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Autore: cartacciabianca    31/07/2009    6 recensioni
-Sbaglio o mi devi delle scuse?- Altaїr cominciò così, guardandomi dall’alto. Le braccia lungo i fianchi e il portamento fiero gli regalavano timore e rispetto.
Spiazzata da quella domanda, balbettai: -C-cosa?-.
-Perdonami, forse devo averti confusa con qualcun altra. Sai dove posso trovare una certa Safiya che viaggia con un Grifone di una tonnellata e intralcia le missioni degli assassini?-.

[Epilogo - prossimamente in aggiunta]
Progetto D.O.M.A.C
(Discovery of Mysterious and Creatures)
Accanto alla ricerca dei Frutti, la spietata casa farmaceutica sta testando i ricordi di 13 pazienti a caccia dei veri tesori perduti del Mondo Antico. I ritrovamenti di fossili remoti appartenuti a creature date estinte o mai esistite sono solo una piccola parte di quello che l’Abstergo ha in serbo per il la specie umana. I laboratori sotterranei dell’edifico pullulano di creature sputafuoco, mostri marini, esemplari di antiche civiltà e popoli onniveggenti.
Kimberly Gray è il soggetto n° 12 del progetto radice, e i suoi, legati a quelli della cugina Elisabeth Green, sono i ricordi più importanti. Gli antenati delle due pazienti costituiscono l’anello mancante della catena di tutte queste scoperte, e rivivendo il loro passato l’Abstergo avrà in mano le chiavi per i cancelli del Paradiso Terrestre, all’interno del quale, un Dio buono e misericordioso, nascose le sue creature più potenti. Un viaggio verso i confini di terre inesplorate. Il coraggio di una ragazza e il suo grifone a difesa della giustizia. Una piuma bianca che si posa nel rosso sangue del sacrificio di molti. Quattro giovani vite destinate a combattere una Guerra per difendere pochi.
Genere: Romantico, Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad , Malik Al-Sayf , Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3° - Liberami

Gerusalemme,
21 maggio 1187 d.C.

