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Autore: Angie96    18/10/2019    0 recensioni
Takane è una ragazza come tutte altre: non ha superpoteri, vive la sua vita (quasi) monotona da studentessa universitaria in un mondo dove mostri di ogni genere appaiono periodicamente per creare scompiglio e un'organizzazione dove lavorano degli eroi professionisti ha il compito di eliminarli per proteggere quelli come lei normalmente, un po' come tutte le persone.
L'unica fissazione che ha è quella per un ragazzo, autoproclamatosi "aspirante eroe per hobby" aveva salvato lei ed altre persone, due anni prima, da un disastro provocato da un essere misterioso per ringraziarlo: non sa nulla di lui, neanche il suo nome, eppure prova così tanta ammirazione da cercare ogni giorno il suo visto nel registro ufficiale degli eroi iscritti all'associazione, senza però trovarlo mai.
Solo quando incontra un uomo pelato dal costume da eroe troppo normale e l'espressione apparentemente apatica, si rende conto di avere davanti la stessa persona, seppur cambiata e infinitamente volte più forte
[what if? dedicata a bridgetvonblanche ed ispirata alla sua fanfiction "i'm not a hero, not yet a villain"]
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Genos, Nuovo personaggio, Saitama, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Il vero terrore.
Takane guardò davanti a sé con gli occhi spalancati e la bocca leggermente socchiusa: era la seconda volta che, inconsciamente, la paura era stata tale da non permetterle di muovere un solo muscolo.
Non riusciva a sentire la stretta sul braccio che Miyako, sua cugina, le stava facendo con forza, sentiva le gambe così molli che era convinta che sarebbe inciampata subito, se avesse ritrovato la forza di correre.
Erano corse al rifugio anti-calamità non appena avevano sentito la comunicazione nell'altoparlante: una calamità di livello Demone era stata avvistata in città, gli eroi si stavano impegnando per tenerla a bada e sopprimerla, diceva.
La solita voce rassicurante che, però aveva dato prova a tutte le persone presenti nel luogo di quanto quelle fossero le solite frasi di circostanza dette solo per evitare che si creasse il panico, ma se in quel momento quei civili vedevano un eroe di classe S soccombere proprio davanti ai loro occhi, allora che cosa rimaneva?
Takane pensò che fosse stupido odiare una bambina perché un suo amico aveva deciso di subire il colpo per salvarla - perché è questo ciò che fa un eroe - ma vedere quell'espressione dolorante nel suo volto non faceva altro che farle pensare: perché non sei stata zitta? Per colpa tua ora un mio amico è ferito.
Uno stupido pensiero idiota.
«Avresti potuto evitare quell'acido con facilità, ma ti sei suicidato nel momento in cui hai deciso di fare da scudo a quella mocciosa».
Una voce che le fece tremare leggermente, che quasi con tono beffardo ricordava a Genos, e a loro, che non avevano scampo, che sarebbero morti tutti e che, in realtà lui gli aveva solo fatto un po' male.
Non era al suo livello.
Anche se Saitama fosse arrivato in tempo, ad attenderlo ci sarebbe stata una strage.
 
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«Ti avverto, Micchan, se zia Tsubasa inizia a chiamarti ogni mezz'ora appena arrivano le cinque di sera giuro che ti rompo il cellulare».
Così era iniziata quella mattina: Takane aveva fatto cinque ore in treno per andare ad incontrare "a metà strada" Miyako e passare il week-end con lei nella Città J, sveglia alle quattro e mezza per prendere il treno e, infine, la consapevolezza che sua madre aveva ragione a dirle "non te le godrai", quando glielo aveva raccontato.
Mise una mano davanti alla bocca per soffocare uno sbadiglio: la verità era che lei avrebbe voluto andare da qualche altra parte e che aveva dovuto accettare l'unico compromesso che le aveva dato sua zia per permettere alla cugina di stare da sola con lei.
«Guarda che se non le rispondo poi è capace di correre qui e riportarmi a casa per l'ansia che le ho fatto venire, e lo sai; poi qui c'è il mare, non sei contenta?».
.
Sua cugina stava sorseggiando una granita, seduta insieme a lei in un muretto piuttosto basso vicino alla stazione: nei suoi diciotto anni d'età, Miyako sembrava più grande di Takane anche nel suo modo stupidamente troppo elegante per una gita come quella, anche se caratterialmente pareva una quattordicenne.
Forse perché la obbligano a vivere in una campana di vetro e vuole vivere i suoi pochi momenti di libertà al massimo, pensò, mentre ricordava tutti gli audio carichi d'ansia ed eccitazione che le aveva inviato la sera prima, alcuni lunghi anche minuti che potevano essere riassunti in una frase.
Era una cosa normalissima, ma per Miyako sembrava un evento rarissimo che andava ricordato per sempre.
«Comunque, Takane-chan, alla fine perché il tuo amico non è venuto? Anche se Kumiko è in vacanza, almeno lui poteva venire!».
Domanda inaspettata.
Takane bevve l'ultimo sorso della lattina di coca cola, agitando le gambe contro il muretto: il tono di Miyako sembrava quasi deluso da quella scoperta, o meglio, quel pensiero era direttamente rivolto a lui.
Per lei era un mistero il perché sua cugina si fosse affezionata così tanto ai suoi migliori amici dopo averli visti solo tre volte in tutta la sua vita.
«Settimana scorsa mi ha inviato un messaggio con scritto "Col cazzo che mi sveglio alle quattro per uscire con voi", tu che dici?»
 
