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Autore: Ghostclimber    09/12/2019    7 recensioni
L'inevitabile è accaduto.
Lui e lei si sono messi assieme.
Ma questo potrebbe aprire la strada per una tregua tra lui e l'altro.
Pairing: HanaHaru, HanaRu
Genere: Commedia, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Haruko Akagi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Ciao a tutti!

Rieccomi con il secondo capitolo di questa storia, sarà tutta un altalenare di bello brutto bello brutto bello brutto, preparatevi a seguire gli emotional rollercoaster del nostro cucciolotto di volpe! (Rukawa dalla regia: -Come cazzo è che mi hai chiamato, scusa?!)

Ehmmm... forse è meglio che mi trovo un ottimo nascondiglio, ma prima di scappare e rifarmi una vita come addestratore di lemuri ballerini, i miei più sentiti ringraziamenti a cicci783 e MaryFangirl, ad Alexis77 che mi fa sempre arruffare le piume e a Ste_exLagu che me le fa arruffare ancora di più e che riesce sempre a trovare le parole giuste per farmi sentire meglio.

Grazie di cuore, davvero.

Vi lascio al capitolo, battete un colpo se gradite!

(e se non vi basta e vi mancano i vecchi tempi, abbiamo anche il terzo e ultimo capitolo di Haiku, AKA “Va bene, il Teppista e il Quattrocchi stanno insieme, ma com'è potuto succedere?”)

XOXO

 

 

 

 

 

Arrivando a scuola, Rukawa ricordò a se stesso l'accordo fatto con Sakuragi pochi giorni prima. Si chiese, per qualcosa come la gazilionesima volta, se fosse vero o se fosse una presa in giro; adocchiando la familiare sagoma dell'ampia schiena di Sakuragi, si disse che a titolo di prova avrebbe evitato di investirlo come al solito, ma avrebbe invece rallentato per passargli di fianco ad una velocità che avrebbe consentito loro di salutarsi. I freni, che già da tempo agognavano ad una riparazione, stridettero, mentre Rukawa moderava la velocità e girava di poco il manubrio; Sakuragi si voltò e disse: -Ohi, Rukawa!
-Ciao.- rispose lui, col cuore in gola. Il sorriso che gli rivolse Sakuragi per poco non lo fece sbandare.
-Ehi, vedo che mi hai preso sul serio!- esclamò Sakuragi.
-Io ascolto, quando la gente parla, a differenza di te.
-Maledettooo!
-Hana-kun!- chiamò una vocina.
-Haruko-chan!- rispose Sakuragi, e l'idillio terminò. Il rosso si voltò per salutare la ragazza e la sua attenzione si spostò lontana da Rukawa, che rimase a pedalare piano al suo fianco, sentendosi di troppo ma al tempo stesso incapace di abbandonare quella parvenza di conversazione che avevano appena cominciato ad instaurare, cercando di non odiare troppo Haruko: se davvero era intenzionato a fare lo sforzo di avvicinarsi a Sakuragi per quel poco che gli era consentito, avrebbe dovuto mettere in conto la necessità di non ricoprire di disprezzo la sua fidanzata. Decisamente, quello sarebbe stato un metodo rapido e per niente indolore di mandare tutto a puttane. Inoltre, nel suo cuore ancora covava una vaghissima speranza, che sopravviveva a discapito di ogni logica: forse, approfondendo il rapporto, Sakuragi si sarebbe reso conto di chi fosse un partner migliore tra lui e Haruko. Cercava di tralasciare il piccolo, insignificante dettaglio dell'orientamento sessuale: lui non faceva la minima distinzione, per cui c'era una lontanissima possibilità che anche per Sakuragi potesse essere così. In fondo, molte persone scoprono la propria omosessualità dopo il naufragio di vari tentativi con il sesso opposto: sin da bambini si impara che ai maschi piacciono le femmine e viceversa, per cui non sempre è immediato riconoscere e accettare l'attrazione fisica verso un esponente del proprio stesso sesso. Rukawa non conosceva la famiglia di Sakuragi, ma in un paese come il Giappone era difficile che fossero di mentalità così aperta da parlare apertamente di omosessualità e dichiarare il proprio supporto anche in quell'eventualità: che diamine, era il ventesimo secolo, dopotutto, e certe cose ancora venivano viste con vergogna. Magari, i ripetuti fallimenti di Sakuragi con le ragazze stavano proprio a dimostrare che lui proprio non aveva l'attitudine a stare con una femmina, e Haruko era solo l'eccezione che confermava la regola, complice la sua innocenza giovanile che l'aveva portata ad innamorarsi di uno che le moriva dietro per semplice istinto da crocerossina e la mancanza di altri spasimanti.

