tema l’amore. « … Qualcuno mi sta odiando in questo momento. Altrimenti non si spiega. » Spense la tv, riprendendo così a consumare il suo pasto. Dopo quella serata in cui avevano discusso, Kimiko non aveva più incontrato il ragazzo sconosciuto. Forse era passata più di una settimana dal loro ultimo incontro. Deglutì con forza l’ultimo boccone, alzandosi dal suo posto per lavare e sistemare il piatto. Trasse un respiro profondo una volta concluso il tutto, lasciandosi nuovamente cadere tra le soffici braccia del divano nel silenzio calato sul salotto. Mentre fissava il pallido soffitto, accompagnata dal continuo gocciolio del rubinetto, ripensava a quella sera, soprattutto allo strano comportamento del ragazzo. « Intanto è riuscito a rubarmi la sciarpa… » Storse le labbra e assottigliò lo sguardo magenta abbastanza stizzita. Lo strano comportamento di lui le aveva insidiato il tarlo del dubbio nella mente. Persa nei suoi pensieri intanto che contemplava il soffitto, di scatto voltò il capo verso la porta. Ebbe come l’impressione di non essere sola, sentiva addosso lo sguardo di qualcuno che, con insistenza, la fissava. Si alzò lentamente, avvicinandosi con furtività alla porta d’ingresso. Senza guardare subito dallo spioncino cercò, nel silenzio, di captare anche il minimo rumore sospetto. Ma oltre al suo respiro e al continuo gocciolio del rubinetto, non avvertì nulla di strano. Rilassò il corpo, osservando l’esterno dallo spioncino, assicurandosi dell’assenza di sconosciuti. E’ fu proprio in quel momento di tranquillità apparente che Kimiko venne sopraffatta. Con forza un braccio la cinse alle spalle, bloccandole le braccia, e una mano andò rapida contro il suo viso. Vani furono i tentativi di liberarsi. In un attimo si ritrovò un tessuto impregnato di liquido dall’odore nauseante davanti alla bocca e al naso, mentre una voce profonda cercava di rassicurarla.

 « Sssh, andrà tutto bene. Ora dormi…»

La vista le si fece sempre più offuscata e la presa delle sue mani contro le braccia dell’assalitore sempre più debole, finché tutto non divenne buio e maggiormente silenzioso. Proprio in quelle tenebre improvvise e silenzio assoluto, la mente di Kimiko venne assalita da improvvisi ricordi di un’infanzia passata, alla quale si era completamente estraniata nel corso degli anni.

 

Flash Back

 

Il dolce profumo dei ciliegi in fiore annunciava la primavera. Il viale era sommerso dai loro petali che avvolgevano come un manto di neve la strada. Le grida divertite dei bambini rendevano il parco giochi caotico e solare più del solito.

« Tana per te! »

« Non è giusto Kim! Se utilizzi ogni volta il tuo quirk non è divertente! » La ragazzina sorrise davanti all’espressione imbronciata del suo amico « Basta, cambiamo gioco. »

« Tanto vinco sempre io! Qualunque cosa facciamo! » Rispose lei con tono serafico, girando lentamente su stessa con sguardo saccente.

« Allora non giochiamo più, me ne torno a casa! » Seccato, il ragazzino si spolverò i pantaloni prendendo la strada verso l’uscita del parco. Lei lo fissò con perplessità, incredula riguardo il suo comportamento palesemente offeso. Di fretta lo seguì e con ghigno divertito lo afferrò per il braccio, facendolo voltare verso di lei.

« Dai begli occhi! Prometto di non usare più il mio potere! Ma se vinco io, avrai una punizione! » Lui la fissò stranito e con un velo di terrore

« Q-quale punizione? » Lei accentuò il suo ghigno mentre incrociava le braccia e sollevava il mento con fare altezzoso.

« Dovrai cedermi la tua chitarra! »

« Cosa?! Assolutamente no, Kim! Me l’ha regalata tua madre, quindi è mia! »

« Se perdi non sarà più tua! » Canticchiò la frase finendo con un fischio melodico. Lui si imbronciò, voltando lo sguardo torvo dalla parte opposta.

« Va bene… » Lei corrugò le sopracciglia, si avvicinò con due falcate decise e, una volta davanti a lui, gli pizzicò la guancia tirandola con forza.

