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Autore: cartacciabianca    04/08/2009    4 recensioni
-Sbaglio o mi devi delle scuse?- Altaїr cominciò così, guardandomi dall’alto. Le braccia lungo i fianchi e il portamento fiero gli regalavano timore e rispetto.
Spiazzata da quella domanda, balbettai: -C-cosa?-.
-Perdonami, forse devo averti confusa con qualcun altra. Sai dove posso trovare una certa Safiya che viaggia con un Grifone di una tonnellata e intralcia le missioni degli assassini?-.

[Epilogo - prossimamente in aggiunta]
Progetto D.O.M.A.C
(Discovery of Mysterious and Creatures)
Accanto alla ricerca dei Frutti, la spietata casa farmaceutica sta testando i ricordi di 13 pazienti a caccia dei veri tesori perduti del Mondo Antico. I ritrovamenti di fossili remoti appartenuti a creature date estinte o mai esistite sono solo una piccola parte di quello che l’Abstergo ha in serbo per il la specie umana. I laboratori sotterranei dell’edifico pullulano di creature sputafuoco, mostri marini, esemplari di antiche civiltà e popoli onniveggenti.
Kimberly Gray è il soggetto n° 12 del progetto radice, e i suoi, legati a quelli della cugina Elisabeth Green, sono i ricordi più importanti. Gli antenati delle due pazienti costituiscono l’anello mancante della catena di tutte queste scoperte, e rivivendo il loro passato l’Abstergo avrà in mano le chiavi per i cancelli del Paradiso Terrestre, all’interno del quale, un Dio buono e misericordioso, nascose le sue creature più potenti. Un viaggio verso i confini di terre inesplorate. Il coraggio di una ragazza e il suo grifone a difesa della giustizia. Una piuma bianca che si posa nel rosso sangue del sacrificio di molti. Quattro giovani vite destinate a combattere una Guerra per difendere pochi.
Genere: Romantico, Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad , Malik Al-Sayf , Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4° - Imparare a volare

Gerusalemme,
21 maggio 1187 d.C.

Condussi Linus fuori dalla scuderia, stando ben all’erta di chi passava per i giardini del palazzo, vegliando sui nostri passi e accertandomi che nessuno si accorgesse di lui. Traversammo una zona poco frequentata del roseto della Regina e raggiungemmo quatti quatti l’androne che conduceva ai corridoi, salimmo un’ampia gradinata e in breve fummo al secondo pianoro del palazzo.
Mi stupii di quanto quel giovane grifone sapesse essere silenzioso: le sue spesse zampe pelose attutivano l’impatto col suolo, anche se ogni tanto lo sentivo sbattere le ali e librarsi in aria, seppur per pochi secondi, planando subito alle mie spalle. Il fruscio delle sue piume nell’aria tersa e calda dei corridoi mi faceva rabbrividire, era come avere la sensazione di essere rincorsi da un uccello predatore, e mi fu istintivo pensare in primis ad un’aquila.
D’un tratto, ovviamente troppo tardi, mi accorsi di aver sbagliato strada. Frenai improvvisamente, ma la lentezza del mio gesto lasciò che continuassi allo scoperto ancora di qualche metro; così mi voltai di colpo e tornai nascosta dietro l’angolo del muretto, appiattendomi contro la colonna del porticato.
Linus si servì delle ali per fare della sua una frenata silenziosa e, affiancandosi a me, chiese: perché ci fermiamo?! Nel castano dei suoi occhi mielati leggevo stupore e parecchia sorpresa.
Non mi servì neppure dargli una risposta, che alle nostre spalle, oltre il muretto che ci divideva dal cortile, ascoltammo delle voci miste al suono di alcune posate.
-… Il viaggio è proseguito liscio come l’olio! Di Saladino, quel codardo, non ne abbiamo visto l’ombra!- rideva un uomo che riconobbi subito come Guido di Lusignano, nonostante l’accento brillo nella voce.
-Benone- fece Sibilla contenta. –Allora brindiamo- aveva detto.
-Aspettate, Regina- intervenne una voce nuova.
-Baliano, rimettetevi a sedere, suvvia!- singhiozzò Guido allungandosi sul tavolo col calice nella mano. –Non vorrete mica rovinare questo buon banchetto con la vostra faccia triste! Almeno abbiate la cortesia di andarvi a nascondere dietro la palma laggiù!-.
