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Autore: Anown    09/11/2019    1 recensioni
Akira sente come se la sua vita gli stesse scorrendo davanti agli occhi, in particolare si sofferma su alcuni ricordi della sua infanzia che coinvolgono anche Ryo.
Forse potrebbero aiutarlo ad odiarlo... o forse no.
Contesto di riferimento: Devilman Crybaby, in particolare si svolge durante l'ultima puntata.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Quando uno scontro si protrae troppo a lungo e non si ha niente per cui combattere non importa quali motivazioni o forti emozioni possano aver spinto all'inizio, non sembreranno più niente di così importante, niente per cui sia valsa la pena aver gettato tutto.
“Ma io non ho avuto la possibilità di scegliere di buttare ciò che avevo, tu mi hai tolto tutto! Per te ne è valsa la pena? Perchè hai fatto questo?!” pensò Akira.
Ma il suo corpo da demone continuava a muoversi in preda alla rabbia cieca e all'istinto continuando a combattere anche se la sua mente era ormai stanca e priva di motivazione.
Talmente aveva perso la cognizione del tempo che potevano essere passati fra le poche ore e i mesi, o addirittura gli anni, da quando lo scontro era iniziato. Ormai tutti i demoni e i devilman erano morti, sul campo di battaglia c'erano solo lui e... Ryo?
“No... lui non è Ryo... non più, non può esserlo... Ma... ma chi era Ryo?”
Per un attimo vide il volto dell'alato essere pallido deformarsi in un sogghigno, poi Akira subì un colpo e si ritrovò spaccato in due parti.
Il volto dell'essere cambiò nuovamente, ma non era più neanche lontanamente divertito.
Pur essendo un devilman la ferita era irrecuperabile. Restava poco tempo prima che la sua coscienza cominciasse a spegnersi per dirigersi... all'oblio? All'aldilà? Esisteva l'aldilà? Satana avrebbe potuto saperlo... era troppo tardi per chiederglielo?
C'era un'ultima cosa che gli occhi di Akira, registrarono... Quegli occhi azzurri sgranati, quello sguardo sorpreso e... spaventato? Durò un attimo, ma forse era realmente spavento quello che scorse sul viso dell'angelo.
Il colpo che gli era stato inferto non voleva essere mortale, quell'effetto era in un certo senso accidentale, non voleva ucciderlo...
“Che sciocco... se avessi voluto uccidermi davvero sarei morto già molto prima... invece sei rimasto a temporeggiare, mentre i tuoi demoni morivano. I sentimenti umani non ti sono mai arrivati, non ti è arrivata neanche la mia rabbia. Non l'hai ricambiata neanche per un istante, non è così? Ucciso per sbaglio... che fine stupida... che assassino strano e patetico è il mio...” Il suo assassino era Ryo...
Sì... Ryo aveva accumulato più conoscenze, era migliorato nel non risultare così strano a chi non lo conosceva bene, ma era rimasto sempre sé stesso... era il bambino che Akira aveva trovato, il suo compagno di giochi, il migliore amico. Non c'era realmente stato un momento in cui si era incattivito ed era diventato un mostro, semplicemente non era maturato da un punto di vista emotivo, si era ritrovato un piano da realizzare inconsciamente e molto, troppo, potere tra le mani. Akira era stato cieco, non se ne era accorto e non aveva fatto nulla per impedire che le cose andassero a finire in quel modo...
“Forse è stupido credere che ci fosse qualcosa che potessi fare...”
Era frustrante, sarà stata colpa della stanchezza che offuscava la furia che l'aveva trascinato all'inizio del combattimento, ma non riusciva ad odiare il bambino zuppo e spaventato che aveva incontrato tanti anni addietro, per quanto non sapesse dire neanche se e quanto gli voleva ancora bene.
La vita cominciò a scorrergli davanti gli occhi, con Ryo di sottofondo che gli parlava come se non capisse la situazione.
“Proprio tu, così intelligente, normalmente così insensibile davanti a chi ha un piede nella fossa, non lo capisci? Sto morendo, Ryo...” Ma Ryo continuava a parlargli con tono pacato, mentre la sua voce e i ricordi si sovrapponevano. Era come se, per Ryo, la loro fosse una semplice lite fra bambini e nonostante si fossero fatti del male ne avrebbero potuto parlare e tutto si sarebbe sistemato, sarebbe tornato come doveva essere...
“Già... una lite fra bambini... questo ricordo forse mi aiuterà a odiarti...”