« Sei proprio debole! Quando imparerai a crescere?! » Tirò con più forza, facendo arrossare la pelle del suo amico, che gemette indolenzito « Se continui a comportarti così darai solo ragione alle parole di tuo padre! Lo vuoi capire o no?»

« Sei mia amica, non voglio reagire male con te!» Disse lui a denti stretti strizzando gli occhi per il dolore alla guancia che continuava a venire pizzicata.

« E’ proprio per questo che devi reagire! Difendi ciò che è tuo con forza! Smettila di essere debole! » A quelle parole il suo amico sgranò gli occhi e con un poderoso colpo della mano si liberò dalla presa di lei. Si passò con rabbia il braccio sulla guancia, guardando l’amica che ricambiò con stupore.

« NON TI DARO’ MAI LA MIA CHITARRA KIM! FAI TUTTO CIO’ CHE VUOI, MA E’ MIA E BASTA! » Davanti a quella improvvisa presa di posizione, lei a stento riuscì a trattenere la risata caotica che smorzò quel breve momento intenso.

« Vai così begli occhi! Sei fantastico! »

Lui allentò la morsa dei pugni, rilassando le spalle. La fissò a lungo e con occhi grandi, unendosi poi alla fragorosa risata.


Fine Flash Back


« Svegliati, ragazzina. »

Sentiva la testa girare e la guancia sinistra farsi sempre più calda. La vista era ancora offuscata e le poche immagini che riusciva ad intravedere erano ancora troppo confuse, le sembrava di stare immersa sott’acqua e ogni volta che sbatteva le palpebre sembra peggiorare le cose. La visuale cambiò nuovamente, e un altro bruciore si irradiò anche sulla guancia destra, appena colpita dall’ennesimo schiaffo.

« Basta dormire, su. » Quella voce ovattata arrivava flebile e distorta alle sue orecchie. Sbatté ancora e ripetutamente le palpebre più che potè, così da poter mettere finalmente a fuoco anche il più piccolo particolare.

« Forse le avete dato una dose eccessiva, Boss. » Disse una seconda voce.

« Fidati, è meglio che rimanga buona così… altrimenti siamo tutti fottuti. »

Kimiko spostò il capo verso quelle voci anche se i suoi occhi non erano di grande aiuto. Riuscì solo a visualizzare delle masse scure che si spostavano lentamente, come spettatori incuriositi che fanno a gara per la postazione migliore vicino al palco. Mosse lentamente il capo, in cerca di altri particolari che potessero aiutarla a capire qualcosa, anche se in quelle condizioni era davvero difficile. Strizzò gli occhi, traendo un lungo respiro profondo, doveva assolutamente riprendere in mano il controllo del suo corpo il prima possibile. Dopo l’ennesimo tentativo di sbattere le palpebre e scuotere lentamente la testa, qualcosa finalmente catturò la sua attenzione. O per meglio dire qualcuno, che scatenò in lei un miscuglio di rabbia e stupore, distorcendo i lineamenti del suo volto già segnato dalla droga che le avevano somministrato. Poggiato contro una parete, con il viso nascosto dai ciuffi corvini, restava immobile proprio il ragazzo a cui, per qualche istante, aveva pensato poco prima. Gli avrebbe voluto urlare le peggiori imprecazioni esistenti, ma per via della bocca impastata riuscì a proferire solo qualche mugolio simile al lamento di un animale in fin di vita. Mentre il chiacchiericcio di quegli sconosciuti proseguiva, il ragazzo sollevò appena lo sguardo verso di lei. Era visibilmente distrutto e non solo per quella sua espressione da cane bastonato. Dalla poca visuale che Kimiko riusciva ad avere, sembrava riportare qualche ferita sul viso: l’occhio sinistro era gonfio, e dalle narici sembrava ci fosse del sangue rappreso. Curiosa, benché la testa le pesasse, non potè fare a meno di inclinarla sulla spalla per studiarlo meglio, questo finché una mano le afferrò con forza i capelli, obbligandola a reclinare il capo all’indietro.

« Allora, signorina… sai vero perché ti trovi qui? » Di risposta la ragazza riuscì a trovare la forza per sorridergli.