La puzza di curry nelle cucine del palazzo era nauseabonda, ma avevo imparato a farci l’abitudine. La gente era indaffarata per i preparativi del ricevimento e si spostava da un punto all’altro della stanza come a farlo a posta, come a voler aumentare ulteriormente la confusione. Il trambusto di piatti che si rompevano, vampate di fuoco che venivano dai forni e padelle che cadevano era assordante; d’altro canto, le cucine del palazzo reale non erano mica proporzionate rispetto alle altre camere del castello, e per questo semplice motivo trenta servitori si ritrovavano impiegati in uno stanzino di una decina di metri quadri trafficando spazientiti con le portate e imprecando bestemmie nel caldo soffocante.
Tutto ciò sarebbe andando avanti ancora per qualche ora, precisamente fino all’arrivo di Guido e dei suoi cavalieri Templari a corte.
C’erano delle piccole fessure in alto, sulle pareti abbruttite dai fumi della cucina, che davano sul mondo esterno ed illuminavano il pavimento di ceramica, ora in parte coperto dalle scarpe dei cuochi e dei servi. Il soffitto era in molto basso, e un solo stretto ingresso sfociava sul vasto corridoio di una delle navate principali della sala comune e che conduceva, in conclusione, al chiostro nel centro del palazzo, dove era previsto che si sarebbe svolto l’importante e atteso banchetto in onore di Guido di Lusignano e la mano di Sibilla promessa alla sua.
Era triste pensare che la mia Regina si sposava, così giovane e bella, con quel brutto e antipatico templare, che sì e no aveva una decina d’anni più di lei. Portavo un grande rispetto per quella donna, così come tutti i miei compagni e la mia famiglia, composta all’epoca da mia madre sola, che ora vegliava al mio fianco pelando assieme a me alcune (tante) patate; troppe perché ci bastasse il tempo che avevamo a disposizione. Amina, la mia cara mamma quarantenne, considerava questo matrimonio un insulto alla bellezza di Sibilla, che per prima, invece, non aveva opposto alcuna resistenza, celando, dietro una maschera di silenzio e riverenza, il suo falso amore per Guido.
Lo sapevamo bene tutti che si trattava solo e unicamente di un matrimonio politico. Unire le forze di Gerusalemme a quelle Templari (capitanate da Guido), soprattutto in questi tempi di guerra, e riappacificare a questo modo le divergenze tra le fazioni avverse al nostro governo, era una mossa davvero saggia. Ma chi di noi, in cuor proprio, già non immaginava che tale unione avrebbe aggravato le fragili condizioni del Regno?
Era triste per me, come lo era per tutti i suoi sudditi che ora lavoravano al mio fianco per preparare quel benedetto pranzo festoso. Alla cerimonia avrebbero preso parte i più valorosi tra i cavalieri che componevano la cerchia della difesa di Gerusalemme, perché in quegl’ultimi anni s’era vissuto sì in pace, ma anche nel costante terrore che Saladino tornasse a reclamare la sua città, che tempo addietro i Crociati gli avevano sfilato da sotto il naso.
La disgrazia che affliggeva veramente i nostri occhi, che li rendeva così muti e sconfortati, era invece sapere il nostro Re Balduino IV ci aveva lasciati pochi anni prima e noi, impauriti, avevamo assistito coi nostri occhi scettici sia al suo funerale, che all’incoronazione di suo cognato al fianco della nostra Regina.
Lentamente Gerusalemme declinò verso la sua rovina, accompagnata da un Re ingiusto e una moglie troppo silente. La bell’immagine di Sibilla che preservavamo nei nostri cuori stava sbiadendo proprio in quegli ultimi mesi; non era più la luminosa Regina simbolo della Santità, ma solo una ragazzina azzittita dalla voce prorompente e mal atteggiante di un marito crudele con il suo stesso popolo.
Persino io… avevo perduto per sempre quell’immagine.
Nacqui da una serva il 12 gennaio 1170 d.C, figlia probabilmente di un padre che non desiderava diventarlo. Mia madre mi raccontava poco di mio padre, e da lei seppi solo che si trattava di un cavaliere inglese in pellegrinaggio a Gerusalemme come molti.
Crebbi tra le docili grazie della nobiltà, felicemente rinchiusa dalle pareti dorate del palazzo reale, e divenni presto una libera schiava come mia madre, che col tempo si fece grande amica della Reginetta Sibilla. Mi raccontava che durante il giorno era come una sorella per lei: dalle passeggiate nei parchi alle visite in città. Ed io ero sempre lì nella mia stanza ad aspettarla, affinché mi raccontasse ancora e ancora di quando Sibilla era libera come il vento e quella bella Regina che tutti avremmo voluto ricordare.
Amina divenne la sua ancella e la sua compagna preferita, così come tutte le grandi regine ne possedevano una. Quando venni al mondo, Amina mi battezzò con un nome straniero, non delle nostre terre, e questo, quando Sibilla lo venne a sapere, le diede molto fastidio. Così la Regina insistette personalmente perché quel nome venisse mascherato dietro un qualcosa di più conveniente, qualcosa che non desse a vedere la mia origine straniera, la somiglianza al popolo di mio padre.
All’interno del palazzo nessun altro, amico o servo, seppe la verità sul mio conto.
In conclusione, non andavo molto fiera del fatto che solo la Regina e mia madre condividessero il segreto del mio vero nome, come se si divertissero a sigillare la loro amicizia con quel solo sapere. I soldati e gli altri abitanti del palazzo mi chiamavano Safiya, che rappresentava la musulmana parte che era in me, ma non imparai mai a voltarmi al suono quel nome.
Sibilla riservava per me un trattamento speciale, differente da tutte le altre serve della corte, che mi guardavano spesso con odio ed invidia a causa di ciò. La Regina ammirava da lontano il mio intelletto e la passione per la cultura che coltivai fin da piccola, poiché da auto didatta avessi appreso molto della sua religione, della sua vita e della storia del suo Regno.
Sibilla aveva insegnato a mia madre a scrivere, e mia madre l’aveva fatto con me. Vederle ridere come compagne di giochi mi riempiva tutte le volte il cuore di gioia, ma era immenso il desiderio di farne parte.