Ebbi un tuffo nel cuore quando mi accorsi che la palma che Guido aveva indicato era proprio quella accanto a noi. Inghiottii a fatica, ma Baliano, tra tutti i cavalieri seduti alla tavola imbandita, sembrava quello meno sbronzo tra tutti, quindi non mi aspettavo davvero che venisse così vicino a noi solo perché un bastardo ubriaco aveva aperto troppo la bocca.
Alcuni dei cavalieri di Guido scoppiarono in lacrime dalle risate, e il banchetto andava avanti solo da un’oretta! Mi immaginai quanto potessero diventare pericolosi una dozzina di cavalieri ubriachi che girano per il palazzo, così stabilii l’obbligo di portare me e Linus al sicuro prima di questo pomeriggio.
Guardai il grifone al mio fianco e scambiai con lui una breve occhiata smarrita.
Cosa facciamo? C’è un’altra via?! Sono diciassette anni che vivi qui dentro e nono conosci una strada più sicura che non sia questa?! Mi sbraitò nella testa.
-Piantala di gridare così! Non sei d’aiuto!- gli risposi a denti stretti.
Forse non capisci la gravità della situazione…Baliano, lui non deve trovarmi! Aggiunse.
-Eh?!- mi stupii. –E perché mai? Non era Guido quello che teneva alla tua pelliccia?-.
Anche…
-E allora che problema c’è? Ubriaco com’è se ne sarà già dimenticato- dissi tanto sicura di me.
Oh, quanto me ne pentii…
Baliano riprese la parola: -Mio Signore, avete una cosa da mostrare alla vostra amata, se non sbaglio-.
-Sì, sì! Esatto, che memoria, ragazzo!- Guido si alzò spostando rumorosamente la sedia e guardò dritto negli occhi la Regina, ma Sibilla dovette abbassare lo sguardo imbarazzata.
-Mia carissima…- esitò –Sibilla!- sospirò lui. –Dal nostro viaggio ti ho portato un dono-.
Mi voltai di scatto verso di lui, e Linus si strinse nelle ali sollevando le spalle e tirando all’indietro le orecchie. Eheh…
-Ti prego di accettarlo per quello che è, come pegno del nostro amore e come simbolo della mia forza!- proseguì Guido. –Portate la bestia!- batté due volte la mano, ma dalla penombra del porticato avanzò un servo (che riconobbi come un caro amico di mia madre) a capo chino.
-Maestà- disse il servo. –Temo che il vostro dono sia fuggito, non sono riuscito a trovarlo dove mi avete detto di cercare-.
Guido non trattenne allungo la collera. –Questo è inaccettabile!- batté un pugno sul tavolo, azzittendo tutti i presenti.
Filiamo! La situazione si sta scaldando troppo!
-Buona idea! Torniamo indietro!- proposi io sgattaiolando piegata sulle ginocchia, e Linus mi seguì a ruota.
Ma non fummo mai abbastanza lontani, perché anche mentre correvo a perdifiato nel corridoio, il grido strozzato del servo amico di mia madre giunse comunque alle mie orecchie, e quella stessa sera, da Amina, ottenni la conferma della sua morte per mano di Guido.
Mai svegliare un ubriaco che dorme, e tanto meno fargli un torto. Preferivo starmene alla larga persino da mia madre quando bevevo qualche bicchiere di troppo nelle cucine, di nascosto, assieme ai suoi vecchi amici schiavi di corte.
Mi dispiace…
Ci fermammo al sicuro da occhi indiscreti sotto le scale che portavano al terzo ed ultimo piano. Ripresi fiato velocemente, abituata a sforzi fisici anche peggiori.
Mi spiace che tu sia cresciuta in un posto tanto pieno di sangue ed odio reciproco… mi disse guardandomi negli occhi.
Sospirai affranta. –Ci ho fatto l’abitudine, sai?-.
Ed è un male… a certe cose, di fronte alla morte, non si dovrebbe mai prendere la mano, mai! O un giorno potresti non esitare ad ammazzare tua madre… mi ammonì serio.
Lo guardai allungo dall’alto e ammirai il buffo modo col quale chiudeva le ali, facendole aderire per bene al suo piccolo corpicino da gatto da salotto. Ma dovetti smentire quell’improvviso attacco di felicità, e il mio sorriso tramutò in una smorfia. –Parli proprio tu che viaggi per conto di Dio verso i maestri della morte-.