« Ti sputerei volentieri in faccia… ma ho la bocca completamente asciutta… peccato… » Ghignò, singhiozzando una risata divertita. L’uomo ricambiò l’espressione, lasciando andare la presa dai suoi capelli con una spinta in avanti del braccio, facendole ricadere il capo in avanti. Anche se la bionda chioma le copriva completamente il volto, non smise di ridacchiare, così da infastidire l’individuo: l’uomo sputò con rabbia sul pavimento, passandosi poi una mano tra i capelli colmi di brillantina e, tirando su col naso abbastanza stizzito, si mise di fronte a lei. Si dovette chinare sulle ginocchia per averla faccia a faccia, essendo quest’ultima legata con più giri di corda su una sedia.

« Ne hai fatti fuori ben venticinque… tutte persone fidate per me, con un ruolo molto importante… » Il sorriso che le rivolse non fu quello di un normale incontro tra amici.

« Perdonami, ma non riesco a capire… devi aver usato della roba ancora più pesante di quella data a me… » Replicò Kimiko, sorridendo. Un terzo schiaffo, questa volta dato col dorso della mano, venne inferto con una forza tale da aprirle il labbro inferiore. « Ahia… questa l’ho sentita… » Ribatté divertita, passando la lingua sulla ferita, leccando via qualche goccia di sangue.

« Sentimi bene… » Le afferrò con forza il viso obbligandola a guardarlo. A quel gesto il ragazzo misterioso provò a scostarsi dal muro per andare da lei, ma venne bloccato rapidamente da uno dei tizi e rimesso spalle al muro. « … è ora di smetterla di nascondersi… Kimiko Counter… » Ghignò divertito pronunciando quel nome. « E’ buffo sentire un nome giapponese con un cognome americano, non credete anche voi? » Gli altri uomini presenti iniziarono a ridere, mentre il viso di Kimiko, sentendo pronunciare il suo vero cognome, rimase di marmo, talmente era serio e impassibile. Le sue pupille strette erano inchiodate al viso di quell’uomo, come un rapace pronto ad uccidere la sua preda. « Oh… vedo che ora ho la tua totale attenzione… bene. »  Si alzò in piedi, dandole le spalle e sistemando con cura la cravatta del suo smoking scuro. « So bene che è stato triste per te, soprattutto in giovane età, dove i genitori sono indispensabili nella fase di crescita dei propri figli… » Sospirando profondamente infilò le mani in tasca, dondolandosi lentamente sulle punte dei piedi. « … purtroppo erano a rischio molte persone per via di quel quirk che la signora Helena Counter portava dentro di sé, oltre alle varie informazioni che era riuscita ad avere su di noi. Carina la copertura da infermiera che si era creata, andava tutto bene, all’inizio… ovviamente… » Si voltò nuovamente verso Kimiko, che sentì un tuffo al cuore a quelle informazioni che l’uomo le stava rivelando con estrema tranquillità. Adesso iniziava ad assemblare ogni minimo pezzo del suo puzzle mentale, soprattutto di alcuni episodi successi proprio in casa con sua madre, come quando lei in tutta fretta ordinava dei fascicoli posti sul tavolo. Inoltre, il più delle volte gli orari che le assegnavano in ospedale, risultavano troppo strani anche per una bambina. « Purtroppo » Proseguì l’uomo. « Se si fa la spia agli Hero sono abbastanza ovvi i rischi a cui si va incontro, no? La cosa più divertente, però, è che per via di questa copertura e delle varie informazioni prese… » Poggiò le mani sulle ginocchia della ragazza, avvicinando il viso al suo « … nessuno degli Hero che tanto aiutava ha mosso un dito per ricordarla nel migliore dei modi…anzi, le hanno voltato la faccia, permettendo a noi di insabbiare il tutto… buffo, vero? » Le rivolse un sorriso soddisfatto prima di rimettersi in posizione eretta. Kimiko sorrise, suo malgrado, ripensando all’espressione solare di sua madre dopo averla salutata per andare a “lavoro”. Poi, nella sua mente, iniziarono a scorrere tutti volti degli Hero conosciuti, ed il cuore di Kimiko sprofondò ancora di più in quel mare di odio covato in tanti anni. Sapeva bene degli agenti corrotti e di quello che avevano fatto e immaginava che dietro ci fossero anche gli Hero, ma mai avrebbe pensato che sua madre - a sua insaputa - fosse stata invischiata con loro e che per giunta li avesse aiutati. Non erano così false le parole di quell’uomo, soprattutto quando sottolineò il loro disinteresse per la morte della donna che per loro aveva dato la vita, in tutti i sensi. In quel momento si stava maledicendo per essersi concentrata solo sulla polizia e non sui volta faccia che tutte le persone imbecilli acclamavano… gli Hero. « Purtroppo non siamo perfetti neanche noi, abbiamo dimenticato qualcuno di molto importante… la sua cara figlioletta… » Il tono dell’uomo era di scherno, ma la ragazza non mosse nemmeno un muscolo ne emise alcun suono, restando immersa nei suoi pensieri. « Pensa, mi hanno riferito che, in punto di morte, ha pronunciato il tuo nome con quella vocina rotta dal pianto di chi sa che presto morirà! » La sua risata arrivò chiara e limpida alle orecchie di Kimiko, che puntò nuovamente lo sguardo su di lui fissandolo intensamente, maggiormente appena lui si voltò a braccia aperte verso i suoi uomini, richiedendo le loro acclamazioni e loro gliele concessero con grasse risate e qualche applauso. Si girò a guardarla divertito e trionfante, facendo la finta di piangere con espressioni idiote per sbeffeggiarla e stuzzicarla, convinto di averla in pugno. Proseguì così ancora per un po’, facendosi beffa di lei, credendo di aver finalmente dato fine alla sua battaglia: senza Kimiko ad uccidere i suoi sottoposti e a catturare l’attenzione della polizia su di loro, i suoi traffici e le corruzioni tra gli agenti si sarebbero nuovamente ristabiliti. Soprattutto se avessero consegnato il terribile assassino silenzioso e unico testimone del caso. Tanto chi le avrebbe creduto? Un assassino che uccide agenti di polizia e, di recente, anche un Hero. « Oh, dimenticavo! Prima dei festeggiamenti, sappi che il ragazzo lì… » Indicò con un gesto del capo il ragazzo sconosciuto tenuto ancora immobile contro la parete. « … ha lavorato per tutto il tempo solo per me. Cinema, cenette, dovresti ringraziarmi! » Le diede degli schiaffetti contro la guancia, sorridendole solare. « Bene signori! Ora possiamo fe- » La frase dell’uomo non proseguì. Quel bel sorriso di soddisfazione che manteneva stampato sul viso iniziò a spegnersi lentamente, lasciando il posto ad un’espressione stupita e di shock improvviso, emettendo un gemito roco. Dal fondo della gola uscì un verso misto tra un grido e un conato di vomito, mentre abbassava il capo verso il suo ventre.

