Anime & Manga > Fairy Tail
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Autore: Meli_mao    04/01/2020    3 recensioni
Dal testo:
-“Un pacchetto di fazzoletti?” lo sentì chiedere, la voce ironica e uno schiocco di lingua.
“Sì beh, magari ne ha assolutamente bisogno...” continuò lei farfugliando.
“Fazzoletti di carta...” Natsu afferrò divertito il pacchetto mezzo vuoto, osservandolo con attenzione.
“I fazzoletti servono sempre quando meno te lo aspetti… e se non li hai...” Fu un errore sollevare gli occhi in quelli di lui, perché Lucy si morse la lingua e si zittì di colpo sotto l’occhiata canzonatoria di Natsu. -
La verità è che non gli piaci abbastanza, o forse si? I protagonisti di Fairy Tail nelle relazioni fra uomini e donne di tutti i giorni. Esattamente come nel film. Un'idea diversa, ma non troppo. Spero vi piaccia.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gray/Juvia, Natsu/Lucy
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO UNO

Quando il telefono non squilla

 

 

“Non hai sentito suonare il mio telefono, vero?”

Sting Eucliffe uscì dal bagno con l’asciugamano in vita e i capelli ancora completamente bagnati. Afferrò il suo cellulare controllando al volo lo schermo.

“Cosa me lo chiedi a fare se poi controlli tu?” brontolò il suo amico seduto sul divano, intendo a ingurgitare patatine e sorseggiare birra.

“Comunque no” concluse, voltandosi appena verso il biondo.

“Cazzo...” si lasciò sfuggire burbero, raggiungendo l’altro davanti alla tv.

“Yukino mi ha detto il solito posso richiamarti fra pocoiniziò melodrammatico “Ma è passata un’ora e ancora nulla” afferrò una delle birre appoggiate sul tavolino e fece un lungo sorso.

“La richiamo?” fissò i suoi occhi in quelli dell’amico che perplesso lo stava fissando quasi dispiaciuto.

“Tu?” chiese quello, dubbioso “Assolutamente no!”

Se c’era una cosa che Natsu Dragneel non capiva proprio era come fosse possibile diventare così patetici per una donna.

“Forse dovrei richiamarla per dirle che ormai sono a casa...” continuò imperterrito Sting.

“Cosa?” Natsu quasi si ingozzò con una patatina.

“Sono le dieci di sera, cosa vuoi dirle...”

“Le dirò che sono a casa ormai, quindi niente cena...” Il biondo si alzò di slanciò, con un unico obbiettivo in testa.

“No!” ritentò Natsu, sempre più stralunato “Non ti ha più richiamato, vuol dire che non voleva venire con te a cena” cercò di mettere la verità sotto il naso dell’altro senza risultato.

“La chiamo e le dico che ormai sono apposto, che quindi se voleva chiamarmi ormai di lasciar stare. Così lo sa! È un’idea geniale!” il discorso perverso stava iniziando a prendere una piega strana.

“Certo così se poi lei davvero volesse richiamarti...” ma non concluse la frase, sia perché ormai Sting aveva fatto partire la chiamata, sia perché nemmeno Natsu sapeva dove avrebbe portato quel discorso. Scosse il capo rassegnato, i suoi capelli rosati gli solleticarono la fronte.

Nel mentre il telefono suonava e suonava, mentre il biondo col viva-voce inserito osservava l’amico annuendo sempre più convinto.

Poi il silenzio. Sting si illuminò appena, sicuro di sentire la voce all’altro capo rispondere. Invece, solo un secondo dopo, la segreteria telefonica lo fece tornare coi piedi per terra.

Il rosato lo guardò arricciando le labbra, lanciandogli un sorriso triste.

Erano amici da una vita, quasi dividevano la stessa casa abitando uno di fronte all’altro sullo stesso pianerottolo. Si erano addirittura scambiati qualche ragazza, anni addietro. Ma Yukino aveva in qualche modo diviso i loro sentieri. Sting si era preso una di quelle cotte adolescenziali che Natsu faticava ancora a comprendere. Perché sì, lei era una gran bella ragazza, ma Sting avrebbe potuto avere l’intero quartiere ai suoi piedi. E il grave era che non concludeva più con nessuna da quando aveva in testa lei.

