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Autore: ClodiaSpirit_    06/12/2019    2 recensioni
- Si alzò in piedi, insieme all’onda del pubblico coinvolto dall’esibizione, applaudendo.                                                                                                                                     
[...]  Nonostante quello sguardo fosse lontano, Alec poté indovinare che erano diversi rispetto a quelli che aveva visto tante volte. -
Alec è un ragazzo intelligente, giovane, eppure gli manca qualcosa di fondamentale: vivere.
Ma cosa succede quando Alec comincia a fuggire e a rintanarsi a Panshanger Park, durante uno spettacolo dato dal circo? E soprattutto, chi è l'acrobata che si cela e cerca dietro tutti quei volti?
Cosa succede quando due mondi opposti ma simili per esperienze di vita si incontrano?
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Isabelle Lightwood, Magnus Bane
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Clodia's: Chiedo venia sulla lunga attesa, ma ho avuto un laboratorio teatrale in sede universitaria che mi ha preso una settimana piena. Sono rimasta due settimane in terra palermitana, ma ho pianto, ho sentito e soprattutto adesso, è difficile staccarsi dall'esperienza meravigliosa vissuta.
Spero possiate perdonarmi, ecco a voi uno dei piccoli pezzi prima della fine.
A voi.






« Dovremo aspettare »
I suoi capelli dentro l'asciugamano vennero scossi, mentre Alec annuì, mentre mordicchiava una mela.
« E non so se sono più in ansia per quello, » sospirò mentre una goccia scendeva lungo l'apertura del lavandino « o per quello che accadrà dopo » concluse.
I suoi occhi vagarono in cerca della spazzola da viaggio, posata in malo modo sul piccolo sgabello affianco alla porta del bagno. Alec fissò il piccolo frutto tra le sue mani, uno strato giallo lo ammaccava, la nel punto dove era stato morso.
« Quello che farei io, » abbozzò Alec, il suo corpo seduto sul letto, il maglione che gli copriva fino al collo « è pensare solo al presente. Ad adesso. »
Magnus lasciò andare un piccolo respiro, mentre cominciava a pettinarsi guardandosi n piccolo specchio.
« In questo momento mi sembra impossibile, » continuò, la voce mutata in lamento, trovò un piccolo nodo e lo sciolse dopo una mossa piena di energia « non ho certezze, » chiuse gli occhi, sentendo la spazzola che veniva meno alla presa, serrò gli occhi in uno stato di frustazione « inoltre dopo che Candace ha deciso di andarsene... » l'amica aveva trovato un posto dove stare, al sicuro, raccomantadogli da Caroline, la custode stessa « sento che debba essere solo un mio peso »
« Perchè lo pensi? » si rabbuiò Alec.
« Perchè, sono stato io a cacciarla in tutto questo e sono stato io che le ho consigliato di allontanarsene. Come è giusto che fosse. Sono il suo amico, forse lo è più lei per me che io per lei. O forse entrambi. Lo sento come mio. Perchè è da una vita che mi sembra di essere bloccato e invece , dall'inzio, è solo passata appena una settimana » sputò tutto fuori come se lo tenesse segregato a chiave dentro, da giorni.
« Ehi, » sentì una mano dietro accarezzargli la spalla, il viso che si risollevava sullo specchio e il viso di Alec che si materializzava dentro « respira. Non è tua responsabilità ciò che è successo a Candice, non potevamo fare niente, » la sua mano scorreva delicatamente, mentre Magnus portava la sua a coprirla.
« È ora che tu la smetta di darti la colpa. Il fatto che tu ti senta fermo adesso, non vuol dire che durerà in eterno. Anche perchè, non sarebbe da te » i suoi occhi lo guardarono dallo specchio in modo deciso, Magnus abbozzò un sorriso breve « Se sarà lì, su per le corde che vorrai tornare, lo farai. Dobbiamo solo essere pazienti, arriveranno notizie e quando le avremo, » gli stampò un bacio sulla guancia, mentre l'altro scioglieva la sua tensione « decideremo il da farsi »
Magnus, lì, con l'asciugamano di lato, i capelli bagnati, sembrava essere appena uscito da un incubo, ma in realtà era solo l'evidenza dei fatti, di come stavano le cose. Era una domenica e solo lui sapeva come le aveva trascorse fino a quel giorno. L'immagine sullo specchio era più chiara che mai.