« Mi perdoni, signorema, in tutto ciò, ha dimenticato di legarmi i capelli… » Esordì Kimiko con tono sincero, inclinando il capo sulla spalla. L’uomo la fissò brevemente prima di abbassare nuovamente il capo e guardare ciò che lo trapassava da parte a parte. Le punte dei capelli di Kimiko si erano avvolte tra loro, formando una massa scura e acuminata che si scagliò – nel momento di euforica distrazione - dritta e veloce contro l’addome dell’uomo. « Non che fosse così importante… » Continuò la ragazza, alzandosi lentamente in piedi. Le corde trapassarono il suo corpo, come se questo fosse fatto completamente di nebbia, rilasciando lunghi baffi di fumo nero che si perdevano attorno a lei. Una volta in piedi, passato lo stupore improvviso, tutti gli uomini presero le armi o sfoggiarono i loro quirk pronti ad attaccare. Sentendo caricare le armi e suoni strani di corpi che mutavano, Kimiko non potè fare a meno di ridere sguaiatamente, mentre l’uomo davanti a sé – ancora impalatocercava di prendere dalla tasca la sua arma. Il ragazzo misterioso, vista la situazione, venne liberato dalla presa e, con occhi spalancati e stupefatti, cercò di andare via da lì il prima possibile. Il Boss estrasse la sua pistola, ma non ebbe il tempo di impugnarla che Kimiko impresse più forza nel suo quirk, infilzando ancora di più quel corpo, macchiando la sua bella camicia bianca di rosso cremisi. La vittima iniziò a tossire e a sputare sangue dalla bocca, rantolando flebili gemiti di dolore. Gli uomini non sapevano se attaccare o meno, perché c’era il rischio di colpire il loro capo. La ragazza sollevò lentamente il braccio e il fumo seguì lo stesso movimento, alzando a mezz’aria il corpo dell’uomo che agitava le gambe con la poca forza rimasta.

