Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: SagaFrirry    22/10/2019    1 recensioni
"Tu credi che il mondo sia solo bianco e nero, tutto per te può essere solo bianco o nero. Ma io sono la prova che non è così. Io sono il grigio? No. Io sono l'intero spettro di colori dell'Universo!".
Keros è un demone, ma non del tutto. È figlio di due specie molto diverse, frutto di un'unione per molti sacrilega. Questo è il racconto del suo cammino, lungo i secoli dell'esistenza. Fra Inferi e Cielo, buio e luce, dannazione e santità, scoprirà come essere realmente se stesso.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Maestri ed allievi

 

Molti angeli si congratularono con Mihael. Non importava se non era riuscito a recuperare la collana, probabilmente inutilizzabile da un demone. Quel che importava era il fatto che aveva combattuto con risolutezza contro colui che non aveva mai avuto la forza di affrontare.

“Ora ha compreso che con noi angeli non si scherza!” annuì Gabriel “Ci prendeva troppo alla leggera”.

“Potrebbe sconfiggere la buona parte di voi!” sbottò Mihael, infastidito “Non vi siete resi conto di quanto sia forte? Io vinco grazie al potere di Dio. Senza di esso, non so fino a che punto potrei sovrastarlo. È giovane, decisamente troppo irruento, ma contro molti di voi potrebbe ottenere facilmente la vittoria”.

Un mormorio perplesso e preoccupato si levò fra le schiere.

“E poi non capisco perché ci teniate tanto che io lo combatta!” aggiunse l’Arcangelo “Si tratta di un demone come un altro!”.

“No che non lo è!” parlò un Serafino “E, quando arriverà la fine, sarà nostro avversario”.

“Non è detto. Ha ancora ali d’angelo”.

“Lo sai bene che non combatterà mai per il Cielo. Lo ha lasciato, ormai. È una creatura dell’Inferno, e per l’Inferno combatterà! Che ti piaccia oppure no, alla fine dei giorni sarà rispedito agli Inferi e mai più scorgerà la luce del sole. È così che è stato scritto”.

Mihael non rispose. Non sapeva più in cosa credere. Sarebbe davvero giunta la fine? E sarebbe accaduto tutto come predetto? Iniziava a non crederci più…

 

Alla principessina Carmilla era stato affidato il compito di sorvegliare Keros e somministrargli le giuste cure. La bambina aveva accettato volentieri, anche se il padre era un pessimo paziente. Non stava mai fermo, ignorando i consigli del medico che suggeriva riposo e relax, ed odiava le medicine prescritte. Per guarire dalle ferite inferte da Mihael, con il divieto assoluto di re Lucifero di recarsi di nuovo in superficie, era stato costretto a letto per diverso tempo e la cosa lo irritava. Il dolore era piuttosto fastidioso e la rabbia non lo abbandonava.

Vehuya era passato diverse volte a ringraziare, chiedendo cosa potesse fare per poter ricambiare il favore. Keros non aveva nulla in mente, in quel momento, e questo faceva sì che il caduto lo visitasse periodicamente in cerca di nuovi metodi per estinguere il debito. Spariva solamente quando vedeva avvicinarsi Lucifero, non volendo in alcun modo averci a che fare. Anche il principe sperava di evitare le prediche del re, ma ormai erano diventate un appuntamento quotidiano.

“Spero tu abbia imparato la lezione!” erano le parole con cui ogni giorno iniziava a rimproverare l’erede.

Keros annuiva, poco convinto, ed il sovrano continuava con lunghi discorsi riguardo ai pericoli, i rischi e gli errori commessi.

“Ho capito!” sbottò infine il principe, all’ennesima ora di ramanzina.

“Hai capito? Davvero? E che cosa hai capito?” ringhiò il Diavolo.

“Che Mihael è pericoloso e può uccidermi”.

“No! Che devi smetterla di rischiare la vita per delle cazzate! Riportare una collanina al proprietario non mi pare un motivo valido per azzuffarsi con il Cielo!”.

“Guarda che mi ha picchiato pure lui. Si vede che per il Cielo era un motivo valido per azzuffarsi con gli Inferi!”.

“In quel caso penso fosse tuo padre con le balle girate, cosa che capita a tutti. Ma tu, principino, potevi andartene prima che la cosa degenerasse. Perché dai così poca importanza alla tua vita?!”.

“Ma non è vero! Io non…”.

