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Autore: MaikoxMilo    30/12/2019    7 recensioni
Atene, fine XX secolo.
Sono passati oltre duecento anni dalla fine della Guerra Sacra che sconquassò i destini di Shion dell'Ariete e di Dohko della Bilancia, unici sopravvissuti al conflitto. Il mondo è andato avanti, tutto è cambiato, nulla è come prima, eppure qualcosa forse è rimasto, un'impronta, una parvenza. Nulla sarà più come prima, eppure i nuovi Cavalieri d'Oro sono finalmente riuniti al Santuario di Grecia, le anime liberate dal Lost Canvas dopo la distruzione di Hades hanno finalmente trovato un nuovo corpo in cui reincarnarsi e tornare a vivere. Ancora una volta uniti. Ancora una volta come paladini della giustizia. Eppure... l'ombra è in agguato, un'ombra scura e malvagia, che attaccherà il Santuario dall'interno, forse proprio per mano di uno dei più potenti Cavalieri d'Oro.
Questa storia, pur appartenendo alla mia serie principale "Passato... presente... futuro!" è fruibile a tutti, essa vede come protagonisti i futuri Cavalieri d'Oro, che crescono, imparano a conoscersi, a sviluppare il cosmo, e che dovranno affrontare i timori, le paure e i doveri a metà strada tra il mondo della fanciullezza a cui ancora appartengono, e il sacro compito a cui sono destinati ad assurgere.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aquarius Camus, Gold Saints, Leo Aiolia, Scorpion Milo
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Passato... Presente... Futuro!'
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Capitolo 2: Una mano gentile

 

 

 

Il resto della notte trascorse tra sogni agitati, risvegli improvvisi e respiri corti, tanto che al sorgere dell’alba, nonostante un fastidioso raggio di sole gli ricadesse proprio sulla palpebra sinistra, gli occhi del piccolo Camus rimasero chiusi, assolutamente ciechi a tutto l’ambiente circostante. Una parte di lui era in attesa di aspettare il bacio del risveglio che gli donava sempre sua madre sulla fronte per incoraggiarlo ad accettare e vivere il nuovo giorno. Attese. Rifiutando di alzarsi senza quel particolare gesto, ma più il tempo passava più la sua mente, disillusa, si rendeva conto che l’attesa era vana, che quel bacio non sarebbe mai più arrivato.

Non arrivò infatti, ma al suo posto una mano gentile gli accarezzò i capelli, mentre, dalle briglie sciolte dell’inconscio, lentamente prendeva le redini la ragione, facendogli così aprire i suoi occhioni blu. Impiegò diverso tempo a focalizzare chi aveva davanti; gli sembrò, di primo acchito, la versione più adulta di uno dei bambini della combriccola della sera prima, quelli che lo avevano traumatizzato con la loro curiosità, ma si rese presto conto che sarebbe stato impossibile, che per quanto avesse dormito a lungo, non poteva essere passato così tanto tempo.

“Oh, ciao, piccolo, tu devi essere Camus, vero?”

Parlava tranquillamente italiano e lo stava accarezzando sulla testa, gesto che, malgrado il nuovo azzeramento della distanza di sicurezza avuto con uno sconosciuto, non gli dispiaceva, chissà, forse perché i vezzeggiamenti erano in tutto e per tutto simili a quelli di sua madre…

“Sì, sono io...” biascicò, esausto, raggomitolandosi ancora di più nella coperta che non aveva mai lasciato.

“Bene! Il Grande Sacerdote Shion mi ha chiesto di venirti a dare una controllata e di portarti su da lui, al tredicesimo tempio. Avrebbe voluto venire direttamente a trovarti, ma i suoi doveri lo obbligano a presenziare l’ultima casa. Pensi di riuscire ad alzarti?” gli sorrise, allontanandosi di un poco.

Camus annuì senza rispondere verbalmente, poi fece quanto chiesto, tremando appena. A quel punto lo sconosciuto, simile davvero enormemente ad uno dei bambini del giorno prima, si allontanò ancora di qualche passo. Il piccolo inarcò un sopracciglio, scettico: a che gioco voleva giocare?

“Scusami, riesci a venire fino a qua?”

Camus non capiva il motivo di una tale richiesta, ma fece ancora quanto chiesto, seppur con un pizzico di incertezza sulle gambe, ancora tremanti. Il dolore dei giorni scorsi si era molto attenuato, ma faceva ancora non poca fatica a deambulare. Comunque lo raggiunse alla svelta, notando, una volta avvicinato, che teneva una sacca sulle spalle.

“Bravo, piccolo! Scusami per le richieste secche e apparentemente prive di logica, ma avevo bisogno di valutare il tuo stato di salute. - gli disse cordiale, prima di presentarsi – Io sono Aiolos, vivo due case sotto di te, nella nona, quella del Sagittario, e sono il Cavaliere d’Oro di questo segno!”

Camus lo scrutò a fondo. Era giovante, ma era già un ragazzo alto, muscolo e pienamente formato. Aveva dei bellissimi occhi verdi; verdi come i pascoli di alta montagna, o forse un po’ più scuri, come le foglie di un agrifoglio, contornati da dei capelli castano scuro, corti, che però erano compostamente ordinati sulla testa. Emanava un’aura nobile, quasi quanto il vecchio Shion, non si poteva non provare un immane rispetto per lui. Camus fu rasserenato dall’incontro con quell’individuo: non andava d’accordo con i bambini della sua età, ma con quelli più grandi, o con I GRANDI in generale, sì...

