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Autore: Daymy91    31/07/2009    2 recensioni
“Ho sempre creduto di essere un uomo forte. Ho fatto i miei errori… ma son sempre stato capace di superarli e di andare avanti.- l’uomo sorrise amaramente – ma credere, non sempre basta a sfuggire alle paure e alla sofferenza.” ....Storia basata sul finale della 5 stagione di House md!! PUBBLICATO 11° CAPITOLO! =)
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Greg House, James Wilson, Lisa Cuddy | Coppie: Greg House/Lisa Cuddy
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Quinta stagione, Sesta stagione
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Salve gente!
E come sempre, settimana trascorsa, capitolo nuovo!
Però devo scusarmi con voi... questo capitolo non era nato per essere come tale!... infatti, mi son trovata costretta a dividerlo a metà, altrimenti non avrei trovato mai il tempo di postarlo oggi. (dato che ormai posto ogni venerdì)
Purtoppo ho avuto dei problemi a casa e ultimamente mi sto ritrovando a fare io tutte le faccende domenstiche. Sto tutto il tempo fuori poi a fare spesa, e a risolvere altri problemi personali.
Mi dispiace dirlo ma penso che a breve non riuscirò più a continuare con questa puntualità settimanale. Prometto di mettercela tutta, ma non vi assicuro nulla.
Intanto vi lascio a questo chap.
Spero vi piaccia!

ah, un ultima cosa.
So che quel che accadrà non sarà una cosa da voi calcolata, ma sto immaginando questa parte della storia da molto tempo ed ha uno scopo ben preciso.
So, enjoy it! ;)




La dottoressa Cuddy guardava proprio nella sua direzione adesso, sul viso un’espressione confusa. Poi, improvvisamente, il terrore.
Si era resa conto di chi aveva di fronte.
Si era resa conto che di fronte a sé ci stava Gregory House.
La vide sussultare mentre le sue labbra andavano aprendosi in un espressione attonita.
“House?!”

La domanda adesso era una sola:
…sarebbe stato in grado di ignorarla ed uscire dal locale?




CHAP 9
Quello che non può la riflessione, può e fa l'irriflessione.
(Giacomo Leopardi)