“Dai vestiti, sto morendo di fame...” gli disse appena, riappogiando la birra sul tavolo e alzandosi per afferrare la giacca.

L’amico gli sorrise riconoscente, voltandosi verso il bagno.

“Arrivo subito” sussurrò, sbattendo la porta alle sue spalle.

 

Gray Fullbuster abitava in uno di quegli attici moderni e tecnologici con vista su tutta la città. Gli amici lo prendevano spesso in giro per la sua ossessione per il minimal, con cui aveva arredato casa. Dicevano che rendeva il tutto sterile e freddo. La verità era che la sua ragazza, Lluvia, aveva scelto gran parte del mobilio e lui non aveva trovato nulla da obbiettare. Tuttavia, chi li conosceva non riusciva nemmeno minimamente a pensare che fosse proprio lei quella dai gusti così ospedalieri, mentre lui si sarebbe fatto andar bene qualsiasi cosa.

Perché lei era bizzarra, a partire dal colore dei suoi capelli e dal suo strano modo di parlare sempre in terza persona. Perché amava il mare, il colore del cielo. E perché chiunque l’avesse conosciuta non poteva non adorarla, nonostante tutto, per la sua gentilezza e per la sua bellezza. Perché era facile innamorarsi di lei, del suo sorriso candido come la neve ma così accecante come il Sole. Mentre lui era sempre stato il taciturno, quello in disparte. Il ragazzo popolare per via di amici popolari, con cui si era ritrovato coinvolto a sua insaputa. Gray era il ragazzo bello e solo, che non manifestava mai un sentimento, perché esporsi non era conveniente per nulla nella vita.

Quando si richiuse la porta di casa alle spalle un profumo di arrosto aleggiava per la stanza.

“Sono tornato” disse appena, mollando la borsa della palestra per terra e sporgendosi verso la cucina.

Lluvia, coi suoi lunghi capelli blue gli dedicò un sorriso da sopra la spalla, senza spostarsi dai fornelli. Lui le si avvicinò piano, lasciandole un bacio sulla nuca da dietro.

“Tutto bene?” le chiese, sporgendosi a guardare le padelle sul fuoco. Non era un buon segno che lei stesse cucinando tutta quella roba.

“Oh sì!” Ma la sua voce risultò un’ottava più alta del normale.

Gray alzò un sopracciglio, inclinando il capo per incitarla a parlare.

“Lluvia ha appena finito di parlare con sua sorella...” buttò lì candidamente, assaggiando con un cucchiaio il sugo.

“Mmh...” la incitò lui, dirigendosi verso il cassetto per iniziare ad apparecchiare.

“Beh, Levi ha comunicato a Lluvia che si sposa!”

La bomba era sganciata.

Il ragazzo ci mise qualche attimo di più per afferrare la tovaglia, irrigidendosi appena.

“Davvero?” iniziò cauto “Bello...” emise incerto.

Lei si bloccò con un coperchio a mezz’aria.

“Sul serio Gray pensa che sia bello?” si voltò per guardarlo in faccia, con gli occhi spalancati e le labbra contratte.

“Certo che lo penso...” insistette lui, dedicandole un occhiata “Gajil sembra un bravo ragazzo” concluse.

“Quindi Gray crede sia bello che Levi e Gajil si sposino, ma non crede che noi invece siamo strani non sposandoci” un sorriso ironico smosse le labbra di Lluvia mentre appoggiava il coperchio nel lavandino.

Lui non trattenne una mezza risata, afferrando ora i bicchieri e le posate.

“No...” allungò appena la “o” in modo ironico “Te ed io abbiamo solo deciso di non sposarci” mollò tutto sul tavolo e le si avvicinò con calma.

“Le persone che si sposano sono strane” continuò. Lluvia sbuffò una mezza risata.

“Perché pensaci un attimo, se sono davvero così felici perché sentono tutto questo bisogno di sbandierarlo?” le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchia, e con l’altra mano le accarezzò un braccio.

“Se hai bisogno di mettere i manifesti sei solo una persona insicura” fece un gesto vago con la mano, tornando subito dopo ad accarezzarla. Lei sorrideva impercettibilmente.