-Akira, togliti!- gli ripeteva, Ryo, sfoderando con una mano un tagliacarte mentre con l'altra lo tirava per la maglia.
-No!- Akira non si spostava, rimaneva accovacciato sopra la scatola che conteneva il malandato animaletto.
-Non sopravviverà, lascialo a me! Avanti! Lasciamelo uccidere!- Akira continuava a non dare segnali di volersi alzare. -Akira, non è abbastanza forte per sopravvivere.- cercò di farlo ragionare.
-Non mi importa!- rispose, la frustrazione di Ryo poteva quasi avvertirla, ma non capiva perchè fosse così ostinato...

“Ero spaventato... esternavi in questo modo le tue emozioni raramente e chissà perchè erano sempre legate alla rabbia e all'aggressività.
Mi chiedevo che strano rapporto con gli animali dovi aver avuto prima che ti trovassi. Sembravi volerti approcciare a ciò che per te era nuovo tramite tagliacarte e altri oggetti contundenti... Ero sempre riuscito a fermarti quando sembravi intenzionato a ferire un animale, ma quella volta c'era qualcosa di diverso, eri più determinato del solito.
Non sapevo cosa fare, avevo paura.
Non riuscivo a spiegarmi il tuo desiderio di uccidere un animaletto tanto indifeso come quel gattino. Forse non hai mai sopportato che qualcuno di troppo debole per sopravvivere respirasse. Con gli uomini hai fatto così, no?
...Ma, allora perchè hai cercato di risparmiarmi?”


All'ennesimo strattone di Ryo, Akira si girò e lo spinse... fu stupito dal proprio gesto e per un attimo gli sembrò che anche Ryo fosse disorientato, la cosa lo fece stare ancora più male, ma decise di resistere.
-Vattene!- gli urlò. -Vattene via!- Ryo sembrò ascoltarlo.
Ma nonostante quell'episodio, continuava a seguirlo dovunque andava come se non fosse successo niente. Akira si sforzava di guardarlo di traverso e ignorarlo, ma per quel bambino così pallido e glaciale sembrava non essere cambiato niente.

“Non riuscivo a comunicarti i miei stati d'animo neanche allora...”

-Non ti importa quello che penso?- gli chiese Akira irritato, Ryo non lo aveva mai sentito usare quel tono per rivolgersi a lui, era una situazione nuova e sgradevole. -Sono arrabbiato con te, vuoi capirlo?- era così stupido da avere bisogno di una spiegazione o forse non gli  importava? -Ma a te non fa alcuna differenza, vero?-
-Sì invece...- quella era in realtà una delle poche situazioni in cui un esterno avrebbe potuto capire facilmente i sentimenti di Ryo. -Hai cambiato comportamento e mi da fastidio, non sembri più tu.- Akira era incredulo, Ryo sembrava incapace di capire dove aveva sbagliato...

“Nulla di troppo diverso dal solito in realtà...”

-Beh, è colpa tua...- Akira si voltò e cercò di continuare a ignorarlo.
Ryo continuò a stargli dietro anche mentre andava a controllare il gattino.
Akira inizialmente era un fascio di nervi, temeva che l'altro potesse avere ancora cattive intenzioni nei confronti della bestiola, invece Ryo rimaneva passivo a fargli compagnia mentre metteva del cibo al gatto e gli versava dell'acqua dalla bottiglietta.
Il gattino mangiava poco e non sembrava particolarmente vivace, ma il piccolo Akira si sentiva fiducioso, anche quando Ryo glielo fece notare si limitò a rispondergli: -Anche tu mangi poco, eppure stai bene.- Akira provò ad accarezzare il gatto, ma Ryo lo prese per il polso.
-Potrebbe trasmetterti qualche malattia.- lo avvertì freddo. Akira si liberò la mano e accarezzò il felino, lo osservò mentre col nasino sporco gli annusava le dita. Era così piccolo, eppure così solo... era triste, ma provò a sorridere alla creaturina. -Akira.- lo richiamò Ryo.
-Se si sente solo e abbandonato gli verrà più difficile lottare per sopravvivere...- avrebbe voluto portare il piccolo a casa, ma i genitori erano contrari. Anche loro dicevano che doveva avere qualche malattia, inoltre non volevano che si affezionasse a un gattino dato per spacciato...

