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Autore: Aimee    08/05/2005    7 recensioni
Un insolito triangolo amoroso ... Usagi, Mamoru e ... Tuxedo Kamen!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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*guarda con imbarazzo i lettori* Uh… ciao, minna-chan! *nervoso sorriso smagliante* Ecco il capitolo 9. *gocce di sudore* Spero vi piaccia! *indossa un giubbetto anti-proiettile* Ecco… uh… ora penso che me ne andrò… *fugge e si nasconde*

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The Coldest December

By Aimee

Capitolo 9

Cinico, questo è il tuo modo di fare.

Tu impersoni il dubbioso Tommaso.

Senti le cicatrici e cancelli le vergogne,

così tu combatti e ti ritrai,

e ti dissuadi dal credere,

in qualsiasi armonia che non puoi vedere.

~ Jars of Clay

Il silenzio era denso e pesante. Inondò la stanza mentre io e Mamoru stavamo in piedi l’’una di fronte all’altro. Respirai profondamente, non ero più la piccola ingenua ragazza che ero stata solo pochi istanti prima. Una dura consapevolezza prese forma e corse pesantemente nel mie vene, ridendo di me… burlandosi della mia stoltezza… della mia innata capacità di avere fiducia… di perdonare… di lasciare entrare le persone nella mia vita senza pormi domande sui loro motivi. Pensieri e ricordi si rincorrevano nella mia testa che pulsava, rivivendo eventi passati, cercando di dare conferma a questa nuova informazione appena appresa. Tentai di negarlo, ma una verità così accecante non poteva essere ignorata.

Chiba Mamoru era Tuxedo Kamen. Ed io ero una sciocca.

Non riuscivo a guardarlo. Proprio non potevo. Abbassai il mento e chiusi gli occhi, tentando ancora di sminuire quel fatto. Respirando in modo irregolare, quasi faticosamente, tale era il mio rifiuto, feci un barcollante passo indietro, completamente spiazzata dalla sensazionale scoperta.

“Usagi…” incominciò esitante l’uomo, come se non sapesse cosa dire ma si sentisse obbligato a parlare. “Lo so cosa probabilmente stai pensando…”

Una lacrima scivolò lungo la mia guancia.

“Ma avevo le mie ragioni per tenertelo nascosto…”

La mia testa si mosse avanti e indietro quando cercai di inspirare ed espirare, ogni respiro era come un macigno sul mio petto.

“Avrei voluto dirtelo più avanti… quando ti saresti senti meglio, ma io…”

*SCIAFF*

Il suo volto si voltò bruscamente da una parte sotto la forza del mio schiaffo. Il mio braccio bendato urlò selvaggiamente di dolore. Soffocai un singhiozzo mentre uno sbalordito Mamoru si girava a guardarmi completamente scioccato, posando una mano sulla guancia dolorante. “Usa-chan…”

“NO!” strillai, gli occhi traboccanti lacrime di rabbia. “Non *osare* chiamarmi in quel modo!”

“Ma…”

“Bugiardo! Ti sei preso gioco di me per tutto il tempo, non è così? Non *ho* ragione?” urlai, voltandogli le spalle, le mie mani tremanti unite in un pugno serrato. Volevo colpirlo ancora e ancora con furia.

Mamoru non sapeva cosa fare. “No! Io…”

“Tu hai *mentito* a me! Mi hai manipolato! E dopo tutte quelle cose che hai detto a *me* riguardo al non mentire più… dopo avermi messo addosso un profondo senso di colpa alla sala giochi perché *io* avevo mentito. Ipocrita!!” Stavo tremando, tanta era la mia rabbia. Mi precipitai fuori superando quell’uomo farfugliante e mi affrettai lungo il buio corridoio. Trovai le mie scarpe accanto al portone d’ingresso.

Lui era poco dietro di me. “Usa, potresti ascoltarmi, per favore?”

“No, non lo farò! Mai più!” dissi in tono brusco, girandomi rapidamente per guardarlo in faccia, una mano tremante sul pomello della porta. “Luna e le guerriere avevano ragione. Tu *sei* il nemico! Avrei dovuto stare più attenta con i miei sentimenti. E pensare che mi sono veramente innamorata di te. Ritenere che qualcuno senza cuore e freddo come te potesse realmente interessarsi di qualcun altro oltre a se stesso…”

Il suo labbro inferiore tremò sotto quegli colpi inesorabili. Sul suo volto si dipinse un’espressione affranta. Sembrava che fosse stato colpito. Povero caro. Lui certamente avrebbe potuto recitare qualsiasi parte avesse voluto, ma stavolta io non ci sarei cascata di nuovo. Non ero così stupida come lui pensava io fossi.

