81
Piani
Lo
sguardo di Nasfer era basso. Seduto su una sedia, fissava il camino
acceso. Suo
padre Keros era in piedi, con le mani dietro la schiena e gli occhi che
brillavano
alla luce delle fiamme. Entrambi in silenzio, non si guardavano.
“Verrò
punito?” esordì, d’un tratto, Nasfer.
“Dovresti”
sospirò Keros “Ma no. Non questa volta. Voglio
solo assicurarmi che tu abbia
ben chiaro alcuni rischi che corri”.
“Ma
certo, è tutto ben chiaro. Fammi la predica e lasciami
tornare alle mie faccende.
Il mio maestro mi aspetta…”.
“Predica?
Sei forse un bambino?”.
“No,
ma non credo tu voglia fare altro. Giusto? Vorrai spiegarmi i pericoli
che
corro per colpa degli angeli, il rischio che lei cada per colpa della
mia
vicinanza e cose simili”.
“Vorrei.
Ma tanto non ascolteresti. Dico bene?”.
Nasfer
alzò gli occhi, perplesso. Keros si era avvicinato al fuoco
e ci stava
giocherellando con una mano, che si riempì di disegni blu.
“Non
dovrei vederla più secondo te, vero?”
domandò il giovane, scostandosi i capelli
dal viso.
“Sinceramente?
Ho paura. Paura di scoprire come potrebbero reagire gli angeli e paura
di quel
che potrebbe succede ad entrambi. Io ho rischiato la vita per una
collana,
capisci? Per una stupida collana, Mihael mi ha quasi ucciso. E forse mi
avrebbe
ucciso davvero, se non fossi riuscire a fuggire…”.
“È
per questo che hai rinunciato ad essere te stesso?”.
“Di
che parli?”.
“Le
ali. Io me le ricordo le tue ali. Le mostravi sempre, una volta. Ora
non più. È
come se volessi celare in tutti i modi il tuo lato angelico.
Perché?”.
“Perché
ho compiuto la mia scelta. Vivo all’Inferno e
all’Inferno vivono i demoni. Inoltre
sono il maestro del principe ereditario e devo dimostrare di esserne
degno, di
essere il migliore. A volte non è facile ma, credimi, mi ha
semplificato l’esistenza.
Dopo la scorsa guerra, più nessuno si è rivolto a
me come il figlio dell’angelo.
Io sono un demone, sono in guerra contro gli angeli”.
“Ma…
non sembrava fosse quello ciò che volevi insegnarmi quando
ero più piccolo”.
“Speravo
davvero che si potesse creare una realtà diversa, in cui gli
scontri non
fossero necessari. Ma sognavo. Erano le illusioni di un giovane
testardo e non
l’ho capito fino a quando non mi sono trovato ad un passo
dalla fine. Non voglio
che ti capiti lo stesso”.
“Suppongo
che mi sarà vietato attraversare di nuovo il
portale…”.
“No.
Quello varrà per Espero, che è molto
più a rischio di te. Io a te non vieto
nulla, consapevole del fatto che tanto faresti tutto di testa tua. Ti
consiglio
però caldamente di riflettere. Gli Inferi non sono il posto
di Sophia e se
dovesse cadere non so quanto tempo potrebbe sopravvivervi. È
un’anima pura,
potrebbe perfino accettare di divenire un demone pur di seguirti. Ma ne
soffrirebbe terribilmente”.
“E
tu cosa ne sai? Magari qui potrebbe essere felice! In molti sono caduti
e ora
sono felici”.
“E
quanti lo sono e ancora soffrono? Sophia l’ho affidata io al
Cielo, ricordi? Qui
non sarebbe sopravvissuta. Se ci fosse stata anche solo una
possibilità, credi che
l’avrei separata da me e dal resto della famiglia? Tu sei un
demone puro, sei
abituato all’afflizione di questo luogo. Sei abituato alle
urla delle anime, al
dolore, alle guerre… ci sei nato nel mezzo, sei parte di
esso. Ma lei non è
come te. Lei prova pietà, empatia, compassione…
Lei è nata per stare nella
luce, non per versare lacrime nelle tenere. E se tu le vuoi bene, o
addirittura
la ami, dovresti evitarle certe esperienze”.
Nasfer
non rispose. Agitò la coda, leggermente nervoso.
“Il
tuo maestro ti aspetta” lo congedò Keros
“Cerca di ricordare quel che ti ho
detto…”.
“Dove
sei stata?” domandò Gabriel.
Sophia
sobbalzò, convinta che nessuno l’avesse notata.
“A
fare un giro” rispose, rimanendo sul vago.
“Guardo
che so dove vai. E con chi” parlò piano
l’Arcangelo.
“Ah
sì?” mugugnò lei, arrossendo
leggermente.
“Siediti
accanto a me” la invitò Gabriel.