Quando i preparativi per il banchetto furono ultimati, ci venne chiesto di accorrere nel salone d’ingresso e di disporci ordinatamente sulle due navate esterne della sala, lasciando libero il passaggio. Guido e i suoi Cavalieri tornavano dalla spedizione fatta a Tiro nel fine settimana, e in prima linea, sulle ampie gradinate di marmo, sorgeva la figura minuta di sua moglie.
Sibilla, vestita di una candida veste bianca con decori dorati, aveva lo sguardo perso nel vuoto dinnanzi a sé, mentre la confusione delle voci di noi servi aumentava man a mano che lentamente, i battenti della sala, si aprivano.
Attorno alla Regina, lo vidi bene, erano disposti alcuni dei suoi cortigiani più fedeli e uomini politici di maggior prestigio, che le erano rimasti incollati alle spalle dalla morte di suo fratello ad oggi, vegliando su di lei col massimo della generosità.
Nel salone d’ingresso fece breccia Guido in testa al suo schieramento di cavalieri che, ancora a cavallo, raggiunsero in un trotto composto la Regina, accerchiando la gradinata.
Poi fu il silenzio, e si udirono le parole di Sibilla che disse: -Ben tornato nella tua dimora-.
Noi servi applaudivamo il ritorno dei templari e ammiravamo Guido smontare dal suo cavallo e prendere la sua moglie per mano. A me ed altri fu chiesto di portare i cavalli dei cavalieri di Guido nelle scuderie mentre questi si dirigevano al banchetto, ed ubbidimmo.
Presi le redini dalle mani del cavaliere e chinai la testa in segno di rispetto, lo guardai allontanarsi assieme agli altri, ma mi accorsi troppo tardi che egli aveva lasciato le sue bisacce aperte.
Le richiusi molto di fretta e mi avviai assieme ai miei compagni servi verso le scuderie. Durante il tragitto, però, ebbi uno strano mal di testa che mi colpì improvvisamente. Inizialmente si trattò solo di un fastidio, ma poi udii un sibilo provenire proprio da dentro la mia testa, e rimbombarmi assordante nelle orecchie per un istante. Così dimenticai tutto in fretta.
Quand’ebbi finito di dissellare l’animale e di strigliarlo per bene, quel dolore mi colpì ancora e ancora, questa volta senza darmi tregua.
Mi piegai in avanti, appoggiandomi ad una delle colonne del porticato, e mi accorsi che il sibilo stava lentamente tramutando in un suono man a mano più distinto, fino a tramutarsi in fine nel grido di una giovane aquila.
Rabbrividii e non seppi perché, ma quel grido mi aveva scosso da capo a piedi facendomi sobbalzare, e il mal di testa che mi premeva sulla fronte si era dissolto. Ora nella mia mente c’era solo quel suono magnifico, simbolo della natura e della forza.
Liberami…
Mi guardai attorno, ma mi accorsi che nelle scuderie non era rimasto nessun altro a parte me e i cavalli dei cavalieri. Avevo sentito una voce, una voce acuta e seriosa che mi aveva sussurrato quelle parole come se qualcuno mi stesse parlando all’orecchio.
Liberami, ti prego…
E ancora quella voce, che all’inizio non pensai provenisse da lì, ma poi il mio occhio cadde sulla bisaccia piena che quel cavaliere aveva lasciato aperta. Al suo interno si muoveva qualcosa.
Sì! Sì! Tu, dico a te! È mezz’ora che cerco di dirtelo! Avanti! Liberami, razza di umana senza cervello! Forza!…
Ero lì lì per svenire, sentii le gambe cedermi e dovetti reggermi con più forza alla colonna che avevo affianco. –Cosa…- mormorai ingoiando il groppo che avevo in gola.
Non fare la santarellina spaventata con me! So che puoi sentirmi, avanti, liberami prima che da questo becco esca qualche ignobile bestemmia! Ah! E poi voglio vedere proprio cosa succede…
Di tutta risposta restai immobile, paralizzata com’ero, incollata a quel pilastro di duro e freddo marmo.
Ma le mie nulle azioni suscitarono una nuova collera nell’essere che mi stava parlando, ed il grido d’aquila che avevo sentito poco prima si tramutò in un fastoso ruggito di leone che pareva potessi sentire solo io.
Mi voltai alle mie spalle, controllando che non ci fosse nessuno, e mi avvicinai a quella bisaccia. Quando vi misi le mani all’interno, mi accorsi che delle spesse catene rinchiudevano un corpo avvolto in un telo, grande come un gatto.
Mi guardai attorno un’ultima volta, lo tirai fuori, e me lo issai sulle braccia.
Era leggero, incredibilmente leggero ed effettivamente celato in quel sacco di spago stretto da quelle acerbe e rozze catene.
Liberami, forza!
Non esitai ancora e adagiai il fagotto vicino alla bisaccia ora vuota. Mi diressi di corsa ad afferrare uno dei tanti e differenti arnesi che si usavano per pulire gli zoccoli e, trovandone uno piuttosto appuntito, tornai indietro di fretta e mi misi in ginocchio.
Impugnai saldamente l’arnese e lo levai abbastanza alto per caricare il colpo.
Avanti!
E in fine lo calai.
Le catene cedettero al primo colpo, spezzandosi in frantumi quando la forza della creatura che vi era rinchiusa si unì alla mia nell’impatto; alcuni frammenti mi finirono addosso e non potei evitarmi di proteggermi il volto con le braccia.
