Videogiochi > The Arcana. A Mystic Romance
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Autore: LuLuXion    09/01/2020    2 recensioni
Hanan è una giovane maga senza memoria, che negli ultimi 3 anni ha vissuto una vita tranquilla, protetta dal suo maestro Asra. Le cose però cambiano, quando si ritrova a prendere parte ad una curiosa indagine: dovrà scovare il dottor Devorak, accusato dell'assassinio del conte Lucio, per conto della contessa Nadia. E così Hanan si ritrova a scoprire segreti ben più intricati di quanto si aspettasse, tanto da arrivare a far luce sul suo passato perduto. Il tutto condito dalla giusta dose di magia!
[NOTE: ho ripercorso la route di Asra, con qualche piccola aggiunta da parte mia! Avviso quindi che ci saranno SPOILER per chi non ha completato ancora il gioco!
DISCLAIMER: tutti i personaggi e le ambientazioni appartengono alla Nix Hydra. Questa fanfiction è stata realizzata senza alcuno scopo di lucro.]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Mi sveglio con la luce chiara del mattino, che penetra tra le fronde del salice sotto cui sono stesa, nei giardini del palazzo. I raggi di sole si posano sui miei occhi, rubandomi a quel riposo che mi sto concedendo dopo una nottata strana. Stamattina, a colazione, Portia mi ha informato che avrei avuto l’intera giornata libera. Qualcosa a proposito dei mal di testa della contes… ehm, di Nadia.
Già, Nadia. La contessa ormai mi ha presa in simpatia, o almeno così pare. Certo, ho dovuto provarle nel modo più assurdo possibile che le mie doti magiche non erano le fesserie di una ciarlatana, ma ora sembra che si fidi di me e di ciò che gli Arcani mi sussurrano.
Ho accettato di aiutare Nadia a scovare il dottor Julian Devorak, assassino del defunto conte Lucio, ma oggi mi è stato concesso un giorno libero e, dopo questi ultimi due giorni movimentati, ho tutta l’intenzione di concedermelo davvero.
E quindi eccomi qui, senza compiti da svolgere, seduta all’ombra del salice a godermi l’aria mattutina e riposare.
…Preoccupata.”
Uhm?
Giurerei di aver udito una voce. O quel che sembrava un’eco, almeno. Una vocina, un sussurro lontano.
“Preoccupata!”
La voce si fa più chiara ed ecco che una piccola presenza familiare si palesa ai miei occhi. Faust, il Famiglio di Asra. Il mio maestro l’ha mandata da me poco dopo la sua partenza. A detta sua, si sentiva più sicuro a saperla con me…
Faust se ne sta appesa a testa in giù, ciondolando come una liana spinta dalla brezza leggera. Ma è stata lei a parlarmi? O me lo sono immaginato? So che Faust ed Asra parlano spesso tra loro, ma… io non dovrei riuscire a udire la sua voce, o sbaglio?
“Faust? Sei… sei tu che hai parlato?”
“Preoccupata!!!”
Eh sì, è stata proprio lei a parlare! La sua vocina, ora più insistente, mi fa sgranare gli occhi, sorpresa. Sembra abbia capito che ora ho la sua totale attenzione e che la sto ascoltando.
Asra mi ha spiegato una volta del legame tra maghi e Famigli. Di come siano possibili delle comunicazioni, anche se limitate. Non avevo mai immaginato il modo in cui Asra e Faust parlassero, in effetti. Ho sempre pensato che fosse una sorta di sensazione e non un vero e proprio discorso. Insomma, mi è sempre sembrato che parlasse da solo, visto che prima d’ora, da parte di Faust ho sempre e solo udito sibili e silenzio. Ora invece mi rendo conto che lei è perfettamente in grado di comunicare delle semplici parole, chiare e concise.
Ed ora sta cercando di allertarmi su qualcosa.
Ma Faust non è il mio Famiglio! Solo Asra dovrebbe essere in grado di comunicare con lei… Eppure, eccomi qui!
La osservo, un po’ malinconica e ripenso alla nottata trascorsa. Tiro un profondo sospiro, piegando le ginocchia e portandomele al petto.