Forse.

Magari.

Le probabilità di successo erano così scarse da essere paragonabili all'ipotesi di essere aggrediti da una mucca in spiaggia, ma ehi! Di cose strane se ne sentono, e se Rukawa poteva credere all'uomo colpito per sette volte da un fulmine, riteneva di poter fare un piccolo sforzo e credere anche a quello.
-Pianeta Terra chiama Rukawa, pianeta Terra chiama Rukawa!- urlò Sakuragi, -Rukawa, sei tra noi?
-Pensavo.- rispose lui.
-Di prima mattina?! Cazzo, che voglia!- suo malgrado, Rukawa sentì l'angolo delle proprie labbra che fremeva, e sperò di essere riuscito a mantenere la solita faccia di pietra. La reazione di Haruko, che inciampò su un sasso inesistente e parve dimenticarsi come si respira per un paio di secondi, lo convinse del contrario. E infatti, Sakuragi sbraitò: -Oh porca l'oca! TU HAI SORRISO!
-Sì, può darsi,- rispose Rukawa recuperando un minimo di compostezza, -Notizia flash: ho dei muscoli in faccia.
-E che ne so io, non te li ho mai visti usare!- Haruko emise un pigolio, e i due ragazzi si voltarono verso di lei.
-Haruko-chan?- la interpellò Sakuragi, preoccupato. Haruko deglutì più volte, poi chiese: -Ma voi, da... Da quando siete...
-Amici?- la interruppe Sakuragi, e lei annuì. -Da sabato scorso. Abbiamo fatto quattro chiacchiere, dopo che sei andata via, e abbiamo capito di aver iniziato col piede sbagliato. Stiamo rifacendo tutto da capo. Proprio come mi hai sempre detto tu di fare!- Sakuragi gongolò.
-Ah. Bene!- commentò Haruko in tono strano, e Rukawa si chiese se fosse sincera. Aveva l'aria di qualcuno che ha ottenuto esattamente ciò che voleva, solo per scoprire che la nuova realtà continua a fare schifo, solo in modo diverso e con la delusione aggiuntiva di aver desiderato a lungo quella che si è rivelata una colossale ciofeca.
-Comunque quei freni hanno bisogno di una controllata.- aggiunse Sakuragi, apparentemente ignaro del turbamento di Haruko, -Almeno se hai intenzione di non morire a breve.
-Sì, quando avrò voglia la porterò a riparare.- rispose Rukawa.
-Scusa?! La porti al negozio per due freni?! Senti, te li cambio io, va bene?- Rukawa lo guardò storto. Sakuragi roteò gli occhi e aggiunse: -Nessun sabotaggio, lo giuro.
-Nh...
-Sabato pomeriggio sei libero?
-Sabato pomeriggio io non ci sono.- si intromise Haruko.
-Sabato pomeriggio per me va bene.- rispose Rukawa. Sakuragi annuì, poi si rivolse ad Haruko: -Ho detto apposta sabato pomeriggio. È un lavoro semplice ma un po' noioso, non vorrei che poi ti annoi. Poi la sera sarò tutto tuo!- un'esplosione di cuoricini immaginari disgustò Rukawa, che riuscì però a mantenersi stoico: era abituato a camuffare simili sentimenti. Per fortuna, la prima campanella suonò, troncando il discorso e il movimento involontario di Sakuragi che si chinava verso Haruko come per baciarla. Rukawa salutò con un cenno del capo, sbatté la bicicletta nell'apposita rastrelliera senza nemmeno curarsi di legarla e si diresse verso la bacheca per controllare l'assegnazione delle classi; il suo malumore si impennò su una curva crescente nel notare che per quell'anno sarebbe stato in classe con Haruko Akagi. Tuttavia, il nome di Sakuragi figurava in un'altra classe, per cui almeno non avrebbe dovuto sopportare effusioni proprio per tutti i cambi dell'ora: avrebbe dovuto stringere i denti solo agli intervalli per la merenda e per il pranzo, negli altri momenti sarebbe stato troppo rischioso uscire dalla classe; Haruko non avrebbe mai permesso a Sakuragi di rischiare una punizione solo per andare a salutarla. In palestra, naturalmente, non sarebbe certo stato tutto rose e fiori: ricordando che Haruko era la seconda manager della squadra e che sarebbe stata in mezzo alle palle tutti i giorni, il cuore di Rukawa sprofondò ulteriormente, anche se riuscì a non darlo a vedere. Si diresse in classe strascicando i piedi e ignorando i soliti gridolini di esultanza delle fan e scelse un banco a caso in ultima fila; si era appena lasciato cadere di peso sulla sedia, quando una voce lo richiamò: -Ehi, Rukawa, mi raccomando tratta bene la mia Haruko-chan!- Rukawa alzò una mano stancamente per far intendere che aveva capito e lasciò cadere la testa sul banco, risparmiandosi la vista di Sakuragi che si scambiava un fugace bacio con Haruko prima del suono della seconda campanella.