“Persa a te e alle tue amiche… hai un grande rapporto con loro, siete amiche da anni, condividete tutto, no?” incalzò sicuro.

Lei annuì senza fiatare.

“Ecco, ma non senti il bisogno di andare a firmare un documento e a pagare qualcuno perché accerti questo vostro rapporto, giusto?”

Lluvia scosse il capo divertita.

“Certo, Lluvia ha capito”

“E quindi perché dovrebbe essere diverso fra me e te… io ti amo, mi sono impegnato con te” e dicendolo lanciò un occhiata rapida all’intera casa “Facciamo tante cose insieme, una bella vita. Perché non possiamo solo essere felici e basta?” si staccò da lei, guardandola sicuro.

Lei distolse lo sguardo.

Probabilmente aveva ragione, questo Lluvia lo sapeva. Eppure non riuscì a nascondere una sensazione di insoddisfazione generale. Si strinse nelle spalle, nell’istante esatto in cui lui si allontanò da lei. Tenne lo sguardo alto, con un sorriso finto divertito, cercando di sembrare come sempre assolutamente d’accordo con lui.

“Ti aiuto con la cena” Gray le scivolò accanto, afferrando la padella dal fuoco e preparandosi a portarla in tavola.

Juvia rimase immobile, in piedi, in mezzo alla stanza. Adesso che gli dava le spalle poté abbassare lo sguardo dondolandosi sui talloni come in procinto di far qualcosa senza sapere esattamente cosa.

Annuiva ancora con la testa ripetendosi il discorso di lui nella mente, ma gli occhi lucidi non erano esattamente d’accorso col suo cervello.

Lo osservò con la coda dell’occhio, serio e concentrato mentre riempiva i piatti di entrambi. Lo vide leccarsi un dito accidentalmente sporco di sugo, e sorriderle come se niente fosse subito dopo.

Non si seppe spiegare come, ma all’improvviso tutto ciò che con fatica aveva costruito in quegli anni le parve incompleto.

Le sembrava vuota la sala da pranzo, troppo bianca la cucina. O ancora troppo semplice la cornice con le loro foto appesa al muro. Il divano senza cuscini le parve totalmente inappropriato, mentre la televisione spenta in mezzo al muro era un quadro incompleto e mal riuscito, totalmente solo.

Le mancava un tassello, un tassello di tutto. Si sentì all’improvviso un puzzle lasciato a metà. E più guardava il ragazzo moro davanti a lei, più si chiedeva se fosse davvero lui l’altra metà che per tutta la vita aveva aspettato, inseguito, raggiunto e quasi sposato. Ma al tempo stesso si chiese anche se quella sensazione sarebbe cambiata una volta avuto un anello al dito. D’istinto si osservò la mano sinistra, sfiorando l’anulare con il pollice. Forse dopotutto non era quello il problema.

Amava Gray, ne era convinta. Lo amava da così tanto tempo, da quando era un ragazzino magro con cui prendeva l’autobus per andare a scuola. L’aveva amato tutti gli anni in cui lui cresceva e diventava uomo con qualcun’altra, mentre usciva a bere con gli amici e faceva tardi le notti in discoteca. L’aveva amato il giorno in cui per caso lui l’aveva riconosciuta al supermercato e le aveva sorriso ricordandosi il suo nome. Tremava ancora ripensando al primo messaggio ricevuto da lui il giorno dopo e al loro primo appuntamento ufficiale. Aveva trovato romantico il tocco leggero e intimorito delle labbra di lui sulle sue, così diverso dai baci che gli aveva visto dare alle altre prima. Si era creduta speciale quando lui l’aveva portata in quella casa vuota, dicendole che se a lei fosse piaciuta lui l’avrebbe comprata perché era solo il suo parere che lui voleva. Gliel’aveva lasciata arredare, sorridendo ogni volta che tornava dal lavoro e la vedeva intenta a scegliere un colore per le pareti o per qualsiasi altra cosa e la prendeva in giro perché tanto avrebbe comunque fatto tutto o bianco o azzurro.