“Sono preoccupata anche io, Faust… Vorrei tanto che Asra fosse qui. Chissà dov’è ora…”
Già. Asra, il mio fugace maestro. Non è insolito vederlo partire, è capitato spesso che di punto in bianco prendesse le sue cose e si avventurasse per chissà quale viaggio. Non mi ha mai rivelato quali fossero le sue mete, nonostante io abbia insistito spesso in passato per saperle. Lui rimane sempre molto, molto vago. Devo ammettere che è una cosa che all’inizio mi infastidiva terribilmente, eppure ora la vedo come la normalità. Asra è fatto così, bisogna solo… imparare a capirlo.
Certo, questa volta ha scelto proprio il momento adatto per partire, con tutte le cose che sono successe in questi due giorni!
Ieri sera ho provato a comunicare con lui… e ci ero anche riuscita! Quasi non ci credevo, era la prima volta che sperimentavo una magia simile. E infatti ha richiesto quasi tutta la mia energia. Non ricordo nemmeno di averlo salutato, né cosa stava cercando di dirmi. Ricordo solo che abbiamo parlato del dottor Devorak e del fatto che Nadia mi ha chiesto di aiutarla a scovarlo, e poi… nulla. Mi sono addormentata senza accorgermene.
Mentre sono persa nei miei pensieri, Faust si lascia cadere dal ramo basso su cui era avvinghiata, atterrando delicatamente sulle mie gambe. Dunque, prende a strisciare, facendomi il solletico, fino ad arrotolarsi comodamente sull’erba di fronte a me. La guardo, sorridendo. La sua presenza mi rassicura e mi fa sentire meno sola in questo palazzo. Non è il mio ambiente. Non è il mio nido, il mio negozio. Il rifugio dove mi sento a casa. Dove c’è anche Asra a colorare le mie giornate. Perché sì, il legame che ho col mio maestro è qualcosa di forte, prezioso. Da quando tre anni fa mi ha trovata e presa con sé, non ho passato un solo giorno senza che lo considerassi come un’ancora di salvezza. Asra è famiglia, in qualche maniera. Lo è in un modo tutto suo, a volte criptico e condito dalla più pura delle magie, ma è pur sempre famiglia. Gli devo molto, tutto quello che posso considerare la mia vita, visto che di ciò che ero prima di questi tre anni non mi è rimasto più nulla. Qui nel palazzo invece mi sembra tutto così diverso. Ho addosso la sensazione che stia per accadere qualcosa, qualcosa a cui devo andare a fondo. E vorrei solo che Asra fosse qui a sostenermi come ha sempre fatto finora.
Faust mi osserva, curiosa. Io ricambio il suo sguardo e sento irradiarsi dalla piccola serpe albina una forte sensazione di fiducia nei miei confronti, qualcosa che mi scalda il cuore e pervade tutto il mio corpo, facendomi sentire subito meglio. Sorrido all’animaletto, allungando una mano per accarezzarle la testolina. Un tocco leggero, che le do solo con un dito.
“Sono felice che tu sia qui, Faust. Con te non mi sento sola.”
Le dico, con sincerità, convinta che possa comprendermi ormai. In qualche maniera, sento che lei si senta allo stesso modo con me. Dopotutto, anche a lei mancherà Asra…
La mia mente si libera da tutte le distrazioni che mi stavano tormentando ed all’improvviso i suoni vivaci del giardino riempiono le mie orecchie.
C’è pace in questo posto. Mi sembra quasi di poter vedere Asra steso sull’erba accanto a me, a sonnecchiare all’ombra. Decisamente una cosa da lui, sì.
Albero
Di nuovo Faust cerca di dirmi qualcosa. La vedo attorcigliarsi insistentemente davanti a me, prendendo a strisciare verso la parte retrostante del tronco del salice. Mi alzo, spolverandomi le vesti e sistemando un po’ la gonna, dunque prendo a seguire il serpentello. La trovo a fissare con insistenza un punto preciso sul tronco. Devo inginocchiarmi per dare un’occhiata, essendo un punto più in basso. Sembra esserci un’incisione.