“Questa intera farsa sentimentale… farmi innamorare di te… quale parte del tuo piano era, *Tuxedo Kamen*? Avvicinarsi a Sailor Moon? Per chi stai lavorando?!”

“Io non sto lavorando per nessuno.” Il suo tono di voce era piatto. Sconfitto.

“Allora sei una specie di mercenario? O hai solo una malata ossessione nei miei confronti? Dopo quel bacio ti sei *approfittato* di me la scorsa notte, non mi sarei stupita se tu lo avessi fatto! Tu non sei migliore dello stupratore che mi ha assalita!”

La sua bocca si aprì leggermente, gli occhi spalancati e increduli. “Non posso credere che tu abbia potuto dire questo…”

“Stammi lontano!” minacciai l’uomo, che si era fatto piccino come un bimbo anche se si stagliava di fronte a me in tutta la sua altezza - era una trentina di centimetri più alto di me. “E stai lontano dalle guerriere! Non so che rapporto hai con Rei, ma che Dio mi aiuti, se le fai del male… io… io ti ucciderò!!”

Mi voltai e uscii, urtando dolorosamente con la spalla lo stipite della porta nella fuga. Gridai per il dolore e incespicai, ma cercai di proseguire. Le lacrime mi accecavano mentre mi affrettavo verso l’ascensore alla fine del corridoio. Premetti freneticamente i bottoni sulla parete e, sperando facesse in fretta, singhiozzai miseramente. Tremando di paura, allungai una mano per toccare la mia spilla, solo per scoprire che mancava.

Maledii la mia sbadataggine realizzando che sarei dovuta tornare in quell’ignobile appartamento. Doveva essere caduto nelle mani di Mamoru… no, di Tuxedo Kamen… e *lui* era il nemico. Tirai un calcio alla porta dell’ascensore con rabbia e dopo protestai vivacemente per il dolore. Saltellando su un piede, decisi che per nessuna ragione al mondo sarei tornata indietro nel suo appartamento. Le guerriere lo avrebbero affrontato più tardi. Alla fine quando le porte si aprirono, entrai barcollando nell’ascensore, agguantando il mio braccio ferito mentre protestava contro i miei movimenti con una lancinante fitta. Una mano tremolante si allungò per premere il bottone ‘1’ e le porte cominciarono a chiudersi.

Tuttavia non ci riuscirono…

Una mano si infilò tra le due porte in chiusura, forzandole a riaprirsi. Mamoru si precipitò dentro l’ascensore, i suoi occhi infuriati e scuri.

“No…” mormorai, la paura aumentò. Era inutile lottare contro di lui. Le porte si chiusero dietro di lui e l’ascensore fortunatamente cominciò a muoversi.

“Sta lontano da me…” mormorai con tono di severo ammonimento, facendo un esitante passo indietro, lontano da lui.

“No, ora mi ascolterai, Usagi” disse pacatamente, la rabbia evidente nella sua voce. “I giochi sono finiti.”

Le lacrime aumentarono così come la paura. Rabbiosamente, Mamoru pigiò il pulsante dell’arresto di emergenza sul pannello di controllo dell’ascensore e io caddi a terra quando questo stridette fermandosi. Alzai lo sguardo verso di lui, la bocca aperta per il terrore. Mi aveva intrappolato… avrebbe potuto uccidermi se avesse voluto… molestarmi… tutto. E io non avevo il potere di battermi contro di lui. Senza la mia spilla, ero solo una piccola ragazzina in confronto alla sua slanciata struttura muscolare.

Negli occhi della mia mente, il volto di Mamoru svanì lasciando il posto a quello dell’uomo che mi aveva assalita. Potevo vedere solo gli orribili lineamenti dell’uomo: capelli untuosi, ghigno irascibile e mani luride. Mi accasciai sul pavimento, gli occhi spalancati per il completo terrore. Era come se un incubo fosse diventato realtà… e questo era il peggior incubo. Le mie lacrime divennero singhiozzi di paura e mi raggomitolai come una piccola palla sul pavimento, vicino all’angolo dell’ascensore. “No…” dissi senza fiato, coprendo la testa con mani tremanti. “Per favore… non farmi male… Dio, per favore… no… non di nuovo..”

