Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: SagaFrirry    17/10/2019    1 recensioni
"Tu credi che il mondo sia solo bianco e nero, tutto per te può essere solo bianco o nero. Ma io sono la prova che non è così. Io sono il grigio? No. Io sono l'intero spettro di colori dell'Universo!".
Keros è un demone, ma non del tutto. È figlio di due specie molto diverse, frutto di un'unione per molti sacrilega. Questo è il racconto del suo cammino, lungo i secoli dell'esistenza. Fra Inferi e Cielo, buio e luce, dannazione e santità, scoprirà come essere realmente se stesso.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CIONDOLO

 

Il tempo trascorso all’Inferno aveva angosciato e cambiato l’atteggiamento di Vehuya. Si era aperto e si era lasciato consigliare da Keros, calmando la propria rabbia nei confronti del mondo demoniaco. Parlandosi, il Serafino caduto aveva confessato al principe di aver smarrito il ciondolo della propria collana e di provare un dolore immenso per questo. Lo aveva perso nel mondo umano, poco prima di cadere, e se ne rammaricava molto. Non potendo recarsi personalmente fra i mortali, perché ancora debole e sotto sorveglianza, Vehuya pregò Keros di andare a cercarlo in sua vece. Il mezzodemone, che non perdeva mai un’occasione per gironzolare fra gli uomini, acconsentì volentieri e portò con sé i suoi figli più grandi.

Per i quattro cuccioli fu un modo piacevole di trascorrere un pomeriggio in compagnia del padre, cosa che non accadeva molto spesso. Seguendo le indicazioni di Vehuya, comparvero nei pressi di un paesino di campagna, con poche case ed un campanile dall’alto tetto a punta. Su un prato, attraversato da un sentiero di sassi, il gruppetto iniziò la ricerca. Il ciondolo era circolare, in argento, e recava inciso il glifo del Serafino, un segno di riconoscimento unico. Carmilla prendeva molto seriamente il compito e scrutava con attenzione fra le piante. Con grandi ed attenti occhi viola, osservava diligentemente il terreno. Vixa e Kaya, le due gemelle identiche, preferivano giocare e rincorrersi. Nasfer si guardava attorno, incuriosito dal mondo umano, e fu il primo a notare che non erano i soli su quel prato. Anche Keros vide tre persone, due adulti ed una bambina, e chiamò a sé i propri figli. Ne aveva compresa la natura e preferì stare sicuro: erano angeli, li riconosceva dalle auree, e forse stavano cercando la stessa cosa.

“Chi sono quelli, papà?” chiese Vixa.

“Angeli” ammise Keros “Restate vicini. Possono essere pericolosi”.

“A me non fanno paura!” sbottò la bambina.

Gli angeli si avvicinarono. Erano Mihael e Gabriel, assieme alla piccola Sophia.

“Papà, chi è quella bambina?” sussurrò Nasfer “Mi sembra di…”.

“Fate silenzio” li ammonì il principe “Troviamo quello che ci serve e andiamo via”.

Mihael li osservava senza parlare, mentre Gabriel scrutava il terreno e Sophia lo aiutava.

“Perché ci fissa così?” mormorò Carmilla, infastidita.

“Fa il suo lavoro. Ora cerchiamo di trovare quel ciondolo”.

Ripresero le ricerche. Nasfer però era fermo a fissare quella bambina, finché lei non ricambiò lo sguardo.

“Nasfer!” lo richiamò il padre “Ma che fai?!”.

“Quella bambina… è un angelo, vero?”.

“Sì”.

“Ha un’aurea bellissima. Non ne ho mai vista una così bella”.

“Hai ragione…”.

“Lei è… Io la conosco!”.

“Siete nati assieme. È la tua sorellina Sophia”.

Keros non era certo di voler rivelare certi dettagli ma non voleva mentirgli. La bambina si voltò verso Mihael, chiedendo conferma di quanto aveva appena udito. Quando l’Arcangelo annuì, Sophia sorrise e salutò il gruppetto di demoni.

“Posso andare a parlarle?” domandò Nasfer.

“Stai molto attento” storse il naso il principe.

“Lei è la mia sorellina! Non mi capiterà nulla di male!”.