“House?!”
Al sentire pronunciare il suo nome con quel tono, gli sembrò quasi d’esser stato schiaffeggiato e risvegliato da quell’attimo di trans confuso nel quale era caduto.
Rimase immobile, in silenzio.
I loro sguardi erano persi l’uno nell’altro e nessuno dei due dava segno di voler cedere mentre la gente attorno a loro sembrava appartenere ad un mondo a parte.
Se una situazione del genere gli fosse accaduta qualche mese prima lui avrebbe iniziato subito a sparare a raffica qualche commentino acido su di lei o su un ipotetico e, probabile, stupido motivo che l’aveva spinta ad andare a quell’ora in un locale sola soletta.
Si, un tempo.
Al momento, ciò che riusciva a fare era cercare di trovare un modo per evitare uno strano ed inquietante imbarazzo e, possibilmente, anche un dialogo.
Ma lei lo precedette.
“Non ci posso credere.- bisbigliò sorridendo divertita, strofinandosi gli occhi con fare stanco – Ho bevuto troppo.”
“Eh?” il sopracciglio di House si inarcò, in un atto di pura sorpresa.
Cuddy si voltò verso il barista, ignorandolo. Gli allungò il bicchiere vuoto che ancora teneva in mano “Guardi, me ne riempia un altro bicchiere.”
Un sorriso sfacciato si allargò sul volto di Gregory House, mentre tutte le preoccupazioni di qualche attimo prima andavano a farsi benedire.
Solo il fatto di rivederla, di trovarsi in una situazione del genere con lei combinata in quelle condizioni, ubriaca, lo metteva stranamente a suo agio.
Interessante. Pensò intrigato, zoppicando verso il bancone e sedendosi su uno sgabello accanto a lei.
Se pochi attimi prima aveva avuto il timore di stare davanti ai suoi occhi, adesso, come se vederla avesse riacceso in lui il proprio spirito da buon cinico, non voleva far altro che sfruttare quella situazione.
“Qualcosa di forte per me!” esclamò, richiamando l’attenzione del barista, mettendo una banconota sul bancone ed iniziando ad osservarla con la coda dell’occhio.
Cuddy fece finta di ignorarlo, fissando il proprio sguardo sul bicchiere che stringeva in mano.
House si era adagiato adesso con nonchalance, il braccio posto in verticale sul bancone in modo che la mano sinistra potesse sostenergli il mento, mentre la fissava incuriosito da quel suo atteggiamento.
“Ecco.” l’uomo al di là del bancone gli mise davanti un bicchiere colmo di chissà cosa, voltandogli poi le spalle per tornare a lavorare.
“Alla salute!” fece il diagnosta, alzando il bicchiere verso Cuddy in modo da poter attirare la sua attenzione. Poi lo portò alla bocca, bevendone un bel sorso.
“Ti diverti?”
La sua voce lo portò a posare nuovamente lo sguardo su di lei.
“Non ancora.”
Cuddy deviò di nuovo il suo sguardo, iniziando a tamburellare le dita contro il legno del bancone.
“Che stai facendo?” al diagnosta venne spontanea la formulazione di quella domanda.
“Evito che la gente mi veda parlare sola.- borbottò la dottoressa, senza degnarlo di uno sguardo –le proprietà chimiche e bio-chimiche contenute in sostanze come l’alcol, sono in grado di indurre variazioni nel funzionamento dei neurotrasmettitori nel sistema nervoso, in modo da alterare lo stato cosciente. Ergo: allucinazioni.”
“Hm… sei piuttosto sveglia per una che è arrivata alla fase acuta di ubriachezza da alcol.” commentò House sarcastico.
“Anche se ubriaca, non inizio a dare di matto come qualcuno di mia conoscenza.”
House le fece un sorrisino sfacciato “Mia cara, tu mi confondi con Wilson.”
Vide Cuddy voltarsi verso di lui, sul suo volto un’espressione stanca.
“Avrei dovuto immaginarmelo. Pure se ti immagino, mi rompi le scatole.”
“Niente di personale. Ordinaria amministrazione.” gli sorrise House, divertito da quella situazione alquanto bizzarra.
Ma cosa stava accadendo?!
Erano uno affianco a l’altra. Entrambi non si vedevano da un sacco di tempo… eppure, nessuno dei due voleva dimostrare all’altro quanto questa distanza fosse stata pesante da sostenere.
Cuddy era ubriaca, House lo sapeva. E sapeva bene che per lei, in quel momento, lui era solo un’immagine sfocata di un’ipotetica allucinazione da sbronza.
Ma lui invece? Che stava combinando?
Si stava divertendo a fare lo stronzo come al solito.
Ma era proprio questo che lo stava mettendo a suo agio.
Abbassò lo sguardo, dandosi dell’imbecille per quel comportamento. Poteva, almeno una volta, tentare di mettere da parte il bastardo che c’era in lui?
Beh, provare non costava poi tanto.
“Da quanto tempo sei qui?- House guardò l’orologio che, in quel momento, segnava le 11:15 - Non devi andare a lavoro domani?”
“C’è una bella differenza tra domani ed oggi.”
“Già, pari a 45 minuti da ora.- concordò il diagnosta canzonatorio – e Rachel? Cos’è, l’hai messa in un collegio e te la sei svignata?”
“Non ci posso credere. – Cuddy si coprì il volto con le mani, corrugando la fronte e cercando di non guardare davanti a se, gesto puramente spontaneo quando tutto intorno a te inizia a prendere una piega troppo caotica – Stai forse cercando di darmi delle lezione di vita?”
“Hai ragione. – House ci rifletté un attimo - Mi sa che questa sera ci siamo invertiti i ruoli. Tu ti ubriachi ed io ti rompo le scatole.”
La dottoressa lo guardò torva, come se avesse da ridire contro quell’esclamazione. Poi abbassò lo sguardo rassegnata.
No, forse non aveva nulla da ridire infondo.
“Va bene.- la vide alzarsi dallo sgabello, barcollante – Me ne vado.”
“Cosa?” si alzò anche lui, tentando di capire cosa era opportuno fare.
“Hei! Qualcuno deve pagare qui!” si lamentò il barista, vedendo che anche lui aveva intenzioni di andarsene.
House roteo lo sguardo, esasperato. Aprì il portafoglio, estraendo un po’ di denaro che poggiò sul bancone e si diresse fuori, sperando che Cuddy non si fosse già infilata in qualche macchina.
Chiusa la porta del locale alle sue spalle, non vide nessuno davanti a se e per un breve attimo temette di averla persa di vista.
Poi, improvvisamene, un rumore alla sua destra.
Si voltò.
Cuddy era ferma, la mano destra poggiata sulla parete del locale nel tentativo di sostenersi.
House sorrise “Ti ha mai detto nessuno che sei molto carina quando cerchi di stare in piedi?” la sbeffeggiò.
La donna chiuse gli occhi “Se mi concentro tu sparisci.”
“Magari fosse così facile.” bisbigliò House tra se e se, rammentando tutto il periodo passato in compagnia di Amber e Kutner.
Sentì il rumore dei suoi passi, pesanti e lenti, dirigersi verso l’auto di fronte a loro: l’auto di Cuddy.
Arrivato a quel punto, da buon gentiluomo, avrebbe dovuto prenderla, ammanettarla e costringerla a non mettersi alla guida.
D’altra parte, una vocina dentro di lui, gli urlava di lasciarla in pace.
Tutto quel tempo nel tentativo di far sparire quei sentimenti… e poi? Poi tornava a strisciare dietro di lei?
Cosa sarebbe successo se si fosse lasciato andare nuovamente… se tutto sarebbe tornato ad essere solo una lontana illusione per lui?!
Sarebbe riuscito a resistere?
No.
Non avrebbe dovuto.

