Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: AlsoSprachVelociraptor    09/12/2019    0 recensioni
Due lupe nascoste sotto manti di pecore, un pastore a dirigerle lontano dallo sterminio e una folgore e una stella a illuminare il loro cammino verso sud, verso la sicura fortezza di Blackhaven.
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[ASOIAF - What If? - Arya e Sansa si ritrovano, anche se completamente diverse da come si erano lasciate, in un viaggio difficile e in incognito verso le Terre della Tempesta con Beric, Edric e Thoros, tra gli orrori della guerra e degli esseri umani.
Una rivisitazione di alcuni eventi di ASOS e AFFC. NO SPOILER per la serie tv.
ATTENZIONE: violenza descritta e scene che potrebbero turbare!]
Coppie: Sansa Stark/Edric Dayne - Beric Dondarrion/Thoros di Myr
SanSan e Beric/Allyria accennate
Genere: Angst, Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Arya Stark, Beric Dondarrion, Sansa Stark, Thoros di Myr
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Fu Suzanne ad accompagnare Beric e il suo folto gruppo verso Summerhall, e poi giù per la Strada del Re. Aveva anche trovato alcuni cavalli, offerti dalla locanda della famiglia del marito che faceva lo stalliere e di cavalli ne avevano a bizzeffe, con la promessa che il lord delle Terre Basse glieli avrebbe riconsegnati, se fossero arrivati a destinazione.

Beric non aveva accettato un cavallo nuovo, e aveva deciso di montare comunque assieme a Thoros, che non si era rifiutato. Non aveva praticamente parlato dalla notte precedente.

Edric invece un cavallo l’aveva accettato e cavalcava da solo, in fondo al gruppo, testa bassa e sguardo torvo.

Ned era un ragazzo così dolce… aveva promesso di non uccidere nessuno. In anni di guerra era riuscito a non fare nessuna vittima, e in una notte sola Sansa aveva rovinato tutto. Sansa gli aveva fatto uccidere un uomo. Non poteva che sentirsi in colpa, e lui con lei. Non le aveva parlato dalla notte prima, e nemmeno l’aveva guardata negli occhi.

Erano giorni che marciavano, e giorni che nessuno osava parlare.

Il primo cambiamento arrivò quando si accamparono vicino alla vecchia Summerhall. Lì, avrebbero intrapreso il viaggio per la Strada delle Ossa, fino a Blackhaven. Erano vicini, e questo provocava brividi lungo la schiena di Sansa ogni volta che ci pensava.

Non sapeva se di felicità o di terrore.

Erano stati giorni tesi, uggiosi e silenziosi. 

-Tu ti ricordi quando Summerhall è bruciata?- chiese Arya quella notte. C’era la luna piena e il cielo era bluastro, e illuminava il paesaggio assieme alle rovine nere del castello vicino all’orizzonte. Thoros fece una risata finta e spazzolò i capelli di Arya, che ormai stavano ricrescendo selvaggi e sporchi ben oltre la lunghezza delle orecchie. -Mi credi così vecchio? Non dovevo avere che cinque o sei anni e non ero altro che un servetto a Myr.-

Non c’era gioia nel suo sorriso e nella sua voce, e Sansa lo notò perchè era stato proprio il prete ad insegnarle come fare, come leggere le persone. Thoros era solitamente difficile da leggere, ma ora sembrava un libro aperto. Anche Ned era facile da intuire, al contrario di Beric, incomprensibile, ed Arya, che a tratti le sembrava una completa estranea.

Dato che nessuno era di troppe parole, Suzanne propose di dormire prima e svegliarsi all'alba per proseguire. Qualche giorno di cammino e sarebbero arrivati a destinazione, disse lei. Era già stata a Blackhaven, perché Suzanne Flowers era la figlia di un bastardo di Campo Fiorito e tra i Meadows e i Dondarrion scorreva buon sangue.

-Tua madre, lady Melia, è per parte di padre una Beesbury e da madre una Meadows. Per questo tu hai avuto il tuo cavalierato nell'Altopiano.- spiegò Suzanne mentre il gruppo preparava i giacigli per la notte. -Si spiega anche il mio gusto per le bevande dolciastre che nessuno tranne me apprezza.- tentò Beric allora, voltandosi verso Thoros. Lui fece finta di non aver sentito nulla e il sorrisetto di Beric svanì dalle sue labbra bluastre.