Il giovane non smetteva di sorridergli, posando e aprendo la sacca al suo fianco, svelandone così il contenuto: degli abiti nuovi, in particolare due pantaloni di una felpa, tra maglie di vari colori, due felpe e una giacca per il freddo.

“Il nobile Shion si è preoccupato di prenderti qualcosa che ti andasse bene. In verità qui usiamo vestirci alla greca o in tenuta di addestramento, ma tu sei appena arrivato, c’è ancora tempo per questo, l’importante era comprarti altri abiti puliti! - gli spiegò, cominciando ad armeggiare con gli indumenti – Mmm, vediamo, questo no, non si abbina bene, che ne dici di questo?” chiese, mostrando un paio di pantaloni con due strisce laterali e una maglia grigia con davanti un marchio quadrato scuro e la scritta ‘adidas’. Non fece in tempo a finire la frase che scoppiò a ridere nel vedere l’espressione corrucciata e di disappunto del bambino.

Seriamente… cos’era quella roba?!?

“Posso capirti, ma è solo temporaneo! Il nobile Shion ha gusti un po’… suoi, diciamo, è della vecchia scuola, per cui ai bambini vanno messi abbigliamenti sportivi. Forse tu preferivi qualcosa più di classe?” ridacchiò il ragazzo, sempre allegro.

Camus non preferiva niente. Sarebbe stato allegramente con gli abiti che aveva portato da casa e quella coperta che profumava ancora del suo mondo perduto. Non gli importava di nient’altro, invece ecco lì, quel misterioso ragazzo che, per ordine del vecchio, doveva fargli cambiare i vestiti per forza! Si sarebbe opposto con tutte le sue forze, gli fu subito ben chiaro in testa!

“Io… sto bene con questo addosso!” cercò di imporsi, indietreggiando di un passo.

“Nessuno ti butterà via niente, Camus, ma dobbiamo lavare quegli abiti con cui hai fatto il viaggio per venire fino a qui, una volta puliti potrai rimetterli!” lo provò a rassicurare, sempre con quel sorriso nobile e fiero.

Camus abbassò lo sguardo, sempre sulla difensiva. Non aveva affatto voglia di separarsi completamente dal suo mondo finito in pezzi, ma si rendeva anche conto che la maglietta che indossava era sporca, avendoci dormito anche per terra, e così i pantaloni… effettivamente un bagno e un cambio d’abiti gli sarebbe piaciuto.

Aiolos non attese una eventuale risposta verbale, aveva capito che il piccolo non era un chiacchierone, ma vide nel rilassamento di quel corpicino in apparenza fragile, il segnale che indicava il permesso ad un suo nuovo ravvicinamento. Così infatti fece, inginocchiandosi poi davanti a lui. Camus non lo guardava in faccia, ma non si era più allontanato, rimanendo imbambolato a fissare il pavimento. Era molto chiuso e timido, anche il nobile Shion glielo aveva detto, ma aveva tirato un sospiro di sollievo quando aveva constatato che, malgrado gli avvertimenti sul mutismo del bimbo, un po’ gli aveva parlato. Un assoluto passo avanti!

“Facciamo così, Camus: ora ti cambio gli abiti e ti rimetto quelli nuovi, poi andiamo in bagno e li ripongo lì, nel lavandino, sotto i tuoi occhi. Li lavo, sempre sotto i tuoi occhi, e li metto ad asciugare, così puoi prenderli quando vuoi e indossarli di nuovo, va bene?” chiese gentilmente, mentre, prendendo il piccolo da sotto le ascelle, fece per togliergli gentilmente la maglietta.

Inaspettatamente Camus, a quel gesto appena accennato ma non ultimato, svicolò via, allontanandosi bruscamente ma fermandosi subito dopo, un po’ come un cucciolo pauroso. Aiolos si morse un labbro, convinto di aver sbagliato approccio e di aver perso l’occasione di creare un rapporto con lui, almeno finché il bimbo non si decise a parlare.

“V-va bene, ma… mi cambio io!” esclamò rosso in volto, il respiro corto, come se fosse sfuggito da una bestia marina.

Aiolos lo fissò profondamente, rimuginando sulla sua reazione. Camus non voleva essere toccato, era lampante; non era chiaro se però il problema fosse dipeso dal fatto che lui era uno sconosciuto, o se proprio era il bambino che odiava essere alla mercé di altri. O forse anche entrambi. Il punto era che aveva ricevuto l’ordine tassativo di controllare le ferite del piccolo e il suo stato di salute, il vecchio Shion non era stato chiaro in merito, non aveva spiegato perché fosse ridotto così, solo di visitarlo scrupolosamente, ma come fare, se non si faceva toccare?!

“Va bene, Camus, ti cambierai da solo, non è assolutamente un problema. Sei un bimbo molto indipendente, sai?” addolcì ulteriormente la sua espressione, sorridendo. Il piccolo non rispose, ma si avvicinò di un passo. Era un bambino atipico ma pur sempre un bimbo, era intrinsecamente portato ad avere rassicurazioni, soprattutto in un ambiente estraneo come quello.

“Ti cambierai da solo… - ripeté il Cavaliere, sempre affabile, sempre rassicurante – Ma il nobile Shion mi ha detto che sei ferito e di controllare le tue condizioni fisiche, come posso fare per adempiere al mio dovere e al contempo rassicurarti che, pur toccandoti, non ti farò niente?!”