Santa Miseria, grazie… sospirò. Davvero non ho idea di come avrei fatto senza il tuo aiuto! Certo, ce n’è voluto di tempo prima che alzassi un dito, ma a quanto sembra, è bastato. Prego, ora chiedimi pure di ricompensarti, ma fai in fretta, perché devo… Ehi! TU! Ragazza dai capelli scuri e gli occhi azzurri! Sì, tu! Ma mi ascolti quando parlo?! Di seguito a queste parole udii un piccolo sibilo simile al primo suono che mi aveva martellato la testa poco prima. Che insolente…Safiya, giusto? Non ho tutto il giorno …
Non avevo il coraggio di guardare, ero come abbagliata da una strana riluttanza verso la mia stessa curiosità, e continuavo a nascondermi dietro le mie braccia.
Claudya!
Sollevai la testa d’un tratto, lasciando che le braccia mi ricadessero lungo i fianchi, e non potei crederei ai miei occhi.
La creatura che sembrava conoscere il mio vero nome non era molto più grande di un gatto. Il corpo snello e atletico era effettivamente quello di un felino dal pelo dorato, di un ocra un po’ spento, con quattro possenti zampette da gatto e una coda da leoncino, che terminava con un ciuffo di peli marroni;ciò che attirò subito la mia attenzione, ancor prima del buffo becco d’aquila e la gonfia criniera, furono le ali di piume castane che aveva sulla schiena, all’altezza delle scapole; queste erano più grandi di quanto non lo fosse tutto il resto. E in fine mi fulminarono i suoi tondi, e arrabbiati, occhi color bronzo.
La sua voce acuta, e preziosa giocava nella mia testa, e questo lo capii bene dal fatto che per parlare non gli serviva muovere il becco ricurvo che aveva.
Suvvia, esprimi il tuo desiderio, e vedremo se lui potrà accontentarti… sbuffò la creatura mettendosi seduta. Le orecchie allungate si tirarono all’indietro, e sistemandosi composta in una posa regale, alzò fieramente il mento serrando le ali attorno al suo corpo.
Era così piccolo, però, che mi parve solo un pupazzo di pezza. Avrei potuto tenerlo in braccio e toccare le sue piume e la sua pelliccia, che sembrava soffice anche da lontano.
-Cosa sei?- domandai invece.
L’animale fece una faccia strana e contrariata, stupita forse del fatto che non lo avessi riconosciuto subito.
Un grifone, forse?! Sbottò esasperato.
-Scusa…- mormorai sgranando gli occhi. Eppure, quando pensavo ad un grifone mi veniva spontaneo immaginarmi una bestia più grande di un cavallo, invece quello sembrava una… riproduzione in scala, ecco.
Di tali creature avevo udito solo nelle leggende, storie lette davanti al caminetto della sala comune degli schiavi, quando mia madre leggeva le favole a noi bambini figli dei servi, nelle fredde notti invernali. Ma ricordai tutti gli scudi dei cavalieri che avevo visto fronteggiarsi alle porte di Gerusalemme nei duelli: ricordai il grifone come il simbolo della perfezione e della potenza di ciascun individuo.
Ma davvero non potevo credere che ne avessi uno in carne ed ossa di fronte.
Non fare quella faccia e chiedimi qualcosa, qualsiasi cosa! Ma fa’ presto, devo andarmene da qui… disse l’essere mezzo leone e mezz’aquila guardandosi attorno.
-No, ti prego, resta!- pronunciai spontaneamente, ma questo l’aveva fatto incacchiare ancora di più.
Cosa?!?! E perché dovrei?!
Esitai sulla risposta, stringendomi nelle spalle. –Sei molto bello e… strano- mormorai chinando la testa da un lato, ammirando il colore intenso del suo bel manto da leone.
Oh, bhé… grazie, pulisco spesso il mio piumaggio. Dovresti vedere quei dannati Grifi neri come si rotolano nel fango! Loro sì che hanno un grosso problema, liberi, ma fino ad un certo punto! Ma d’altro canto… fece una pausa, sospirando. Li invidio molto, sai? Non sono come me che spreco i miei giorni al servizio di un Dio che si fa vedere solo quando gli aggrada. Guardami! Sfrattato dalla mia terra e poi affidatomi per una missione della quale non c’ha detto niente nessuno… quale missione, poi?! Spiegamelo tu, perché io non ci capisco più nulla… Borbottò scocciato. Se Gesù fosse ancora vivo, se la sarebbe data a gambe da questa maledetta Guerra…
-Grifi neri?- chiesi scettica, non sapendo davvero di cosa stesse parlando. E di fatti il grifone tagliò corto con le parole:
Lascia stare, non capiresti umana come sei…
-Ok, va bene!- presi fiato. –Adesso smettila di darmi dell’umana e dimmi una cosa: come sai il mio nome? Qual è il tuo? Da dove vieni? Che ci fai qui?! Oddio- impazzivo. -Tu non esisti, sto sognando…- mi alzai in piedi traballante, formulando con confusione tutte quelle domande che lasciarono piuttosto interdetto la creatura che avevo di fronte.
Il grifone sbuffò, ignorò del tutto le mie domande e si alzò anch’egli, zampettando verso il cortile interno delle scuderie.
-Ehi, dove vai?!- sbraitai io andandogli dietro.
Ci conosciamo da pochi minuti e già mi dai sui nervi, ragazzina! Non funzionerebbe, quindi me ne vado! Adios!