-No!- esclamò Miyagi, con una tragicomica espressione da gorilla nano affetto da stitichezza cronica, -No, te lo scordi!
-Cosa?- chiese Sakuragi, indietreggiando di colpo e scostandosi da Haruko per evitare la mano che si agitava per ghermirgli la canottiera.
-Non tollererò effusioni nella mia palestra!
-Ryota, calmati...- tentò Ayako, ma fu ignorata. Rukawa aggrottò la fronte: sembrava che la ragazza avesse pianto. Guardò di sottecchi Miyagi e, a meno di non dover prendere in considerazione l'ipotesi che avesse un principio di congiuntivite, anche lui doveva aver pianto di recente. La sua ipotesi collimava col silenzio di tomba che l'aveva accolto quando era entrato in palestra, una decina di minuti prima.
-Staccati da lei e vedi di metterti a correre insieme a tutti gli altri!- ululò Miyagi.
-Ma Ryo-chan...- protestò Sakuragi.
-Ryo-chan un CAZZO!- ribatté Miyagi, puntandogli contro un dito tremante; e sì, aveva gli occhi lucidi. Sakuragi alzò le mani come se si trovasse di fronte la bocca di una pistola. -Ok...- mormorò lentamente, come un negoziatore sulle spine che tratta con un rapinatore di banche. Indietreggiò pian piano e Rukawa fece in modo di trovarsi tra i piedi. La schiena muscolosa di Sakuragi urtò contro il suo bicipite, ma non chiese scusa. -Sempre in mezzo alle palle.- lo accusò Rukawa.
-Senti chi parla!- ribatté lui alzando la voce, -Se non te ne sei accorto, non stavo guardando, non ho gli occhi dietro la testa!
-Nh.
-Rrrukawaaa!
-E BASTA!- i due si bloccarono, stupiti. L'urlo di Miyagi aveva fatto vibrare i vetri delle finestre. Si voltarono, e si ritrovarono faccia a faccia con un playmaker piccolo ma molto, molto minaccioso. Lentamente, mollarono la presa l'uno sull'altro e Sakuragi disse: -Miyagi, ma che hai?
-Non ti riguarda. Tu vedi solo di non fare casino. Non sono un gorilla ignorante come Akagi, io se mi rompi le scatole ti sbatto fuori direttamente, invece di giocare a chi è il bullo più grosso. Risparmio i pugni a te e la fatica a me.
-Capitano.- disse Rukawa, -Lo facciamo per scherzare.
-Sarà, ma disturbate gli allenamenti. Dimenticatevi Akagi, da oggi le cose saranno molto diverse qui dentro. Vedete di scherzare da un'altra parte, se proprio dovete- Miyagi si allontanò, infilandosi la maglia nei calzoncini, e Ayako fischiò l'inizio della corsa. Dubbioso, Sakuragi chiese: -Ma che ha?
-Mi sembra che ce l'abbia con Akagi.- rispose Rukawa, bisbigliando. La vicinanza di Sakuragi, la sua pelle che si scaldava per l'esercizio fisico e l'aura di testosterone che emanava lo stordivano un po', al punto che ci teneva a fare bella figura e a instaurare un discorso in modo da avere la possibilità di parlare con lui un po' più a lungo. Un po' da cretino, certo, ma tutti gli innamorati sono cretini, è una legge universale.
