Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Jiyuu    07/11/2019    1 recensioni
Un antico nome sussurrato come leggera brezza da labbra rosee, il suo significato sconosciuto ormai perso in una lingua non più utilizzata.
Una nuova bambina.
Mani in più per lavorare, donna da dare in moglie; poche erano le alternative in una società simile. Mezzi per procreare e alle volte oggetti sfruttati dai pescatori, alle donne non restava altro se non difendersi con ogni mezzo. Non si assicurava niente a nessuno, né un pasto caldo la sera, né protezione per i giusti e la punizione per i devianti.
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La giovane donna crebbe e con lei anche il suo grembo, partorì nei mesi freddi di fine anno tra urla strazianti e lunghe ore. Nessuno all’interno del villaggio era a conoscenza delle condizioni di Caesius, non usciva di casa da mesi per nascondere il ventre ormai troppo gonfio e pieno per poter essere nascosto dalle morbide vesti e poi dalle pesanti pellicce.

Caesius non si rese subito conto della gravidanza, inizialmente era troppo scossa dalle ferite riportate e dal suo orgoglio calpestato, per poter considerare in modo concreto tale eventualità.

Tolta alla donna ferita la possibilità di cacciare per via delle ferite subite, l’unica entrata di denaro e cibo per la famiglia era l’attività della madre di Caesius. Cognitio, il cui nome era antico come le origini del villaggio: la sua famiglia, e in particolare le figlie femmine di quella discendenza, erano portatrici delle antiche tradizioni, degli antichi rimedi, degli antichi credi; di scienze sconosciute a tutto il resto del popolo e  anche dell’antica cultura. Cognitio vendeva medicinali e consigli, vecchie parole per augurare buon auspicio, rimedi per il mal di schiena o il mal di testa ma mai maledizioni che erano vietate secondo le antiche regole; anche se persino la donna che tanto consigliava e predicava il perdono fu tentata di lanciarne alcune verso colui che aveva violato la figlia, ma sapeva bene, così come gli dei avevano annunciato nei suoi riti che il destino dell’uomo che aveva sporcato la figlia sarebbe stato così nefasto da non necessitare di ulteriori malocchi.

Caesius non aveva mai smesso di pensare a quel giorno, ogni contatto fisico le scatenava un’ondata di inarrestabile panico, non riusciva ad appisolarsi neppure nella sicurezza del suo stesso letto, il pensiero di vendetta si fece largo nel suo cuore, la ossessionava costantemente, non le permetteva di pensare lucidamente, al contrario, trapelava nella sua mente sotto forma di fantasie macabre di morte ed uccisioni.

Appena si accorse di strani e sospetti cambiamenti del suo fisico: dell’accenno di gonfiore sul ventre, della costante stanchezza e nausea, delle voglie che la ossessionavano, una tremenda consapevolezza la investì. Corse da sua madre, urlò di volersene liberare, non mangiò per giorni e per giorni non diede retta a nessuno fino a che non fu consapevole dell’unica cosa che poteva farle accettare quella disgrazia: la vendetta.

Si arrese e decise di tenere il bambino, di crescerlo anche senza un padre.

Nacque una bambina e l'unico nome che riuscì a darle fu Alea. Non riuscì ad odiarla. Durante la gravidanza pensava spesso a cosa rappresentasse a che simbolo di vergogna fosse per il resto del villaggio e si, pensò più e più volte di liberarsene. Attacchi d'ira la invasero, desiderò cancellare dal suo corpo ogni prova di quello che era successo; la realtà era però diversa, non era stato compromesso il suo corpo quanto la sua mente, per questo sapeva che quella creatura non ne aveva colpe, non poté sacrificarla.

Un parto travagliato ma andato a buon fine, madre e bambino erano salvi e in forze.

Una volta ripresasi dalle complicanze della gravidanza, riprese a correre sempre più lontano, gli allenamenti furono ripresi; qualsiasi cosa perché la giovane madre potesse aiutare la famiglia.