“Tu non fai che ficcarti nei guai. E per i motivi più stupidi! Mi fai girare le balle in un modo che nemmeno immagini quando fai così”.

“Però io non faccio altro che vivere. Forse il mio destino è morire inseguendo una causa stupida!”.

Lucifero gonfiò le guance, irritato. Si chiedeva se fosse il caso di rinchiudere il mezzodemone in qualche torre o prigione sorvegliata…

 

“Non date la luce di Dio per scontata” parlava Mihael ai suoi soldati “Non sappiamo cosa accadrà nel giorno finale, non sappiamo come sarà il Mondo e chi lo abita. Possiamo confidare nella nostra fede, nell’amore di nostre Padre, ma ricordiamoci che a combattere saremo noi. Noi, con le nostre forze, impediremo ai demoni di governare sulla Terra e sul Cielo, relegandoli per sempre all’Inferno”.

Gli angeli risposero con un grido, all’unisono.

“Nessuno potrà impedirci di far prevalere le forze del Paradiso” continuò l’Arcangelo “Nessuno potrà sconfiggerci. Ma dovremo lottare uniti, dimenticando che fra loro vi sono nostri fratelli, nipoti, compagni che un tempo condividevano con noi le stelle del cielo”.

Qualcuno mormorò il nome di Vehuya. Mihael lo udì ed annui, serio.

“Dio ci chiede di lottare anche contro coloro che un tempo amavamo. Come Vehuya, che fino a poco tempo fa ci guidava con il ruolo di Serafino”.

Gabriel e Raphael osservavano quell’addestramento, mantenendosi a debita distanza. Gabriel era stato un soldato, era stato inviato diverse volte a combattere, ed aveva condotto Maometto alla guerra. Ma da quei giorni non aveva più indossato l’armatura, deponendo le armi. Sapeva che spettava a lui annunciare la fine di ogni cosa, al suono della tromba celeste. Ma sperava ogni giorno che quel momento non arrivasse mai.

“Dici sia davvero così, fratello?” mormorò Raphael, serio.

Raphael non era mai stato un guerriero. Lui era un guaritore, dava sollievo al corpo ed all’anima, dava sollievo a tutti coloro che soffrivano sia fisicamente che spiritualmente. Non aveva mai voluto combattere e non aveva alcuna intenzione di farlo, anche se aveva un conto aperto con Asmodeo da secoli per questioni bibliche molto antiche.

“Davvero così che cosa?” rispose Gabriel.

“Dici che Dio voglia veramente che combattiamo contro coloro che un tempo amavamo?”.

“Vedi alternative?”.

“Non lo so. Ma non ci è sempre stato insegnato che dobbiamo seguire la via dell’amore? Non esiste una diversa via?”.

Gabriel sembrò divertito da quelle parole. Con la veste azzurro chiaro che ne copriva i piedi, parve fluttuare quando si voltò verso il fratello.

“Io percepisco Mihael. Percepisco la sua sofferenza” continuò Raphael, che invece vestiva di verde.

“La caduta di Vehuya lo ha turbato. Ha turbato tutti”.

“Il suo cuore è in cerca di conforto. L’amore che provava per lei non è svanito. Vorrebbe riuscire a salvare suo figlio dalla dannazione ma non sa che fare. E la voce del Padre è un ricordo lontano per tutti noi”.

“Lei? Dici quella femmina? Carmilla?”.

“La madre di suo figlio. Dell’unico figlio di angeli che non è stato condannato a morte, nato dall’unico angelo che poi non è stato punito con la caduta. Non trovi che questo possa turbare un animo, seppur forte come quello di Mihael?”.

“Il turbamento ed il dubbio sono sentimenti umani. Noi dovremmo confidare totalmente nella luce di Dio e nel suo disegno. Sono certo che presto nostro fratello riuscirà a calmare il suo cuore. Nel frattempo, è compito nostro fare in modo che non lasci mai la giusta luce”.

“Dici potrebbe essere attratto da diversa luce?”.

“Il più luminoso di noi, colui che è stato creato con la stessa materia delle stelle, ora regna all’Inferno. Perciò sì, bisogna sempre stare attenti perché alcune luci possono abbagliare e confondere. Ma parliamo di Mihael, il soldato. Non smarrirà la strada”.

“E se l’avesse già smarrita ma Dio lo tiene qui, in Cielo, perché gli serve nella lotta contro… l’avversario?”.