“Forse anche tu eri preoccupato per lo stesso motivo, ma non ero sicuro di questa spiegazione allora e non lo sono neanche adesso.
Forse mi sto solo illudendo di scorgere qualcosa di umano in te... sono sempre riuscito a capire i tuoi sentimenti meglio degli altri, ma comprenderti rimaneva comunque difficile...
Chissà se tu questo l'hai mai capito, non ero stupido, sapevo che il gatto sarebbe potuto morire a breve, ma anche così non volevo che si sentisse solo, morire soli è fra le cose più terribili che possano capitare... e ora provo pena per entrambi, anche per te...”


Avrebbe voluto scuotere la testa e cancellare l'ultima cosa che aveva pensato mentre la sua versione bambina accarezzava un'ultima volta il gattino prima di alzarsi.
Ryo estrasse del disinfettante dallo zaino e glielo mise sulle mani poi le sciacquò utilizzando la sua bottiglietta d'acqua.
-Grazie.- Akira gli sorrise, si sentiva molto più tranquillo nei suoi confronti. Era ingenuamente sicuro che il fatto che Ryo non avesse tentato nuovamente di aggredire il gatto doveva significare che aveva capito che il suo comportamento era sbagliato, anche se sapeva che non glielo avrebbe mai detto apertamente.

“Vorrei non pensarlo, ma non riesco a cancellare il dubbio di aver avuto ragione all'epoca, considerarti completamente un mostro e odiarti, e odiarmi per essere stato così stupido, sarebbe meno doloroso...”

Quel giorno era scoppiato un temporale e Akira era corso fuori casa per andare a soccorrere il gattino. L'animale respirava a fatica e rumorosamente. Akira, agitato, aveva coperto la scatola con proprio ombrello.
-Akira, è inutile.-

“Eri comparso all'improvviso e su di me aveva smesso di piovere, non ci avevo fatto caso, ma mi stavi riparando col tuo ombrello...
Perchè? Perchè eri venuto ad aiutarmi? Perchè siamo stati amici? Perchè se non eri del tutto un mostro hai voluto uccidere e distruggere gli esseri umani?! Se davvero mi volevi bene perchè l'hai fatto?!”


-R-Ryo, c-che cosa dobbiamo fare?!- aveva balbettato smarrito sperando che l'amico avesse qualche suggerimento per salvarlo.

“Nonostante tutto ti ho sempre ammirato... ho sempre riposto estrema fiducia in te e nelle tue abilità, ho sempre cercato il tuo aiuto...”

Ma in pochi secondi, il gattino smise di respirare e non si riprese più. Akira scoppiò a piangere.
-Sapevi che sarebbe successo, perchè piangi?- domandò Ryo.
-Stai piangendo anche tu!-
-Non è vero!-
-Sei un bugiardo!-
-Akira, guardami!- lo sfidò. Akira si girò singhiozzando.
-S-stai piangendo.-

“Stavi piangendo, ti ho sentito...”

-E' solo la pioggia!- esclamò scocciato. -Stare qui a piangere non cambierà nulla. Dai, andiamo...- lo esortò. Akira scosse la testa, non voleva sentire ragione.
-N-non è insensato...- protestò debolmente.
-Sì invece, piangere per la morte di qualcuno è insensato, ancora di più se sapevi che sarebbe morto a breve.- disse freddo.
-Vuoi dire che se io morissi non ti dispiacerebbe?!- Ryo ci mise un po' per trovare una risposta.
-Preferirei evitare che ti capiti qualcosa... farei il possibile per salvarti, però... a maggior ragione se sapessi che fossi spacciato, non  avrebbe senso piangere.- Akira non rispose, rimase chino sulla scatola. -Rischi di ammalarti restando qui...- lo avvertì Ryo.
-E tu? P-perchè te ne rimani qui a prendere freddo per qualcuno per cui nemmeno piangeresti? P-perchè non te ne vai?- Ryo non rispose, rimase fermo a ripararlo con l'ombrello. Akira si rassegnò al suo silenzio e scavò una buca per il suo piccolo amico, mentre Ryo lo seguiva aspettando. -Non ho bisogno del tuo ombrello ho il mio...- disse con tono un po' acido, ma incerto.

