Serie TV > Elisa di Rivombrosa
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Autore: Crudelia 2_0    29/11/2019    3 recensioni
Bussa alla tua porta dopo quelli che ti sono sembrati secondi troppo, troppo brevi.
Vi scambiate saluti e formalità privi di importanza, inudibili sotto il rombo nelle tue orecchie. Poi un’affermazione infrange quel vetro, l’ultima tua protezione.
“Dovreste togliervi la veste.”
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Ristori, Antonio Ceppi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4
 
 
 
 
"Te lo ripeto, sono una donna sposata, Antonio. Vattene." Cerchi di accelerare il passo per distanziarlo, ma le gonne ti impicciano e le sue gambe sono più agili.

"No, non lo sei." Ribatte svelto, toccandoti un braccio per fermarti.

"Lo sarò fra una settimana, è come se già lo fossi." Cambi strada all'improvviso.

"Ma non lo sei ancora."

"E comunque chi ti ha fatto entrare? Avevo dato precise disposizioni, non voglio più vederti in questa casa. E lasciami!" Costeggi il muro della tenuta, ancora poco e sarai sulle scale.

"Amelia. L'ho supplicata, come adesso prego te-"

"Bene, almeno saprò con chi prendermela." Hai già il fiato corto.

"Ti prego, Anna." Ti afferra per la vita e ti imprigiona tra il muro e il suo corpo. "Non è colpa sua, avrei buttato giù la porta a suon di pugni se non l'avesse aperta."

"Colpa tua, quindi. Dovevo immaginarlo." Incroci le braccia al petto cercando di riprendere fiato. Vederlo così vicino è una tortura.

"Allora, cosa vuoi?" Mai una resa è stata più furente.

"Stai facendo un errore."

"Non so di cosa parli." Fingi una sicurezza che non provi, con le sue mani sui tuoi fianchi.

"Del tuo matrimonio." In barba a tutte le regole del galateo vorresti tirargli uno schiaffo. Alla sua faccia tosta, ai suoi occhi così limpidi, al suo coraggio.

"Il matrimonio con il Marchese di Magliano è un ottimo accordo. Andrò a vivere a Torino: lontano da qui, lontano da te."

"Da quando vuoi sposarti per convenienza?" La sua prontezza sta iniziando a irritarti. La risata che esce dalla tua bocca ti fa sembrare un'altra donna: crudele, cinica, disillusa.

"Ma guarda, il dottore che ha rinnegato le sue origini torna al nido." Quasi ti compiaci del dolore che vedi nei suoi occhi in seguito alle tue parole.

Quando allontana le mani da te per poggiarle al muro però ti senti mancare l'aria.

Anche se non dovresti, anche se non è più tuo, anche se tu sei di un altro.

"Dio, Anna, non puoi pensarlo davvero." Dice passandosi una mano tra i capelli, spettinandoli.

"Non so più cosa pensare, Antonio. Torno dal collegio e ti trovo sposato, mentre io aspettavo una risposta alla mia ultima lettera da sei mesi!" Il tono di voce si è fatto più alto man mano che parlavi, e non sai se sentirti più irritata per la tua totale mancanza di controllo o quanto questa significhi quanto tu stia soffrendo.

La stessa sofferenza che vedi riflessa nei suoi occhi, sempre così empatici ed attenti ad ogni tuo gesto, e senti la rabbia stringerti lo stomaco. Che diritto ha, lui, di soffrire?

Con una moglie al fianco che si è scelto.

"Era l'unico modo." Scuote la testa, abbassando lo sguardo.

Mai l'hai visto così abbattuto, le spalle curve.

"Potevi andartene." Il tuo tono arrabbiato non lo smuove, sembra assorbirlo come terra arida alla prima goccia d'acqua.

Scuote un'altra volta la testa, gli occhi ancora abbassati. "Mio fratello erediterà tutto."

Quelle parole ti colpiscono, forte. Quello che ti era parso un gesto impulsivo e sconclusionato adesso lo vedi come premeditato. Ha riflettuto molto, prima di quella scelta: avrebbe potuto lasciare Rivombrosa, ma il peso della sua eredità sarebbe sempre tornato a cercarlo.