Le tue stanze sono lontane? Chiese cambiando argomento.
-No, affatto. Mi ero solo scordata di girare a sinistra invece che proseguire dritto. Saliamo le scale e siamo arrivati, solo che…- esitai.
Cosa c’è?
-Ci sarà parecchia gente lì dentro, sai? Siamo in tanti a lavorare per la Regina, qui-.
Tu dici?
-Dico sì-.
Non è un problema, posso restare qui e raggiungerti questa notte…
-Ma ti pare?! Vado in avan-scoperta e vedo se trovo un sacco o qualcosa dove nasconderti. Però sì, aspettami qui! Torno subito!- sussurrai salendo di corsa le scale.

Non troppo tempo dopo tornai con la federa di un cuscino, che pensai fosse abbastanza grande.
Linus ci saltò dentro senza troppe storie, e mi accorsi di quanto fosse leggero solo quando raggiunsi l’ultimo gradino delle scale e non ero per niente affaticata.
Il corridoio con le stanze dei servi traboccava davvero di gente, la mia era stata una mossa saggia. A chi si accorgeva dello strano sacco che portavo in spalla rispondevo che era della biancheria da lavare, e quelli non rompevano più. Entrai nelle mia stanza, che condividevo con mia madre (problema che avrei risolto in seguito) e poggiai il sacco sul letto. In fine, chiusi la porta a chiave.
Linus venne fuori dalla federa di sedere, facendo comparire per prima la sua coda da leoncino e poi le zampe posteriori, in ultimo liberò la testa sgrullandosi come un cane bagnato, e il pelo della sua criniera tornò bello e pomposo.
Si sdraiò comodamente sul mio letto a panca in giù, stendendo per bene tutti e sei gli arti. Aaaah… non posso crederci! Il primo giaciglio comodo della mia vita!
-Davvero?- risi portandomi una mano alla bocca. Mi sistemai seduta sul davanzale della finestra e rimasi a guardarlo.
Quando non sai volare, arrivi poco lontano da un sasso come letto…
Mi lasciai sfuggire una nuova risatina, che però si consumò in fretta.
Un suo orecchio si tirò su d’improvviso. Sento che qualcosa ti turba… disse.
-In effetti…- mi voltai ad ammirare il paesaggio della caotica Gerusalemme alle mie spalle. –In effetti ci sono tante cose che non capisco, e la maggior parte riguardano te-.
Immaginavo… sospirò riposato. Non ti dispiace se schiaccio un pisolino e poi mi fai tutte le domande che vuoi?
-Va bene- risposi stringendomi nelle spalle. –Ma questa sera mia madre farà ritorno, e dovrai metterti a dormine sotto il letto- sghignazzai.
Sì sì, certo, come vuoi, ma comunque brava… sono contento del fatto che non dirai a nessuno che sono qui. Già è tanto se mi fido di te! Non tollererei che qualcun altro condividesse il nostro piccolo segreto… mosse la coda appiattendo qualche piega del lenzuolo.
-Il nostro segreto…- ripetei emozionata.
Sei strana, lo sai questo, sì?
-Questa è una delle domande che volevo farti. Perché hai scelto me?- gli chiesi. –Perché hai chiesto aiuto a me e non ad altri?-.
Nel tuo cuore ho visto del buono… quando ti sei avvicinata al cavallo che quel cavaliere ti aveva affidato, quando le tue mani si sono avvicinate alla bisaccia nella quale ero nascosto, quando la tua forza e il tuo coraggio dinnanzi all’ignoto hanno spezzato le catene che mi tenevano prigioniero…
-Mi hai fatto impazzire con quelle grida! Potevi fare un po’ più piano, no?!- sbottai.
Il grifone si tirò a sedere su due zampe. È già abbastanza che riesca a comunicare con te attraverso la mente, perciò non lamentarti! …
Sorrisi. –Ecco un’altra domanda: perché non apri quel tuo bel beccuccio da uccellino simpatico e comunichi con me “normalmente”?-.
Ehi, ragazzina… mi fulminò con un’occhiataccia. Per caso in me vedi qualcosa di normale?! Fece esasperato.
-Bhé… no, ma che c’entra?-.