“Avevo difficoltà a capirti, nonostante ciò che mi dicevi a parole sei rimasto con me... Un altro compagno di classe sarebbe stato meno freddo e mi avrebbe detto che gli dispiaceva, poi però se ne sarebbe andato. Non sarebbe rimasto con me a prendere freddo, anzi, non sarebbe nemmeno venuto da me vedendomi sotto la pioggia. Sarebbe rimasto a casa al calduccio...”

-Ryo...- lo chiamò mentre, sotto la pioggia, si incamminavano verso casa. -Che cos'hai contro il mettersi a piangere?- provò a domandare. -Non risolvi qualcosa... non sono più piccolo. Lo so che se piangi i morti non ritornano in vita e le cose non si risolvono...-
-Sei ancora piccolo...- precisò Ryo.
-M-ma non così tanto! E-e poi non stavamo parlando di questo!- balbettò imbarazzato. -Ryo, anche se non risolve niente, è n-normale e non c'è nulla di male nel piangere...- cercò di spiegargli. -E poi, anche se i problemi non svaniscono ci si sente un po' meglio dopo...- capiva di non essere affatto convincente anche provando a puntare su vantaggi pratici. -E-e e poi...-
-Non ti giudico male, puoi piangere quanto vuoi.- lo rassicurò.
-N-non l'ho detto per questo!- non ci aveva neanche pensato.

“Perchè sapevo che ti piaceva stare con me e che anche se ai tuoi occhi e a quelli degli altri avevo un carattere debole, non mi avresti mai preso in giro e maltrattato come facevano gli altri bambini... eppure tu potevi capirmi meno di quanto riuscivano a fare loro, eppure per te le altre persone deboli non hanno il diritto di vivere, oppure ti ho frainteso?
Perchè parlo con qualcuno che non può rispondermi? Perchè non riesco ad essere arrabbiato? Forse sono davvero troppo stanco...”