La
ragazza obbedì, accomodandosi accanto
all’Arcangelo. Gabriel stava dietro ad
una scrivania bianca e scriveva, con calma e precisione, su un grosso
libro d’oro.
Poggiò la piuma con cui stava lavorando e guardò
Sophia.
“Io
so quasi sempre quel che accade nel Mondo” iniziò
lui “Perciò è da un po’ che
so con chi ti vedi. È tenero vedevi assieme, voi due
fratelli, tuttavia temo
che non tutti la penserebbero come me”.
“Chi
altro lo sa?”.
“Nessuno,
credo. Di sicuro non Mihael, o avrebbe dato i numeri”.
“Però…
non facciamo nulla di male. Intendo… siamo fratelli,
passiamo solo del tempo
assieme come tali. Ci raccontiamo delle cose, ci facciamo
compagnia…”.
“Lo
so. Ma è un demone”.
“È
mio fratello. Non mi importa se è un demone”.
“Non
importa a te, ma purtroppo ci sono delle regole da
rispettare”.
Sophia
chinò il capo e Gabriel percepì la sua delusione.
“I
demoni non cambiano” riprese l’Arcangelo
“Non potrai mai farlo diventare come
te. E dubito tu voglia la dannazione eterna…”.
“No,
ma…”.
“Allora
non credo tu possa avere ulteriori dubbi al riguardo”.
“Mio
padre non è del tutto un demone. Forse anche Nasfer non lo
è!”.
“Tuo
padre ormai da un pezzo non cammina per il mondo al di fuori
dell’Inferno, se
non per rapidi momenti”.
“Perché
sta addestrando Espero, il figlio di Lucifero”.
“Altra
cosa che non va bene. Proprio per niente!”.
“Perché?”.
“Sei
piccola per capirlo. E non te lo spiegherò. Ma sappi che
c’è una guerra fra
angeli e demoni e tu non dovresti prenderne parte in questo
modo”.
“Io
non intendo proprio prendervi parte!”.
“E
allora stai lontano da quel demone. Ti trascinerà in
situazioni che non vuoi”.
“Non
lo ha fatto fin ora, perché dovrebbe iniziare proprio
adesso?”.
“Perché
siete adulti ormai. Avete mille anni e la sua natura è
diversa dalla tua. Non hai
idea di quello che è in grado di fare”.
“O
forse sei tu che non sai come in realtà possa
essere”.
Sophia
si alzò. Si congedò educatamente, pur essendo
piuttosto arrabbiata, e si ritirò
nelle sue stanze. Non riusciva proprio a vedere in Nasfer un demone
malvagio!
Lucifero
non era dello stesso parere di Keros. Dopo un lungo e severo rimprovero
al
figlio, ordinò che la stanza con i portali venisse
sorvegliata giorno e notte,
per evitare che ad Espero venissero strane idee. Nasfer capì
subito che, per
recarsi nel mondo umano, avrebbe dovuto aprirsi un portale da solo, da
qualche
parte. Notò le guardie e continuò a camminare,
andando oltre. Espero sedeva in
fondo alle scale, con aria avvilita. Si reggeva le mani con la testa,
mugugnando.
“Non
guardarmi così” sbottò il principino,
quando Nasfer si fermò ad osservarlo.
“Come
ti starei guardando, scusa?”.
Il
ragazzino girò la testa, tirando su col naso, dando le
spalle al figlio di
Keros.
“Ti
sei preso una bella sgridata, vero?” ipotizzò
Nasfer.
“Sì…”.
“Ti
sta bene. Non avresti dovuto seguirmi”.
“Non
sono affari tuoi!”.
“Certo
che lo sono! Per colpa tua, ora mi tocca aprire un portale di nascosto
per
andare nel mondo umano! Per colpa tua, la stanza dei portali
è sorvegliata e
non la si può usare senza permesso!”.
“E
ovviamente mio padre non ti darà mai il permesso di
gironzolare fra i mortali
per sbaciucchiarti una piumina angelica!”.
“Bada
a come parli!”.
“Posso
batterti ad occhi chiusi! Ma, se ci provo, subito arriva qualcuno a
dividerci!”.
“A
difendere te. Il prezioso moccioso del re”.
“Ti
rode che ti abbia spodestato, vero? Prima di me, eri in linea diretta
di
successione”.
“Ma
cosa vuoi che mi interessi…”.
“Scommetto
che non hai il coraggio di affrontarmi. Hai paura, vero?”.
“Facciamo
una cosa…” propose Nasfer, chinandosi ed
abbassando la voce “…questa notte,
vieni nella mia stanza. Quando tutti dormono, mio padre compreso, vieni
da me. Ti
porto nel mondo umano, lì nessuno ci
disturberà”.
“Dici
davvero?”.
“Sì,
ma vedi di non farti beccare. Una volta lì, ti
darò tante di quelle botte da
costringerti a tornare a casa di corsa dalla mammina”.