Le mie dita la percorrono e, quando mi rendo conto di cosa c’è scritto, il mio cuore perde un battito e rimango a fissare quel nome inciso nel legno.
Quell’istante di confusione mi fa perdere l’equilibrio e mi ritrovo seduta sul prato.
Ma questo no. Non può essere. Non ha senso!
L’incisione sul tronco del salice, profonda tanto da essere ormai permanente, riporta un singolo nome.
Hanan.
Il… il mio nome.
Le mie dita tremano, mentre incredula continuo a percorrere le lettere intagliate, finché non sento i polpastrelli delle dita informicolati, come se fossero accarezzati da un qualche tipo di magia.
Magia che riconoscerei tra mille e che mi fa battere il cuore ancora più forte. Asra.
Ma quando il mio maestro ha avuto il tempo di venire fin qui, solo per incidere il mio nome su questo albero? La scritta sembra vecchia di anni, ma da quanto ne so io ed Asra non ci conosciamo da così tanto… o forse sì?
Una lieve testata di Faust mi riporta alla realtà, strappandomi da tutti quei pensieri.
Asra”
Faust mi si avvicina, strisciando sul mio braccio ed avvinghiandosi con la codina attorno alla mia mano, gentilmente. Col capo si sporge verso di me, per osservarmi negli occhi. Improvvisamente mi sento confusa, come se il mondo intorno a me stesse svanendo, finché…

***
Asra?!
Non capisco cosa stia succedendo. Perché Asra è qui di fronte a me? Provo ad aprir bocca, provo a chiamarlo ma è come se non avessi voce. Mi sento piccola, costretta come se il mio corpo fosse in un contenitore ben più piccolo. Vedo Asra chinarsi e sollevarmi da terra.
“Dove sei stata tutto il giorno, mh? Spero non a stritolare un certo dottore…?”
“Divertente!”
Aspetta un momento…
“Oh, Bene. Suppongo di non poterti biasimare per questo, Faust! Alla fine lui sembra portato per queste cose.”
Lo sguardo di Asra, da calmo e dolce come al solito, si oscura per un attimo.
“…Certo, non le facilita nemmeno.”
L’ombra apparsa sul suo viso svanisce, facendo risaltare di nuovo i suo luminosi occhi ametista.
“Comunque, non stare troppo a giocherellare con lui, va bene Faust? O finirà per credere che ti piace!”
Beh, sono confusa. Cos’è questo? Un ricordo?
Credo di sì. Mi sento come se stessi qui con Asra, ma allo stesso tempo è come se fossi distante. Come se stessi osservando tutto questo da spettatore, seduto sulla poltrona del teatro e non partecipe dei fatti.
Deve essere decisamente un ricordo e Faust me lo sta facendo vedere.
Asra riprende a parlare, verso di me, pur parlando in realtà col suo famiglio.
“Ilya sta iniziando a pensare che anche io provi qualcosa per lui. Ma tu ed io sappiamo bene che il mio cuore appartiene ad una sola persona. Una soltanto.”
Il mio cuore ha un sussulto.
“C’è solo lei nella mia mente ed il suo nome continua ad uscire dalle mie labbra, come se ne fossi incantato…”
Eccola di nuovo, quell’ombra sul suo viso. Vederlo così mi toglie il respiro, incapace di poterlo aiutare. Ma cerco di stare calma, dopotutto questo è solo un ricordo.
“… ed ogni giorno sprecato lontano da lei fa soltanto peggiorare la mia brama. Non ce la faccio più. Non sentire la sua voce chiamare il mio nome è…”
Sospira pesantemente, mordendosi le labbra e portandosi una mano al petto. Oh Asra…
Dopo un secondo, riprende fiato e la sua espressione riprende un accenno di sorriso, sebbene sia ancora amaro.
“Manca anche a te, vero Faust?”
Il sorriso di Asra si fa più dolce, mosso da qualche ricordo felice, presumo.
“O almeno, sono sicuro che ti manchino i suoi grattini sotto al mento, vero? Era esperta in quello…”
“Dov’è?”
Sento la voce di Faust come se fosse la mia stessa voce, come se fossi io a parlare ma allo stesso tempo continuo ad essere pura e semplice spettatrice degli avvenimenti.