“Io… io sto bene...”

“Non lo metto in dubbio, piccolo, lo vedo che sei molto forte e audace, ma si vede anche che stai soffrendo, lo si capisce dalla tua postura leggermente incurvata e dalle gambe che ti tremano!”

Camus non poté obiettare, aveva ragione, anche se non si ricordava minimamente perché, provava ancora dolore al fianco sinistro, ai muscoli, persino alle ossa.

“Ho… ho un livido sul fianco, in effetti, ma… non mi ricordo come me lo sono procurato!” ammise alla fine, rassegnato.

“Mi permetterai quindi di darci un’occhiata?”

“E’… è solo un livido...”

Cocciuto come pochi… beh, anche quella era una caratteristica indispensabile per adempiere ai sacri doveri di un Cavaliere d’Oro!

“Se è solo un livido, a maggior ragione sarà veloce la mia visita, no?”

Stavolta Camus non rispose di nuovo, ma rimase sempre fermo lì, le guance rosse, l’espressione distante. Aiolos tentò un nuovo avvicinamento, stavolta il piccolo non si allontanò, sebbene seguitava a rimanere sulla difensiva.

“Sarà brevissimo, te lo prometto!” lo rassicurò ancora una volta, sorridendogli.

“Farai davvero in fretta?” chiese conferma, titubante.

“Certo, ci puoi contare, il tempo per vederlo e studiarlo bene, ancora di più studiare le conseguenze su di te, dopo farai tutto da solo. Ti cambierai da te, come i grandi!”

“Io sono grande!”

“Ahahahah, non lo metto in dubbio!”

“No, davvero, dovresti vedere come sono grande se paragonato alla mia sorellina, così piccola e indifesa come un petalo di un fiore!”

A quel punto Aiolos si stupì, Camus gli aveva rivelato una cosa personale, si era genuinamente aperto senza alcuna costrizione, il Cavaliere non poté che esserne felice. Decise di non perdere l’occasione e continuare quel dialogo.

“Hai una sorellina più piccola, Camus?”

“Sì, l’ho anche cambiata, sai? Come i grandi! Per questo lo sono anche io!”

Aiolos sorrise davanti a quella rivelazione, permettendosi, in quel momento che il piccolo aveva abbassato le difese, rompendo la sua postura chiusa, di regalargli un buffetto sulla guancia. Era totalmente intenerito.

“Allora, come i grandi, ti farai dare una controllata, visto che non stai tanto bene?”

A quel punto Camus gli diede un’occhiata confusa, non capendo.

“Non sono i grandi che si prendono cura degli altri?” chiese, ingenuo.

“Certo, ma, vedi, anche i grandi hanno bisogno di un parere da chi è più esperto di loro. Essere grandi non significa solo prendersi cura degli altri, ma anche lasciare che gli altri si prendano cura di noi quando noi siamo impossibilitati a farlo per una qualche tipo di ragione”

Camus ci rimuginò su. Non aveva mai valutato quella prospettiva totalmente ribaltata, se ne meravigliò alquanto.

“Allora… allora la mia sorellina è più grande di me: accetta che le cambi il pannolino e che gli tolga il vestitino senza opporsi, anzi, sorride quando lo faccio!”

Aiolos ridacchiò ancora tra sé e sé, totalmente a suo agio. Parlava così spontaneamente della sua sorellina, doveva tenere molto a lei.

“Le vuoi molto bene, vero?”

“E’ parte di me...”

Espressione un po’ forte per un cucciolo d’uomo, ma rendeva perfettamente l’idea dell’immenso marasma di emozioni che provava il piccolo.

“Allora per questa volta, solo per questa volta, prendi esempio da lei. Accetta di essere ‘piccolo’ e fatti controllare quel livido. Sei in gamba, Camus, e coraggioso sopra ogni dire, questo non può cambiare in alcun modo!”

Al suono di quelle parole, e al ricordo della sorellina, gli occhi del piccolo Camus si illuminarono per un breve attimo, facendogli trovare la forza per affrontare quella prova più grande di lui.

“Sarò coraggioso come lei, quindi!” acconsentì alla fine, rimanendo ritto davanti ad Aiolos, ma discostando lo sguardo imbarazzato altrove.

“Bravo così, piccolo!” lo incoraggiò ancora Aiolos, regalandogli una veloce carezza, prima di procedere.

Gli prese delicatamente la maglia tra le dita della mano destra, sollevandogliela per vedere l’entità del danno. Camus non si scompose, ma avvertì con nitidezza il tremore crescere in lui. Essere grande, si ripeté, tornando nuovamente a pensare alla sorellina. Lei non tremava mai quando lui la cambiava, mai, anzi sorrideva, e lui non era più capace di farlo, ma almeno sarebbe stato degno di lei, del suo coraggio.

Aiolos fissò minuziosamente il livido, o meglio, il vero e proprio ematoma coronato da dei lividi intorno, era di grosse dimensioni, in riassorbimento, ma sempre grosso. Il piccolo doveva essere stato preso brutalmente a calci da qualcuno, non c’era altra spiegazione.

“Camus, girati leggermente a destra” gli chiese educatamente e il piccolo fece quanto chiesto, mostrando, letteralmente, il fianco.