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Un tifo che non avrebbe portato a nulla.
Takane supportava Mumen Rider, era forse uno degli eroi a cui avrebbe voluto stringere la mano di più in assoluto: una persona che pensava veramente al bene comune, che dava sempre il massimo.
E non importava se l'avversario che aveva davanti era impossibile da affrontare, sia lui che tutti i presenti avevano la consapevolezza che non avrebbe mai vinto.
Perché, come ha appena detto, lui è un eroe, il suo compito è affrontarlo anche se sa meglio di tutti che perderà.
Sentire anche Miyako urlare "Forza!" e altre grida d'incitamento le fece ricordare perché la gente non perdeva mai la speranza, anche in una situazione disperata come quella.
Era esattamente come lei alla stazione poco meno di due mesi fa, mentre aspettava l'arrivo di Saitama, l'eroe che arrivava sempre come un fulmine a ciel sereno.
«È arrivato.»
L'inconfondibile mantello bianco, in quel momento fradicio, quel costume giallo che sembrava uno di quelli comprati al discount per carnevale; Takane era stata l'unica ad aprire bocca, in quel momento.
«Sei stato bravo, hai combattuto bene.»
Avrebbe voluto essere in prima fila ed essere la prima voce a fargli il tifo, ad urlare che "a lui sarebbe bastato un solo pugno" per uccidere quel mostro con un tono di voce carico d'aspettativa, che loro erano salvi.
Takane era contenta, perché quella era la prima volta che la gente sarebbe stata obbligata a riconoscere il valore di Saitama, che c'erano decine di testimoni oculari, tra eroi e civili.
Che nessuno di loro avrebbe fatto finta di niente.
 
"Impostore!"
"Come osi prenderti tutto il merito delle azioni dei nostri eroi?"
"Dimettiti!"
"Mi stai prendendo in giro? Non voglio che i miei soldi finiscano nelle tasche di questo qui!"
Aveva pure sentito gente augurargli la morte, tra questi anche Miyako.
Era bastata una sola frase di Saitama a cambiare tutto.
Una di quelle bugie a fin di bene a cui lei non sapeva come reagire: provare ammirazione perché lui aveva deciso di immolarsi per gli eroi caduti o urlargli contro perché probabilmente c'erano altri metodi per farlo, diversi da un suicidio alla carriera?
Avresti dovuto ricevere grida d'acclamazione.
Takane strinse leggermente i pugni, era frustrante: frustrante che tutti se ne fossero andati come se nulla fosse, prima dell'arrivo dell'ambulanza, che Genos e Saitama stessero chiaccherando come se nulla fosse e dietro di loro ci fosse un cadavere enorme con un buco al petto, mentre presumibilmente Mumen Rider ascoltava i loro sproloqui sulla cena con un'espressione che lei, da quella posizione, non riusciva a vedere.
«Dai, Takane, andiamo via, ho già fatto le foto all'essere misterioso!».
Frustrante che pure Miyako l'avesse presa con leggerezza.
«Torna a casa, sono sicura che gli zii saranno in pensiero per te».
E il cellulare ti sta vibrando da almeno mezz'ora.
Era la prima volta che usava un tono così distaccato con lei, di solito erano così legate che la gente le scambiava quasi per sorelle.
«E la nostra vacanza?».
«Hai visto che cosa è successo? La vacanza è saltata!».
Non la stava neanche guardando in faccia, voleva solo che capisse, che non si mettessero a litigare e che lei se ne andasse senza fare storie.
«Almeno mi accompagni in stazione?»
Mi dispiace, ma devo fare una cosa.
«No.»
Non si voltò nemmeno, quando si sentì salutare con un tono quasi triste, come se volesse farla sentire in colpa: Takane si ricordò di quando le aveva parlato di Saitama e Genos in maniera poco specifica solo perché era sicura che un giorno glieli avrebbe presentati a sorpresa, ignorando che lei si sarebbe comportata - giustamente - come gli altri, facendola quasi sentire più delusa di quanto avrebbe voluto.
Sospirò, magari le avrebbe chiesto scusa, una volta tornata a casa.
 