-Tu... sembri voler nascondere tutto ciò che senti e non capisco perchè...- confessò il piccolo Akira.
-Le emozioni sono illusioni, dipendono solo da reazioni chimiche. Gli esseri umani ne hanno bisogno per motivarsi, ma le trovo un po' superflue onestamente... dubito siano davvero così utili da un punto di vista evolutivo... le sensazioni del gradevole e dello sgradevole bastano, non sono necessarie altre sfumature.- disse saccente.
-E-evo...- ripetè Akira un po' confuso. -P-punto di vista e...evolutivo?- “Che cosa c'entra adesso?!”
-Se vuoi, provo a leggerti qualche paragrafo dal libro di neurobiologia. È che pensavo non ti interessasse...- da quando era arrivato aveva mostrato un'intelligenza fuori dal comune e un bisogno di appropriarsi di conoscenze e informazioni quasi ossessivo...
-A che ti serve studiare tutti quei libri?- domandò infastidito Akira. -Perchè lo fai? Perchè ti piace... vuol dire che provi delle emozioni anche tu!-
-Io... rientra nel gradevole...-
-Ma non ha comunque un senso! Ad un bambino la neurolo... la neu... Non serve a un bambino! È una cosa che ti interessa senza una motivazione logica!- insistette Akira. -E perchè stai con me anche se dico e faccio cose che non ti piacciono?- domandò determinato -Mi vuoi bene, è ovvio!-
-Sì, ma... è che...- Ryo rimase a pensarci, sembrava infastidito anche se era un po' difficile distinguere la sua espressione infastidita da quella annoiata o da quella normale. -Sei come... un'estensione di me stesso. È per questo che sei così importante per me.- sì, anche se era sgradevole il fatto che cercasse di trovare ingenuamente delle somiglianze fra i loro modi di pensare e le loro motivazioni, Akira era una parte indispensabile del suo ambiente, era normale volerlo tutelare e stagli accanto. Era un pezzo della sua esistenza e non se ne voleva separare.
-Eh?- Akira non era per niente sicuro di averlo capito. -Ryo, io non sono tuo e non sono te, non ci somigliamo neanche... io sono io... tu sei tu...- disse un po' a disagio.
-E' che non sei abbastanza intelligente per capire ciò che dico...- non accadeva spesso, ma aveva la sensazione che nemmeno Ryo sapesse bene cosa voleva dire, ma, non volendo ammetterlo, lo stesse raggirando sfruttando il fatto che fosse un bambino normale, a differenza sua. Per un attimo ebbe voglia di tirargli contro qualcosa, non gli era mai capitato prima.
“Perchè devi essere sempre così bugiardo?” si limitò a sospirare e decise di mettere in pratica un consiglio di sua madre.
-Devo essere paziente...- sussurrò mettendo giù l'ombrello e avvicinandosi a Ryo. Gli accarezzò la testa. -Sì, molto paziente...-  Ryo in un primo momento lo guardò perplesso, poi lo afferrò per gli avambracci facendo cadere entrambi gli ombrelli.
Sembrava che stesse cercando di reggersi. -Ryo? Va... va tutto bene?- domandò preoccupato, l'altro cominciava ad avere gli occhi stranamente lucidi, era innaturale vederlo così.
-Sei... No... non sei abbastanza forte per trascinarmi fino a casa...- constatò, ma perse i sensi lasciando Akira in preda al panico ad cercare aiuto.

Ryo riprese conoscenza, nella stanza di Akira, sotto tre paia di coperte. Ebbe appena il tempo di sollevare la schiena che Akira gli si buttò addosso stringendolo.
-Mi dispiace!- esclamò. -Dovevo accorgermi che non stavi bene e deliravi!- riuscì a insultarlo involontariamente. -Se non ti avessi fatto rimanere sotto l'acqua per tutto il tempo...-
-Sto già meglio.- lo interruppe Ryo. Akira cominciò a toccargli la faccia.
-Uh... prima eri febbricitante...- disse un po' perplesso. -Non mi vuoi bene, ma ti fai venire la febbre a causa mia e ti preoccupi più della mia salute che della tua...- gli fece notare.
-Non ho mai detto di non volerti bene. Volevo solo spiegartelo in modo logico.- sospirò Ryo. -E poi tu ti ammali più facilmente di me...- Nonostante il colorito poco salutare e lo scarso appetito, Ryo sembrava godere di buona salute, ogni volta che gli veniva qualcosa durava molto poco.
Akira lo abbracciò.
-Mi hai fatto spaventare...- gli sussurrò.
-L'ho notato...-
-E... i-il gatto...- singhiozzò riportandolo alla mente. Non gli avevano dato un nome, gli aveva promesso che glielo avrebbe dato quando si fosse ripreso...
-Non posso farci davvero niente, Akira...-
-Lo so!- obbiettò Akira continuando a piangere su di lui. -Rimani con me, v-voglio solo questo...-
-Dove dovrei andare?- disse Ryo con un sorriso leggero.

“Forse avrei dovuto insistere per non lasciarti andare...” pensò l'Akira morente mentre i suoi ricordi andavano all'addio col piccolo Ryo. “Ma cosa avrei potuto oltre a fare i capricci, piangere e buttarmi per terra? Non c'era niente che potessi fare per impedirlo...”
Il piccolo Akira singhiozzava, per se stesso, ma anche per Ryo che nascondeva il tutto, più o meno volontariamente, come al solito.
-S-sono s-sicuro che sarà bello lì... i-in America...- balbettò Akira singhiozzando. -T-troverai a-altri bambini e-e diventeranno t-tuoi... amici e...- si interruppe, la mano pallida di Ryo gli aveva afferrato la manica...
-Voglio rimanere con te. Non voglio altri bambini.- disse con voce ferma, ma a discapito delle apparenza, la sua piccola mano tremava...
Akira doveva essere il più forte in quella situazione.
-N-non è la fine del mondo e... e poi... e poi... ci scriveremo e potresti anche venirmi a trovare o v-verrò io da t-te!- ma a giudicare dal modo in cui le sue lacrime non accennavano a diminuire, per loro era realmente la fine del mondo... i genitori di Akira salutarono Ryo e consolarono Akira. Gli Addii per i bambini potevano essere una vera tragedia, lo sapevano, ma credevano fosse la cosa giusta.