« Come? Non ghigni più? » Disse con voce non sua dal tono profondo e ringhiante che immobilizzò e zittì tutti gli astanti. « Adesso farò provare a tutti voi una piccola parte del dolore che ho covato per anni… tutto quello che ho dovuto passare per colpa del vostro egoismo infimo… » Gli occhi dell’uomo si spalancarono e con la poca forza rimastagli, alzò una mano, ordinando col suo ultimo gesto ai suoi uomini di attaccare. Pochi secondi dopo la sua testa venne tagliata dal collo di netto e lasciata rotolare ai piedi dei suoi scagnozzi. Il corpo venne lanciato via dal fascio di fumo, sbattendo prima contro la parete e ricadendo con un suono sordo. Adesso anche le braccia di Kimiko erano avvolte dal fumo nero come la pece. I suoi capelli iniziarono ad ondeggiare, mutando colorazione da biondo grano a grigio fumo. Si voltò lentamente verso il resto del gruppo, mostrando ai presenti il suo volto segnato da varie crepe che aprivano la sua pelle su più punti, come un vaso di porcellana rotto. Le sclere si tinsero dello stesso colore delle sue iridi, evidenziando maggiormente il loro colore magenta che rifulgeva di una luce più intensa. Le labbra nere incorniciavano un ampio sorriso dalla dentatura seghettata, che si dischiuse sbuffando altro fumo nero. Il gruppo restò impietrito, senza sapere che fare oltre a scambiarsi sguardi, finché il panico non prese il sopravvento su di loro, spingendoli istintivamente ad attaccare alla cieca. Lanciando un urlo disperato per le nuove verità venute a galla, Kimiko si scagliò sugli uomini senza pietà. Contro il suo quirk i loro proiettili e le lame dei loro quirk erano inutili. Non si può colpire il fumo, ne tanto meno scalfirlo. Questo entrava dalle loro narici, bocca e condotti lacrimali, insinuandosi nella loro testa e premendo contro la statola cranica, fino ad ammassarsi sempre di più, comprimento completamente il loro cervello fino a farlo collassare. Mantenendo il fumo avvolto attorno alle braccia, lo usava come prolungamento per le sue dita, sfruttandole come lunghi artigli che affondavano nelle carni delle sue vittime, facendo il peggiore scempio dei loro corpi. Il sangue macchiò ogni angolo e parete di quella stanza, rilasciando un forte odore pesante, che si mescolava a quello forte di chiuso da giorni. Il ragazzo misterioso aveva già abbandonato la stanza del vecchio magazzino. Usando la parete come sostegno, si era trascinato zoppicante e intontito, il più lontano possibile da lì, ma i suoni delle armi da fuoco e le urla continue lo trattennero per qualche istante, facendolo voltare con evidente paura dipinta sul viso in quella direzione tanto temuta. Vide le luci della stanza scattare più volte, fino a spegnersi del tutto. Poi ancora urla e colpi di pistola, fino al totale silenzio. Deglutì con forza la poca saliva rimastagli, cercando di respirare solo dal naso. Quando sembrò che tutto fosse cessato, un ruggito infranse di netto il silenzio, facendolo scattare sull’attenti per riprendere la sua fuga. La porta del magazzino venne ridotta in mille pezzi dalla condensa di fumo nero che premette con forza contro essa, voltandosi poi verso l’individuo.

« Adesso penso a te…» Disse con voce roca la massa di fumo, mostrando un ampio sorriso maligno. Ansimante per l’agitazione il ragazzo continuò a trascinarsi lontano il più velocemente possibile, prendendo le scale che conducevano alla terrazza. Sentiva la morsa della morte sempre più vicina, un freddo pungente che gli accarezzava lentamente ogni singola vertebra della sua schiena. Un lungo fischio cantilenante alle sue spalle lo mise ancora più all’erta, facendogli aumentare l’adrenalina nel corpo e spronandolo a dare le ultime falcate finali per raggiungere la porta e chiuderla di tutta fretta dietro di lui con un colpo secco. Non perse d’occhio per un solo istante la porta, indietreggiando lentamente, allertato da qualsiasi cosa ne sarebbe venuta fuori. Sentì ancora quel fischio, questa volta ovattato. Segno evidente che lei era chiaramente là dietro, a pochi passi da lui. Le gambe gli cedettero all’improvviso e si ritrovò col fondoschiena sulla fredda pavimentazione della terrazza. Abbassando lo sguardo, potè scorgere il fumo uscire da ogni fessura della porta, per poi amalgamarsi in un unico punto fino a formare la figura di Kimiko ancora trasformata in quella creatura dagli occhi maligni e la pelle scheggiata. Lei inclinò il capo, osservando il ragazzo impaurito e tremante.