Il suo modo arrogante, strafottente e superiore che aveva di parlarmi lo tirava fuori poche volte, e avrebbe continuato a parlarmi in quel modo, poiché il suo sangue di animale mitologico non gli suggerisse altro, però m’infastidiva non poco, nonostante provassi quell’insolito rispetto e quell’assurda ammirazione che un comune mortale può avere per il suo Dio. Insomma, si trattava comunque di una mistica creatura di cui avevo solo sentito parlare, consideravo un onore che mi rivolgesse solo la parola, figuriamoci che abitasse nella mia stanza.
Però, contemporaneamente a questa mia allegra avventura, ero diventata una ladra.
Guido voleva che Linus andasse in regalo alla Regina di Gerusalemme, ed io avevo fatto quello che avevo fatto. Ma in fondo al cuore pensai che fosse stata effettivamente la cosa giusta da fare.
La vostra è una lingua troppo complicata… Attraverso la mente potrei comunicare anche con uno spagnolo senza sapere una sola parola del suo vocabolario, ma sarebbe uno sforzo immane doverle articolare col becco che mi ritrovo. Insomma… hai mai chiesto ad una pecora di parlare ad un cavallo? Secondo te perché le specie differenti non possono comunicare tra di loro nello steso modo, ma preferiscono farlo attraverso atteggiamenti, movimenti che delle volte ci paiono senza senso? La spiegazione è semplice: essi sanno parlarsi attraverso la mente proprio come stiamo facendo noi ora. Però devo ammetterlo, per la mia età sono ancora parecchio ignorante! Ci sono altre creature che con voi parlano perfettamente. Prendi i draghi, per esempio, loro non hanno problemi… peccato che…
Interruppi la sua parlantina: -Aspetta un attimo, ma voi quanti siete?-.
Non molti, se è quello che ti stai domandando. Anzi, troppi pochi…
-No, no… intendo dire voi, voi! Voi creature… strane!- eruppi. –Non solo voi “bravi”!-.
Centinaia, e veniamo tutti dalla stessa terra…
-Ovvero?-.
L’Eden… disse sognante, con lo sguardo verso l’alto.
-… Eh?-.
Il grifone sbuffò scocciato e si accovacciò a mo’ di sfinge sul letto, nascondendo le zampe tra il pelo della folta criniera. Umani! Ignorantoni che non siete altro! Lascia che ti racconti la storia da suo principio…

Linus mi raccontò dell’Eden così come non ne avevo mai sentito. Conoscevo la Genesi, alcuni fondamenti della Bibbia, ma principalmente la mia religione era musulmana, anche se un ramo della mia famiglia un tempo era stato francese, da dove presi quegli occhi azzurri che mia madre mi raccontò fossero appartenuti ad una mia trisavola che portava il mio secondo nome, ovvero Safiya.
Restai ad ascoltarlo per ore forse; il pomeriggio giunse in fretta a Gerusalemme, e la notte calò altrettanto rapidamente sopra i tetti della città. Persi la cognizione del tempo, ma le gesta eroiche di cui mi narrò il piccolo grifone erano davvero affascinanti ed entusiasmanti. Una volta terminato il racconto concettuale, mi raccontò dei crociati che uccisero sua madre e della sua cattura sulle spiagge di Tiro.
Così in me sorse una domanda: -Ma quanti anni hai?-.
Trecento venti… o qualcosa del genere. Ho perso il conto, sai…
Sgranai gli occhi. –E sei così piccolo?-.
L’uccello tacque offeso.
-Speravi che non lo notassi?-.
Ovvio che no! Sbottò. Ma almeno abbi il buon senso di non ricordarmelo! E poi… questo è un altro motivo per il quale devo raggiungere Masyaf al più presto!
-Hai avuto trecento anni per arrivarci, come mai…-.
M’interruppe bruscamente: Questi non sono affari tuoi!
Chinai la testa dispiaciuta. –Va bene, scusami…-.
Ci fu un interminabile silenzio che ci lasciò entrambi vittime dei nostri mali, dei nostri pensieri. Ma d’un tratto riuscii a riallacciarmi al discorso: -Dove hai detto che sei diretto?-.
Masyaf. Disse serioso, dandomi le spalle e cominciando a pulirsi le piume delle ali, scavando tra una penna e l’altra col becco.
-E dove si trova? Come ci arriverai? Insomma, credi davvero che in poco tempo e mentre Guido non guarda io possa insegnarti a volare?!- sbottai, e questa volta fu il mio turno fare l’esasperata.