Non voleva denunciare l'abuso subito ma il ricordo era vivido nella sua mente e ogni notte la passava affilando i coltelli.

Era ormai pieno inverno, cercare le impronte era difficile e portare a casa una preda lo era ancora di più. 

Caesius uscì di casa presto quel giorno, senza dire neanche una parola, silenziosa e pericolosa. Poteva sentire il vento gelido graffiarle il viso rimasto scoperto mentre le ruvide e pesanti pelli le sfregavano sul corpo scaldandola ma rendendo goffi i suoi movimenti per i boschi. La neve che cadeva lenta e inarrestabile ricoprendo tutto il paesaggio circostante, le pozze d'acqua che si ghiacciavano e la selvaggina sempre più rara.

La piccola e infreddolita madre fermò la sua corsa di fronte a una vecchia e trasandata casetta di legno a sud est del villaggio.

Conosceva l'uomo che le aveva rovinato la vita, un cacciatore delle terre più a sud, non si era mai imbattuto nelle giovani cacciatrici dei boschi a nord; non poteva sapere quanto alto fosse il pericolo.

Lo vide uscire di casa, lo vide assicurarsi la faretra dietro la schiena e legare con cura i lacci di lavorato cuoio delle protezioni sui polsi; vide la giovane moglie castana uscire con un dolce bambino di pochi anni in braccio, il marito prese un arco testandone la durezza delle corde per poi baciare con tenerezza la consorte e il piccolo.

Disgusto.

Un sapore metallico le pervase la bocca mentre il dolore alla lingua fece in modo che  Caesius uscisse dallo stato catatonico in cui era caduta; rivedere quell'uomo l'aveva terrorizzata ma nulla era in confronto al disgusto che la investì quando lo vide con la sua famiglia.

Non ora.

Prese a correre intralciata e nascosta dalla neve, silenziosa e letale; le pesanti pelli le nascondeva la figura minuta ma forte e celavano coltelli e oggetti per la caccia.

Sentì un rumore; tutto si fermò.

Lo vide di nuovo. Si buttò a terra tra la neve, la goffa figura nascosta da un masso ricoperto di muschio; lo sguardo serio lasciò trasparire un lampo di gioia. Erano soli e Caesius era in vantaggio, non si era ancora accorto di lei.

Ottimo.

Sentì l'arco nella sua mano sinistra farsi più pesante e la mano destra fremere dal desiderio di ottenere una freccia da incoccare, chiuse i pugni, le nocche bianche per la tensione, il desiderio di vendetta troppo grande per poterlo reprimere. 

Cautamente la ragazza guardò oltre il masso, l'uomo accovacciato a controllare chissà quale trappola per piccole bestie, un ghigno le deturpò i tratti.

Patetico.

L'uomo si alzò lentamente, l'inverno aveva reso la selvaggina ancora più rara, le trappole erano vuote e si preoccupò per la sua famiglia; un rumore lo fece voltare con ancora il coltello stretto nella mano destra, un cervo mosse un cespuglio. Carni e pelli rappresentavano la salvezza per la sua famiglia e cercando di cogliere l'occasione che gli si era materializzata davanti appoggiò a terra il prezioso pugnale, afferrò l'arco e una freccia, mirò e la scagliò letale contro l'animale.

La freccia era ancora sospesa in aria che volteggiava aggressiva, le corde dell'arco si rilassarono dopo il colpo e lo sguardo del cacciatore trasudava gioia quando una pressione sul collo ribaltò la situazione. Il colpo sordo della freccia che si conficcava nella tenera carne riecheggiò per la fredda foresta.

Ora l'uomo era diventato preda e colei che gli premeva la lama affilata di un’altra freccia slanciata sulla gola, e che con uno sgambetto scaltro lo fece cadere al suolo scivoloso per la neve e il ghiaccio era il cacciatore.

Un lieve lamento riecheggiò nei boschi mentre la lama premuta sul collo del giovane lasciava una bruciante striscia rossa sulla pelle abbronzata da cui uscivano gocce di scarlatto rubino.