No, non erano solo quell’ematoma lì a preoccuparlo, ma anche quelli dietro, che aveva sulla schiena, un vero e proprio pestaggio in piena regola, poiché, in quella parte, erano assai rarefatte le zone rimaste del colore naturale della pelle del piccolo, le altre passavano da un color violaceo intenso ad uno purpureo. Era davvero inconcepibile! Chi mai avrebbe osato fare una cosa del genere ad un bimbo così piccolo?!

“Chinati leggermente...”

Ancora una volta il piccolo seguì le istruzioni al limite dell’imbarazzo, ma con coraggio. Aiolos scoprì quel corpicino fino alle scapole, meravigliandosi ancora una volta del chiarore di quella pelle e al quantitativo di lividi, anche se taluni erano fortunatamente sulla via della guarigione. Poi lentamente, con tocco discreto e gentile ma ugualmente deciso, gli passò le dita sulla schiena, premendo su alcuni punti.

“Hai male qui?”

“N-non molto...”

Era lampante che Camus minimizzasse il suo stato, l’occhio di Aiolos aveva visto lungo già dalle prime battute del piccolo, ma non sembrava neanche troppo sofferente a quel tocco, facendogli ben sperare per una pronta guarigione. Diverso caso era invece, sicuramente, l’ematoma più esteso, quello sul fianco.

“Girati ancora verso di me, ho quasi finito!” lo incoraggiò, seguito come sempre docilmente dal piccolo. Il suo visetto infantile era rosso purpureo, l’espressione distante ma imbarazzata. Non c’era che dire, sembrava davvero fragile in apparenza, come una porcellana. Ma, si sapeva, spesso l’apparenza ingannava.

Aveva quasi finito ed era vero, ma occorreva controllare ancora una cosa. Riprese la maglietta tra le mani, stavolta con la sinistra e non con la destra, sollevandogliela fino al petto, poi, sempre lentamente, tastò la zona lesa, applicando una leggera pressione. Stavolta non ebbe nemmeno il tempo per chiedergli se avvertiva dolore, che Camus, letteralmente, si piegò in due, tanto che lo dovette sorreggere.

“Perdonami, non volevo farti del male, ma mi pare lampante che l’ematoma, per quanto in fase di guarigione, ti provochi ancora un dolore atroce, più che gli altri numerosi lividi!”

Il piccolo non rispose, ma si appoggiò alla sua spalla, gli occhi serrati e una smorfia di dolore a solcargli il viso candido. Aiolos lo ricoprì, trovandosi ben presto ad abbracciarlo per confortarlo.

“Ok, ho finito, sei stato bravissimo, Camus!”

“Sono stato… sono stato coraggioso come la mia sorellina?” gli chiese conferma, ancora adagiato a lui. Non ricambiò il gesto ma nemmeno si allontanò, rimanendo ancorato a lui con il respiro corto.

“Certamente, e so cosa fare per farti passare più in fretta quel brutto… livido!”

“Menomale… perché devo diventare forte per lei!

Aiolos rimase qualche secondo in attesa, soppesando quelle parole. Voleva diventare forte per la sorella, e lo sarebbe diventato, senza ombra di dubbio. L’amore fraterno poteva tutto, lo sapeva bene, perché anche lui era un fratello maggiore.

“Camus, riesci a cambiarti da solo nonostante il male? Devo portarti dal nobile Shion!”

Il bambino annuì meccanicamente, raddrizzandosi e prendendo il cambio di abiti con convinzione, nascondendosi poi dietro ad una colonna in fretta e furia.

 

 

* * *

 

 

Si era infine cambiato, sebbene quegli indumenti gli stessero larghi e non gli piacessero per niente, convincendosi a seguire il giovane di nome Aiolos su per le scale che lo avrebbero portato chissà dove.

Il ragazzo si era offerto di portarlo in braccio per non farlo stancare troppo, ma il piccolo Camus aveva velocemente rifiutato, preferendo camminare con le proprie gambe, sebbene un po’ traballanti. Aiolos non aveva insistito, limitandosi a prenderlo per mano e accompagnarlo, giacché sembrava comunque fidarsi di lui, quanto bastava per seguirlo. Era molto piccolo e gracile, 5 anni e ¾ aveva, come gli aveva ripetuto più volte, ma già in lui si scorgeva un indole fiera e nobile, assolutamente non propensa a chiedere l’aiuto degli altri. Sarebbe stato senza alcun dubbio un degno Cavaliere dell’Acquario, ma avrebbe dovuto imparare a fare affidamento sugli altri, per evitare così di finire in battaglia da solo ed essere più vulnerabile. Su quel versante ci sarebbe stato molto da lavorare, senza alcun dubbio.

Stavano salendo sulle scalinate che conducevano dalla Casa di Pisces al tredicesimo tempio, quando, in direzione opposta, impegnato quindi a scendere, Aiolos scorse un viso famigliare.

“Saga di Gemini!” lo salutò affabile, fermandosi a pochi passi da lui. Il Cavaliere dallo sguardo gentile come un dio, contraccambiò quel saluto amichevole, fermandosi a sua volta. Erano i due custodi delle dorate schiere più grandi.

“Aiolos di Sagitter, sono felice di vederti stamattina, dopo il nostro incontro amichevole di tre giorni fa non ti ho più incontrato e mi stavo cominciando a chiedere se il Grande Sacerdote non ti avesse mandato in qualche missione” gli spiegò, cordiale.

“Oh, no, nulla di tutto questo! Sono stato impegnato ad allenare Aiolia fino a ieri, mi riempe di orgoglio ogni giorno di più, dovresti vedere i miglioramenti che compie passo per passo!” gli spiegò, sorridendo.

