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Autore: Zoe__    21/12/2019    1 recensioni
"Guarda, sembra che sia sempre pronta a spiccare il volo, Harry.” Tornò a voltarsi e lo avvicinò a sé, stringendogli la mano.
“Ha le ali per farlo, forse ha solamente paura.” Sussurrò accanto al suo orecchio. Livia sollevò per un attimo gli occhi nei suoi, poi li allontanò e raggiunse il suo sguardo sulla maestosa statua di marmo che li vegliava dall’alto.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Le June Mountains distavano esattamente cinque ore e trentuno minuti da Los Angeles e, nonostante Harry le avesse proposto di optare per un viaggio in aereo, Livia aveva preferito la macchina. Segretamente Harry sperava in quella decisione, ma le aveva proposto l’aereo perché mai si sarebbe sognato di costringerla ad un percorso tanto lungo in strade che lei non conosceva. Non che lui ne fosse molto più esperto, ma con lei al suo fianco acquisiva una maggiore sicurezza davanti alla paura dell’ignoto delle strade americane. Avevano preparato le valigie in una sera, quella domenica sera, includendo il necessario ed escludendo il lavoro, il computer ed ogni pensiero a questi collegato. Harry si era occupato di portare tutto in macchina, Livia si era premurata di raccogliere un numero di spuntini e bevande sufficienti ad accompagnarli in quel viaggio che, sapeva bene, li avrebbe stancati e messi alla prova. 
Non nascondeva la paura che le cose potessero andare per il verso sbagliato. La rara possibilità di trascorrere del tempo assieme era diventata un’abitudine, ma il timore ancora li spaventava e li separava quando non volevano star lontani. Livia viveva quei giorni nella spensieratezza mista ad un’inquietudine sempre crescente. I loro giorni insieme sarebbero presto giunti al termine, Londra si sarebbe nuovamente imposta fra di loro e su di loro, separandoli ed allontanandoli. Harry si concedeva alla felicità che provava, senza paura che questa potesse esaurirsi, convinto del fatto che con Livia al suo fianco quella non sarebbe mai stata una sensazione temporanea. Era consapevole e cosciente che presto Londra sarebbe tornata a dividerli, condivideva in cuor suo le paure di Livia, nonostante lei le tenesse silenziosamente per sé. Nei loro giorni americani, Harry non aveva mai smesso di pensare a come mantenere invariata quella condizione di serenità costante, non solo per sé, ma per entrambi. Osservava spesso Livia fra le mura della sua casa americana, così diversa dalla sua casa inglese in cui lei era entrata pochissime volte. La lontananza dall’Inghilterra la alleggeriva e la addolciva, la scaricava da responsabilità incombenti e da pressioni che era lei stessa ad imporsi.
Entrambi lontani dalla confusione e racchiusi in quella bolla atemporale ed adimensionale che solo Los Angeles poteva regalare, vivevano quei giorni in un’esatta simbiosi fatta di emozioni e sensazioni, inestimabile. Non nascondevano la felicità, ma la vivevano con la costante paura che potesse improvvisamente esaurirsi.
 
Le piaceva vederlo guidare e concentrarsi sulla strada, in generale preferiva soffermarsi sui suoi dettagli in quei momenti strappati alla normalità, che in altri più comunemente sublimati, in cui la sua bellezza e la delicatezza dei sui lineamenti sarebbero risaltate senza fatica. Harry canticchiava una canzone che lei non conosceva, ma ne aveva facilmente imparato la melodia ed il ritmo sentendola da lui, concentrandosi sul suo costante picchiettare sulla sua gamba o sul suo palmo aperto sulla coscia. 
But I can feel it take a hold” si voltò verso di lei, sorridendo “I can feel you take control” le strinse la mano nella sua, facendo intrecciare le loro dita “Of who I am, and all I've ever known” le accarezzò delicatamente il dorso della mano, Livia strinse la sua prontamente e si avvicinò a lui per posare un bacio a labbra aperte sulla sua guancia. Gli sfiorò lo zigomo con la punta del naso, socchiudendo gli occhi quando avvertì un sorriso formarsi sul suo volto. Posò allora un altro bacio all’angolo della sua bocca e tornò a sedersi, composta, prima che lui la attirasse nuovamente a sé per premere le labbra contro le sue. 
Lovin' you's the antidote” sussurrò al suo orecchio. Livia si allontanò arrossendo, aumentando la presa sulla sua mano e spostando la sua mano libera lungo il suo braccio, posando il capo sulla sua spalla. 
La vicinanza di Livia era la costante che in quei giorni più lo rassicurava, tanto da sciogliere la tensione provocata dall’imminente finalizzazione del processo di produzione del disco. La sua musica e le sue parole gli aleggiavano nella mente e non riusciva a tenerle nascoste a Livia che gli stava accanto in silenzio, aspettando e rispettando ogni suo tempo. Era per lei, erano per lei. 
 