Senza ascoltare altre proteste, il principino corse verso Sophia e la piccola fece lo stesso. Mihael e Keros si scambiarono uno sguardo, lievemente preoccupato. In paese iniziarono a suonare le campane e le gemelle identiche ne furono infastidite.

“Siete in gita?” parlò finalmente Mihael.

“Cerchiamo una cosa per Vehuya” rispose subito Carmilla e Keros le lanciò uno sguardo di rimprovero.

“Nessun oggetto angelico andrà mai all’Inferno. La collana che ha perso Vehuya deve tornare in Paradiso. Dobbiamo prenderla noi” ordinò l’Arcangelo guerriero.

“Noi facciamo quello che vogliamo!” sbatté i piedi Kaya.

“Demonietto impertinente”.

“Mio padre vi prenderà tutti a calci”.

“Kaya!” la zittì Keros, stringendola a sé e nascondendola dietro alle gambe.

Mihael fece per ribattere ma la vocina di Vixa interruppe ogni altro pensiero con un “l’ho trovato!”. Aveva trovato il ciondolo della collana e lo stringeva fra le mani, sventolandolo con entusiasmo.

 

Nasfer e Sophia si guardavano, uno di fronte all’altro, circondati dall’erba alta. Si erano allontanati di qualche metro dagli adulti, anche se sapevano di essere costantemente sotto controllo. La bambina sorrideva, con i capelli biondi che parevano splendere ad ogni movimento.

“Io mi ricordo di te” ammise la bimba, sempre con un sorriso.

“Io…” mormorò Nasfer chinando la testa imbarazzato “Mi dispiace per… essere stato cattivo. Ricordo che non avevo voglia di giocare con te. Mamma mi diceva di non farlo perché eri diversa, eri una creatura da evitare”.

“Anche a me hanno detto la stessa cosa di te. Sei un demone, non dovrei avvicinarmi. Ma io non credo che tu voglia farmi del male”.

“Sei la mia sorellina. Non si fanno male alle sorelle. Anche quando sono insopportabili…”.

Il bambino lanciò un’occhiata verso Vixa e Kaya, con una smorfia. Sophia rise, divertita.

“Sei mai stato in Paradiso?” chiese poi la piccola.

“No. Io sono un demone!”.

“Sei un bambino. Che potresti aver mai fatto di così terribile?”.

“Sono un demone. I demoni non vanno in Paradiso!”.

“Che noia” storse il naso la bambina “Si divide tutto in bianco e nero, buoni e cattivi. Io però vedo che il Mondo ha molte sfumature, ha molti più colori. Perciò non capisco il senso di questa divisione così netta”.

“Probabilmente perché sarebbe un casino…”.

“O forse sarebbe tutto più semplice. Sarebbe un mondo migliore, se non si cercasse sempre di dividere tutto in bianco e nero. Non trovi?”.

“Forse…”.

Nasfer era perplesso. Però era affascinato dalla sorella, che parlava in modo calmo e forbito, quasi ipnotico, e lo guardava con quegli occhi grandi e celesti. Era così diversa dalle bambine a cui era abituato! Intanto, gli adulti avevano iniziato a discutere e Gabriel chiamava con insistenza Sophia.

“Credi che potremmo rivederci?” chiese la bambina, capendo di doversi allontanare.

“Certo. Io… Spero di sì!”.

“Allora a presto, fratellone!”.

Sophia corse via rapidamente, raggiungendo Gabriel che la invitò a non allontanarsi di nuovo. Nasfer si voltò verso il padre, notando una certa tensione fra lui e Mihael. Forse era meglio starne lontani…

 

“Dammi subito quella collana!” ordinò Mihael, allungando la mano verso Keros.

“E perché dovrei?!” fu la risposta del principe, che stringeva fra le mani il ciondolo ritrovato da Vixa.

“Un oggetto celeste non andrà mai all’Inferno!”.

“Questo ciondolo è di Vehuya, ed io lo sto riportando al legittimo proprietario! Non vedo cosa ci sia di sbagliato!”.

“A che mai potrebbe servire ad un Demone un simile gingillo? Non è più in grado di sfoggiare un glifo angelico. Perciò ora me lo darai. O me lo riprenderò con la forza!”.