« In verità, una certezza la ho » Magnus si ritrovò a vedere l'uomo allo specchio sorridere incosapevolmente, mentre si voltava verso l'altra figura disegnata dietro « Si chiama Alexander »



« Ha smesso di piovere?»
« Sì, almeno per ora »
Alec si avvicinò allo zaino posto sul davanzale, mentre Magnus sembrò stranirsi.
« Che succede? Dobbiamo andare da qualche parte? » arricciò il naso indicando l'oggetto che ora Alec teneva in mano.
« Ho pensato che fosse carino distrarti un po', sai » scrollò le spalle. Magnus boccheggiò qualcosa e si guardò velocemente. Era in tenuta da casa: una tuta e una larga felpa abbandonata sul suo corpo facevano una perfetta combinazione per poltrire al letto tutto il giorno. « Dove andiamo? »
« Oh, in giro »
« Non posso uscire così! » portò le braccia a sbattare lungo i fianchi « Vado a cambiarmi » sentenziò, infilandosi in bagno.
Alec ridacchiò, infilando le chiavi della stanza, il portafogli, l'ombrello dentro, nel caso fosse stato necessario. Digitò qualcosa al cellulare e la risposta arrivò subito:


È già qua sotto.
Alec, che devo dire al signore dell'affittario?


Il ragazzo rispose subito e cambiando cartella, digitò un nome dalla rubrica e poi, il tasto della chiamata.
« Alec..? » la voce di Helen risuonò nelle sue orecchie. Sorrise contro il telefono, come se qualcosa lo avesse subito portato a un bel ricordo.
« Mamma sì, sono io » Dopo le parole che lui e Isabelle si erano scambiati pochi giorni fa, aveva capito di dover trovare il modo e il tempo per prepararsi a parlale. L'unica cosa che forse non voleva era farlo in quel modo, con la distanza come ostacolo.
« Tesoro... come stai? Tutto bene? Scusa, » sentì la voce di sua madre tremare e si sentì subito colpevole « è solo che non mi aspettavo chiamassi.. »
« Mamma, scusami. Se non mi sono fatto sentire prima... io » si gratti la testa, il petto si gonfiò e ne uscì fuori quello che avrebbe dovuto dire già da tempo « Noi, » si corresse « siamo stati piuttosto impegnati, è successo di tutto e non volevo farti preoccupare, ma mi rendo conto di averlo fatto in ogni caso. »
« Alec, sono tua madre. È naturale che io mi preoccupi, ringrazia che tua sorella mi abbia detto qualcosa, altrimenti ti sarei venuto a cercare personalmente »
Helen sembrava in fase di rimprovero, ma si addolcì subito appena continuò « Quel noi, credo sia la motivazione della lettera e perchè ti trovi in quella pensione, immagino » la sua voce fu come una coccola, alla quale Alec non sapeva se nascondere il viso o semplicemente far sì che quel sorriso si allargasse ancora di più.
« Sì, lo è » confermò.