Con un altro, pesante sospiro, Asra risponde al suo famiglio, rendendomi ancora più confusa di quanto non lo fossi prima.
“In un posto dove non posso raggiungerla. Non ancora. Ma non preoccuparti, Faust, ci stiamo avvicinando.”
Una nuova voce si aggiunge, forte e prepotente, tanto da scuotere persino Asra che si volta di scatto.
“Asra? Asra!”
“Ugh…”
Wow, non avevo mai visto il mio maestro con uno sguardo così… scocciato. Asra era la persona più paziente di questo mondo, questo lo so per certo. Perché dopo i tre anni passati ad insegnarmi di nuovo tutto, di nuovo a vivere, non vedo come non possa esserlo. Eppure ora sembra così seccato, stanco…
La voce assume un volto, ed una figura alta e allampanata ci saluta dalla finestra della libreria. Un ghigno impertinente piega le labbra di quell’uomo che ho già incontrato nei due giorni trascorsi.
“Che fai, sei di nuovo a dormire, eh? Beh, mentre tu sogni ad occhi aperti sotto il tuo adorato albero, io ho fatto qualche altro passo avanti nelle ricerche!”
Eccolo lì, il dottor Devorak. L’uomo che dovrei cercare per consegnarlo nelle mani di Nadia, accusato dell’omicidio del Conte Lucio. Certo, il Julian Devorak che sto osservando ora sembra essere più giovane, più solare oserei dire. Ha ancora entrambi gli occhi, tra l’altro. Nulla a che vedere con la cupa figura dal dramma facile che ha fatto irruzione nel mio negozio per ben due volte nei giorni passati. Anche se persino ora che è giovane e nel pieno della sua attività, sembra comportarsi in modo molto teatrale. Ascolto ciò che ha da dire ad Asra, curiosa.
“Se non ti sbrighi, curerò l’intera città senza di te, sappilo!”
“Ne dubito fortemente.”
Il commento di Asra mi diverte, ma finché sono costretta ad osservare tutta la scena dagli occhi di Faust, è come se non riuscissi ad esternare alcun tipo di reazione. Le provo, ma rimangono bloccate dentro di me.
Asra stringe a sé Faust, voltandosi di spalle rispetto alla finestra dalla quale Julian lo sta ancora osservando. Si avvia verso una zona più fitta del giardino.
“Andiamo, Faust.”
Le tenebre mi circondano di nuovo, l’immagine di Asra si fa sempre più sbiadita. Trattengo il respiro, perché non voglio che accada. Non voglio smettere di vederlo. Asra…


***
Di punto in bianco mi trovo stesa a terra. Batto le palpebre ed adatto la vista. Di fronte a me le fronde degli alberi, che si muovono lente per il venticello estivo che sta tirando in questa giornata di sole.
Per un momento, mi sento di nuovo confusa, come se mi fossi appena svegliata da un sonno profondo.
Cos’era quello che ho visto? Che fosse un ricordo ormai è una mia certezza, non poteva essere niente di diverso. Ma perché l’ho visto?
Rimango qualche istante stesa sull’erba, incantata dalle foglie in movimento sopra di me e dai loro giochi di luce. Continuo a pensare a ciò che ho appena visto e che ora mi sta tormentando sempre di più, finché i miei pensieri non diventano un vero e proprio grido nella mia mente, che mi ordina di andare alla libreria. Lo percepisco proprio come un bisogno, un richiamo, tanto forte da farmi alzare di scatto. Sembra quasi la sensazione di nostalgia e attrazione verso un bel sogno interrotto bruscamente, che in qualche modo vuole essere continuato. Ma è più forte e vivida. Non è solo un richiamo seducente destinato a svanire in poco tempo. Sembra più una voce calda e familiare che mi avvolge, amichevole. Un aiuto. Un indizio.
Solo dopo qualche istante, mi rendo conto che quello che sento, proviene da Faust.
Il Famiglio di Asra mi osserva, coi suoi occhietti vispi. Mi chino verso di lei, scostando una ciocca dei miei capelli castani da davanti al viso.