«Non è anti-igienico stare vicino a un cadavere in putrefazione?».
Takane sapeva che non era il miglior modo per iniziare la conversazione, che il cadavere di quel mostro, in realtà, era freschissimo, nonostante la puzza di pesce, ma non aveva trovato nessun altro spunto che sembrasse quanto meno "naturale": aveva scavalcato il buco del rifugio senza difficoltà solo per rendersi conto che le veniva la nausea a star lì vicino.
«Ah, sei tu... stavo giusto discutendo con Genos sul fatto che mi era venuta voglia di mangiare pesce».
Il solito tono senza alcuna sfumatura di Saitama, in quel momento, aveva appena detto qualcosa di terrificante: lo aveva visto lanciare uno sguardo al cadavere dietro di lui come se fosse la cosa più normale del mondo, facendole passare la voglia di sgridarlo o congratularsi con lui per quello che era appena successo.
Ew.
Improvvisamente, le era venuto il terrore di aver mangiato qualcosa dalla dubbia provenienza tutte le volte che era andata a casa dell'eroe, che quel profumo dalla cucina nascondesse qualcosa di terrificante.
Le era venuto un conato di vomito solo al pensiero di una cosa del genere.
«Piuttosto ti offro io la cena, ma non portare più la carcassa di un mostro a casa per trasformarla in cibo, per favore».
 
****************************
 
Era la prima volta che assisteva ad una perdita così schiacciante da parte di Saitama: proprio come un ragazzino che non si rendeva conto delle conseguenze delle proprie azioni, avere delle reazioni così irritate all'ovvio le faceva venir voglia di dirgli te lo avevo detto, senpai con un ghigno stampato in faccia.
«Oh, questa è la calligrafia di mia cugina!».
Takane indicò un foglio tutto giallo dove vi era scritto, in modo piuttosto infantile, un "pelatone puzzolente" sottolineato, lasciandosi scappare una risata per quanto una roba del genere fosse qualcosa che si sarebbe aspettata da un bambino di cinque anni, piuttosto che da una diciottenne.
Devo ringraziare Micchan per questo.
Dal canto suo, le reazioni degli altri due erano state esattamente quelle che si sarebbe aspettata in una situazione: Saitama la stava guardando male, mentre Genos aveva la faccia di una persona che era a tanto così da bruciare tutti quei fogli.
«Eddai, non guardatemi così, alcune lettere non hanno nemmeno dei veri insulti!» disse, cercando in tutti i modi di non scoppiare a ridere rumorosamente dopo aver letto “Tua madre è grassa!” in un altra lettera con tanto di disegnino stilizzato che raffigurava una donna pelata: Takane pensò che, anche se un po' se lo meritava, la delusione di Saitama nel ricevere tutte quelle fanmail doveva essere stato tale che non stava neanche riuscendo a prenderla sul ridere, almeno per quanto riguardava i suoi limiti.
Perché lei non era convinta che l'avrebbe mai visto esternare qualche emozione come ad esempio facevano lei e Genos, proprio perché era diverso alla persona che lei aveva conosciuto anni fa: non avrebbe davvero riso per una battuta, non si sarebbe mai messo a piangere per un film stupidamente drammatico, forse non si era nemmeno mai davvero arrabbiato con loro tanto da interessarsi davvero a quello che gli succedeva intorno.
E forse non era poi davvero una cosa così negativa, perché sia a lei che al cyborg andava bene così.
«Guarda, questa lettera invece è piena di scarabocchi!».
 