Poi, per qualche ragione che Sansa non capì mai, si voltò a guardarla, fissarla dritta negli occhi, come se da un momento all'altro dovesse iniziare a parlarle.

Beric però non disse nulla, e si stese quasi di peso sul proprio giaciglio, tra il fuoco alle sue spalle e il prete di fronte a lui, fin troppo vicino a entrambi.

La notte fu piena di brusii, borbottare e spiegazioni date sottovoce, e Sansa non poteva dormire. Anche lei avrebbe dovuto borbottare e dare e ricevere spiegazioni.

Vicino a lei, vedeva Edric immobile e dagli occhi chiusi, ma sotto le sue ciglia pallide e le palpebre pesanti i suoi occhi si muovevano all'impazzata.

Allungò una mano per sfiorargli la spalla e Ned sobbalzò, sbarrando gli occhi pieni di terrore.

-Ned, sono solo io.- sussurrò Sansa, strisciando verso di lui. Il realizzare che non era un nemico ad attaccarlo ma solo la ragazza che voleva parlargli lo tese ancora di più, se possibile.

-Volevo ringraziarti.- continuò Sansa. 

-Per aver ucciso un uomo?-

La sua voce era sempre più bassa e ora le sembrò di avere davanti il Mastino, sofferente e rancoroso.

-No.-

Edric non era il Mastino, Edric era dolce e gentile e i suoi occhi neri alla luce fioca della luna erano pieni di lacrime.

-No, per averci salvato, io e…La ragazza. Hai salvato vite. Sei un vero cavaliere.-

Sansa prese le sue mani nelle proprie. Erano rigide e fredde e appena più piccole di quelle di Sansa. Ancora per poco, pensò. 

Sentì i suoi nervi cedere pian piano e i suoi occhi diventare sempre più lucidi. Un singhiozzo scappò dalle sue labbra benché provasse in tutti i modi a ricacciarlo giù.

No, davanti non aveva Sandor Clegane, aveva solo un ragazzetto spaventato e in colpa, ancora troppo puro per quel mondo crudele.

Forse il Mastino era così, prima di imbattersi nella morte e nella guerra.

Tentò di avvicinarsi ancora e stavolta Ned non reagì. Tentò di abbracciarlo e Ned rispose abbracciandola a sua volta.

Sansa cercava di non pensare a cosa aveva fatto invece lei, perché non aveva più  tempo e voglia e forza per il rimorso.

Tanto tempo era passato da quando aveva sentito vero e proprio calore corporeo e affetto e un abbraccio così sincero, e nella sua mente poche immagini balenarono nel buio delle sue palpebre chiuse. 

Suo padre e la sua septa e Jeyne al torneo di Approdo del Re, sua madre e Robb a Grande Inverno tra i suoi muri caldi e scuri, i piccoli Bran e Rickon seduti sulle radici dell’enorme Albero Diga e anche Theon e il suo sorriso pieno di segreti.

Sansa non voleva davvero raggiungere Blackhaven. Era il Nord il posto in cui voleva tornare, ma a cui non poteva avvicinarsi. Nord, non sud le diceva l’istinto, ma non poteva. Doveva sopravvivere. Doveva resistere.

L’abbraccio di Edric la stava aiutando a trattenersi dallo scappare e correre nei boschi e perdersi nel fitto della foresta fino a raggiungere il Nord a piedi, come un lupo selvaggio. Sansa era un lupo, e non avrebbe più dovuto dimenticarselo. Edric era la stella che illuminava il suo cammino, che sembrava a tratti oscuro e misterioso, ma decisamente più sicuro.

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Il fuoco quasi gli scottava la pelle alle sue spalle ma era una sensazione piacevole nel gelo di quella notte. L’inverno stava arrivando, così dicevano gli Stark, e Beric poteva sentirlo sulla sua pelle morta e fredda: l’aria era sempre meno calda, sempre più umida, ed era tutto ancora peggio perchè il suo prete rosso gli stava voltando la schiena.