« Hai sempre avuto questo spirito generoso, Alec. Certo, negli anni si era un po' spento... ma » sua madre sapeva che punti toccare, perchè il ragazzo si fece di nuovo serio, ripensando a ciò che aveva passato lei, a ciò che aveva passato la sua famiglia mentre cresceva « è ritornato. Sono sicura che sia per una buona ragione, non è vero? »
« Non sarei qui se non lo fosse » deglutì, impaziente mentre contava i secondi in cui la porta del bagno nella sua visuale rimaneva chiusa « Mi dispiace che tu debba affrontare tutto questo da sola, vorrei essere lì con te »
« Alec, ma io sto bene. Certo, la casa è vuota alcune volte, » sentì Helen sospirare stancamente per poi riprendere un tono pieno di energia « ma sto meglio. Va meglio di giorno in giorno »
Alec annuì, mentre si immaginava sua madre mentre annaffiava le piante o ritornava a cucinare o andava in giro nel vicinato.« Tua sorella mi è stata vicino. Ed era come se ci fossi anche tu con lei in qualche modo. Solo che mi sei mancato comunque »
« Appena si risolverà questa situazione, non dovrebbe volerci ancora molto, ritornerò a casa, » annunciò, le dita che giocavano con un piccolo posacenere a forma di animale « e se tu vorrai, te lo presenterò. Anche se non so quanto... insomma, se potrà piacerti »
Ci fu silenzio dall'altra linea del telefono e Alec giurò di sentire unicamente il battito del suo cuore e qualcosa che veniva mossa all'interno del bagno. « Alec, lo sai che non ci sarebbe alcun problema al riguardo »
« Sei sicura? » rispose con una punta di insicurezza, come se sua madre si fosse materializzata lì in quella stanza a incombere nelle sue decisioni di vita.
« Sì, non sto scherzando. Non sono nata nel medioevo, per chi mi prendi? » lo prese in giro.
Alec respirò sollevato, mentre la maniglia del bagno si muoveva. Si sbrigò. « Perfetto, ti scriverò. Non potrò chiamare sempre, ma ti lascerò un messaggio ogni sera. Spero che vada bene lo stesso » fu apprensivo, mentre la figura di Magnus si affacciava. « Okay, molto meglio. Però Alec, sta attento. »
« Lo sarò. Ti voglio bene, mamma »
« Te ne voglio anch'io tesoro, scrivi! »
E così dicendo, bastò solo un nano secondo a Magnus per capire con chi stesse parlando. Recuperò e mise subito da parte il pensiero triste che gli frullava in testa in quel momento e si mosse pianon, il piccolo foulard lo seguì svolazzando con grazia. Alec si rimise il cellulare in tasca e dopo aver aggiunto qualche altra cosa al suo zaino, se lo portò in spalla. « Siamo pronti? »
Magnus annuì, non prima di depositargli un bacio a stampo. « Sì, andiamo »



Il viaggio in macchina era appena cominciato e i primi panorami si avvistavano dal finestrino. Pezzi di terreni, case, scorrevano a velocità media.
« Si può sapere dove stiamo andando? »
Magnus incrociò le braccia al petto curioso, mentre Alec era al volante, un espressione nascosta per metà per l'attenzione rivolta alla strada. « Non c'è fretta, è una sorpresa » sorrise furbo.
Magnus si morse le labbra in tutta risposta e osservò un albero dalla forma stranamente ricurva che gli diede come l'impressione di piegarsi al loro passaggio.
« È già stata una sorpresa per me che sapessi guidare, » evidenziò « non so per l'affitto, ma è stata comunque una novità »
Alec gli rivolse una piccola occhiata di sfuggita, le mani si spostarono a palmi aperti sul volante.
« In realtà non lo facevo da almeno un anno, sai, da quando i miei... sono venuti ai ferri corti, » sospirò « non servivo io per fare le spese quando c'era mia madre che si ostinava, non faceva altro che riempire le mura con i litigi. Ho preso la patente per spostarmi all'università »
Magnus annuì, immaginando anche solo quando avrebbe potuto essere nuova per lui quella cosa. Aveva portato una bici, ma niente che avesse più di quelle due ruote. « A che pensi? » venne disturbato dai suoi pensieri.
« Al fatto che io non abbia mai avuto modo di imparare a guidarne una » ridacchiò.
Alec scrollò le spalle, il viso acceso come una lampadina. « Potrei insegnarti »
Con aria di sorpresa, l'attaccatura delle sopracciglia divento quasi un tutt'uno con la sua fronte. « Stai scherzando? »
« No, in realtà sono serio » una delle sue mani si sganciò dal cambio marcia solo per raggiungere quella dell'altro.
« Hai davvero tutta questa pazienza? » lo stuzzicò.
« Non meno di quanto ne abbia tu, Magnus » rispose secco.
Magnus si posizionò meglio nel suo sedile, mentre Alec cambiava ancora la marcia, fermandosi a uno stop.