“Se continuerai ad allenarlo con così tanta determinazione, diventerà un tuo pari, o forse ti supererà, stai all’occhio, ahahaha!”

“Non chiedo di meglio, ahahaha!

Cominciarono quindi a parlare di Grande Sacerdote, missioni, doveri e di altri nomi sconosciuti, cose che Camus non capiva e che non desiderava comprendere. Meglio per lui se avessero continuato a parlare dei fatti loro, in modo da lasciarlo solo con i suoi pensieri, che intanto ci stava bene, meglio che con chiunque altro.

Purtroppo venne il momento in cui l’attenzione del ragazzo possente con gli occhi verdi e i capelli lunghi, si concentrò su di lui, portandolo a nascondersi dietro le gambe di Aiolos.

“E lui chi sarebbe? Un tuo nuovo allievo?” chiese gentilmente Saga, regalandogli un sorriso dolcissimo e inquietantissimo al tempo stesso. Il piccolo ne ebbe timore e si ritrasse ancora di più.

“Oh, no, lui è Camus, sarà il futuro Cavaliere dell’Acquario”

“Dell’Acquario? Allora le dorate schiere sono finalmente complete!”

“Sì… a detta di Shion non avrà bisogno di chissà quali allenamenti, è una sorta di prodigio già ora!”

“Davvero? Sembra molto debole di costituzione a vederlo così… ma potrà rivelarci delle sorprese se è stato trovato dal Sommo Sacerdote!”

“Lo credo anche io, ho fiducia assoluta nel suo giudizio… - rivelò, annuendo con la testa, poi si rivolse direttamente al piccolo – Camus, lui è Saga, Cavaliere dei Gemelli, nonché futuro Grande Sacerdote!”

“Non dire così, Aiolos, così mi imbarazzi...” lo fermò Saga, visibilmente a disagio, regalando però un ampio sorriso.

“Sono serio, invece! Tu più di ogni altro meriteresti quel titolo, la tua nobiltà d’animo è riconosciuta dalla gente di Rodorio e da tutto il Santuario, sei come un dio sceso in Terra, nessuno sarebbe degno e capace più di te!”

Camus di quei discorsi non ci capiva molto, era esterno alle dinamiche del cosiddetto Santuario e fuori dai suoi schemi, riusciva solo ad afferrare che colui che aveva davanti sarebbe stato il successore del vecchio signore che lo aveva condotto lì, e che per una qualche ragione sorrideva sempre. Un sorriso forzatamente gentile e sinistro sopra ogni dire. Il piccolo se lo studiò a fondo, le sue movenze, i suoi gesti, provava interesse per lui, ma non riusciva a fidarsi pienamente, come invece era stato per Aiolos. Ad un certo punto lo vide inginocchiarsi davanti a lui, sempre con quel sorriso innaturale che si confondeva con il divino.

“Ciao, piccolo, è un piacere conoscerti, come ti ha detto il mio amico, io sono Saga e...” si presentò, facendo per accarezzargli la testa, ma Camus scappò istantaneamente, nascondendosi e acquattandosi dietro Aiolos, restio sopra ogni dire a quel contatto. Alzò le braccine verso il sorriso più aperto e gentile di Sagitter, sostegno sicuro, facendogli intendere che quello sì che era il momento per essere preso in braccio.

“Che strano… i bambini in genere mi adorano e si approcciano a me con naturalezza, sei il primo che mi stupisce...” commentò Saga, in un apparente tono neutro che però sforava il fastidio. Il piccolo se ne accorse, pertanto abbassò lo sguardo, non volendoci avere più niente a che fare, rifugiandosi nell’ampio petto di Aiolos, che lo aveva immediatamente preso in braccio, senza alcuna obiezione.

“Non prendertela, Saga, Camus è un bambino molto schivo, inoltre deve aver passato una brutta esperienza, perché è giunto qua con visibili segni di pestaggio...”

“Davvero? Me ne dispiace sinceramente...” disse Saga, inarcando un sopracciglio.

“Il Nobile Shion mi ha chiesto di visitarlo stamattina, lo sto portando su proprio per parlargli dello stato di salute del piccolo!” spiegò, regalando un buffetto sulla guancia del bambino, che proprio in quel momento lo guardava quasi con adorazione.

“Allora vi lascio proseguire, perché avrete di sicuro il vostro bel da fare!” si accomiatò Saga, riprendendo a scendere le scalinate del tempio senza più degnarli di uno sguardo.

 

 

* * *

 

 

“...Quindi mi confermi che il livido è in retrocessione e in fase di guarigione, giusto?” gli chiese stancamente Shion, seduto sullo scanno del tredicesimo tempio. Quel giorno si sentiva esausto e spossato più del solito, gli anni sulle sue spalle cominciavano a pesargli sempre di più, logorandolo ulteriormente.

Non importava che la sua gente avesse una aspettativa di vita ben più alta degli altri essere umani, non si sentiva più in grado di tenere i vessilli del Santuario ancora a lungo, avrebbe dovuto scegliere ben presto un successore, in modo da poter lasciar riposare finalmente le ossa.

“Sì, mio signore, ma il livido sul fianco gli duole ancora terribilmente, ho potuto sperimentarlo io stesso...” rispose pronto, abbassando il capo in segno di riverenza. Era in ginocchio per terra con la tenuta di addestramento, Shion medesimo gli aveva dato il permesso di non indossare le sacre vestigia per non spaventare il piccolo Camus, ancora non abituato ai rigori del Tempio.