E poi lo amava ora, perché non avrebbe mai saputo che lei in quel supermercato ci andava tutti i giorni per vedere lui, e ancora perché non sospettava minimamente che lei sapesse i nomi di tutte le ragazze con cui era uscito e li tenesse scritti su un file al pc con tanto di password segreta. O che quando aveva visto lui entrare in quel palazzo la prima volta aveva pensato che lì ci abitasse un altra, ed era rimasta tutto il giorno a piangere a casa finché come un’idiota non aveva scoperto che quell’appartamento era vuoto ed era per loro due, insieme.

Non c’erano mai stati “ma” o “però”. Eppure in quel preciso attimo in cui il suo sguardo cadde sulle sue dita, Lluvia riuscì solo a pensare che tutto l’amore che lei poteva dare forse non sarebbe stato più sufficiente.

 

 

Lucy camminava per la stanza vuota, guardandosi attorno incuriosita, lanciando di tanto in tanto occhiate allo schermo del cellulare stretto in mano.

“La state sistemando bene” quasi urlò, cercando di sovrastare il casino degli operai che picchiavano al piano di sopra.

Erza le sorrise allegra, sistemandosi i capelli rossi dietro le spalle.

“Ancora nessuna chiamata?” buttò lì osservando il telefono della bionda.

Lei scosse il capo, rassegnata.

“Sarà impegnato con il lavoro” tentò dolcemente, stringendosi la coda.

“Dopo una settimana...” Lucy si accigliò ironica.

“Magari è fuori città” ritentò l’altra.

“I messaggi arrivano lo stesso” la bionda sbuffò spazientita.

“Beh senti...” Erza la oltrepassò dirigendosi verso la cucina “Gerard ed io non ci siamo sentiti per mesi, MESI, dopo il nostro primo incontro ed ora...” aprì le braccia con un sorriso “Ora abbiamo preso casa insieme ed è fantastico”

“Davvero?” Lucy la seguiva senza ascoltarla troppo.

La rossa aprì il frigo, prese un budino pronto al cioccolato e ne diede uno all’amica che ringraziò.

“Panna?” ma Lucy scosse il capo, riafferrando il cellulare per guardare se mai fosse arrivato qualcosa.

“Ora smettila!” l’altra si parò di fronte a lei, perentoria, con un’espressione criminale in volto.

“Quando ti ho dato il numero di Sting l’ho fatto perché ti distraessi un po', non perché diventasse un ossessione per te” continuò a fissarla con un’espressione arcigna.

“Ha detto che dopo il lavoro si ferma sempre a quel locale dove mi ha portata l’altra sera, il Fairy Tail” Lucy distolse lo sguardo dalla figura dell’amica che ancora era di fronte a lei con la mani sui fianchi.

“Forse dovrei passare a farci un giro...” tentò abbassando la voce. Ma Erza l’aveva sentita benissimo.

“Ti prego, non farlo!” le disse, addolcendo lo sguardo come se avesse davanti un cucciolo di cane.

La bionda le dedicò un sorriso insicuro, cercando di assecondarla. Ma la mano attorno al telefono si strinse a pugno. Ormai aveva deciso.

 

Natsu se ne stava con la fronte appoggiata contro il piano freddo della scrivania, sommerso da fogli e fogli che avrebbe dovuto visionare e firmare. Fuori dalla porta sentiva la musica alta del locale e vedeva le ombre dei clienti passare avanti e indietro con i loro cocktail in mano.

Qualcuno bussò, obbligandolo a tirarsi su.

“Ehi Natsu” la figura sorridente di una delle ragazze del locale fece capolino nell’ufficio “Posso?”

Lisanna era la fotocopia della sorella maggiore. Stessi capelli argentei, stesso sorriso cortese, stesso modo di camminare, stesso seno prorompente. Lui grugnì appena, afferrando una penna al volo.

Mira, la sorella maggiore, lavorava da lui da anni. Ormai affidava a lei quasi ogni cosa. Era affidabile e disponibile e i clienti la adoravano. Intere comitive di ragazzi venivano lì da tempo solo per lei. Così quando il rosato aveva saputo che Lisanna cercava lavoro, non aveva assolutamente obbiettato nulla alla sua assunzione. Senza contare che lei e lui si conoscevano da molto prima, da quando il locale era ancora in mano al vecchio Makarov, il nonno di Natsu, e loro due ragazzini ci andavano dopo la scuola e si sedevano a studiare (Lui per lo meno ci tentava) e Lisanna lo interrogava, mentre Mira gli suggeriva le rispose.