« Beh, allora te lo lascerò fare, » disse convinto, la sua lingua si inumidì il labbro inferiore « a patto che tu mi dica dove siamo diretti, di grazia » mise enfasi sull'ultima parola.
« Bel tentativo, ma credo lo farò lo stesso, » lo canzonò « senza dirti dove ti sto portando »
« Ah! Allora hai un piano » si esaltò sul sedile, mentre cercava di capire cosa intendesse dire con quello.
« Un piano? Cosa sono, un cattivo dei fumetti? » il suo volto si trasformò in una smorfia, la fronte agrottata.
« No, sei più il bello e tenebroso, ma comunque da cui guardarsi le spalle » Alec scoppiò a ridere, svoltò alla curva e un piccolo cartello al suo lato sinistro, annunciava il nome della città. Si voltò giusto in tempo per oscurarne la vista a Magnus. « Siamo quasi arrivati »
« Era ora, » sbuffò Magnus, quell'orecchino che portava all'orecchio scintillò mentre si voltava, il maglione color sabbia gli metteva in risalto la pelle « non riesco più a farti fallire. E non è da me, mi disorienti Alexander »
« Ed è un bene o un male? »
Magnus sembrò pensarci su, sospirò e subito strizzò l'occhio.
« Entrambe »




Appena la macchina fu parcheggiata, Magnus si affrettò ad uscire, mente il corpo si metteva in moto, la vista si arrestò subito. Un grande vialetto che interrompeva la strada, presentava una struttura in muratura a due piani, dietro cui correva un giardino con qualche albero, aiula appena potata e panchina intorno. L'aspetto era quello di una casa di riposo, ma molto più accogliente, dato il colore bianco di ogni infisso delle finestre e la porta a vetri d'accesso cui si rifletteva il pochissimo sole. Non seppe cosa dire quando lesse il cartello che annunciava il nome della struttura, affisso a qualche metro da lui. "Ospizio Winghtom Holl" Chiuse gli occhi e qualcosa di simile alla felicità liquida, che scorreva lungo tutti i suoi muscoli, lo invase completamente. « Alexander » mormorò voltandosi piano. L'incontro che ne ebbe, fu quello del ragazzo che chiudeva la macchina e si avvicinava di conseguenza. Piccole pozze agli angoli degli occhi, quasi come rugiada ma più dense, si fecero presenti. Magnus era sul punto di piangere. « Questo è... » sorrise, sentendosi pungere gli occhi « sei incredibile » concluse, non sapendo cos'altro dire. Si avvicinò di poco, dato che adesso erano alla stessa distanza l'uno dall'altro e lo baciò. Le braccia si strinsero intorno al suo collo, tirandolo leggermente, mentre riaffiorava il sorriso di poco prima. Avrebbe rivisto Jian. E si diede dello stupido per non averlo capito prima, per non aver capito che Alec avrebbe voluto portarlo lì. Appena si staccò, ebbe la sensazione di essere più leggero, come se stesse sulle punte, invece che sulle intere piante dei piedi. « Entriamo? » Magnus lo prese per mano, la sensazione di una piuma ancora presente, annuì. Entrarono dentro. Ad attenderli, una sala con delle sedie e divani agli angoli. Lo spazio era concentrato e apriva a una serie di addetti e di persone anziane o di un'età più avanzata impegnata in diverse attività. Chi giocava a scacchi, perché altri doveva essere l'ora di pranzo, altri invece venivano accompagnati chissà dove dal personale. Magnus si diresse alla recepiton, se così poteva essere definito un centro di informazioni di una casa di riposo. La signora che gli rispose fu molto cortese, mentre gli indicava il numero di stanza di sua madre. Si congedò da lui non appena adocchiò un signore fare qualcosa che andava contro le regole. « Agitato? » chiese Alec. Camminavano lungo il corridoio con un pavimento in legno e i muri di un colore che dava sul beige. « No, sono... solo felice. Non la vedo da tanto e devo essere sincero, » sospirò « non credevo che la avrei rivista così presto » Alec strinse la presa e si avviarono verso la stanza 110.