Lo staff dell’Ahwahnee li aveva accolti con discrezione e sin dal primo momento, entrambi avevano apprezzato la loro premura nell’aver creato attorno a loro un ambiente sicuro e lontano da sguardi ed occhiate poco piacevoli. Harry si era raccomandato, occupandosi di gestire la prenotazione per telefono, senza intermediari e rinunciando alla comodità di una semplice e-mail. La normalità con cui vennero accolti sorprese Livia, ma non lui che lo aveva esplicitamente chiesto. Non voleva troppe cerimonie, ma assicurare alla persona al suo fianco la naturalezza e la semplicità che con lui aveva spesso desiderato, ma raramente ottenuto. Si guardava attorno piacevolmente stupita ed assecondava lo sguardo gentile di chi si era occupato della macchina e delle loro valigie. 
La camera che Harry aveva scelto era situata al piano terra e per questo immersa nella neve. Al di fuori della finestra non potevano vedere nulla se non una fitta distesa bianca di neve spessa, ma Livia non ne era impaurita. La guardava affascinata e ricordava con piacere i ricordi di una lei bambina, che nonostante tutto non aveva mai imparato a sciare o a superare la paura delle altezze sulla seggiovia. La stanza era calda ed accogliente, come poche in cui era stata con Harry. Si trattava spesso di suites lussuose, spesso in quelle si sentiva a disagio e non riusciva ad allontanare quella sensazione fino alla fine del pernottamento. La semplicità degli arredi donava una dolce ed intima aria di casa, il legno delle pareti, in forte contrasto con le vetrate, la faceva sentire al sicuro in quella che sembrava essere per lei un’enorme palla di vetro in cui la neve non smetteva mai di cadere. 
Harry la osservava perdersi in quei dettagli e rimaneva sempre più affascinato dalla sua innocenza, positiva, dalla sua capacità di restare ammaliata dalla semplicità. Rimaneva in silenzio mentre notava i suoi occhi balzare da un dettaglio all’altro con velocità e curiosità inarrestabile. 
“C’è un camino, Harry, guarda!” si voltò subito verso di lui, notando il caminetto accanto all’entrata. Lo avvicinò a sé, Harry le cinse i fianchi rimanendo dietro di lei. 
“Lo so” rise appena “L’ho scelta io.” Le pizzicò scherzosamente la pelle della pancia e subito la vide voltarsi fra le sue braccia, fronteggiandolo.
“Vuoi sciare, quindi?” chiese con un cipiglio in volto, temendo già una risposta positiva da parte di lui, che la guardava divertito. 
“Potremmo anche evitare di romperci una gamba, che dici?” aumentò la presa sui suoi fianchi e Livia si rilassò immediatamente. 
“E cosa mi proponi di fare?” posò una mano sul suo petto, lo accarezzò in attesa della sua risposta “Non voglio pattinare!” esclamò, ricordandosi improvvisamente delle loro avventure newyorkesi dell’anno precedente. 
“Sei mai andata giù con una slitta?” le domandò, notando la confusione formarsi nuovamente sul suo voto. 
“Una slitta?!”
“Ne affittiamo una, c’è una discesa non troppo ripida.” Le scansò i ricci dal viso ancora confuso, lei sollevò lo sguardo dal suo e sorrise divertita. 
“E tu sei sicuro che non ci romperemo una gamba?”
“Più che sicuro, Livi.” Sorrise a quel nomignolo, gli accarezzò il braccio coperto che la cingeva. 
“Mi tieni a Los Angeles se mi faccio male.” Sussurrò avvicinandosi alle sue labbra.
“Non tentarmi.” Mormorò, le sue parole si scontrarono contro la pelle fredda di Livia.
 
Livia non aveva contestato ulteriormente ed aveva seguito Harry nella scelta della slitta. Aveva addosso un’imbarazzantissima tuta da neve dai colori inusuali, troppo sgargianti per i suoi gusti, ma era l’unica che erano riusciti a trovare in poco tempo in uno dei negozi nell’hotel. Lui ne indossava una altrettanto eccentrica, ma non gli provocava alcun problema.
La conversazione fra Harry e l’addetto all’affitto dell’attrezzatura fu estremamente esilarante, Livia tentò di non ridere ad ogni parola dello sconosciuto davanti a loro, indubbiamente più esigente di Harry. Era imbarazzato da tanta premura, convinto che l’uomo non lo avesse riconosciuto. Finì per consigliare ad entrambi la slitta più grande, per lui più sicura e gliela porse solamente dopo essersi premurato, per l’ennesima volta, che entrambi indossassero un caschetto protettivo. 
I ricci di Livia faticavano a rimanere fermi in uno spazio tanto piccolo, Harry la guardava divertito mentre tentava allo stesso modo di domare i suoi. 
“Ti piacerà, Livi, e vorrai rifarlo da capo.” 
“Non ci scommetto.” Lo guardò severamente, lui rispose con un sorriso divertito e spiritoso sul volto arrossato dal freddo. 
“Io ne sono quasi certo” si sedette sula slitta e la osservò dal basso, indicandole il posto libero davanti a lui “mettiti davanti.”
“Harry.” La severità nel suo sguardo si intensificò. 
“Ascoltami!” sollevò gli occhiali dal volto e la guardò, ancora seduto in basso “Tu sei davanti, io tengo comunque le redini e ti assicuro che riusciamo a scivolare giù facilmente.” Sollevò le spalle, era tutto tanto facile per lui e Livia non se ne capacitava. Era sempre più titubante, lui divertito. 
Era tentata dal chiedergli la ragione per cui continuasse ancora a fidarsi di lui, nonostante quella fosse un’idea folle da assecondare. Tuttavia, rimase in silenzio e non disse nulla, consapevole del perché del suo comportamento senza alcuna eccezione nei suoi confronti – la tenne per sé. 
“Pronta?” le domandò, una volta che lei fu seduta davanti a lui “Hai così tanta paura?” si avvicinò al suo orecchio e le strinse una mano nella sua. 
“Forse?” domandò sorridendo timidamente “Ma tu tienimi.” Sollevò lo sguardo nel suo e vide gli occhi di Harry farsi più scuri e concentrati nei suoi. 
“Ti tengo, Livia.” 
 