Quell’affare conosceva anche lo spagnolo, notai con stupore, ma dovetti affrettare il passo quando mi accorsi che era saltato su alcune balle di fieno e si apprestava a spiccare il volo, gonfiando le ali.
-Aspetta!- gridai col sole che mi finì negli occhi, accecandomi. –Aspetta, ho detto!-.
Il grifone esitò sul da farsi, ma in fine, mettendosi a sedere comodo sul fieno, sbuffò e mi disse: che c’è, ancora?
-Il mio desiderio, ricordi- sorrisi.
Dannazione!
-Speravi che te ne fossi dimenticata?- mormorai. Quell’uccello non aveva un animo molto generoso.
Senti, ragazzina, non te lo ripeterò un'altra volta: devo andarmene! Scandì bene. La tua gente non deve sapere che sono qui, la tua gente non deve proprio sapere che esisto, capisci?! Devo filare, subito, prima che qualcuno mi veda, o peggio! Prima che Guido…
-E allora dimmi- lo interruppi, sorpresa che conoscesse anche il nome del marito di Sibilla. –Dimmi perché sei qui-.
Non è che avessi molta scelta... Sono stato catturato, stupida! Non le hai viste le catene!? Mi ruggì contro.
-Perdonami, ma io ancora non capisco…- blaterai. –Hai detto di non poter farti vedere dalla mia gente, ma allora perché Guido ti ha portato a palazzo? Cosa spera di ottenere?-.
Per avidità, non è ovvio? Molta della tua gente sa cosa siamo e gli basta vederci passeggiare sulla strada per riconoscerci; non sono tutti allocchi come te, sai? I cavalieri, che dipingono sui loro scudi le nostre immagini, certe leggende le conoscono meglio di altri! Alcuni di voi ci temono, molti ci sfruttano per scopi malvagi, e non esiterebbero a farci loro schiavi… disse con più calma, sistemandosi comodo e aggraziato sulla balla di fieno. Mentre altri, pochi altri della tua specie, sono su questo mondo per preservarci e portarci dalla parte della giustizia! Espresse fieramente.
-Chi?- domandai.
Gli assassini. È da loro che sono diretto…dichiarò gonfiando le ali.
Restai a bocca aperta, stupendomi non poco della risposta.
-Stai davvero dicendo…- assentii incredula. –Insomma… gli hashashīn, come… cosa… perché?!- persi il controllo.
Il grifone si guardò attorno circospetto e, posando di nuovo lo sguardo su di me, mi sussurrò: è la mia Missione Divina che me lo ordina.
-Mi prendi in giro, vero?-.
Ti è difficile credermi, e immagino il motivo… sbuffò. Ma vedi, è stato uno shock anche per me, non ti credere! Giù nell’Eden avevamo sentito parlare molto male di loro, non c’era Dio o Dea che non si lamentasse del loro operato. Gli assassini sono visti di malocchio da tutti noi, ma solo in quest’ultimi anni le cose sono cambiate. Le loro pratiche ora volgono nel giusto senso…
Chinai la testa. –Quella gente uccide per guadagnarsi droga e favori. Non posso credere che una creatura come te possa davvero abbassarsi a tanto. Allora menti, la tua non è una Missione Divina! Eretico…- borbottai in fine.
Il grifone tirò indietro la testa, sollevando le orecchie e guardandomi storto. Non chiamarmi così, ragazzina, considerala una bestemmia belle e buona, quella! Disse.
-Come vuoi, ma dimmi ancora una cosa…- pronunciai più calma.
Cioè?
-Come arriverai in Siria senza essere visto?- domandai velenosa.
Che richiesta sciocca la tua, Safiya… ridacchiò gonfiando le ali al vento.
-Sai davvero volare?- esultai.
Le sue orecchie si abbassarono pentite. Bhé, ecco… non proprio… ammise colpevole.
Mi portai una mano alla bocca soffocando una risata. –Immaginavo…-.
Non è divertente…
Un lampo di genio mi balzò alla testa. –Se lo desideri…- formulai –posso insegnarti io-.
Il grifone aggrottò quelle che mi parvero la sue sopracciglia. Sul serio ne saresti capace?!… fece stupito, ridacchiando della mia insinuazione.
-Con un po’ di sacrificio e parecchio dolore, forse…- mi strinsi nelle spalle. –Forse sì. E lascerai il palazzo prima dell’autunno, garantito- strizzai un occhio.
Ammetto di non averne conosciuti molti di Angeli, ma ragazza… a te mancano le ali. Assentì serio. Come pretendi di insegnarmi, sentiamo?! Sbottò.
-Io…- esitai, spaventandomi: stavo giocando col fuoco, avrei dovuto lasciarlo andare prima che qualcuno lo vedesse, prima che qualcuno ci vedesse entrambi, ma invece ero ancora lì, ad ammirare il suo bel piumaggio e l’incredibile bellezza che aveva… la magia, di cui era composto. Ma d’altro canto lo stavo aiutando a raggiungere i suoi scopi, qualunque essi fossero. Se il suo era il desiderio di allearsi alla temuta setta degli assassini, che facesse pure, non era un mio problema, ma per non crearmene degli altri avrei dovuto sbarazzarmi di lui al più presto.
Ho capito… fece esasperato, ma un attimo dopo mi sorrise gioiosamente. E in tutto questo tempo, ho scoperto in te un animo meno avido di quanto credessi…
Mi stupii delle sue parole, ma capii al volo dove volesse andare a parare. -Rinuncerò al mio desiderio se resterai con me, grifone- pronunciai felice, sorridente. –E in un qualche modo troveremo la maniera di impararti-.
L’animale si sollevò su tutte e quattro zampe assumendo una fiera posa.
Accetto. Il mio nome è Linus.