“Questo solo Dio può saperlo. Mi auguro proprio di no perché non lo vorrei mai come opponente. Sarà già una bella lotta contro quel ragazzo che si è rivelato essere suo figlio”.

 

Appena fu sufficientemente guarito, Keros ricominciò ad addestrare al combattimento alcuni soldati a servizio di Asmodeo. Oltre alle tecniche angeliche, motivo per cui era stato scelto per quel compito, aveva integrato le lezioni con i testi degli esorcismi. Tutti i demoni soffrivano quando udivano quelle parole ma proprio per questo il principe aveva deciso di pronunciarle. Coloro a cui stava insegnando dovevano imparare a sopportare e reagire. Gli angeli e gli umani potevano usarle ed indebolirli con facilità, ma non se imparavano a rafforzarsi dinnanzi ad esse e non farsi sconfiggere. Senza sottomettersi all’esorcismo, potevano divenire ogni giorno più potenti. Asmodeo, all’inizio perplesso dinnanzi a tale metodo, era rimasto poi piacevolmente stupito nel constatare personalmente i risultati. Ad ogni addestramento, gli allievi erano in grado di sopportare sempre più parole e rimanere saldi nei loro propositi molto più a lungo. Sapevano che avrebbero dovuto mettere in conto anche l’acqua santa o l’incenso, ma per ora Keros preferiva non calcare troppo la mano.

“Ottima idea la sua” aveva constatato Lucifero, avvicinandosi ad Asmodeo.

Entrambi osservavano l’addestramento delle giovani reclute, provando un certo fastidio nell’udire le formule in latino.

“Già” annuì il generale “Pensavo fosse inutile ma ho riflettuto sul fatto che continuamente noi demoni potremmo ritrovarci in una simile situazione di pericolo”.

Keros era serio. Reggeva fra le mani un pesante libro e, allungando la mano verso i giovani che aveva davanti, pronunciava l’esorcismo con convinzione.

“Con quello sguardo così autorevole…” mormorò Asmodeo, quasi vergognandosene “Sembra così tanto suo padre…”.

Lucifero rimase in silenzio. Non poteva negarlo. Quello sguardo, quell’espressione, appartenevano a Mihael e Keros ci somigliava sempre di più. Stava crescendo, il viso fanciullesco stava lasciando definitivamente spazio ai tratti duri dell’età adulta e matura. Fortunatamente quegli occhi non erano color del cielo, come quelli di Mihael. E per fortuna il rosso dei capelli si era sempre più accentuato. Ma quelle ali… quelle ali perché non volevano assumere tratti demoniaci? Perché si ostinavano ad essere così piumate e perfette? Il principe si sentì osservato e si voltò verso re e generale. Il sovrano rispose con un ghigno e Keros fece lo stesso.

“Per fortuna il mio cucciolo demoniaco non ha dimenticato come si sorride” ridacchiò Lucifero, tornando alle sue mansioni.

 

Ad addestramento completato, il principe raggiunse il sovrano e lo trovò alle prese con il piccolo Espero. Esattamente come faceva Keros da piccolo, il principino tentava di afferrare la coda di Lucifero con entusiasmo infantile.

“Quante energie” constatò il mezzodemone.

“Anche troppe, a dir la verità” rise il Diavolo “Lo vuoi tenere per un pochino?”.

“Ho i miei a cui pensare…”.

“Intendo come maestro”.

“Sei ancora convinto che possa fargli da maestro?”.

“Certo che sì. Ed in cambio io farò da maestro a te”.

“Da… maestro? In che senso?”.

“So che vuoi diventare più forte. So che vuoi avere i mezzi per sconfiggere Mihael, o perlomeno per non farti ammazzare subito. Ebbene sono pronto ad insegnare tutto quello che so. E mi aspetto che tu faccia lo stesso con Espero”.

“E non puoi occuparti direttamente di Espero?”.

“Il mio lavoro è impegnativo, Keros. Il piccolo ha bisogno di essere seguito ed addestrato costantemente.  Quel che ho in mente per te invece è breve ed intenso. Ti assicuro che un’oretta al giorno ti basterà!”.

Keros si voltò verso Espero, che saltellava e ringhiava per gioco.

“Ti farò diventare il migliore di tutti” ghignò il principe, convinto.

 

Ciao a tutti! È da un po’ che non commento. Vi comunico che intendo portare a termine questa storia entro la fine dell’anno. Siete pronti?

   
 
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