“Non ti preoccupare di questo, predisporrò dei curatori che gli spalmino un unguento una o due volte al giorno finché non sarà guarito del tutto!”

“A tal proposito, Grande Sacerdote, il piccolo non ama farsi maneggiare e non ama essere toccato, c’è voluto un po’ a convincerlo a mostrare il fianco, non credo si lasci visitare dai curatori...” lo avvertì, franco.

“Lo so, me ne sono accorto anche io prima di portarlo qua… in tal caso puoi occupartene tu, Aiolos?”

Il Cavaliere del Sagittario alzò il capo, fissandolo con sorpresa in attesa di ulteriori spiegazioni che il Sommo Shion voleva dargli al più presto, ma che fu costretto a posticipare a seguito di numerosi colpi di tosse che gli stavano sconquassando i polmoni. Impiegò diverso tempo per rifiatare.

Aiolos non si scompose, rimase chino, in segno di rispetto. Era preoccupato enormemente per le sue sorti, soprattutto negli ultimi anni la clessidra della vita del nobile Shion sembrava svuotarsi più velocemente rispetto a prima, ma purtroppo non c’era nulla da fare. Aiolos lo sapeva. Un male incurabile aveva preso possesso di lui, lo erodeva, fino a causargli un malessere lento ma fatale.

“Nobile Shion, sembrate stremato… avete usato i vostri poteri per curare questo bambino? E’ per questo che state così male?”

“Non ti angustiare, Aiolos, è vero quanto hai detto, ma era l’unico modo per salvarlo. Lui… era conciato davvero male, mi capisci? Ho dato il tutto per tutto per recuperarlo, ma non è bastato, i miei poteri non sono più quelli di un tempo, per questo serviranno i curatori. Vorrei, di tutto cuore, che Camus si senta meglio il più velocemente possibile!” rispose il Grande Sacerdote, non appena in grado di parlare, scoccando un’occhiata al piccolo che si era addormentato lì vicino, appoggiato alla colonna, totalmente sfinito.

“Avete fatto quanto avete potuto, Nobile Shion, ma… chi lo ha ridotto così? E per quale motivo poi?”

“Questo non lo posso rivelare...”

“Capisco, scusate l’intromissione...”

“In ogni caso, Aiolos, ho bisogno di un favore: puoi prenderti cura di Camus in questi primi giorni che è al tempio? Portalo agli allenamenti con Aiolia, trattalo come se fosse un secondo fratello minore per te. Ha bisogno di cure, prima di intraprendere la strada che lo condurrà a diventare Cavaliere dell’Acquario, e penso che tu sia la persona giusta per fargli fare i primi passi. Di te si fida, l’ho ben visto quando siete arrivati qui in questa sala, ce lo avevi in braccio, ed è un’ottima cosa, la tua gentilezza deve averlo raggiunto nel profondo, altrimenti non si sarebbe mai fidato di te. Non in ultimo, parli bene l’italiano, requisito indispensabile per comunicare con lui, che conosce solo due lingue” rivelò le sue intenzioni il Nobile Shion, alzandosi lentamente per dirigersi verso il piccolo Camus, prenderlo quindi in braccio e approcciarsi nuovamente al Cavaliere del Sagittario.

Aiolos si alzò a sua volta, frastornato da quel gesto, fissando intensamente il viso del Grande Sacerdote. Le rughe erano ferocemente calcate in lui, i capelli sbiaditi, tendente al bianco in alcuni punti, ma quegli occhi rosati non erano mai cambiati dalla prima volta che li aveva scorti, da quando i suoi genitori, entrambi greci ma di origini italiane, avevano chiesto aiuto proprio al Sommo per salvare lui, ancora bambino, affetto da una malattia rara e incurabile. Quel giorno la sua mano rugosa e un poco ispida si era protratta ad aiutarlo, e lui l’aveva colta con il massimo della forza vitale propria di chi non si vuole arrendere alla morte.

“Aiolos, guardalo bene, come guardi il viso del tuo fratellino, o di Mu, o di Milo… - gli sussurrò Shion, riferendosi a Camus, in un leggerissimo trono tremante – Lui è il futuro, ma è anche il passato. Tu sei ancora giovane, forse non puoi capire pienamente...”

“Non posso capire pienamente ma lo leggo dai vostri occhi e dalle vostre intense parole, non c’è bisogno di aggiungere altro...”

Shion annuì, prima di proseguire.

“Tutti voi siete il futuro, ma anche il passato, io… vi conosco uno ad uno e so che può sembrare strano ma è così, vi conosco e, proprio per questo, non posso fare a meno di volervi bene come dei fratelli, scusami il bisticcio di parole, data l’età, so anche io che sarebbe più corretto dire ‘figli’, ma lascia che un vecchio finisca di sproloquiare sui suoi discorsi...”

“Non ha importanza la parola che utilizzate, sento calore nel mio petto indipendentemente da questo...” lo rassicuro Aiolos, sinceramente emozionato.

“Il futuro deve essere protetto, esso è la speranza che si annida nei nostri cuori, ci permette di andare avanti e di non arrenderci… proteggerai quindi questo piccolo frammento di futuro? Lo proteggerai insieme agli altri?”