“Gira al largo! Vehuya me lo chiesto ed io ora glielo riporto!”.

Keros strinse a sé il ciondolo, con aria di sfida. Mihael sospirò profondamente, accigliandosi.

“Un secondo…” si intromise Gabriel “Prima che veniate alle mani, lasciate che vi spieghi”.

L’Arcangelo messaggero si avvicinò e parlò a Keros, rimanendo straordinariamente calmo e sereno.

“La caduta di Vehuya è un avvenimento che ha lasciato sconvolti in molti” iniziò a spiegare Gabriel “Un avvenimento del tutto inaspettato, che ci ha turbati. Molti amavano e rispettavano Vehuya e quel ciondolo, riposto in un luogo sicuro del Paradiso, darà modo a molti di ricordarlo”.

“Ma non è mica morto!” esclamò Keros, alzando un sopracciglio.

“Per noi è come se lo fosse” mormorò Gabriel “Si tratta di una grave perdita”.

“Ma non è morto” ripeté il principe “E rivuole indietro il proprio ciondolo, probabilmente come ricordo di quel che è stato. Glielo neghereste? Neghereste ad un caduto l’unico conforto?”.

“Se è caduto, un motivo c’è” sbottò Mihael “Ed inutile per lui rimpiangere quel che è stato, poiché mai più rimetterà piede in cielo”.

“E allora perché rivolete la collana per ricordarvelo? Tanto non tornerà!”.

“Non sappiamo cosa potrebbe fare un demone con un oggetto di simile fattura fra le mani”.

“Niente. È un ciondolo. Una collana. Tu che fai con una collana? Preghi? Dio non ascolta le parole pronunciate negli Inferi, perciò può pregare quel che gli pare!”.

“Te lo toglierò a forza dalle dita, se non mi consegnerai quel ciondolo immediatamente!”.

“Non lo avrai. L’ho promesso a Vehuya!”.

“Bene, allora”.

Mihael allungo la mano ed evocò la lancia con cui combatteva. Keros trattenne il fiato per qualche secondo. Normalmente, un demone sarebbe fuggito dinnanzi a quell’arma perché estremamente pericolosa, molto più della spada che l’Arcangelo portava al fianco. Ma in quella circostanza non indietreggiò, era pronto allo scontro, perché voleva a tutti i costi consegnare il ciondolo a Vehuya. Notando che la situazione non accennava a migliorare, Gabriel invitò la piccola Sophia a tornare in cielo con lui, per evitare che la bambina assistesse a spettacoli violenti. Nasfer raggiunse le sorelle, indeciso sul da farsi. Era il caso di rientrare all’Inferno? O forse poteva in qualche modo aiutare suo padre?

“Lascia che i miei figli vadano a casa” disse Keros, chiamando i piccoli a sé “E poi avremo modo di terminare la discussione”.

Mihael annuì e il principe si inginocchiò davanti a Nasfer, sorridendo e parlando piano.

“Tornate a casa adesso, ok?” mormorò, prendendogli la mano “Io arrivo subito. Tranquilli”.

“Ma papà, io ti posso aiutare!” protestò Nasfer.

“Certo. Mi puoi aiutare portando a casa le tue sorelle. Tu per ora sei l’unico in grado di aprire un portale. Perciò ora torna all’Inferno. Mi sentirò molto più tranquillo così, senza il rischio che qualche colpo vi raggiunga per sbaglio”.

“Ok…”.

Il piccolo non pareva convinto ma poi annuì e sorrise, ordinando alle sorelle di seguirlo oltre al portale.

 

“Ora che siamo soli…” furono le prime parole di Keros, rialzandosi e fissando Mihael “Puoi anche fare meno lo spaccone e dirmi la verità. Perché vuoi questo ciondolo?”.

“Te l’ho già spiegato” confermò l’Arcangelo, senza distogliere lo sguardo dal pugno chiuso in cui Keros stringeva l’oggetto celeste “Nessun manufatto angelico può finire fra le mani dei demoni”.

“Vehuya ora è un demone. Potrei comprendere se tale oggetto appartenesse ad un angelo ma ora il proprietario è un demone. Perciò…”.

“Perciò? Perciò ora me lo ridarai. O sarò costretto a combattere. Ho degli ordini da rispettare e li rispetterò, riportando quel ciondolo al giusto posto”.