Lisa Cuddy era fiera di se stessa.
Era passato qualche minuto, gli occhi ancora chiusi, e di House nemmeno l’ombra. Non un suono, non una voce proveniva più dalle sue spalle.
Se ne era andato.
Teneva ancora gli occhi serrati mentre ogni tanto li riapriva debolmente nel tentativo di individuare la posizione della sua auto per poi richiuderli alla semplice percezione della luce dei lampioni che illuminavano la strada, troppo forte da reggere nello stato in cui si trovava.
Aveva bevuto troppo, lo sapeva. E probabilmente si stava pure rovinando andando avanti in quel modo… ma non riusciva a fare altrimenti.
Fece un altro passo, ormai vicina all’auto, quando improvvisamente sentì le gambe cederle. Poggiò anche l’altra mano sulla parete, nel tentativo di rimanere in piedi, quando sentì una salda presa cingerle la vita.
Lisa sussultò, visibilmente stordita.
Aprì gli occhi, notando che adesso Gregory House la stava sorreggendo.
“Ti accompagno a casa. – borbottò lui, quasi vergognandosi di ciò che stava dicendo – Ma solo perché da domani dovrò tornare a lavorare. E mi dispiacerebbe scoprirti una cerebrolesa a causa di un incidente. Già che dovrò tentare di farmi riassumere facendo i conti con i postumi di questa tua maledetta sbronza.”
Cuddy mise una mano sulla sua spalla, cercando di rimettersi in piedi “Sei troppo gentile, non me lo merito.” brontolò sarcastica.
House fece una smorfia.
“Già, hai perfettamente ragione – commentò acido mentre, sostenendola, l’accompagnava verso l’auto – Solamente per il fatto che stai tentando di stare in piedi sorreggendoti ad uno zoppo.”
Cuddy rise di gusto “Non sei cambiato per niente, House.”
“Vorrei poter dire la stessa cosa di te.”
Sentì le sue braccia stringerle la vita, sentì lui prenderle il braccio e farlo passare sopra il proprio collo così da sorreggerla meglio; Sentì un brivido, quasi come se avesse avuto l’impressione di essere avvolta in un abbraccio celato.
‘Un allucinazione…’ si disse tra se e se, lasciando scivolare una lacrima giù lungo la guancia, silenziosa e veloce, coperta dall’oscurità della notte.
Sentì una folata di vento sfiorarle il volto, scompigliarle i capelli. Le palpebre iniziarono a socchiudersi pesantemente.
Poi, improvvisamente, il buio.










To be continued….



  
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