Le pareti in legno bianco della camera facevano risultare la luce nella stanza ancora più chiara, come se tutto fosse estremamente ovattato e candido. Ogni cosa era al suo posto, le due piccole foto vicino al capezzale, la coperta che copriva i piedi della piccola donna a letto. « Jian, hai visite » abbozzò la voce di un infermiere. La donna si alzò sui gomiti, lo sguardo camuffato in un punto interrogativo. L'infermiere si rivolse di spalle verso i due che entrarono, lasciando la donna impossibilitata a capire chi fossero. Appena l'addetto si mosse, la figura di un uomo dal sorriso dolce e dallo sguardo tanto intenso, quanto indelebile, la fecero quasi balbettare. « Magnus? » Jian si sollevò ancora un po', mentre gli occhi le si riempivano di acqua. Magnus corse subito vicino al letto, mentre si sporgeva per tenere saldamente sua madre, dentro le sue braccia. « Tesoro mio » disse questa volta, nella sua lingua, nella loro « Sei davvero tu » sospirò, la voce colma di tante cose non dette. « Mamma, mi sei mancata tanto » mormorò, il suo viso che odorava quel profumo lieve, delicato, e gli occhi che guardavano quei capelli lunghi e neri, lungo le spalle. Jian osservò meglio suo figlio, mentre questo le sedeva accanto in una delle piccole sedie disposte affianco al letto. Notò i suoi piccoli occhi, come i suoi, due gusci ben definiti, le labbra, le piccole pieghe che queste formavano. Poco dopo, con fare quasi incerto, anche Alec li raggiunse. Restò in piedi, non volendo rovinare quel momento che si era appena creato. Lo sguardo di Jian non potè che posarsi su di lui questa volta. Alec osservò come lei e Magnus si somigliassero, condividevano lo stesso sguardo, gli stessi tratti, ad eccezione del naso, più allargato per Magnus verso la fine. Le labbra di Jian inoltre erano più carnose mentre il colore degli occhi era lo stesso per madre e figlio. La donna portava un taglio lungo, una frangetta le copriva la fronte e i capelli, erano neri strati a tratti dal grigio sulle punte. Sembrava una saggia, illuminata com'era dalla luce del giorno che veniva dalla finestra sopra la sua testa. « Mamma, lui è... Alec » la informò, allontando qualche altra possibile domanda in merito. La donna annuì, mentre i suoi occhi si posavano ancora « È.. è parte del perchè ci ho messo tanto per venire qui, a rivederti » confessò in breve. Jian ritornò al figlio, mentre la sua mano cercava la sua. Più pallida e molto più affusolata, quella si posò automaticamente. « Magnus, spero ci sia una buona ragione per cui non ti ho più sentito, dopo gli ultimi dieci giorni » rispose calma, meditando le sue stesse parole. « C'è. E credimi, « se fosse così brutta non sarei qui oggi per raccontarla » restò sul vago, mentre si portava la mano della madre sul viso. La donna sembrò cascare per quel gesto, ma studiò bene l'espressione del ragazzo al suo fianco. Alec si era tradito in una smorfia benchè lontana dalla rassicurazione. « Ho sentio di un capo circo ricercato, al telegiornale, inutile dire che io ti abbia pensato » Jian rimase in sospeso, il viso che si increspò leggermente. Magnus guardò le vene che le solcavano la mano liscia ed elgante. « Che devi dirmi, Magnus? » rincalzò Jian, adocchiando come Alec adesso, aveva abbassato lo sguardo. Magnus boccheggiò, cercando di rispondere in maniera più tranquilla possibile. « Mamma, voglio che tu non te la prenda con Alec, lui è stato tutto tranne che un problema, » chiarì, gli occhi che si posavano velocemente sull'altro « non c'è affermazione più lontana di questa » Il ragazzo alto poggiò una mano sulla spalla di Magnus e intimandogli quel poco di supporto, annuì piano a Jian. « C'è qualcosa che devi dirmi, Magnus? » la donna sembrava così calma, ma il suo tono tradiva molto la sua espressione facciale. « Vi lascio da soli » uscì piano dalla stanza, mentre lo sguardo di Magnus lo seguì finchè non fu più visibile fuori dalla porta.