“E
se invece vinco io?”.
“Facciamo
così: se vinci tu, mi offrirò personalmente di
portarti ogni volta che vorrai
dai mortali. Ovviamente di nascosto. Se vinco io invece voglio che
chiudi
quella boccaccia irriverente. Voglio che impari
cos’è il rispetto e voglio che
tu chieda a tuo padre di cambiare maestro”.
“Cambiare
maestro? Ma perché?”.
“Perché
mio padre è intrappolato all’Inferno per
addestrare te. Rivoglio il mio papà,
quello che mi sorrideva e mi accompagnava a cacciare umani. Rivoglio
Keros, il
mezzodemone libero di agire come meglio crede, senza dover sempre
dimostrare di
essere adatto ad insegnare all’erede al trono”.
“Oh…
ok. Mi piace come idea. Affare fatto!”.
Espero
ghignò, stringendo la mano a Nasfer.
“A
questa notte!”.
Il
voler “parlare urgentemente” di Gabriel non era mai
un buon segno. Mihael lo
sapeva ed attese con una certa apprensione l’arrivo del
fratello. Sedeva impaziente
nella propria abitazione, attento ad ogni rumore. Finalmente dei passi
raggiunsero l’uscio e Gabriel entrò. Subito chiuse
la porta dietro di sé e scostò
le tende, mentre Mihael si alzava e lo fissava perplesso.
“Ma
che succede?” si allarmò il guerriero
“Qualcosa non va?”.
“Ho
saputo delle cose. Ma vorrei prima discuterne con te”
parlò piano Gabriel “Siediti,
per cortesia”.
“Mi
stai spaventando…”.
“Siediti!”.
Mihael
obbedì, sempre più perplesso. Gabriel prese a sua
volta una sedia e si accomodò
di fronte al fratello.
“Ho
saputo…” iniziò l’ospite
“…che Keros si occupa dell’addestramento
del figlio di…
tu sai chi”.
“Giravano
voci a riguardo da tempo” annuì Mihael.
“Ma
queste non sono voci. Lo so per certo”.
“Hai
una fonte attendibile?”.
“Sì.
Keros sta addestrando il figlio del re dell’Inferno. E questo
sai che vuol
dire. Gli sta insegnando come reagire dinnanzi a tecniche angeliche. Ci
mette
in svantaggio contro l’Anticristo”.
“Cerchiamo
di calmarci. Il figlio di Lucifero è ancora
piccolo”.
“Ha
ancora molto da imparare, di sicuro. Ma forse dovremmo fare
qualcosa…”.
“E
che dovremmo fare?”.
Gabriel
sospirò.
“Ora
ascoltami. Hai mai pensato a quel che succederà…
dopo?”.
“Dopo
quando?”.
“Dopo
la fine. Quando ci sarà la battaglia finale. Lo sai che poi
le porte di
Paradiso e Inferno verranno chiuse”.
“Certo
che lo so”.
“E
questo significa che Keros sarà bloccato per sempre agli
Inferi. Non lo vedrai
più…”.
“So
anche questo, Gabriel”.
“E
ti sta bene?”.
“Certo
che no. Ma che posso farci? Keros ha scelto di essere un
demone”.
“E
se… ci fosse un modo?”.
“Quale
sarebbe?”.
Gabriel
attese qualche istante, insicuro se continuare oppure no.
“Dato
che sta addestrando il figlio del Diavolo…”
riprese poi l’Arcangelo “…sarebbe
facile convincere più di qualcuno che sia necessario
fermarlo. E, dato che è in
parte angelo, possiamo richiedere che venga imprigionato qui”.
“Imprigionato?
Sei impazzito?”.
“Lascia
che ti spieghi! Se lo imprigioniamo, lui non potrà insegnare
altre tecniche angeliche
all’erede del sovrano infernale e, una volta che la guerra
sarà finita, potrà
stare in Cielo. Per sempre! Non sarebbe una bella idea?”.
“Imprigionare
mio figlio? Una bella idea?”.
“Per
salvarlo dalle fiamme eterne!”.
“Obbligandolo
a restare in Paradiso!”.
“Credi
preferisca restare all’Inferno per
l’eternità?!”.
“No.
Cioè… non ne ho idea, sinceramente. Ma ora non me
la sento di fare qualcosa. Non
sappiamo nemmeno quando ci sarà la guerra finale! E
l’addestramento sarà solo
all’inizio”.
“Diciamo
che interverremo se notiamo che l’addestramento è
molto avanzato? O se la
guerra è imminente?”.
“Ecco…
detta così già mi suona meglio. Interverremo se
le conoscenze dell’erede
dovessero mostrarsi molto pericolose per il Cielo o se la guerra finale
risulterà alle porte. Dovessi vedere che il figlio di
Lucifero sta imparando a
sconfiggerci grazie a Keros, sarò io il primo a fermarlo. In
qualunque modo”.