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Autore: Ariel_ioscriviana    07/05/2005    3 recensioni
Una ragazza che diventa giudice. Una ragazza che ha una missione. Migliorare il mondo e combattere la mafia,sulle orme dei grandi uomini che si sono sacrificati per la Sicilia e per l'Italia,e per la libertà.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Uno.Due.Tre.
Quattro.Cinque.Sei.

I gradini del tribunale erano tanti, e lei li saliva con calma, misurando ogni passo, numerandoli mentalmente: "Uno.Due.Tre.Quattro.Cinque.Sei."
E poi di nuovo:
"Uno.Due.Tre.Quattro.Cinque.Sei."

Il cielo era sereno, poche nuvole, sembrava che contornassero il sole, non lo oscuravano, lo contornavano,e il sole brillava cocente, come brilla nei giorni della Sicilia.
Ed era solo primavera.
Un vento leggero accarezzava le chiome degli alberi -erano parecchi, lì intorno, e lei ne era felice "Lavoro in una zona con un pò di verde,potrò respirare!", amava la natura- e andava a sfiorare anche i suoi capelli,così si muovevano al ritmo dei suoi passi, così. E più in là, lo si poteva vedere,lo avrebbe potuto vedere, se solo avesse alzato lo sguardo da quei gradini, e avesse liberato la mente da quei numeri-Uno,due,tre,quattro,cinque,sei- c'era il mare.
Culla di vita e scrigno del suo cuore.
Tela in cui il sole distendeva i propri raggi, come pittore apparentemente distratto che sembra liberare a casaccio i colori della tavolozza sulla propria tela.
Il mare,il sole,gli alberi,il cielo,i mandorli e le arance. I caldi colori e le colline battute dallo scirocco. Se avesse alzato lo sguardo da quei gradini,l'avrebbe vista tutta lì, la sua terra.
La terra per cui iniziava ora ufficialmente la sua battaglia.
L'avrebbe vista, mentre era tutt'intorno a lei, mentre lei saliva quei gradini -uno due tre quattro cinque sei -e sembrava cingerla in un materno abbraccio.
Un abbraccio di riconoscenza.
Se non glielo davano gli uomini, lei, la terra, glielo dava. Se non glielo davano certi uomini,lei,la terra,non glielo faceva mancare.
Perchè proprio da quei certi uomini troppo spesso essa era strata maltrattata, e violentata, e adesso in lei vedeva un altro riscatto.
E se, in quel momento, le avessero chiesto perchè non rivolgesse il suo sguardo alla terra,e al mare,e al mercato di Ballarò e ai quartieri maledetti di Brancaccio -dove viveva la gente per cui voleva combattere,dove viveva la gente che voleva salvare,dove viveva la gente che voleva punire -avrebbe risposto, con quel suo sorriso dolce, con quel suo sorriso timido dietro cui dissimulava i suoi sentimenti, che era perchè quella terra la portava nel cuore.
E che era troppo impegnata a guardare i gradini ed enumerarli per sciogliere un pò l'impazienza e la tensione -stratagemma che sapeva essere in uso nella polizia, rifugiarsi nei numeri per sfuggire alla paura- ma che in realtà il suo cuore era lì, come sempre. Perchè camminava calma, lei. Ma nell'animo le si agitava l'emozione e, spiando fra i suoi passi-calmi e decisi,quasi sfiorava i gradini,però era anche svelta- un osservatore attento poteva scorgere una frenesia,un'impazienza,un'emozione,che guizzava fra le sue gambe e dava luce al suo sguardo.

Uno.Due.Tre.Quattro.Cinque.Sei.
Le era sembrata una meta irraggiungibile, quella che stava per raggiungere, che aveva già raggiunto, ma da lì a pochi gradini -uno due tre quattro cinque sei- si sarebbe davvero concretizzata.
Aveva attraversato tutto il suo percorso di studi con questo sogno, e adesso poteva realizzarlo. Era arrivata all'università un pò intimorita, aveva attraversato momenti di sconforto ma non aveva mai perduto la sua decisione,la fiducia nella sua missione,un desiderio infranto alle spalle ed un altro davanti ai suoi occhi,un altro fra le sue mani.

Uno.Due.Tre.Quattro.Cinque.Sei.
Aveva passato il concorso facilmente come non pensava, aveva incontrato difficoltà, sì, ma le aveva superate, era stato in fondo come scivolare nell'acqua -come quando lasciava scivolare il suo corpo e la sua anima nel suo amato mare- era stato così, in fondo.
Forse perchè era destino, sì, doveva essere stato per forza il destino, non sapeva se il destino esisteva, di sicuro esiste il caso, ma se il destino esiste è lui che l'ha voluto.

Uno.Due.Tre.Quattro.Cinque.Sei.
"Chissà se riuscirò ad essere come voglio", si diceva, "Chissà se riuscirò a compiere la mia missione, a fare la mia parte, in questo mondo, chissà se ne sarò all'altezza.
Chissà se riuscirò a portare un sorriso, chissà se riuscirò a far fruttare l'eredità che loro mi hanno lasciato, chissà se ce la farò a portare un pò di giustizia, per quanto posso."

E così pensava, quando non c'erano più gradini da contare e c'era solo una porta da varcare.
Poi vide il suo sogno prendere forma negli ambienti e nelle persone.

L'atmosfera che l'avvolgeva aveva un qualcosa di familiare, ma la sua tensione non s'era allentata. Due carabinieri, appena si accorsero del suo arrivo,la salutarono mettendosi sull'attenti. Lei ricambiò il saluto con lo sguardo, gettando un'occhiata fugace sui due uomini per poi spostare gli occhi sul lato opposto.
Poi non pensò più nulla, perchè il presidente del tribunale, un uomo basso, un pò tozzo, ma abbastanza signorile, sulla sessantina, le venne incontro -con fare festoso più che solenne, del resto gli sembrava di vedere una figlia in lei- la salutò, le allungò il braccio, lei gli strinse la mano e lui le disse: "Ancora benvenuta e buon lavoro, giudice Marina. Domani ci sarà il suo primo processo".
  
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