Due pozze scure erano contornate da un nocciola chiaro, mentre le sue mani si aggrappavano alle spalle del figlio. Magnus sentì il petto spaccarsi, ad ogni tremore di sua madre contro la sua spalla.
« Perchè non dirmelo prima, » le mani che gli circondavano ora il viso, mentre i suli occhi si spostavano in ogni punto del suo corpo « perchè, Magnus? »
Il ragazzo sospirò, mentre la sua fronte si poggiava contro quella di Jian, visibilmente scioccata.
« Sapevo che dicendolo ti avrei fatta stare male, forse anche peggio di così » le fece notare, la gola secca mentre cercava di rimanere un soldato. Le accarezzò i capelli con la mano destra. « Ho preferito che passasse tutto, » le stampò un bacio « passerà tutto, mamma. Non sono stato solo in tutto questo »
Asciugò piano una delle sue guance bagnate, mentre Jian si riprendeva non con poca difficoltà.
« Quel ragazzo, Alec? »
E fu come se Magnus si fosse tuffato in un'altra fossa - come se ne uscisse di nuovo per la prima volta, anche se non lo era.
Annuì.
« Mi è stato vicino, in qualsiasi modo possibile, ci siamo trovati, » si morse le labbra e sorrise leggermente « è stato lui a tirarmene fuori. Se solo lo conoscessi, capiresti a cosa mi riferisco » confessò.
Gli occhi di Jian parvero illuminarsi a quella dichiarazione, il viso di suo figlio come colorato di un'aurea intensa e impossibile da nascondere. Aveva notato come aveva lanciato uno sguardo oltre la porta, una volta che quello se ne era andato. Jian sorrise, mentre si strofinava le restanti goccioline dalla pelle.
« Sei stato un incosciente, » lo rimproverò « avrebbe potuto farti di tutto, non voglio nemmeno pensare a cosa sarebbe potuto accadere se avessi aspettato ancora » era leggermente amareggiata, ma il suo tono si velò di tenerezza. La sua mano coprì quelle del figlio, appoggiate ora sul lenzuolo del letto dell'ospizio.
« Sono qui, è andato tutto bene. So cosa ho rischiato, non passa giorno che non lo ricordi »
« E sono sicura che ci sei arrivato anche perchè sei stato aiutato. Ti conosco, so di che stoffa è fatto mio figlio, ma l'ultima volta non eri stato tanto fortunato con certi incontri » ridacchiò.
Magnus alzò gli occhi al cielo, ma la seguì nelle risa. « Mamma, sono passati due anni »
« Ma ci sei rimasto comunque male » constatò premurosa.
« Questa volta è diverso »
Jian guardò come la sua decisione fosse evidente, avrebbe potuto continuare a punzecchiarlo quanto voleva, ma non avrebbe mai tradito la verità del suo tono, del suo sguardo. Quello che conosceva dal momento in cui era diventato consapevole delle sue azioni, di ciò che voleva fare, di chi voleva amare. « Hai deciso di seguire questo percorso e non te ne ho mai fatto un problema, » soffiò Jian calma e metodica « anche se dovessi ricominciare daccapo, ricordati sempre di non tradire te stesso, Magnus. Sei troppo intelligente per fare una cosa del genere.»
« Dio, se mi sei mancata » le sorrise, questa volta riportando lui tracce visibili di commozione. « Tu mi sei mancato di più. Ogni tanto tuo padre mi trova in sogno e gli racconto qualcosa. »
Magnus si sorprese, teneramente rispose. « Che cosa gli racconti? »
« Di me, di noi, di come tu sia cresciuto »
« A me non viene mai a trovare quando dorme, ma lo penso spesso, » ammise, il capo che si abbassava « soprattutto quando mi mostrava come pescare » azzardò.
« Non eri per niente bravo »
« Non mi era mai piaciuto farlo, ma lo rendeva felice » commentò sincero.