“Ma Ryo è rimasto Ryo... non è cresciuto...” ripensò alla sua espressione dopo avergli dato il colpo di grazia.
“Forse neanche io sono diventato tanto più grande...
Nella morte riesci a monopolizzare me e i miei pensieri, forse ti piacerebbe saperlo o forse non sarebbe una consolazione sufficiente...” Una parte di lui gli diceva che l'averlo ucciso l'avrebbe segnato molto di più quanto Ryo stesso, quello che si credeva tanto razionale, poteva prevedere. L'altra parte gli diceva che si stava ingannando se credeva ancora che Ryo potesse avere dei sentimenti e che la sua morte non l'avrebbe minimamente ferito.
“Voglio ferirlo? Non sarebbe sufficiente una vita per chiarire i miei sentimenti su di lui, ad entrare nella mia vita è stato letteralmente Satana...” non era giusto che dovesse sentirsi così legato a quello che gli aveva portato via tutto, la causa di tutte le sue sventure. Aveva teso la mano alla creatura sbagliata.
“Ci sono davvero volte in cui tendere la mano è sbagliato?” Quel bambino infreddolito e spaventato, solo e senza niente al mondo. “Poteva scegliere di essere diverso? ...Avevamo davvero una scelta?” anche se non avesse scelto di soccorrere il bambino che si sarebbe rivelato Satana, questo sarebbe sopravvissuto e avrebbe realizzato i suoi progetti comunque. Anche se non essere coinvolto direttamente e non affezionarsi al distruttore della sua specie sarebbe stato certamente meno doloroso. “Però... anche io mi sono divertito con te... anche io ti volevo bene... è stato davvero tutto inutile e da cancellare? Se avessi la possibilità di tornare indietro e distruggerti quando eri ancora più o meno indifeso e più debole, non ci riuscirei...”

L'anima di Akira era andata, lo sentiva.
Ma lo aveva avvertito, mettersi contro di lui voleva dire morire. Non poteva essere triste per qualcuno che stava per morire a causa di una sua scelta.
 La morte di Akira era così poco importante che  poteva anche ignorarla e parlargli come se niente fosse. La sua morte non cambiava niente, era solo un piccolo, vano, umano, non poteva esserne davvero sconvolto...
“Akira, perchè non mi rispondi?”
Se non aveva davvero importanza, perchè aveva sacrificato il suo demone più forte per tenere in vita il piccolo, debole, inutile umano?
Perchè gli aveva lasciato sterminare i suoi demoni? Perchè si ritrovava senza un esercito con cui combattere Dio?
Se non era importante l'umano... ma nemmeno la vittoria era così importante, allora cosa... cosa l'aveva spinto a fare tutto questo?
“Akira... Akira?” continuava a cercare di chiamarlo.
Era importante, se ne era accorto troppo tardi...
Le guance si bagnarono...
Nessuna lacrima versata per la sconfitta. Non era nemmeno sicuro che si sarebbe opposto se avessero cercato di mettere fine alla sua esistenza. Quella nuova sensazione era straziante e non sapeva se e quando se ne sarebbe andata o come avrebbe fatto a conviverci.
Nessuna lacrima per i demoni che aveva perso, erano solo per il vuoto che avvertiva e  per ciò che una volta lo riempiva, ora perso per sempre...

Angolo dell'autrice:
Questa cosa è un po' strana forse... spero non risulti troppo confusa e che possa piacervi.
Spero che i personaggi non risultino eccessivamente OOC. E' una sorta di esperimento, se avete qualche parere da esprimere a riguardo sarò lieta di ascoltarlo.
  
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