E poi era cresciuto, e gli ormoni avevano avuto la meglio. E lei era bella, e così vicina e disponibile. Ed era stato facile. Perché lei era innamorata di lui da sempre. Aveva persino pensato di ricambiarla per un po'. Ma poi aveva benedetto i consiglio di Sting, sul mai esporsi troppo.

Perché una volta passata l’intesa sessuale si era reso conto che non poteva darle tutto il resto. Ed era stato semplice allontanarsi, lo era sempre se non avevi mai detto qualcosa di compromettente prima. Perché se lei si era illusa lo doveva solo a sé stessa, non a lui.

Ma da vero idiota con Lisanna ci ricascava un po' troppo spesso, soprattutto quando era sommerso dal lavoro e non aveva avuto tempo per trovare qualcuna. Lei era sempre lì, col suo sorriso e la scollatura provocante.

“Scusami se ti disturbo” la ragazza interruppe i suoi pensieri candidamente “Sai mi chiedevo se riesci a darci una mano, il locale è pienissimo e Mira avrebbe bisogno di un aiuto al bancone”

Natsu ci pensò un attimo, guardandola perplesso e riguardando la montagna di documenti davanti a lui.

“Sono davvero occupato” emise con uno sbuffo.

“Si tratta solo di un’ora, finché c’è l’orario aperitivo” ritentò lei “Poi potrei trovare il modo per farmi perdonare per averti distolto dal tuo lavoro” aggiunse sempre con un sorriso angelico.

Lui alzò un sopracciglio.

“Mmh senti Lis, quello che abbiamo fatto ogni tanto è davvero carino” sottolineò appena la parola con la voce, muovendo la penna a mezz’aria. Lei si irrigidì sulla soglia della porta, afferrando lo stipite con una mano.

“Però stasera ti ho messo in turno proprio perché io dovrei finire queste cose e non posso stare sul banco” continuò imperterrito “Più stai qui con me a parlare più di la restano indietro con il lavoro da fare, no?” le chiese.

Si sentì un idiota nel vedere il suo sorriso spegnersi di colpo. Perché era vero, lui era fatto così e lei era stata una piacevole distrazione in diversi momenti della sua vita, ma la conosceva da anni ed essere così stronzo con lei era comunque fuori luogo, dato che non era un’estranea.

“Scusami” aggiunse cercando di mettere una toppa allo strappo che aveva appena fatto.

Lei si strinse nelle spalle.

“Tutto bene?” incalzò di nuovo “Appena finisco vi raggiungo” acconsentì infine, non troppo convinto.

Lei annuì con un flebile “Grazie” e si voltò per andarsene.

“Ah Lis” la richiamò lui. Lisanna si voltò speranzosa, guardandolo dolcemente.

“Mi chiudi la porta?” chiese Natsu prima di cominciare finalmente a leggere il primo plico di documenti con uno sbadiglio.

Il sorriso che increspò le labbra della ragazza divenne di ghiaccio. Tornò sui suoi passi, afferrò la porta e se la sbatté alle spalle, prima di tornare al lavoro.

 

 

 

Angolo dell’autrice:

Buonasera. Ho aggiornato abbastanza presto dal momento che volevo iniziare a far entrare nel vivo la storia, iniziando a dare un poco di spessore a tutti i personaggi. Non vi nascondo che sono un’inguaribile romantica e che sto ancora valutando un paio di modifiche per alcuni personaggi rispetto alla trama originale. Ma è ancora tutto da vedere. Nel mentre eccovi il primo capitolo. Spero vi piaccia.

Vorrei ringraziare di cuore daimler (Seguo la tua storia e la adoro), The Rosablue91, Cri cri (sto leggendo anche le tue storie su Natsu e Lucy e mi piacciono un sacco) e Sissi1978 per avermi lasciato un commento positivo. Siete state gentilissime. Spero che la storia continui a piacervi.

A presto

Meli_mao

   
 
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