« Pensavi seriamente di prendermi in giro? » Lui non rispose e strisciò ancora più indietro, spingendosi con l’aiuto delle gambe « Prima cerchi di derubarmi e poi, come se nulla fosse, mi inviti ad uscire solo per avergli riconsegnato uno stupido plettro…patetico... » Attorno al braccio del ragazzo iniziarono ad avvolgersi lingue di fiamme azzurre e Kimiko non potè fare a meno di sollevare un sopracciglio con evidente perplessità. « Quanto puoi essere idiota? Non sai che è proprio dal fuoco che prende vita il fumo? » Lui ignorò completamente le sue parole e, preso dal panico, le scagliò contro un getto di fiamme. Lei non si smosse minimamente, tenendo le braccia incrociate al petto. Le fiamme la sfiorarono solo al lato sinistro, facendo bruciare parte della sua maglietta. Ciò che ottenne fu solo riuscire a disperdere un po’ il fumo, il quale però poi si riaddensò nuovamente. Lei fissò il tessuto continuare a bruciare fino a spegnersi, scuotendo il capo rassegnato. « Peccato, è fatta solo per supportare il mio quirk… comunque… » Iniziò ad avvicinarsi a lenti passi sinuosi verso la sua ultima vittima. « Hai fatto una cazzata alla quale, questa volta, darò un gran peso… e non c’è nessuno a farmi cambiare idea… » Il suo braccio si tramutò nuovamente in fumo, prendendo la forma di una lunga lama. Il ragazzo sgranò gli occhi, osservando quel fumo sollevarsi sopra di lui.

« Kim! Non lo fare! » Furono le sue uniche parole prima di chiudere gli occhi, temendo per la sua vita. Eppure, stava continuando a sentire il suo respiro irregolare ed i battiti insistenti del suo cuore contro il petto, oltre alle gocce di sudore che rigavano il suo viso segnato dalle bruciature. Prese coraggio, aprendo lentamente gli occhi per capire cosa fosse successo. La lama di fumo si era fermata a pochi centimetri dal suo viso, cosa che lo fece deglutire per lo sgomento. Spostò lo sguardo da quest’ultima, concentrandosi sulla ragazza che lo fissava immobile, con espressione sorpresa. L’abbreviazione del suo nome non era stata più pronunciata da tanti anni, soprattutto con quella strana confidenza, come se la conoscesse da una vita. Kimiko abbassò il braccio, lasciando che il fumo svanisse dalla sua figura facendola tornare al suo stato normale. I lunghi capelli grigi divennero nuovamente biondi e ricaddero sulle spalle disordinati, mentre le sclere ripresero lentamente il loro colore naturale. L’espressione di furia cieca che le distorceva i lineamenti del volto lasciò il posto a una di curiosità insistente e nella sua testa l’immagine di quel ragazzino che nei precedenti giorni aveva ripreso posto nei suoi pensieri si sovrappose a quella del ragazzo davanti a lei, facendole spalancare gli occhi dallo stupore. Con un po’ di inquietudine lui si alzò con cautela, restando a distanza dalla ragazza che con la testa inclinata lo fissava in silenzio.