Il pomeriggio si era rivelato più stancante del previsto e Livia, assecondando le previsioni di Harry, lo aveva costretto a scendere molteplici volte, dimenticandosi totalmente della paura di rimanere bloccata a Los Angeles con una gamba rotta. Non aveva ceduto all’idea di sciare, a quella non si sarebbe mai piegata. 
Erano tornati in hotel solamente dopo il tramonto, spogliandosi disordinatamente sul pavimento della stanza e finendo nudi davanti al caminetto che illuminava tremante i loro corpi, che diventavano uno solo. Era sera, la stanza era immersa nel buio che traspariva dalle finestre e la sola fiamma del camino diffondeva una luce timida, ma sufficiente per loro ed i loro corpi insicuri e sempre più vicini. La luce li accompagnava ed il calore da essa emanato scioglieva la paura posandosi sule loro pelli d’oca, rendendo le loro mani sempre impazienti, incandescenti. 
Vista dal basso, Livia sembrava detenere su di lui un potere ancora maggiore del normale, sulle sue gambe acquisiva un’insolita e misteriosa aria di autorità alla quale Harry si piegava e cedeva automaticamente, incapace di ribellarsi. 
Sotto il suo sguardo attento, Livia percepiva ogni timore scivolare e la necessità di fondersi con lui si faceva sempre più forte. Poggiò la fronte contro la sua, socchiuse gli occhi, quella vicinanza era la maniera più semplice per esprimere quello che a parole non sarebbe riuscita – in quel momento come in qualsiasi altro. Sentiva le mani di Harry correre senza timore sul suo corpo, stringerla a sé per paura che da un momento all’altro potesse scivolare via. Lei si aggrappava a lui, mormorando gli chiedeva di tenerla stretta a sé. 
 
Solo dopo cena tornarono accanto al caminetto, ora vestiti – Livia con un eccentrico maglione Gucci che non le apparteneva a fasciarle l’intera figura infreddolita. Parlando si addormentarono, nuovamente con la sola fiamma ad illuminarli e riscaldarli. La precarietà di quel piccolo focolare era tanto grande che sembrava sormontare la loro, sormontare le paure ed i timori di Livia che, poco dopo, aveva aperto gli occhi e davanti a sé aveva visto il buio della notte inghiottirli. Si sfilò dalla presa di Harry cercando la lampada sul comodino, pronta ad infilarsi fra le coperte e portarlo con sé. Passò la mano sul lenzuolo immacolato, spostò la coperta che ai suoi occhi rivelò ciò che mai avrebbe desiderato vedere, in particolar modo in un momento come quello. 
Una scatolina di velluto blu giaceva indisturbata sul materasso, le mani tremanti di Livia la aprirono e la richiusero in un istante, i suoi occhi ne ignorarono il contenuto per quanto fosse possibile ad una vista tanto attenta quanto riluttante. Aveva iniziato a respirare irregolarmente, a piangere senza rendersi conto delle lacrime che scendevano sulle sue guance arrossate e sulle sue labbra mosse dai singhiozzi silenziosi che tentava in ogni modo di reprimere. Harry dormiva ancora indisturbato e lei non avrebbe voluto per nulla al mondo svegliarlo col suo pianto e le sue lacrime codarde. 
Non voleva che quello si imponesse su di loro e li legasse quando non erano pronti a farlo, allo stesso tempo desiderava una stabilità in grado di permettere ad entrambi di non separarsi più. Vedeva l’immagine nitida di quell’anello sempre più ricorrente nella sua mente e la testa prendeva a girarle, incontrollata. Perché aveva scelto quello, perché lo aveva fatto in quel momento, le domande si sovrapponevano alla visione dei momenti precedenti in un turbinio di sensazioni nauseanti che impedivano alle lacrime di interrompersi sul suo volto sempre più rosso. 
 
Harry dormiva ancora e Livia piangeva in taxi, diretta in aeroporto. 
   
 
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