Una pressione sul busto lo incatenava al terreno quando entrambe le mani gli furono bloccate da qualcosa di pesante; gli occhi, chiusi istintivamente per la caduta, si riaprirono velocemente, impregnati di paura e curiosità.

Riconobbe il volto della donna, anche se, i capelli umidi su cui erano incastonati piccoli e brillanti fiocchi di neve, in parte le nascondevano i tratti. Un profumo forte di muschio ed erbe proveniente dalla donna conquistò l'olfatto dell'uomo, e il peso che lo sovrastava si fece più concreto.

Le ginocchia di Caesius gli gravavano sugli avambracci e il peso sul suo stomaco gli bloccava il busto a terra, una delle sottili mani callose della donna si avvicinò al volto dell'uomo fino a chiudersi con violenza sulla gola indifesa; in una posa aggressiva e violenta.

La consapevolezza si fece largo nel volto dell'uomo: terrore e rimorso dilagarono nel suo sguardo.

Lo stesso terrore che meno di un anno prima attanagliava lo sguardo dell'attuale predatore, della stessa donna che ora stava per infliggere altrettanto dolore a un marito, a un padre.

Caesius ripensò alla famiglia di quell'uomo alla bella considerazione che il villaggio aveva di lui, alla figlia dai capelli d'oro...

La donna era già macchiata di un crimine non suo, provò pietà per il mostro peccatore che l'aveva violata.

Pietà?

La stessa pietà che quell’uomo le aveva negato? Una pietà per un verme che la aveva violentata nel sonno, mentre era senza difese?

Nonostante il ricordo vivido dell’abominio, del sangue e umori che le imbrattavano i vestiti di festa, non riuscì a vincere l’immagine di un bambino con la madre mentre gioca.

la presa della giovane si fece più debole sul corpo pietrificato dalla paura del cacciatore; ella si rialzò e si allontanò di qualche passo, il ghiaccio che ardeva nei suoi occhi si acquietò in un mare calmo colmo di disgusto; disgusto per il gesto che stava per compiere e per la creatura che aveva di fronte e i ricordi che faceva rinvenire in lei.

Caesius si ritrovò a provare disgusto, ribrezzo per il peccato di cui i suoi pensieri di vendetta stavano per farla macchiare.

Gli occhi dell'uomo si fecero allora sorpresi e spaesati, mentre come ripreso dalla pietrificazione la sua mano destra si massaggiò il collo prima stretto con tanta forza.

La donna si fermò ad osservarlo, quasi soppesando la sua stessa decisione di rinuncia fino a quando non si voltò, la freccia ancora stretta con forza venne riposta nella faretra piena; il rumore di un sospiro e una nebbia leggera contornarono la figura della donna mentre con uno scatto si alzò, per poi voltarsi lentamente e ricominciare la sua corsa nella neve. 

L'uomo ancora faticava a mettere in ordine i pensieri, l'unica cosa certa era la terra dura e fredda sotto di lui e la neve che imbiancava i suoi vestiti da caccia e i brividi di terrore che ancora non gli permettevano il movimento. 

 

Rancor, il suo nome. Non credeva che lei lo avesse riconosciuto, ma sapeva che si sarebbe vendicata nel preciso istante in cui, quella sera, si fermò da quell’atto orrendo e si rese conto delle sue azioni. Si sorprese piuttosto che per mesi la donna non si era fatta viva nei dintorni del villaggio e nelle zone di caccia che, preso dalla curiosità di tale sparizione, si era messo a osservare e controllare. Non sospettava di essere aggredito in pieno inverno per la scomodità agli spostamenti dovuta alla fredda ovatta che rallentava ogni movimento. Non credeva di poter provare rimorso o dispiacere verso di lei, la odiava profondamente per antichi motivi e mai poteva immaginare che da quella unione forzata potesse nascere qualcosa di buono, decisamente non un figlio.  Ma nonostante la terribile azione da lui attuata non riusciva a credere di essere stato risparmiato, che lei avesse avuto pena di lui.