Haruko sillabò qualcosa da bordo campo, approfittando del fatto che Ayako le stava dando la schiena; mosse la bocca lentamente per farsi capire nonostante la mancanza di audio e Sakuragi strizzò gli occhi per cercare di leggere il labiale, invano. Rukawa invece, abituato a passare le giornate in silenzio osservando gli altri, capì al volo quel che la ragazza stava cercando di comunicare. Dalla sua bocca scaturì uno spontaneo: -Oh.- e nel breve istante in cui ebbe un contatto visivo con Haruko la vide arrossire. Si arrabbiò un po': non era giusto nei confronti di Sakuragi comportarsi ancora in quel modo con Rukawa.
-Oh cosa?- chiese Sakuragi, -Io non ho capito una ceppa.
-Haruko ha detto che suo fratello si è messo con Ayako.
-Che gran bastardo.- sbottò Sakuragi spontaneamente, prendendo le parti dell'amico con il cuore spezzato. Rukawa soffocò una smorfia e disse: -Non puoi evitare di amare una persona. Almeno ha aspettato di non essere più allo Shohoku, Miyagi non sarà costretto a vederli insieme tutti i giorni.- Sakuragi tacque, poi dopo un po' commentò: -Vero anche questo.- l'allenamento fu stranamente tranquillo. Sakuragi sembrava aver concluso che non era il caso di fare il ribelle, e Rukawa evitò di provocarlo, anche se con rammarico; quando Miyagi ordinò di mettere a posto i palloni, si accostò al rosso e chiese: -Tutto bene?
-Mi dispiace per Miyagi. Onestamente, mi si spezza il cuore.- Sakuragi alzò gli occhi in quelli di Rukawa, che sussultò appena per il suo sguardo insolitamente serio e pregno di sentimento, e proseguì: -Dev'essere atroce sapere che la persona che ami sta con un altro.
-Già.- concordò Rukawa senza sbilanciarsi, ma sentendosi di colpo un po' sperduto. Avrebbe voluto dirgli che lo sapeva, che lo stava provando sulla sua pelle, e una parte atrocemente vigliacca di lui ebbe la tentazione di confessare tutto e pregarlo, supplicarlo, di lasciare Haruko e mettersi con lui. Non disse nulla, tuttavia. Sapeva che sarebbe stato inutile, e per di più la sola idea di comportarsi così era degradante: si sarebbe odiato per il resto della sua vita, anche nella remota ipotesi che Sakuragi cedesse alle sue suppliche. Ma ecco che tornava quel subissante bisogno di parlare con qualcuno, sfogarsi, condividere il proprio dolore; era anche disposto ad ascoltare i problemi di un'altra persona, se quello fosse stato il prezzo da pagare per avere un amico.
-Cerchiamo di stargli vicino e di saltarci al collo il meno possibile, ok?- propose Sakuragi, con uno sguardo serio che faceva fremere Rukawa, -Non diamogli un problema in più, sarà già a pezzi per conto suo. Davvero mi fa male solo immaginarmi nella sua situazione.
-Va bene.- Sakuragi sorrise e scherzò: -Ohi, Rukawa, ma quanto siamo umani quest'oggi!
-Sono sempre umano,- ribatté Rukawa senza potersi trattenere, -È solo che tu non ti sei mai preso il disturbo di prendermi in considerazione.- e, gettato l'ultimo pallone nella gabbia, si allontanò diretto agli spogliatoi.