“Faust, c’è qualcosa in libreria che devo vedere, non è forse vero?”
“Aiuto”
Lo sapevo. Sorrido alla piccoletta e faccio per muovermi verso il palazzo, gettando però un’ultima occhiata alla fontana.
Ripenso ancora una volta ad Asra, che proprio nelle ultime due notti ero riuscita a vedere grazie all’acqua cristallina che sgorga dalla statua di Capricorno fino alla grande vasca tonda di marmo bianco.
Improvvisamente, blocco il mio passo, e sento una morsa nel petto. Mi porto una mano all’altezza del cuore, stringendo la stoffa della veste sopra i seni. Mi mordo le labbra e mi sento… indecisa.
Finora ha funzionato solo la notte, ma…
No, non posso andare alla libreria, non subito almeno. Non con tutte le domande che ancora tempestano la mia mente, urlando a gran voce senza perdere d’intensità.
Non che speri di riuscirci. So bene ormai che se Asra non vuole essere trovato, allora non lo troverò. Ma devo provarci.
La scorsa notte avevo uno smeraldo con me. Oggi non ho nulla di altrettanto prezioso da offrire per l’incantesimo, se non me stessa.
E così mi ritrovo coi piedi nudi nell’acqua gelida della fontana. Un brivido mi percorre la schiena e tengo strette le dita sull’orlo della mia gonna, sollevata fin sopra le ginocchia perché non si bagni. Lascio che la magia scorra nelle mie vene con naturalezza. La sento fluire attraverso il mio corpo fino all’acqua della fontana, scaldandomi e donandomi una sensazione di pace. I miei occhi si chiudono ed inspiro, profondamente. La mia mente viaggia, come se non fosse più all’interno del mio corpo fisico ma al di sopra di tutto, libera di viaggiare, esplorare, scorgere il nascondiglio del mio maestro. Lo cerco tra i campi intorno al palazzo, tra i vicoli della città, arrivo fino alle mura. Ma poi, mi fermo. Lo sento, so che Asra è vicino, ma è allo stesso tempo irraggiungibile. È come se percepissi metà di lui ai confini del mio essere. Mi protendo verso di lui, con tutta me stessa, cercando di afferrarlo…
Improvvisamente, la mia magia viene spinta all’indietro da una forza brusca ed improvvisa, tornando a fluire dentro di me fino a svanire.
Ero sicura che non volesse essere trovato. È sempre così, con Asra. Sbuffo, decisamente irritata da quell’interruzione così brusca, consapevole che è stato lui, in qualche modo. È al di là delle mie possibilità, ho teso troppo la corda per raggiungerlo e si è spezzata.
“Perché deve sempre andare dove non posso seguirlo?”
le parole escono involontariamente dalle mie labbra, seguite un sospiro che viene inghiottito dallo scrosciare dell’acqua della fontana. Mi metto l’anima in pace, uscendo dall’acqua. Mi siedo sull’orlo della fontana qualche secondo, pensierosa, mentre i miei piedi e le mie caviglie si asciugano con la brezza estiva.
“Se non posso raggiungere lui, seguirò l’unico indizio che mi ha lasciato, mh?” Osservo Faust quindi, che mi sbircia come se fosse in attesa.
Tiro indietro il capo, osservando per un secondo il cielo, espirando lentamente.
“Va bene, Asra, faremo a modo tuo.”
Mi rimetto le scarpe, mi alzo e sono pronta ad avviarmi. Prima di andare sollevo delicatamente Faust tra le mie braccia. La sento attorcigliarsi al mio braccio in una posizione sicura.
“Alla libreria, allora.”
Devo seguire quel richiamo, forse riuscirò a trovare le risposte a tutte le domande che mi martellano in testa. Risposte su Asra… E su cosa c’entro io in tutta questa faccenda.
Mi sento prosciugata dallo sforzo di aver provato a chiamare Asra. Sto letteralmente trascinando i piedi lungo il corridoio, avanzando lentamente verso la libreria. Finalmente raggiungo la porta. Osservo ancora una volta la sua lavorazione complessa e articolata, meravigliata come la prima volta in cui la contessa Satrinava mi ha portata qui, per indagare su Julian. Poso una mano sull’elaborata serratura, realizzando solo ora che io non ho le chiavi per poter entrare.