“Usagi! Buon Dio! Io *non* ti farò del male!” gridò rabbiosamente, ma i miei singhiozzi erano così forti che non riuscii a sentirlo. Udii il mio nome ripetuto, ma rifiutai di comprendere cosa veniva detto. Imprecò ad alta voce, passandosi impaziente le mani tra i capelli. “Per l’amor di dio, vuoi solo *ascoltarmi* per una volta!?”

Ma ero al limite e il suo gridare serviva solo a spaventarmi ancora di più. Sconfitto, camminò faticosamente verso la porta dell’ascensore e vi si appoggiò pesantemente, guardando dalla parte opposta a dove mi trovavo. Rimase lì, in piedi, per un lungo momento in completo silenzio. Il suo volto sembrava di pietra e la sua testa, che riposava sul freddo metallo della porta, si mosse avanti e indietro rabbiosamente. Attese fino a quando i miei singhiozzi non si ridussero a uno spaventato tirar su col naso prima di premere di nuovo il pulsante d’emergenza. Io gemetti piano quando l’ascensore sobbalzò nel rimettersi in moto e ricominciare la sua discesa verso il piano terra. All’arrivo, le porte si aprirono con un confortante ding ed io guardai oltre Mamoru la mia libertà con occhi increduli.

“Esci” ordinò calmo, una indecifrabile emozione coloriva la sua voce.

Io esitai guardandolo incerta.

“ESCI!!” ruggì, occhi irati lampeggiarono nella mia direzione lucidi di lacrime.

Sussultai, allontanandomi fisicamente al suo ruggito. Incespicando goffamente sui piedi, schiva attentamente la statua d’uomo che mi fissava amaramente con uno sguardo che mi tramutò in ghiaccio il cuore. Guardando un’ultima volta il mio delatore, mi voltai e fuggii.

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Una pioggia ghiacciata mi colpiva sprezzantemente mentre correvo lungo le strade buie di Tokyo. Le lacrime di spavento che sgorgavano dai miei occhi erano velocemente lavate via. Mi ritrovai completamente fradicia a causa di un forte acquazzone che si riversò sulle strade appena mi allontanai dalla hall del buio complesso residenziale. Incrociando le braccia strettamente attorno al corpo, tentai di respingere quel freddo pungente. Tremai e strepitai, maledicendomi per aver lasciato l’appartamento di Mamoru senza giacca. Tuttavia, proseguii incurante del mio fisico ormai quasi indebolito. Volevo allontanarmi il più possibile dal traditore.

Soffocai un singulto pensando a Mamoru… a Tuxedo Kamen.

Mi ero innamorata perdutamente di lui, donandogli parte di me stessa e cosa avevo avuto in cambio? Mi ha tradita… mi ha ingannato… mi ha sottratto con l’inganno qualcosa di cui avevo più bisogno. Tutto quello che volevo era essere amata… stare con lui… sentirlo abbracciarmi e baciarmi come se per lui io fossi la cosa più preziosa. Era chiedere troppo? Era stato la risposta alle mie preghiere… o così pensavo.

La mia corsa rallentò quando mi sentii intorpidita per la fredda pioggia e inciampai lasciandomi sfuggire un singhiozzo stanco. Lottai per rialzarmi ma fallii, completamente esausta. Il mio fiato si congelava davanti a me quando inspiravo ed espiravo. Quando in un altro debole sforzo tentai di rialzarmi spingendo contro il suolo, realizzai di non sentire più le dita. Strofinandole convulsamente in un inutile tentativo di riscaldarle, cominciai a piangere disperatamente, questa volta per lo sgomento. Sapevo che se rimanevo fuori al freddo ancora a lungo, poco vestita com’ero, molto probabilmente mi sarei ammalata. Ma non riuscivo a rialzarmi, ad andare avanti verso casa. Ero troppo stanca. Sia la mia forza fisica che mentale erano state prosciugate dagli eventi di quel giorno.

Tremando, guardai l’ambiente che mi circondava attraverso le ciglia umide. Le strade erano deserte e la pioggia scrosciava sulla città. Era molto tardi. Nessuno sarebbe passato di lì ancora per molte ore. Anche le mani tremanti che stavano massaggiando le dita congelate cominciarono a intorpidirsi per il freddo. Rabbrividii quando la dura realtà si impossessò delle mie ossa. Ero sola e veramente nei guai.