Ricordando suo padre, provò quasi tristezza nel riconoscere che la sua immagine gli piombava davanti solo quando ne ricordava frammenti e ricordi. Non veniva mai a cercarlo in sogno, non lo aveva mai fatto. Una volta però, gli sembrava di averlo visto su una delle sedute del circo, in piedi ad applaudirlo. Gli era sembrato surreale.
« Erano tante le cose che lo facevano stare meglio »
« Una di queste eri tu, » la riprese « sempre pronta a bacchettarlo! »
« Sono curiosa di sapere cosa possa piacere ad Alec »
La vaghezza di Jian portò Magnus a rispondere per le rime, in modo giocoso.
« Perchè non glielo chiedi tu stesso? »




Dopo qualche ora che gli parve un eternità, un viso familiare si affacciò dalla porta, richiudendosela alle spalle. Sembrava un viso abbastanza sorpreso, ma calmo per il resto.
« Tutto bene? »
Alec bevve quel sorso di caffè tutto d'un fiato, mentre la caffeina gli scendeva dritta lungo la gola riscaldandolo. Magnus teneva le braccia conserte, la camminata disinvolta e le spalle che si mossero « com'è andata? »
« È stata una botta per lei, questo è sicuro. » Alec annuì, dispiaciuto. « Ma ne abbiamo parlato e penso che se ne farà una ragione. È mia madre. »
« Certo, chi meglio di lei può capirti? » ticchettò sul bicchierino che teneva nella mano destra.
Magnus alzò gli occhi verso la porta della stanza dove aveva lasciato da poco Jian.
« Stai cercando di dimenticare che è l'ora di pranzo o...? » indicò la bevanda appena finita.
« Sì e no, il mio corpo richiedeva qualcosa di caldo e il thè era finito, quindi...» « Capisco »

« Dovremmo... uhm, non so salutarla- »
« Vuole parlare con te »
Alec aggrottò la fronte, la bacchetta per girare la bevanda che gli pendeva dalla bocca, se la tolse di colpo e la buttò insieme al bicchiero nel cestino affianco alla macchinetta.
« Cosa le hai detto, esattamente? »
Magnus gli stampò un bacio sulla guancia. Quello si rilassò di poco, mentre due occhi innocenti lo osservavano.
« Vai a scoprirlo tu stesso »




**

La porta si aprì piano, mentre il suo passo si fece cauto e cercava di trattenere l'ansia che gli parlava rumorosamente in petto. Appena la donna lo vide, gli sorrise caldamente. Si sedette piano sulla sedia color magenta e sentì esattamente il suo scricchiolio, appena il suo peso ci fu sopra.
Jian era così simile a Magnus che per qualche secondo, Alec pensò semplicemente di dirgli cosa aveva intenzione di mangiare una volta usciti dalla struttura. Ma quella donna non era l'uomo di cui si era innamorato, quindi evitò di dire cose inopportune.
« Alec » pronunciò Jian, le mani incrociate in grembo e l'aria assorta « puoi passarmi quella foto lì? » indicò una piccola cornice sul capezzale più distante. Alec annuì e facendo un piccolo giro della stanza, recuperò l'oggetto. Glielo porse « Qui ero più giovane, come puoi ben vedere » indicò, portandosi subito al naso gli occhiali da vista, tenuti dentro la tasca della camicia da notte. La foto mostrava una donna dai lunghi capelli di profilo, la sua mano era tenuta dentro quella di un bambino alla sua sinistra, un uomo, non si distingueva bene, stava sullo sfondo, messo fuori fuoco.
« È assurdo pensare che si cresca così velocemente, senza che nemmeno che tu possa accorgertene » sospirò, sognante.
« È molto bella » rispose Alec.
Jian si voltò a guardarlo e annuì, semplicemente. « Qui eravamo ancora nella nostra terra. Stavo portando Magnus a vedere i fuochi » sottolineò. Lo sguardo di Alec si fermò sul piccolo bimbo, del quale si vedevano sia gli occhi che la smorfia simile a un sorriso « È sempre stato testardo. Fin da piccolo, era un vulcano, » parlò lentamente « sono poche le volte in cui io lo abbia visto davvero in difficoltà, » deglutì « ho sempre cercato di infondergli sicurezza. Io e mio marito, lo abbiamo sempre appoggiato. »
« Questo la rende davvero un esempio, » le sue palpebre sbatterono un paio di volte « non tutti possono dire lo stesso »
« Ti starai chiedendo perchè volevo parlare con te da sola » arrivò al sodo, senza troppi preamboli. Alec cercò di rispondere nel modo meno palese possibile.