Ottimo.
“Che cosa dovrei fare ora?”
Mi gratto il capo, scostando poi il ciuffo di capelli mossi che continua a ricadermi davanti al viso, portandomelo dietro l’orecchio.
“Libreria.”
Ripete faust, dandomi una piccola testata sul braccio.
“Lo so, Faust, ma è chiusa…”
l serpentello mi guarda con aria confusa, tirando fuori la linguetta biforcuta un paio di volte.
“Non posso entrare, ho bisogno delle chiavi per farlo e non le ho.” Le dico, con tono tranquillo, spiegandole la situazione. So che Faust è una tipetta sveglia, ma è pur sempre un animale, e comunque non ho con lei lo stesso legame che ha Asra.
Lei abbassa la testolina ed io mi sento in qualche modo frustrata. Io ho bisogno di entrare qui dentro. Devo farlo, devo trovare le risposte che sto cercando. Poso la mano sulla serratura, col palmo ben aperto. L’urgenza di aprire la porta mi spinge a richiamare tutta la mia forza di volontà, cercando di smuovere magicamente la serratura.
Nulla.
“Oh, diamine… Come dovrei fare per entrare adesso?”
“Hanan! Curioso trovarti qui! Che fai?”
La voce squillante di Portia mi coglie impreparata, tanto da farmi sussultare sul posto. Mi volto di scatto verso di lei, rimanendo per qualche istante imbambolata a fissare la sua figuretta riccioluta.
Mi sento come un bambino colto sul fatto con le mani nel cesto dei dolciumi. La mia mano ancora pressata contro la serratura, col palmo aperto.
Faust per fortuna è abbastanza svelta da strisciare lungo la mia manica, andandosi ad attorcigliare attorno al mio busto sotto le mie vesti per non essere vista. Devo fare affidamento a tutta la mia forza di volontà per non ridere o scattare per via del solletico. E fortuna che le mie vesti sono ampie, così la piccoletta non si nota, qui sotto.
Passano interminabili secondi in cui cerco di vagliare ogni scusa migliore di ‘sto provando a scassinare magicamente la porta’, ma non mi viene in mente proprio nulla. Arrossisco, lasciando la presa sulla porta e facendo ricadere le mie mani lungo i fianchi ad afferrare la stoffa della gonna. Inizio a spiegazzare la stoffa nervosamente, mentre Portia mi osserva con le mani sui fianchi e un’aria curiosa, in attesa.
“Uhm, beh…”
Picchietto con la punta del piede a terra, nervosamente. Ho la certezza di aver fatto qualcosa di sbagliato, sarebbe così tipico di me… Alla fine decido di non scavarmi la fossa da sola, tanto non so mentire, e le dico la verità.
“Avrei bisogno di entrare nella libreria, ecco… Ma non ho la chiave.”
Portia mi sorride, iniziando a smanettare col mazzo di chiavi che porta attaccato alla cinta. Questo mi fa tirare un grosso sospiro di sollievo, forse più evidente di quello che avrei voluto.
“Tutto qui, Hanan? Non preoccuparti, ci penso io a coprirti!”
Devo ammettere che la compagnia di questa ragazza inizia a piacermi sempre di più, sembra contenta di appoggiarmi ogni volta che ho bisogno di ficcanasare… ed è una cosa che succede fin troppo spesso ultimamente.
La vedo tirar fuori dalla tasca del grembiule la grossa e vecchia chiave della libreria, sollevandola con aria trionfante. Vederla così fiera mi strappa un sorriso divertito.
“Eccola, la maledetta! Dammi un secondo che ti apro la porta, mh?”
Si mette ad armeggiare con la complessa serratura, mormorando in modo sommesso mentre è intenta a sbloccarla.
“Eeeeed ecco fatto!” Si asciuga la fronte, con fare teatrale. Mi ricorda qualcosa, in effetti…
“Phew! Ci credo che non entri mai nessuno qui, eh? Complicato com’è aprire questa porta!”