Si tuffò sotto ad una doccia libera senza guardare in faccia nessuno, improvvisamente schiacciato dal peso del proprio sentimento e desideroso soltanto di lasciarsi scorrere l'acqua in faccia, giusto in caso qualche lacrima traditrice avesse deciso di sgorgare dai suoi dotti lacrimali. Si rimproverò mentalmente: doveva imparare a mantenere il controllo, altrimenti la vicinanza di Sakuragi l'avrebbe presto fatto soccombere. Pareva non essere del tutto in controllo della propria voce e delle proprie azioni, in sua presenza, e se non si fosse dato una regolata avrebbe finito per dichiarargli imperituro amore di lì a un mese o anche meno. La qual cosa, ovviamente, rientrava nelle attività meno auspicabili insieme a farsi cavare un dente senza anestesia o spaccarsi un braccio il giorno prima di una partita importante; anzi, si disse Rukawa, dichiararsi prima di rendersene conto schizzava direttamente in cima alla top three delle disgrazie.

Chiuse la doccia non appena adocchiò Sakuragi piazzarsi sotto al getto di quella di fianco, per evitare ogni tentativo di conversazione, si legò un telo da bagno intorno ai fianchi e tornò nell'area riservata al cambio degli abiti, dove recuperò la divisa e della biancheria pulita; Miyagi gli si avvicinò e gli chiese scusa per averlo trattato male. Rukawa, memore della promessa fatta a Sakuragi, gli batté una mano sulla spalla e disse: -Nessun problema, si capisce che hai i fatti tuoi per la testa. Promettiamo di fare i bravi.- non udì la risposta colma di gratitudine di Miyagi, troppo concentrato a chiedersi come quel “noi” riferito a lui e Sakuragi potesse fargli tanto male e al contempo suonare così bello, come un valzer di Chopin suonato al chiaro di luna in una calda notte estiva, quando le zanzare sono impegnate altrove e resta solo il frinire delle cicale e il vento che bisbiglia i suoi segreti tra le foglie.
Dieci minuti più tardi, mentre era chinato ad allacciarsi le scarpe, avvertì una lievissima carezza sulla schiena, ma non fece in tempo a voltarsi che il misterioso accarezzatore era scomparso. Restava solo Sakuragi, con la testa infilata nell'armadietto, tutto intento a fischiettare la canzoncina del Tensai, ma Rukawa etichettò come troppo ottimistica l'ipotesi che fosse stato lui.

La sera, rientrato a casa dagli allenamenti, si dedicò ad un attento bilancio della giornata.
I contro erano che evidentemente la storia tra Sakuragi e Haruko sembrava voler durare più di tre giorni, e che lei era in classe con Rukawa, costantemente sotto ai suoi occhi a ricordargli ciò che lei aveva e lui no. Quella mattina, Rukawa non era nemmeno riuscito a dormire: lei era seduta nel banco davanti al suo, e la sua sagoma, la sua voce e il suo delicato profumo ai fiori erano un costante promemoria di quanto ampio fosse il divario tra di loro.
I pro erano due.
In primo luogo, ovviamente, la prospettiva di passare un pomeriggio con Sakuragi era favolosa: i genitori di Rukawa avrebbero lavorato fino alle sette ed entrambi i suoi fratelli avevano in programma di uscire, e se da un lato aspettarsi qualcosa significava davvero sperare in un miracolo, dall'altro sarebbero stati soli e avrebbero avuto modo di conoscersi l'un l'altro.
Il secondo lato positivo era che Miyagi aveva severamente vietato qualsiasi tipo di effusione: questo significava che gli allenamenti si sarebbero svolti nella dovuta serenità. E il motivo per cui era stato istituito questo divieto aveva portato Sakuragi a mostrare un lato di sé più profondo e meno plateale; inoltre, non si era esposto di fronte ai soli amici di sempre, come aveva fatto fino ad allora, relegando inconsapevolmente Rukawa ad un ruolo di voyeur, ma l'aveva fatto proprio con lui, in un contesto di relativa privacy: significava che davvero intendeva approfondire il loro rapporto, anche se la direzione in cui intendeva portarlo era diversa e molto meno carnale di quella che Rukawa avrebbe preferito.
Oltretutto, più ci pensava e più Sakuragi sembrava essere l'unico che avrebbe potuto allungare la mano e accarezzargli la schiena: un gesto innocente, privo di malizia, e forse proprio per questo di fondamentale importanza.
Sì, pensò Rukawa, tutto sommato era stata una buona giornata.

 
   
 
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