In questo angoletto d’autore volevo ringraziare i coraggiosi utenti che si sono cimentati nella lettura di un mio medesimo sclero. ^^’ Grazie ragazzi, perché senza il vostro sostegno non avrei continuato questa storia.

Saphira87
Sono così contenta che la storia ti incuriosisca, anche perché spero che possa protrarsi fino all’uscita di AC II, accompagnandomi nella (straziante e dilaniante) attesa ^^’ Per quanto riguarda il seguito di Dea tra gli Angeli, ultimamente ci penso spesso, ma probabilmente se ne riparlerà parecchio più tardi. Comunque, tornando a noi! Fammi sapere presto che ne pensi, perché ho rivisto parecchi aspetti di questo capitolo. A partire dal nome della protagonista. Perciò fammi avere notizie il prima possibile *-*

SuxFans
Mi sento onorata delle tue recensioni, e felicissima che la storia, già da questi primi e noiosi capitoli, ti piaccia e ti incuriosisca tanto! ^^ Voglio avvertire anche te che ho revisionato questo terzo chappo cambiando il nome della protagonista, e rivalutando alcuni dialoghi. Spero vivamente che non sia ri- uscito una schifezza come mio solito! XD Quando aggiorni la tua fic? *-* io già non resisto piùùùùù!!!

Renault
Ti chiedo perdono per aver cancellato la tua rece a questo capitolo insieme a tutto il post! Ç__ç scusami, scusami, avrei dovuto chiederti il permesso, in fondo so quanto sia faticoso delle volte sforzarsi di fare anche poche righe in un commento! Perdonamiiiii!!! Ç___ç

Phantom G
*-* tu… tu… tu adori il fantasy??? E i draghi ??? *___* non ci credoooo!!! Bhé, allora spero vivamente che tu segua la mia storia fino alla fine, anche se la mia fiction non può certo essere paragonata ai maestri della letteratura fantascientifica! *-* Sono cos’ felice, però mi manca il tuo commento al capitolo secondo ç_ç vabbé! ^^ non è di vitale importanza! Alla prossima!


   
 
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