«Secondo te perché l'Associazione Eroi lo ha convocato?».
Vogliono dirgli che lo avrebbero promosso in classe B, ma le voci sul suo conto sono arrivate anche alla commissione e hanno deciso di buttarlo fuori a calci per non macchiare ulteriormente la loro reputazione?
Takane era sdraiata sul pavimento, telecomando poggiato sulla pancia mentre guardava un talk show estremamente poco interessante dove un'attrice confessava al conduttore di aver sempre voluto diventare un'eroina professionista, e ironizzava sul fatto di non essere mai riuscita a passare l'esame d'ammissione anche dopo averci provato 3 volte: dalla cucina invece si sentiva del profumo di carne che, in risposta, fece brontolare rumorosamente il suo stomaco.
Carne di cui si era accertata la provenienza almeno tre volte.
Non che fosse certa che se ne sarebbe accorta, a dire la verità.
«Si saranno accorti del valore del maestro e avranno deciso di promuoverlo direttamente in classe S».
Genos aveva uno strano modo per mostrare "rispetto" verso una persona, che lo faceva sembrare più un fanboy che un normalissimo allievo.
Sì, come no.
Il suo stomaco fece un rumore che le sembrò più una richiesta d'aiuto che altro.
«Dai, ordiniamo qualcosa, ormai sono le nove e non abbiamo ancora mangiato!».
 
****************************
 
Takane aveva l'impressione di aver quasi sprecato la propria estate: non aveva avuto nessuna vera esperienza indimenticabile, a parte qualche spiacevole esperienza che aveva contribuito a portarla a lasciare, a poco a poco, l'appartamento al quartiere fantasma, ora quasi del tutto spoglio.
Quella mattina aveva svuotato l'armadio, pensando che sarebbe potuta comunque andare a casa di Saitama e Genos quando voleva anche senza dover vivere in un posto pericoloso come quello, e poi aveva preso il primo treno per la Città S di fretta, quasi come se avesse chissà quale appuntamento importante.
E aveva finito per far ondeggiare leggermente l'altalena su cui, negli anni, si era seduta così tante volte da ricordare pure lo scricchiolio che emetteva ogni volta che qualcuno ci saliva, in parte dovuto al fatto che probabilmente era vecchia di almeno 10 anni.
Non aveva nemmeno detto ai suoi genitori che aveva incontrato l'essere misterioso che aveva attaccato la Città J tre settimane prima per non farli preoccupare, e in parte il motivo per cui lei aveva deciso di spostarsi definitivamente nell'appartamento in centro.
In realtà, lo aveva detto solo a Kumiko, che l'aveva quasi stritolata in un abbraccio, obbligandola a prometterle di non avere più incontri ravvicinati con "quei cosi terrificanti", come li chiamava lei. Come posso farti una promessa che molto probabilmente non potrò mantenere?
Per lo meno non aveva incrociato quel boss alieno che Saitama aveva detto essere così forte da averlo spedito sulla luna con un calcio, quello che era quasi sicuro si chiamasse Boris o qualcosa di simile, che aveva distrutto la Città A con la sua astronave, da quello che le era stato detto. Nemmeno Genos aveva assistito allo scontro, quindi Takane non sapeva quanto di quello che aveva sentito fosse vero.
Anche perché nemmeno uno come Saitama sopravviverebbe senza ossigeno, altrimenti non sarebbe umano.
Alzò lo sguardo: il parco della città S era quasi vuoto anche per l'orario in cui era arrivata, non c'era neanche quella coppia di vecchietti che vedeva sempre alla solita panchina all'ombra.
Panchina che ora era occupata da un bambino che non conosceva, intento a leggere qualcosa che lei non riusciva a vedere bene da quella distanza.
«Non sei un po' troppo grande per giocare con l'altalena, senpai?».
Senti chi parla, allora perché hai occupato quella accanto alla mia?
E dire che gli aveva inviato quell'audio un quarto d'ora prima perché Kumiko le aveva scritto che non riusciva ad uscire perché "era stata incastrata" in un pranzo dal suo fratello più grande e famiglia di lui, avrebbe dovuto ricevere un saluto colmo di gratitudine, per lo meno.
«Non è un po' incoerente da parte tua farmelo notare ora che stai facendo la stessa identica cosa, Garou?».
 
 
 
 
L'angolo dell'autrice:
Sapete, mentre scrivevo questo capitolo mi sono venute in mente un sacco di domande: come avrei reso il plot twist (che poi non lo è mai stato) sull'amichetto di Takane, se bridget sta ancora leggendo questa fic, anche se ormai la sto scrivendo più per me e per quella senpai che mi dedica fin troppe cose che per lei, se la smetterò mai di scrivere pezzi inutili nei miei capitoli (o di smetterla di farli troppo frettolosi), semmai sarò in grado di rendere bene ciò che verrà.
Perché nel capitolo successivo entreremo nel vivo della storia, e sarà bellissimo.
No, non è vero, non sono pronta neanche io a scriverlo.
Grazie per aver letto!
Un abbraccio,
Angie 96
   
 
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