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Autore: Fiamma Drakon    03/08/2009    1 recensioni
Siamo due ora, ma in origine fummo un’unica cosa... Era una triste notte temporalesca quando, per errore, venne alla luce.
Una disperata lotta contro il tempo, i vizi e le virtù dell’animo umano per scampare all'irrevocabile punizione finale.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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5_Separazione temporanea
~ · The wickedness and the goodness can’t live separate forever · ~
Quando Emily rinvenne, si ritrovò nella sua camera da letto e, accanto a sé, suo padre, il dottor Drakon, che la guardava con apprensione paterna.
- Padre... - esordì lei, la voce rotta dall’emozione e dal rimorso - ... ho fallito. Fiamma è riuscita a fuggire -.
- Non ha importanza, tu sei ancora viva e questo è ciò che conta - disse l’uomo, sfiorandole affettuosamente un braccio.
Emily gli sorrise tristemente: nonostante i tentativi di consolazione da parte di suo padre, sapeva di aver lasciato a piede libero la creatura o, meglio, la parte dell’animo che non avrebbe lasciato altro che distruzione e morte sul suo cammino.
Fiamma avrebbe sfogato la sua ira, così a lungo repressa, su chiunque avesse avuto la sfortuna di incrociare la sua strada.
Nessuno si sarebbe salvato, lo sapeva, ne era certa: aveva avvertito il suo furore e la sua smaniosa bramosia di violenza e sangue come fosse la propria, quando si erano riunite.
Ed ora, che cos’avrebbe dovuto fare? Non aveva la più pallida idea di dove fosse diretta.
Il dottor Drakon doveva conoscere i suoi pensieri, perché, carezzandole il viso, disse: - Non preoccuparti, tornerà. So che tornerà -.
- C-come? - domandò lei, palesemente spiazzata: aveva sentito trasparire dalla sua voce una ferma avversione verso quel luogo.
- Fidati. Non potrete rimanere scisse ancora a lungo... - esplicò l’uomo.
Emily lo fissò per qualche istante, perplessa: che cosa significava? Presto avrebbero dovuto riunirsi?
Nei suoi occhi si accese uno sfavillio di malinconia e paura quando alla sua mente si affacciò la più probabile risposta alla sua perplessità.
- Padre... - mormorò, la voce intrisa di tristezza - ... siamo instabili? - domandò.
Il dottore parve intristirsi a sua volta e i suoi occhi si velarono di rimorso e malinconia, mentre si posavano sulla ragazza, accompagnati da un amaro sorriso di colpevolezza.
- Avrei dovuto dirvelo prima, ma me ne è mancato il coraggio... non volevo vedere la tristezza dipingersi sul tuo dolce viso innocente, né la rabbia omicida distorcere i delicati tratti di tua sorella, ma oramai è tardi e io non ho altro obbligo verso di voi se non quello di rivelarvi questo ultimo segreto... -
- Padre, cosa ci accadrà? -.
La domanda di Emily fu accolta da un fragile seppur sinistro silenzio.
Il volto dell’uomo fu rigato da lacrime di colpa e vergogna verso ciò che aveva fatto, verso il terribile torto che aveva commesso nei confronti della sua amata creatura, ma tutto ciò che gli rimaneva da fare era dirglielo: se non altro, forse avrebbe avuto una remota possibilità di salvezza.
- Poco dopo la vostra nascita e scissione, ho scoperto che la vostra instabilità era a livello emotivo, ma sembrava che foste riuscite, dividendovi, ad equilibrarvi in vite assestanti. Tuttavia, la creatura che eravate in origine è composta di due parti. Se queste due parti rimangono troppo a lungo separate, la creatura e, conseguentemente, voi, morirete - spiegò il dottore.
- M-moriremo? - domandò, esitante, Emily.
L’uomo annuì.
- Ho calcolato approssimativamente il tempo che vi rimane ed ormai, sta per scadere. Entro il tramonto di domani, se non sarete nuovamente riunite, morirete - concluse il dottor Drakon.
Negli occhi di Emily prese vita una forte scintilla di terrore.
Morire? Sarebbe morta, per sempre?
Era davvero giunta la fine?
Non voleva: aveva vissuto solo due anni una vita monotona, incompleta. Stando separata da Fiamma aveva perduto la capacità di provare rancore, rabbia, odio verso chiunque, aveva perduto l’orgoglio ed ogni più piccolo vizio che riconosceva gli umani come tali.
Lei era e poteva solo essere un pozzo di virtù, invidiate da chiunque, ma dal retrogusto amaro: essere umano significava essere composto di pregi e difetti, non solo da uno dei due.
Esser completamente privo di una di queste due componenti ti rendeva diverso, un essere che non era più umano: così erano gli angeli e i demoni, virtuosi e peccatori, diversi per ciò che animava il loro spirito, completamente votato al Bene o al Male.
E così erano lei e Fiamma: due parti distinte dell’animo umano, due parti che, se prese singolarmente, erano solo creature che non potevano essere definite umane in alcun modo.
Erano semplicemente l’incarnazione delle virtù e dei vizi dello spirito e, per questo, destinate all’irrevocabile punizione: la morte.
- Mi dispiace... tanto. Davvero... - mormorò l’uomo, nascondendo il viso nelle palme delle mani.
Suo padre, per aver osato dare la vita a ciò che era inanimato, era il più vile peccatore della Terra, ma non di ciò provava rimorso, bensì della consapevolezza d’essere l’unico fautore del triste destino cui lei e Fiamma si apprestavano ad andare incontro.
- Ormai... purtroppo, è solo questione di un giorno. Mi spiace davvero tanto... -.
- Padre... c’è un modo per rintracciare Fiamma? - domandò Emily.
Il dottore ci rifletté su qualche istante, poi i suoi occhi si illuminarono di una singolare luce malinconica eppur piena di speranza.
- Quando si approssima la fine, le due parti assestanti diventano instabili e facilmente soggette ai sentimenti dell’altra, la quale può, per questo, rintracciarne la posizione - disse.
Le labbra di Emily si distesero in un amaro sorriso: forse non era tutto perduto, anche se il pensiero che Fiamma, in quell’istante, stesse ponendo quanta più distanza possibile fra sé e la casa minasse pericolosamente quel suo flebile barlume di speranza.
Quando poté finalmente uscire da casa era ormai il tramonto.
La languida luce del sole che andava scomparendo oltre l’orizzonte segnava per lei l’avvento della morte, che attendeva, appostata dietro l’angolo, pronta a trascinarla nell’eterno oblio senza tempo né spazio e, con lei, Fiamma.
Calde lacrime scivolarono dai suoi occhi, bagnandole le guance.
Quello sarebbe stato l’ultimo tramonto della sua vita, perché il giorno dopo, a quella medesima ora, avrebbe potuto esser già scoccata la sua ora.
A quell’ora del giorno seguente, avrebbe potuto già essere troppo tardi.
Perché talvolta la vita era così crudele?
Scosse flebilmente il capo, cercando di scacciare quei pensieri funesti per concentrarsi sulla localizzazione di Fiamma: suo padre le aveva detto che era possibile rintracciarla dalla sua instabilità.
Spiccò così una forsennata corsa attraverso il cortile e poi via, lungo il marciapiede, nella stessa direzione presa dall’altra sua parte ore addietro.
   
 
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