“Certo, mio signore, avete la mia parola sul mio onore di Cavaliere!” giurò solennemente Aiolos, avendo l’impulso di inginocchiarsi ulteriormente, ma Shion non glielo permise, abbracciandolo invece teneramente. Camus stava proprio nel mezzo, non si riscosse e non si svegliò, ma fu come se il Sommo Shion abbracciasse anche lui.

“Ho la tua parola, Aiolos, grazie! Mi hai risollevato l’animo!”

 

Camus aveva accettato di essere preso in braccio, sempre meglio che finire tra le grinfie dell’amico di Aiolos che sorrideva sempre, ma non aveva previsto che si sarebbe addormentato da lì a breve e perdere così la cognizione del tempo. Si riprese solo dopo un po’ avvertendo di essere portato in braccio da qualcuno. Si stropicciò gli occhi e sbadigliò, tappandosi educatamente la bocca con le mani, poco prima di guardarsi intorno spaesato. Non era più in mezzo alle colonne greche del tempio, ma su un sentiero battuto stretto ai margini, intorno a lui vegetazione e il profumo distinguibile degli ulivi.

“Oh, Camus, ti sei svegliato!” lo salutò Aiolos, regalandogli un largo sorriso e permettendosi di donargli una carezza tra i capelli.

“Dove… sono?”

“Appena fuori dal Tempio, oggi ti porto a conoscere uno dei tuoi futuri compagni, prima di portarti alla Casa dell’Acquario e lasciarti riposare”

“Ok, se proprio devo...” si lasciò sfuggire Camus, sospirando sonoramente. Aiolos ridacchiò per la schiettezza, ma non se ne meravigliò, non più. Come aveva pensato fin dall’inizio, il piccolo avrebbe dovuto lavorare molto sulla socialità, forse lo scalino più ostico, dato il suo temperamento.

Finalmente raggiunse la casetta vicino alla spiaggia dove, durante gli addestramenti, si allenava con il fratello più piccolo quando non volevano essere interrotti. Il piccolo leoncino, da accordi, doveva essersi allenato per tutta la mattinata.

“Lia, vieni fuori, ti devo presentare un amico!” lo chiamò a gran voce, avvicinandosi verso la porta.

Al suono di “eccomi, fratellone”, una zazzera dai capelli castani si fiondò su di lui a braccia spalancate, fermandosi però di colpo quando riuscì a distinguere l’esserino che era tra le braccia del fratello. Si irrigidì di colpo, non visto, mentre Aiolos posava per terra Camus, tutto intento a scrutarlo con freddezza. Lo aveva riconosciuto. Faceva parte della combriccola di scapestrati che la sera prima avevano violato la sua casa e, soprattutto, violato lui, toccandolo impunemente senza che il piccolo avesse potuto fare qualcosa. Al solo pensiero se ne vergognò ulteriormente, ma non lo voleva dare a vedere, non in sua presenza.

“Aiolia, lui è Camus, il futuro Cavaliere dell’Acquario, sarà un tuo compagno e, per questi primi giorni di ambientazione, osserverà i nostri allenamenti” gli disse, tutto in un fiato, convinto che il fratellino, naturalmente propenso agli altri, sprizzasse energia da tutti i pori a quell’idea. Ma così non fu.

“Oh, ehm...” biascicò solo, grattandosi la testa a disagio.

Camus se ne stava lì, immobile a braccia conserte, squadrandolo da capo a piedi, un po’ come si poteva studiare un ragno schifoso che fortunatamente era stato trovato morto. Aiolos non se ne meravigliò, ma quello che per lui era sorprendente era la reazione del fratello più piccolo.

“Aiolia, tutto bene? Non è da te rimanere lì impalato quando conosci una nuova persona! E’ vero che parlate due lingue diverse, ma ci sono io qui che posso mediare, non fare il timido, fratellino quasi non ti riconosco più, sai?!” ridacchio Aiolos, cercando di stemperare la tensione.

Il piccolo leoncino non sapeva proprio come sbrogliarsi da quella situazione, non senza rivelare che, insieme agli altri amici, aveva disubbidito alle regole. Pertanto rimase lì, corrucciato, torturandosi le dita delle mani nervosamente.

“Aiolia…?” provò nuovamente a chiedere spiegazioni il fratello, ma fu il turno di Camus di parlare.

“E’ perché non è la prima volta che mi vede...”

Chiaro. Secco. Aiolia non capì cosa avesse detto al fratello maggiore in italiano, ma capì dallo sguardo di Aiolos, che saettò subito smarrito verso di lui, che avrebbe presto svuotato il sacco, quello spione!

“No, dannato! Zitto! Zitto!!! Ti prego, ti prego… non voglio perdere la faccia davanti a lui!!!” blaterò, sbracciandosi, ricordandosi poi che l’altro il greco non lo capiva affatto. Allora iniziò a gesticolare come un forsennato, coniugando i movimenti delle braccia con dei sonori “sssssssssshhh!!!”, versi che di sicuro non fecero fermare il piccolo Camus, anzi, lo portarono a proseguire nel suo discorso.

“Cosa intendi per…?”

“Che ieri sera lui – e lo indicò – e altri bambini sono venuti a trovarmi fuori dal tempio, hanno invaso il mio spazio vitale senza il mio permesso!” liquidò la faccenda Camus, un poco supponente nei modi.

A quel punto Aiolos sospirò, tornando a guardare il fratellino che, colto in fallo, cercava in ogni modo di non incrociare il suo sguardo.

“Aiolia, è vero quello che ha detto Camus?”