Beric provò più volte a chiamarlo, toccargli la schiena e i fianchi ma senza nessun successo.

-Thoros, lo so che sei sveglio.- gli sussurrò contro la nuca. Per un po’ non avvenne nulla ma alla fine si girò, gli occhi gonfi e arrossati e un’espressione corrucciata. -E come faresti a saperlo? Ho sperimentato questa tecnica da prima che tu nascessi.-

Beric ridacchiò sotto ai baffi. -Forse è un altro dei poteri che il Dio mi ha concesso.-

Non era vero, ma l’espressione curiosa e sconvolta negli occhi azzurri di Thoros gli diede il calore di cui aveva bisogno. In realtà l’aveva osservato dormire così tante notti che aveva imparato cosa succedeva quando si addormentava davvero. Tendeva a girarsi sulla schiena, a pancia in su, e russava anche appena, forse per colpa del suo naso rotto in più punti. 

Thoros decise di voltarsi nella sua direzione, non guardandolo direttamente negli occhi. Fissava il fuoco con insistenza, come se qualcosa dovesse venirne fuori, ma non sembrava leggervi dentro nulla.

-Cosa provi quando uccidi un uomo, Bebe?-

La sua domanda arrivò a bruciapelo come lo scalpitare del fuoco dietro la schiena di Beric. Un piccolo tizzone volò contro il suo braccio, bruciandolo un po’. Lui non reagì né all’ustione né alla domanda.

-Nulla, più nulla.-

Qualcosa sembrò mutare nello sguardo del prete ma Beric non seppe dire cosa. -Raramente ormai provo anche solo qualcosa. Il caldo mi fa ancora qualche effetto… e tu..-

Doveva suonare più intrigante ma suonava solo patetico. Thoros finalmente abbassò lo sguardo su quello di Beric, in quella maniera così dolce e stanca che tanto gli aveva visto tante volte. Finalmente decise di abbracciarlo e Beric trovò quello che cercava, il suo cuore che batteva sotto al suo orecchio e le sue braccia calde attorno al proprio corpo freddo. Anche questa era una emozione, forse quella più importante.

-Il primo uomo l'ho ucciso a Pyke, ma ero giovane e ubriaco e non l'ho massacrato a botte.-

Il suo tono era talmente basso che se si fosse allontanato anche solo di qualche centimetro Beric non l'avrebbe sentito. Era talmente vicino che sentiva le sue labbra sfiorare il proprio orecchio.

-Io… ho provato forza nell'ammazzarlo. Credo mi sia anche venuto duro, io… io…-

-Se arriveremo a Blackhaven, non avrai bisogno del…-

-Bebe, sono serio, non lo capisci?-

Ora vedeva lacrime vere e proprie nei suoi occhi. -Sono un mostro..?-

Beric non capì se quella dovesse essere una domanda o un'affermazione.

Ma Beric era serio e a Blackhaven sapeva che avrebbero risolto ogni problema. Aveva un piano, piccolo e semplice, da applicare al suo castello, ma aveva bisogno di arrivarci e aveva bisogno del suo prete al suo fianco.

Ma il suo uomo sembrava spento e freddo e Beric non poteva fare nulla. Si sentiva inerme al destino, pagliericcio nel vento, che a ogni spiffero poteva danzare nell'aria e atterrare nel fango.

Odiava il destino.

Appoggiò le labbra alle sue come aveva fatto con Catelyn Stark e tentò di soffiare vita nei polmoni di Thoros. Avrebbe dato la vita per lui.

-Non importa- sussurrò contro le sue labbra contratte in una smorfia e un singhiozzo. -non importa, non importerà nulla quando saremo a Blackhaven io e te, Ned e le ragazze. Non importa niente, se non arrivarvi.-

-Perchè così tanta fretta, mio Lord?- sussurrò Thoros, con una specie di sorriso ora sulle labbra. 

Forse il Bacio della Vita aveva funzionato. -Sei ansioso di vedere la lady tua moglie?- continuò.

-All'incirca, ma non sono sicuro gli piaccia essere chiamato "lady".-

 
   
 
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