"Potevi chiedermelo, potevamo andarcene insieme." È un tremito quello che ti scuote la voce?

"Non potevo chiederti questo!" Risponde con veemenza e tu sussulti. Non ti ha mai parlato così prima, neanche quando lo esasperavi con la tua petulanza.

Ma forse più che il tono sono gli occhi ad averti spaventata. Li ha inchiodati ai tuoi e li vedi arrossati, stanchi. Spenti.

Era per mancanza di coraggio o per nasconderti il suo tormento che non ti guardava?

"Non potevo." Riprende, lentamente. "Non potevo farti rinunciare alla vita che hai sempre desiderato." Stringe le labbra, come se stesse combattendo contro parole troppo desiderose di uscire.

"Potevi chiedermelo." Riesci solo a sussurrare, ripetere.

Perché a te cosa sarebbe importato di lavorare, rovinarti le mani e faticare se anche avessi avuto lo stomaco vuoto, ma il cuore pieno di voi?

"Avresti finito con l'odiarmi, e odiare te stessa per avermi scelto."

Perché, adesso?

Lo odi ugualmente, lo odierai sempre.

"Hai detto bene, avrei scelto." Drizzi le spalle allontanando te stessa dal muro e lui da te con una spinta.

Ritrovi tutta la tua compostezza da nobildonna e ti pulisci le mani sulla gonna, come se il solo fatto di averlo toccato ti procurasse disgusto.

"Adesso andatevene, prima che chiami la servitù per scortarvi fuori, dottore." Lo guardi altezzosamente ancora una volta, poi gli giri le spalle e te ne vai, lenta, come si confà alla tua posizione.

Non ti volti finché non arrivi alla tua camera.
 

 

 
"Sì." Lo senti sussurrare al tuo orecchio e subito non capisci a cosa si riferisce. "Ti direi le stesse cose." Le sue labbra ti accarezzano il collo mentre continua a parlare. Cominci a riemergere, ancora smarrita: da troppo tempo non vieni toccata da un uomo  che lo fa per passione e non per dovere. "Ti direi le stesse cose, tutto: che sono stato uno stupido, che ho sbagliato, che l'ho rimpianto e lo rimpiango ogni giorno." Ti posa una bacio sulla spalla nuda prima di poggiarci la fronte.

Che si era abbassata la veste neanche te n'eri accorta.

"Non me lo perdonerò mai e non pretendo che tu lo faccia, ma se dovessi andartene..." Si interrompe. Forse deglutisce, ma tu senti solo un sospiro, poi ricomincia in un mormorio sommesso. "Se dovessi andartene non sopporterei l'idea di non aver colto l'occasione di amarti."

A deglutire adesso sei tu. Perché non sai cosa dire, perché non te lo aspettavi.

Non chiede il tuo perdono, solo la possibilità di offrirti l'amore che dieci anni fa ha rifiutato.

Dovevi essere in un probabile punto di morte perché se ne accorgesse?

Ma no, sei ancora una volta ingiusta. Sei sempre stata cosciente di quel desiderio sopito nei suoi occhi ad ogni vostro casuale incontro in cui tu lo torturavi abusando della superiorità della tua posizione, sapendo che non avrebbe mai potuto rispondere senza mancarti del rispetto che ti era dovuto. E che non l'avrebbe fatto comunque.

Allora decidi di essere indulgente, con il tuo cuore e con lui.

Concedi alle tue dita di passare fra i suoi capelli, scompigliandoli ancora di più e facendogli incontrare il tuo sguardo. Vedi rispecchiata nei suoi occhi la tua commozione.

Gli accarezzi una guancia, indugiando sulla pelle leggermente ispida di barba.

"Potrei contagiarti." Parli con un filo di voce, ancora non ci credi che quella conversazione non sia frutto della tua fantasia.

"Non m'importa." Volta il capo per baciarti il palmo in un gesto che ha il potere di riportarti indietro di anni, a giorni che sapevano di corsetti allentati, baci rubati e occhiate complici in un mare di merletti e candele.

"Non ti chiederei mai di sacrificare la tua vita per la mia."

"Ed è per questo che sei una persona migliore di me."

Continui a guardarlo in silenzio, senza sapere cosa rispondere e aggiungere a quell'ammissione così vera.