RICORDO

Erano quasi amici, o almeno questo era quello che l'uomo desiderava. Avevano quasi la stessa età due ragazzi che stavano sempre insieme nel boschi, e fin dall'adolescenza, al villaggio o quando la osservava vicino al gelido mare lui non poteva fare a meno di desiderarla come moglie.

Venivano considerati inseparabili, lei divertita dal modo protettivo che lui aveva di proteggerla da chiunque in modo persino troppo maniacale e lui innamorato perso della furia e indipendenza che una ragazza tanto più piccola di lui potesse dimostrare.

Cacciavano spesso insieme ai margini del villaggio, le loro abitazioni erano decisamente opposte, e fino a che non avessero iniziato a cacciare nei territori aperti e più esterni si limitavano ad allenarsi insieme in terreni scarsi di selvaggina e quindi di pericoli al limitare del villaggio. Lei era una maestra fin da piccola nell’uso dell’arco, il padre le aveva insegnato tutto quello che conosceva, le aveva tramandato tutte le sue doti prima di lasciare quel mondo e godersi un lungo riposo tra gli Dei. Lui era cresciuto praticamente da solo, figlio di un commerciante, al crollo degli affari del padre iniziò ad ingegnarsi, posizionava trappole e faceva tutto il possibile per sopravvivere e tirare avanti insieme alla madre, divenne davvero bravo a catturare la selvaggina, dal più piccolo animale fino alla bestia più temuta. 

Un tiepido tramonto d'estate all’ingresso del l’adolescenza per lei e al compimento della maggiore età per lui Caesius e Rancor erano insieme a contemplare il profilo elegante di un freddo mare tranquillo. Il giovane uomo, però, portava un peso nel petto: un’idea che rallegrava i suoi pomeriggi e alleviava la pesantezza del duro lavoro. Rancor aveva occhi solo per Caesius, anche in quel momento: invece che osservare il tripudio di colori e la meravigliosa armonia del tramonto, riusciva solo a sbirciare i morbidi e sottili capelli di lei mossi dal vento, il suo sguardo di ghiaccio in contemplazione, il suo corpo ancora acerbo e gracile che emanava tenerezza e desiderio di essere protetto. Durante quel crepuscolo d'estate Rancor chiese la mano di Caesius in un goffo e tenero tentativo di avvicinarla e magari strapparle un bacio. Ella evitò con disgusto l'avvicinarsi di quel ragazzo già cresciuto e diventato adulto. Infine la giovane rifiutò scappando in uno svolazzante abito lilla. Non condivisero più il crepuscolo mentre la rabbia e il sentimento di inadeguatezza del giovane cresceva; si trovò una donna che lo rispettava ed ebbe un figlio con lei, le voleva bene, anche se il rancore verso il rifiuto e il disprezzo ricevuti lo divorava dall'interno.

Passarono anni, l'aveva ignorata e Caesius crebbe lontano da quello sguardo pieno di antica ammirazione. La vide, era la sua festa per la maggiore età, era cresciuta, era bellissima.

Come trovò quei capelli corvini tra le giovani donne vestite di leggero candore Rancor si mise a bere per sopprimere la tristezza e la rabbia del rifiuto, lui bevve e la vide bere. Un pensiero maligno e osceno si fece largo nella sua mente.

FINE RICORDO

 

Gli occhi del cacciatore divennero lucidi, nacque un familiare dolore nel petto: il pentimento per l'errore commesso e la consapevolezza di essere stato risparmiato per pietà; il rimorso lo attanagliava da mesi, gli appesantiva il petto, gli infettava la mente, il peccato gli aveva corroso l'animo fino alle fondamenta.

Si udì un rantolo per le montagne innevate, rumori di lacrime amare e dolore riecheggiavano per la foresta mentre la neve continuava la sua inarrestabile pioggia e una giovane ragazza correva veloce sulla neve.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Jiyuu