“Il giusto posto è il collo di Vehuya!”.

“Non ora che è un essere impuro”.

“Pure tu lo sei, eppure sei lì! Con la tua bella aureola scintillante! Chi decide chi cade e chi no? In base a cosa? Sono tutte stronzate!”.

“Io non lo so perché io sia qui e Vehuya all’Inferno. È una domanda che mi tormenta da un bel pezzo, ormai. Ma se è questo il disegno di Dio…”.

“Il disegno di Dio è uno scarabocchio, fatto con i pennarelli grossi su un tovagliolo d’autogrill! Una porcheria!”.

Mihael non mutò espressione. Prese la lancia con entrambe le mani e Keros ringhiò, pronto a combattere. L’Arcangelo sferrò per primo il suo attacco ed il principe evocò la barriera, che lo difese e respinse il colpo nemico.

“Era un avvertimento” parlò serio l’Arcangelo.

“Lo avevo intuito…”.

Keros sapeva di non poter utilizzare il fuoco contro Mihael, perché non avrebbe sortito alcun effetto. Non era compito suo lottare contro Mihael, quello spettava a Lucifero! Eppure non aveva alcuna intenzione di tirarsi indietro. Non poteva evocare armi, a differenza dell’avversario, e capì che avrebbe dovuto lottare affidandosi solo al proprio corpo. Come durante l’addestramento con Astaroth, capì che avrebbe dovuto sfruttare al massimo i pochi vantaggi che aveva. Al secondo attacco, rispose con un agile balzo in avanti. Doveva tentare di avvicinarsi, se voleva colpire, ma Mihael mosse rapido la lancia e colpì Keros al fianco. Il principe finì a terra, diversi metri più in là, e gemette per il fastidio.

“Arrenditi” suggerì l’Arcangelo e il mezzodemone rifiutò.

Mihael si preparò a caricare di nuovo con la propria arma e Keros, rialzandosi, si mise in posizione di difesa. La lancia lo colpì ma riuscì ad afferrarla con entrambe le mani. L’abitante del Paradiso era stupito, perché normalmente un demone sarebbe stato respinto ed ustionato da quel contatto, ma realizzò subito che davanti non aveva un demone qualsiasi. Testardamente, il sanguemisto continuò a stringere fra le mani la lancia, spingendosi sempre più appresso all’avversario.

“Che pensi di fare?” sbottò Mihael “Non riuscirai a strapparmi l’arma di mano!”.

Con uno scatto, l’Arcangelo scostò la lancia di colpo e Keros fu sollevato in aria. I riflessi del demone furono molto rapidi ed immediatamente reagì, riuscendo a girarsi in tempo per colpire il rivale con un calcio sul viso.

“Ma che bravo…” commentò Mihael, dopo essersi ripreso da quell’evento inaspettato “Normalmente la lancia incute timore e fa capire a chi ho di fronte che non è il caso di scherzare, che è meglio desistere. Ma per te così non è stato e tutt’ora intendi continuare a combattere”.

“Certo che sì! Per chi mi hai preso?”.

“In questo caso… Io preferisco combattere ad armi pari”.

Con un gesto della mano, Mihael materializzò un’altra lancia e la porse al principe. Questi la fissò, perplesso.

“Se intendi ancora combattere, allora impugnala e fammi vedere quel che sai fare” incitò l’Arcangelo.

Keros allungò la mano ed afferrò l’arma, ancora un po’ sconcertato da quel gesto.

“Ora preparati” si accigliò Mihael “Perché ti sconfiggerò”.

 

“Nonno!” urlava Nasfer, correndo lungo i corridoi del palazzo Infernale e piombando nell’ufficio di Lucifero con un gran baccano.

Questi, che stava giocherellando con il cellullare, alzò un sopracciglio.

“Cos’hai tanto da urlare?” lo rimproverò con calma “Forse è una questione di vita o di morte? Datti una calmata!”.

“Io… credo proprio che sia una questione come dici tu!” ansimò il bambino.