« Ho fatto una cazzata… » Si inumidì le labbra con la punta della lingua, senza interrompere il contatto visivo con lei. « … proprio come te, sono stato accecato dalla vendetta… perchè… » Avanzò insicuro di un passo, sollevando appena le mani davanti a sé per farla stare tranquilla e imperile di scappare per un eventuale shock « … accidenti Kim, dopo un volo del genere da un grattacielo… tu dovevi essere morta… » Sorrise forzato e isterico, facendo un altro passo, mentre lei indietreggiò di risposta. Con labbra socchiuse e pupille strette, non riusciva a schiodare gli occhi da quelli di lui e, a quelle parole, scosse lentamente il capo incredula e spaventata allo stesso tempo. Stava rivivendo gli stessi istanti di dieci anni prima. Appena avuta la notizia della morte di sua madre, così strana e irreale, si era rimboccata le maniche da sola, indagando su quanto fosse successo. Quando era riuscita ad avere un quadro generale sull’accaduto dalle poche informazioni avute, la sua rabbia si era trasformata in vendetta, purtroppo bloccata dal fatto che gli agenti coinvolti non avevano un nome. Era stato proprio quel ragazzino ad aiutarla con la sua complicità e grazie ad alcune informazioni trapelate dal padre, un uomo abbastanza noto nel campo Hero, durante alcune conversazioni con sua madre che lui aveva origliato per caso, era riuscito a dare una svolta alla vendetta di Kimiko, la quale risalì agli agenti e li uccise uno per uno. Convinta che la sua vendetta fosse compiuta, credendo di non avere più nulla da condividere con quel mondo marcio, si era suicidata lanciandosi nel vuoto dal grattacielo più alto di Tokyo, non sapendo che il suo quirk, dalle caratteristiche di un parassita, lo avrebbe impedito. Ora quello strano incidente e quelle altrettanto strane testimonianze avute al tempo, grazie alle conferme di quell’uomo che ora giaceva senza vita, finalmente avevano un senso. Per qualche tempo aveva pensato che la madre fosse stata una stupida, coprendo orari assurdi alle colleghe, rinunciando al tempo con la propria figlia. Si sarebbe voluta spaccare la testa contro una parete solo per aver brevemente dubitato che sua madre non le volesse bene. Non solo, nel tempo aveva dimenticato quel ragazzino con egoismo tale da essere paragonato a quello dell’uomo appena ucciso, senza pensare minimamente a lui, che ora gli stava davanti e cercava di rimediare. Le lacrime rigarono con prepotenza il suo viso malinconico, facendo stupire il ragazzo.

 « Sono stato stupido, lo ammetto, potevo accertarmi della tua morte, ma ero troppo vigliacco per guardare di sotto. Ho evitato di seguire i tg dove parlavano di un tuo probabile ritrovamento. Il cimitero lo guardavo da lontano, non mi andava di rivederti in una foto… » Si avvicinò ancora. « Ti chiedo scusa, è solo… quando poi ti ho rivista… e mi avevi dimenticato... ho agito di impulso, proprio come mi avevi insegnato tu… solo in un modo diverso e maledettamente sbagliato…perché ho pensato che mi avessi lasciato solo... » Le confessò, porgendole la mano. « Andiamo via insieme, abbiamo tante cose da raccontarci. ». Quel sorriso. Anche se erano passati degli anni e ora ad incorniciarlo era un viso completamente devastato dalle ferite, restava comunque quello inconfondibile dello stesso ragazzino impacciato di un tempo. Finalmente riconobbe anche quei bellissimi occhi sorridenti che l’avevano sempre fatta impazzire.

« Touya… » Disse lei con voce rotta dalla commozione e agitazione per via dell’insieme di ricordi e sensazioni che la investirono come un treno in corsa, facendole sentire le gambe molli. Sentendo pronunciare il suo nome, il ragazzo non perse tempo. Avvicinandosi velocemente a lei, la cinse tra le braccia con forza e possessività, così da impedirle qualsiasi via di fuga. « Mi dispiace… mi dispiace davvero...» Strinse le mani sul suo giubbotto di pelle, affondando il viso nell’incavo del suo collo, muovendo il capo in segno di negazioni in risposta alle sue scuse. Touya la strinse di più a sé, cullandola appena. « Abbiamo un sacco di cose da dirci e credo che non basterà una notte... » Si scostò appena da lei poggiando la fronte contro la sua. « Adesso dobbiamo andare via di qui. Hai fatto un bel casino… » Sorrise appena e lei ricambiò, annuendo poi col capo mentre si asciugava le lacrime. Si mise al suo fianco così da permettergli di passare il braccio attorno alle sue spalle. Sostenendolo con l’altra mano che poggiò sull’altro fianco, lo sorresse per aiutarlo a lasciare quel posto prima dell’arrivo della polizia, conducendolo verso il proprio appartamento, dove avrebbero trovato un nascondiglio sicuro.


Angolino delle autrici.

Eccoci, avevamo bisogno di una piccola pausa settimana scorsa, ma siamo tornate! Un bel capitolo dedicato a Kimiko! Fateci sapere che ne pensate ;)

Come sempre lasciamo i link alle pagine

LilyShakarian

LadyBarbero

A lunedì prossimo!

Lily&Lady

   
 
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