Lasci ricadere la mano sul tuo grembo.

Che la colpa era sua lo sai tu e lo sa lui.

Che ha sbagliato.

Che hai sofferto.

No, che avete sofferto. Adesso lo capisci.

"L'hai amata?" Se dev'essere una confessione che lo sia fino in fondo. "Mi hai tradita? Prima di scegliere lei al mio posto."

"No, non ti ho mai tradita." I suoi occhi si velano di durezza al solo accennare alla possibilità che abbia infangato i suoi ideali. "E amarla..." Distoglie lo sguardo, fissandolo oltre la finestra perso in ricordi lontani e a te non accessibili. "Rappresentava tutto ciò che desideravo: la libertà."

"E non eri libero?" Con me, vorresti aggiungere.

Per quanto lui continui a parlare di principi per te rimarrà sempre un confronto sul pisno personale.

"Nessuno di noi lo è." Riporta a te gli occhi. "Viviamo in queste gabbie dorate, schiacciati da convenzioni e regole che ci impongono anche come salutarci. Non ne potevo più."

Ora capisci a fondo, lui aveva sempre visto oltre.

Ricordi di averlo accusato di non avertelo chiesto, ma la tua immaturità ti avrebbe accecata. Se non avesse fatto lui quella rottura l'avresti fatta tu, decisa a seguire quella vita.

Che poi, guarda dove ti ha portata.

Ma adesso capisci cosa significa sentirsi prigionieri: non solo perché tuo marito ti ha rinchiusa fisicamente nella tua stanza, ma per anni sei stata schiava di quella mentalità rigida e inflessibile che portavi cucita sul petto per mantenere alto l'onore della famiglia, dei Ristori.

Ti alzi di scatto, obbligandolo a indietreggiare, e inizi a camminare per la stanza tormentandoti le mani e tormentata dai tuoi pensieri.

Hai sempre dato per scontato che la colpa fosse sua, ma quanto hai contribuito tu a quella scelta?

Ogni volta che lo rimproveravi, ogni volta che non ti lasciavi andare troppo legata all'etichetta, ogni volta che ti supplicava con gli occhi e con le mani per un momento in più, una carezza, un sorriso.

Se non avessi conosciuto tanta sofferenza, se Alvise non fosse stato l'uomo che è, se Fabrizio non ti avesse buttato in faccia i tuoi errori, te ne saresti mai accorta?

Lasci cadere le braccia lungo i fianchi, stremata.

Posi gli occhi sulla sua figura: in piedi, al centro della stanza. Ti aspetta.

Aspetta te e la tua decisione, pronto ad andarsene in caso di rifiuto.

Ti soffermi su tutte le cose che ami di lui e che ti sono mancate negli anni: i suoi occhi, così limpidi e adesso cerchiati; le sue mani, grandi e premurose, sempre calde; il punto in cui la guancia lascia posto alla mascella più squadrata, e le labbra sottili, capaci di farti ridere o piangere con una sola parola, bacio o sospiro.

Potresti stare giorni ad elencare le cose che ami di lui.

"Antonio." Sussurri, e senti un sorriso nascerti sulle labbra. Quasi ti eri dimenticata come si fa.

In un attimo è al tuo fianco e non esiti un secondo ad abbracciarlo, colmare la distanza tra i vostri corpi per stringerlo a te e sentirti stretta fin quasi a mancare il respiro.

Senti che dice il tuo nome nell'incavo del tuo collo, e ti sembra così dolce quella litania sulla sua bocca, sulla tua pelle.

Ti allontani lentamente, cercando il suo sguardo per trovarlo già nel tuo.

Le sue mani scivolano sulle tue braccia, ma si fermano ai gomiti. Come se non riuscisse a staccarsi da te, come se anche lui dovesse accertarsi che sei vera, concreta, reale.

Senti che dovresti riempire quel vuoto, ma le parole ti sfuggono e ti limiti a guardarlo.

Poi sei felice di non aver rotto quel silenzio perché qualunque cosa avreste iniziato, discorso o effusione, sarebbe stata interrotta dal bussare frenetico alla porta e la conseguente entrata di Bianca nella stanza.



 
   
 
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