Portia si scansa di lato, permettendomi l’ingresso. La ringrazio con un sorrisone ed un lieve inchino del capo, ma mentre muovo i primi passi all’interno, la sento richiamarmi.
“Oh, Hanan aspetta! Prima che mi dimentichi…”
Sta di nuovo frugando nella grossa tasca del suo grembiule, fino a tirare fuori una fine catenina d’oro con appeso un ciondolo di smeraldo finemente lavorato…
Lo riconosco immediatamente, è il ciondolo che mi ha regalato Nadia! Lo stesso che avevo usato ieri notte per comunicare con Asra! Ma come diamine…?
Portia deve aver notato l’espressione confusa impressa sul mio viso. I miei occhi ametista fissi nei suoi azzurri come il mare. Lei mi rivolge un sorrisetto complice ed un occhiolino, come fossimo due bambine che nascondono le marachelle alla madre.
“Dev’esserti caduto ieri notte. Sai, mentre eri alla fontana…”
Ma come fa..!?
“Ma ci ho pensato io a ripescarlo per te, tranquilla! Non dirò a nessuno che l’hai fatto cadere!”
Mi porge il gioiello, ed io la osservo con la totale incredulità. Questa ragazza la sa lunga, davvero lunga!
Eppure, ad un certo punto esita e si ritrae, prima di rendermi lo smeraldo.
“Ma senti, a proposito di ieri…”
Oh, credo di aver capito dove vuole andare a parare.
“…Ti sarei davvero molto, molto grata se non menzionassi ciò che hai visto a milady, te ne prego.”
Come sospettavo. Portia si riferisce all’incontro con Julian. Giusto ieri mattina, nel mio negozio, poco prima dell’annuncio cittadino della Masquerade che si terrà tra pochi giorni.
Ho beccato Julian a fare intrusione nel mio negozio… di nuovo. Poi è stata Portia a beccare noi e… beh, è scoppiata in lacrime. Ha chiamato Julian “Ilya”, e mi è parso di capire che quei due si conoscano da molto tempo.
Non penso di essere troppo fuori strada ad azzardare un legame, che sia di amicizia o addirittura di parentela, tra loro! Ed ora che mi ci fa pensare, noto che hanno dei tratti simili…
Le sorrido, comunque, sincera. Dopotutto, io stessa sto tenendo segreti a Nadia i miei incontri con l’uomo che avrei dovuto scovare per lei. Non sono certo nella posizione di poter accusare Portia di complottare col Dottor Devorak! Non è mio desiderio metterla nei guai, piuttosto mi rendo sua complice, col rischio di inguaiarmi io stessa più del dovuto.
“Ma certo, figurati Portia.”
Percepisco un certo sollievo sul suo viso, che torna pienamente sorridente. Mi rende il gioiello e mi lascia anche la chiave della libreria.
“Oh, Ottimo! Sì, bene! Beh, goditi le tue ricerche! E mi raccomando, assicurati di chiudere quando te ne vai, intesi?”
La osservo mentre gira i tacchi e fila via rapida, lungo il corridoio, voltando presto l’angolo per tornare ai suoi doveri.
Sospiro sollevata anche io, stringendo la chiave e lo smeraldo nelle mani, prima di riporre entrambi nella tasca del mio abito. Faust fa capolino dalla mia manica e mi guarda, come se volesse mettermi fretta ed entrare, ora che siamo di nuovo sole. Non la faccio attendere oltre e mi addentro tra i vecchi scaffali polverosi. Un acre odore di muffa e inchiostro mi riempie le narici e devo riadattare la vista all’oscurità della libreria. Dopotutto il posto è pressoché inutilizzato, ormai, ma io mi addentro, curiosa riguardo ai segreti che ha da offrirmi.


---
Note dell'autore: Ed eccomi qui! Mi sono finalmente decisa a pubblicare qualcosa dopo secoli che non lo facevo! Cercherò di aggiornare in modo regolare. Beh, che altro dire... spero vi piaccia! Fatemi sapere! *modalità ansia da prestazione*

Piccola curiosità: Hanan significa "tenerezza" :3 
  
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