“S-sì… - balbettò, prima di trovare nuovo slancio – MA L’IDEA E’ STATA DI MILO, E’ LUI CHE SI E’ MESSO IN TESTA DI ANDARLO A TROVARE!!!”

Aiolos sospirò, apprestandosi poi a raggiungere il fratellino e posargli le mani sulle spalle. Voleva che lo guardasse negli occhi.

“Lia, tu sai che, se ti fai coinvolgere, anche tu ne sei responsabile, vero?”

“S-sì, ma...”

“Sapevi di non poterlo fare, vero?”

“Sì, fratellone...”

“Ma lo hai fatto comunque...”

“Milo voleva conoscerlo e… anche io...”

“Bene, e non c’è nulla di male in questo, ma… guarda attentamente Camus, guardalo ora!”

Aiolia fece quanto chiesto, anche se, in quel momento, provava solo una forte antipatia per quel bambino che stava per rovinare tutto, spifferando a suo fratello i fatti della sera prima. Poi però lo guardò meglio, vide il suo visetto pallido, solcato da un livido sulla guancia, vide i suoi occhi, sfuggenti, e la sua postura rigida: era a disagio anche in quel momento, non solo per la sera prima.

“Ti sembra che Camus la pensi come voi? Ti sembra che voglia conoscere altra gente?”

“N-no...”

“E infatti è così, Aiolia, Camus ha un vissuto diverso rispetto a quello tuo e di Milo, che siete naturalmente propensi a conoscere gli altri. Camus è chiuso, timido, probabilmente traumatizzato, impiegherà molto di più di voi ad aprirsi e voi dovete rispettarlo!”

“Non è che è solo un asociale e basta?!?”

“AIOLIA!”

“Scusa… scusa!”

“Anche fosse così come dici, bisogna sempre rispettare gli altri, i loro ritmi, il loro carattere, pensa se fossimo tutti uguali, se tutti fossero come te e Milo, cosa succederebbe?!”

“Che il mondo sarebbe fastidiosamente chiassoso!” rispose lesto Aiolia, cominciando a capire.

“E’ proprio così, fratellino! - ridacchiò sereno Aiolos, regalandogli un buffetto sulla guancia – Ora mangiamo qualcosa e poi faremo vedere a Camus i nostri allenamenti quotidiani, ne rimarrà carpito!”

Quelle sole parole fomentarono Aiolia, che saltellò più volte, brioso.

“Puoi contarci, fratellone!!!” esclamò, tutto contento.

Aiolos annuì, soddisfatto, tornando poi a concentrarsi su Camus, rimasto in disparte e sulle sue.

“Coraggio, Camus, vieni anche tu dentro, mangiamo qualcosa e poi ti inizierò alla strada per diventare Cavaliere!” lo incoraggiò, facendogli strada verso la porta.

Camus non disse niente ma lentamente si avvicinò a sua volta, fiancheggiando Aiolia senza però degnarlo di uno sguardo. A quel punto il leoncino si sentì in dovere di dargli un avvertimento tra i denti, anche se sapeva che non l’avrebbe compreso, giusto quanto bastava per marcare, per così dire, il territorio.

“Per questa volta va bene, Camus, ma la prossima volta che metterai di nuovo a rischio il rapporto tra me e mio fratello, te la vedrai con me in uno scontro ad armi pari!” esclamò tutto risoluto, in greco, con quel pizzico di boria che non guastava mai per far rispettare le gerarchie.

Camus sospirò, infastidito, prima di scoccargli una breve occhiata, gelida e impetuosa al tempo stesso.

Je suis désolé, je n’ai pas compris!

 

 

 

 

 

 

Angolo di MaikoxMilo

 

Ed eccomi qui con il secondo capitolo, ho pensato e ripensato a lungo se pubblicarlo prima o dopo Capodanno, scegliendo alla fine la prima opzione, e quindi eccolo.

Innanzitutto un sonoro ringraziamento a tutti voi, questa storia è piaciuta molto già dal primo capitolo, da tempo non mi capitava di partire così bene con una storia, capisco le difficoltà: EFP è cambiato molto in questi anni, in più le mie storie sono il seguito delle prime che scrissi a partire dal 2011, quindi hanno l’aggravante, per così dire, che per capirle è di vitale importanza partire dalla Guerra per il Dominio del Mondo, cosa che, lo concepisco, non tutti sono disposti a fare.

Ad ogni modo questa storia, intessuta nella mia serie principale, ma fruibile a tutti, è partita davvero bene, spero possa continuare così!

In questo capitolo, che ha sempre Camus, come protagonista, vediamo interagire il piccolo con Aiolos, che avrà un ruolo determinante per la sua formazione, lo vedremo proseguendo in questa avventura. Compare anche Saga, il che mi da sempre un po’ il problema per la caratterizzazione, spero che, nella sua brevità nell’apparire, non sia andata troppo OOC. Che dire di Aiolia? Il piccolo stravede per il fratellone, lo si percepisce bene e, anche se non parte benissimo con Camus, diventerà suo amico, non preoccupatevi! :)

Direi di aver detto tutto anche questa volta, spero possiate gradire anche questo capitoletto, nel mentre colgo l’occasione per augurarvi un felice Capodanno nella speranza che il 2020 possa regalarci qualcosa di buono (io lo spero, in tutta franchezza! XD)

Al nuovo anno con il prossimo aggiornamento che probabilmente sarà sulla Melodia della Neve! Ciauuuuuu! :D

  
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