Conoscere Blanche
Bianco. Tutto intorno a lei era bianco.
"Sono morta." affermò con voce debole.
Noir si guardò intorno e non vedeva nessuno, l'unico rumore era l'aumentare frenetico del suo respiro. Un bagliore improvviso le fece richiudere gli occhi.
"Sono morta. Sono morta." ripeteva convulsamente a sè stessa.
Non sentiva le gambe, nè riusciva a muovere le mani, non avvertiva più neanche il battito del suo cuore. ll respiro sì, sempre più forte, fino a diventre affanno e poi voce sommessa.
"Sono morta. Sono morta."
"Non sei morta."
Noir aprì gli occhi e vide una sagoma non distinta di fronte a sè. Non riusciva a vederla, ma si concentrò: era una ragazza della sua età, vestita di bianco, i lunghi capelli biondi le coprivano le spalle e aveva gli occhi azzurri, le iridi talmente chiare da sembrare ghiaccio.
"Tu sei un angelo."
"No." la sagoma sorrise leggermente.
"Cosa mi è successo? Dove sono?"
"Ti ha trovata un messaggero vicino alla riva del lago, avevi perso conoscenza e ti ha portata fin qui. Ti trovi a Fiabhat e non potrai lasciare la città prima di dieci giorni: sei ferita e hai bisogno di cure."
"Fiabhat è la città reale, il castello..."
"Sì, sei al castello."
Noir trattenne il respiro mentre quella sagoma angelica si allontanava, quasi sparendo nella luce.
La ragazza rimase sola e improvvisamente ricordò: l'abbraccio di Chandra. Era sua madre, era stata lei a condurla a Fiabhat: il suo destino stava iniziando il disegno che aveva riservato per lei, ma Noir non sfiorava neanche l'idea di quello che sarebbe successo di lì a poco.
Rimase stesa a ripensare al viaggio che aveva affrontato, ricordando gli occhi della ragazza che le aveva parlato poco prima. Era a Fiabhat, nel castello e quella non poteva che essere una serva della principessa.
No, non poteva essere la principessa: il suo aspetto era molto semplice e non portava grossi gioielli per mostrare la sua regalità, tranne quel piccolo ciondolo simile al suo. Prese il suo ciondolo istintivamente tra le mani e lo strinse forte, poteva ricavarne l'energia e ricordò il momento in cui suo padre, Kiof, glielo mise al collo: aveva appena otto anni e Kiof la osservava, mentre lei ammirava una rosa rossa dalle venature gialle. Le sorrise e gli mostrò la collana, dicendo "Ti darà la forza quando ne avrai bisogno. Non ti abbondonerà mai e non lo farò neanche io. Un giorno capirai davvero le mie parole Noir, un giorno le capirai..."
Adesso le capiva. Chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dal leggero senso di stanchezza che le percorreva i muscoli.
"Noir... non avere mai paura... MAi. Kiof è in pena per te, ma capirà... qualcuno a questo mondo ha un disperato bisogno di essere salvato. Ricorda queste parole." Chandra si allontanava, pronunciando quelle parole e Kiof apparve sullo sfondo di un bellissimo prato in fiore. Sorrideva, felice.
Noir aprì gli occhi e riuscì ad abbandonare il letto che l'aveva accolta, qualche giorno prima. Guardò lontano, oltre la meravigliosa prateria. -Lì c'è la mia città.-
Non riusciva ancora a credere di essere a Fiabhat: l'aveva sempre sognato, ogni volta che si trovava all'ombra del salice che ascoltava i suoi silenzi. Guardava finalmente la cascata e poteva addirittura bagnarsi della sua acqua... c'erano davvero le stelle in quelle acque e Noir sorride. Notò una magra figura, poco distante dalla cascata.
"Dovresti essere a letto, Noir."
"Sto bene, riesco a camminare."
La ragazza vestita di bianco sembrava la ignorasse, era assorta nei suoi pensieri, poi qualche rumore poco lontano la fece sobbalzare.
"Vattene via. Adesso."
Noir eseguì l'ordine, ma era curiosa e si nascose tra i cespugli e le rose. Un'altra figura si accostò a quella magra e chiara della ragazza: un ragazzo dalle larghe spalle e il buio non permetteva di osservarne i particolari, ma Noir decise comunque di ascoltare. Le voci le giungevano chiare.
"Blanche, perdonami."
"Hardest. Cos'è successo?"
"Nulla d'importante. Mi sei mancata Blanche."
Le due sagome si unirono, fino al punto da non far capire dove iniziasse l'una e dove l'altra. Un bacio unì i due ragazzi per un momento che a Noir parve eterno.
Si udirono altri passi e Noir si allontanò, spaventata dal fatto che non era la sola che stesse scappando: poco distante da lei c'era un amore che doveva nascondersi.
Noir tornò silenziosa nell'ampio salone del castello, ma fu costretta a nascondersi ancora. Respiri affannati la spaventarono.
"Blanche... perdonami. Domani, al solito posto. Perdonami ancora."
"Vai via Hardest, potrebbero vederti."
"L'ultimo bacio." disse il ragazzo. E così il salone rimase vuoto e Noir, con le spalle al muro poteva finalmente riprendere a respirare.
Aveva paura, ma non capiva cosa temesse davvero. Si stese nuovamente sul suo letto e riprese a dormire. Le tennero compagnia le stelle e una lieve e piacevole brezza.
L'alba spuntò qualche ora più tardi, ma Noir si costrinse a restare a letto. Fino a sera, finchè il cielo non riempì di stelle nuove, Noir non fece altro che pensare e rivivere la passione dei due ragazzi. Sorrise, poi si lasciò cadere in un lungo sonno.
"L'amore è la cosa più bella che possa esistere Noir e non è sempre facile, ricordalo sempre." Chandra sorrideva e le accarezzava la guancia. "Ricordalo sempre. Sempre."