 

Con un’arma fra le mani, Keros iniziò a lottare con maggior convinzione. Sapeva che Mihael aveva millenni di esperienza alle spalle, ed iniziava a chiedersi che cosa stesse facendo, ma non intendeva indietreggiare. Riuscì a parare qualche colpo e respingere i colpi dell’Arcangelo, prima di essere colpito nuovamente e rispedito indietro. Si rialzò e corse, spostando di lato la lancia dell’avversario e colpendolo con un calcio al ventre. Mihael rispose prontamente e Keros finì di nuovo a terra. Con rabbia, il principe attaccò di nuovo e questa volta le armi di entrambi finirono fra l’alta erba del prato. Il sanguemisto non lasciò il tempo all’Arcangelo di recuperare la lancia od evocarne un’altra e lo colpì a mani nude.

“Io non provo dolore” gli ricordò Mihael, colpito da un pugno.

Keros non ripose, preferendo continuare a combattere. Gli sembrava strano tutto questo, lottare in quel modo solo per una collana, ma tentò di non mostrare segni di cedimento. Però era consapevole di essere in svantaggio. L’Arcangelo non provava dolore, stanchezza, paura… Mihael lo colpì allo stomaco e lo spedì fra l’erba, impugnando poi la lancia e minacciando di trafiggerlo.

“Arrenditi!” sibilò l’abitante del Paradiso.

“Va bene… come vuoi… Però… Il ciondolo non ce l’ho io. Lo ha portato mio figlio all’Inferno!”.

Il principe mostrò le mani e stringeva un sasso, non più l’oggetto che l’Arcangelo bramava. Era riuscito ad affidarlo a Nasfer in quei pochi attimi in cui lo aveva convinto a tornare negli Inferi. Mihael lanciò un grido, il primo che Keros udiva così carico di furia. Solitamente colui che aveva di fronte era sempre pacato, serio e controllato ma in quel frangente si notava che qualcosa di ben più profondo lo turbava e lo spingeva ad infuriarsi. Keros intuì che doveva avere qualcosa a che fare con la caduta di Vehuya. Chissà quanti dubbi doveva avere l’Arcangelo guerriero! Tutti, demoni compresi, erano convinti che non ci sarebbero state altre cadute e che per questo Mihael fosse rimasto un angelo nonostante il peccato commesso con Carmilla. Ma Vehuya era caduto e Mihael non capiva. Mosso da un indicibile desiderio di espiare le proprie colpe, di calmare l’animo tormentato per un gesto ai suoi occhi gravissimo, il guerriero iniziò a colpire Keros con sempre maggior foga. Il principe comprese di non avere possibilità contro quell’Arcangelo infuriato. Doveva trovare il modo di fuggire, di salvarsi da quei colpi a ripetizione. Il sangue gli lasciava un sapore metallico in bocca ed il dolore iniziava a farsi insopportabile.

“Mihael!” si udì.

Gabriel fissava il fratello, stupito e scioccato da quel comportamento. Keros, approfittando di quel momento di distrazione, riuscì ad allontanarsi ed aprire il portale per tornare a casa.

 

Era ricomparso a palazzo reale. Incredulo e dolorante, si stese a terra. Il pavimento gelido di quella stanza vuota, quella dove i portali venivano attraversati, gli donò un po’ di sollievo dal bruciore che le ferite gli provocavano.

“Papà!” si sentì chiamare.

Carmilla, entrata nella stanza, voleva verificare che il genitore stesse bene. Dietro di lei, Lucifero e Nasfer.

“Stavamo per raggiungerti” spiegò il sovrano “Ero già pronto a spaccare la faccia a Mihael!”.

“Avete consegnato il ciondolo a Vehuya?” mormorò il principe, ansimando per la fatica.

“Certo. Ed hai la sua riconoscenza. Ma a che prezzo? Come sei ridotto?!”.

“Lui mi ha attaccato. Era furioso. Mi ha fatto… paura”.

“Dovevi averne prima di paura, idiota! Avrebbe potuto ucciderti!”.

Keros si voltò verso Lucifero. Lo stava fissando con rimprovero e disapprovazione. Il principe distolse lo sguardo.

“Riesci ad alzarti?” sospirò il re.

“Io… non credo…”.

“Su. Ti porto in camera e faccio chiamare un medico. Ogni giorno trovi il modo di farmi agitare… sei incredibile”.

   
 
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