Nonostante i miei sforzi per rimanere sveglia, i miei occhi cominciarono a chiudersi per la stanchezza. Scossi la testa avanti e indietro per rimanere sveglia. “Non puoi addormentarti, Usagi… tu non puoi…” mormorai a me stessa, le labbra tremanti.

Tuttavia il mondo era freddo e inospitale, mentre il sonno era caldo e invitante. Non avevo alcuna energia per combattere contro una tale forza. Solo quando sentii che stavo cominciando a perdere contatto con la realtà, qualcosa di caldo mi lambì… una soffice tenera sensazione, come quando la mamma ti rimbocca le coperte alla sera e ti bacia sulla fronte amorevolmente. Il tremito cessò quasi immediatamente mentre una pace si stabilì dentro di me in profondità.

Per un attimo pensai di essere morta. Non pensavo fosse possibile raggiungere un tale stato di pace senza essere in Paradiso con l’Onnipotente. Tuttavia, come aprii gli occhi e mi guardai intorno, l’angolo della strada in cui mi ero accasciata mi convinse che ero ancora viva. In Paradiso non ci potevano essere bottiglie rotte e bidoni della spazzatura straripanti.

Il calore continuò a diffondersi nel mio corpo lentamente… fino alla punta delle dita, che cominciarono a bruciare e pizzicare dolorosamente e sembrava si stessero riprendendo dal principio di congelamento. La stessa sensazione si propagò lungo le gambe e fino ai piedi e improvvisamente capii che avevo le forze per rimanere in piedi. Mi alzai con sorprendente facilità, sentendo la mia energia tornare con abbondanza. I miei occhi si aprirono quando quel calore si sprigionò dentro di me… giù verso il profondo del cuore. Là, sembrò che quel calore tentasse di rintanarsi nella mia anima.

Il dolore… la solitudine… il vuoto che sentivo bruciare nell'animo ogni singolo giorno… era stato seppellito in profondità dentro di me dove nessuno avrebbe potuto toccarlo. Ma quell’energia scovò quel vuoto e lo affrontò… lo accarezzò… entrò in sintonia con quello… lo estirpò.

Qualcosa in me si schiuse.

I miei occhi si spalancarono quando il mio sangue si raffreddò. Il dolore all'improvviso gridò con una tale intensità e tormento che fui quasi spinta a terra. Si contorceva e fremeva, lamentandosi e ululando per la sofferenza. Coprendo il mio cuore con una mano tremante, barcollai piangendo per quello sconvolgente dolore. “Cosa… cosa sta succedendo?” urlai, le lacrime sgorgarono dalle palpebre chiuse. Caddi sulle ginocchia, lottando per respirare. “Dio, per favore! Non posso più sopportare tutto questo!!”

La vista iniziò a vacillare e quello che mi circondava svanì, sostituito da un’accecante luce che calava su di me rinchiudendomi in un mare di bianco infinito.

Gridai e tutto si oscurò.

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*si inginocchia* Oh per favore oh per favore oh per favoooooore! Non datemi fuoco per lo scontro tra Usagi e Mamoru! E non infliggetemi altre punizioni crudeli e insolite! Potrei piangere se lo faceste… *piagnucolio convincente*

Voi non pensate *veramente* che io potrei finire la storia con loro in disaccordo, vero? Dovevo mettere il climax della storia da *qualche parte*, non è vero? E buon dio, io *dovevo* ripagare Mamoru per essere stato un tale cretino! Sì, amo anche l’uomo a pezzi, ma voi dovete ammettere che lui ha fatto delle cose abbastanza spiacevoli a Usagi-chan. Se fosse accaduto a me, avrei fatto molto più che schiaffeggiare il ragazzo.

*imbarazzato sorriso* Mi perdonate? *grandi e acquosi occhioni da cucciolo indifeso* Nel capitolo 10 mi impegnerò… lo prometto! ^_~

Scrivetemi! Ma niente fiamme! Solo *voi* potete prevenire gli incendi delle foreste. ^_~

sailor_moon89@hotmail.com

http://www.geocities.com/moonlit_eclipse/

Con affetto!

Aimee-chan, che stanotte dormirà con un occhio aperto -_0

  
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