« Io... di certo sono rimasto sorpreso »
« Sei un ragazzo umile, Alec, » Jian posò la foto sul suo grembo, mentre una mano ne accarezzava la cornice « potevi dirmi da subito cos'era e perchè era successo tutto. Prendertene il merito, ma no. Hai lasciato parlare Magnus » respirò a fondo, mentre uno sguardo simile a quello di un protettore faceva capolino « lo hai portato qui. »
« Non sono quel tipo di persona, il mio merito è stato solo quello di essere riuscito a incontrare suo figlio » confessò, un piccolo brivido gli serpentinò dentro, mentre riaffiorava il modo in cui Magnus lo aveva fatto uscire dal suo di buio. « Mi ha raccontato cosa hai fatto per lui, » continuò Jian, mentre si sfilava gli occhiali da vista « per quel che ne so, poteva finire molto peggio »
« Signora- »
« Chiamami Jian, per favore, » rise leggermente « non mi faccio chiamare più in quel modo nemmeno dagli infermieri o badanti »
Alec annuì di rimando, le mani che si muovevano perchè non riuscivano a starsene ferme.
« Quello che so, è che ho aiutato Magnus quanto lui ha aiutato me, niente di più e niente di meno » La donna sembrò scrutare dentro quelle iridi verdi colpite dalla luce che filtrava, battendo sulle sue ciglia nere « Sapevo quanto fosse importante per lui venire qui, so cosa significa ricongiungersi con una parte della famiglia che si credeva ormai morta » Jian dischiuse la bocca, colpita da ciò che il ragazzo aveva appena detto. Non sembrava essere un disonesto, ne tanto meno un bugiardo, il suo tono la diceva lunga su quello. « Sei una brava persona allora, non posso trovarti un singolo difetto »
« Mi creda, » la fermò lui « quelli li ho. Come tutti, del resto. »
« Non sarò io a metterlo in dubbio allora. Tutto quello che posso dirti, Alec, è grazie » riprese Jian, la mano che si posava gentilmente su quelle giunte dell'altro « Grazie per far stare bene Magnus, grazie per esserci stato. »
Alec sembrò perdere tutta la forza di rimanere saldo in quel preciso momento, si sentì così vicino a quella donna, la foto che ancora non allontanava dal grembo e la fiducia semi dipinta sul volto « Ho letto tante volte il suo sguardo, ma quello.. » alzò gli occhi e ridacchiò al ricordo « quello lì, è come quello del bambino in questa foto, » toccò la cornice con la mano libera. « solo che adesso è un adulto. E ha trovato qualcun'altro che lo accompagni »
« Non lo dica, » si inumidì le labbra, gli occhi che pizzicavano « lei è sua madre »
« Ma non può innamorarsi di nuovo di sua madre, » le parole di Jian lo investirono per l'impatto e la crudezza « non può avere certi occhi per me. Ed è giusto che sia così »
« Se non fosse stato per la fretta, sarebbe venuto prima »
« Lo so, » Alec sentì il tono di Jian farsi allegro « lo conosco. E se sono ancora minimamente brava nel capire certe cose, so anche che ne passerà un po' prima che possa ritornare » Alec si sentì guardato troppo intimamente, ma afferrò subito le parole della donna. Si riferiva al circo, al suo tendone, alle radici inequivocabili del figlio.
« Se lui volesse riprendere la sua vita di prima, non troverà ostacoli, » confermò senza paure « quello è il suo mondo »
Jian si trovò lì lì per aggiungere qualcosa a quello, ma evitò. Si limitò ad annuire, tenendo quel pensiero per sè. Se era ancora brava nel suo lavoro di madre, il tempo le avrebbe dato ragione.

   
 
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