L’uccello spiccò improvvisamente un balzo e atterrò saldo a terra, gonfiando un poco le ali. Avvicinandosi al davanzale della finestra, poggiò due zampe sul vetro. Masyaf si trova in Siria, a nord oltre le montagne,… assentì profetico.
Anch’io guardai fuori dalla finestra seguendo il suo sguardo, ma solo quel gesto mi permise di comprendere l’ora tarda si fece.
Era calata la notte: le stelle in cielo brillavano luminose come tante perle di una collana, i fuochi della città erano accesi per le strade, la gente ancora passeggiava per le vie e per i mercati. Gerusalemme era in festa tutte le sere, e alle mie orecchie giunse una graziosa melodia di strumenti musicali e voci che cantavano sulla piazza.
Ho sentito raccontare molto di questa città… disse d’un tratto. Ma è la prima volta che la vedo…
-Che cosa hai fatto in tutti questi trecento anni?- domandai. –Se potessi vivere così allungo- proferii senza scollare gli occhi dalla festa del paese. –se potessi, io…-.
L’immortalità non è così rosea come sembra, ragazzina… sbottò arrogante il grifone staccandosi dalla finestra e accucciandosi seduto a terra.
-Sei immortale?- mi stupii incredula voltandomi verso di lui.
Sfortunatamente… sì.
-Wow…- mi misi a sedere di fronte a lui, incrociando le gambe e torturando un filo del tappeto che copriva le tegole del pavimento. –Sbaglio o prima hai parlato di… assassini?- esitai.
Non fraintendere, ma sei ancora troppo giovane e pura per sapere dell’altro, a riguardo… tagliò corto.
-Va bene…- feci confusa. -Come vuoi-.
Il grifone lanciò un’ultima occhiata fuori dalla finestra. Non ci rimane molto tempo.
-Di che parli?- gli chiesi un po’ scossa.
Devi insegnarmi a volare. Subito. Disse.
-Pronto- gli passai una mano davanti agli occhi. –C’è nessuno in casa?! Nel caso non l’avessi capito, non ho idea di come insegnarti-.
Ti basterà assistermi nei tentativi e dirmi cosa sto sbagliando. Ah! ridacchiò allegro. Insieme, ragazzina, faremo il baffo a Leonardo Da Vinci!
-Chi???-.
Lascia stare… sospirò.
-Fammi pensare…- mi presi del tempo. –C’è una terrazza all’ultimo piano del palazzo. E’ abbastanza spaziosa, potremmo andare lì domani notte-.
Ottima idea! Sei sveglia, dopotutto… e di parte.
-Grazie- arrossii compiaciuta.
Proprio in quell’istante qualcuno tentò di aprire la porta della mia stanza, ed io sobbalzai dalla sorpresa.
E’ tua madre… disse tranquillo il grifone.
-Come lo sai?!- gli sussurrai spaventata.
-Safiya!- gridò una voce da fuori, che riconobbi come quella della mia mamma. –Safiya, apri immediatamente la porta!- ruggì Amina.
Il grifone mi lanciò un’occhiataccia.
-Ma che bravo! Ora nasconditi!- lo spinsi con forza sotto il letto, dopodiché mi alzai in piedi e corsi ad aprire.
Quando mi trovai mia madre davanti, non seppi che dire mentre si faceva strani pensieri sul perché avessi chiuso a chiave.
-Chi c’era qui con te? Con chi stavi parlando?- mi chiese entrando in stanza.
-Nessuno, madre, ero da sola. Leggevo ad alta voce- risposi prontamente, ma mi giusto in tempo che la coda del grifone spuntava da sotto il letto, così gliel’acciaccai e l’uccello la ritirò nascosta.
-E’ tutto il giorno che ti cerco, dannazione! Dove sei stata, eh?- mi ruggì la donna.
-Qui, madre, avevo bisogno di risposare…- dissi.
Amina si passò una mano in volto, stirandosi le rughe attorno agli occhi. –E va bene, te lo concedo. Ma non sparire mai più dalla mia vista in questo modo!- fece esasperata. –Guido è su tutte le furie, miete schiavi uno dopo l’altro! E pensavo…- singhiozzò abbracciandomi improvvisamente. –Pensavo che ti avesse uccisa, quel porco bastardo!- pianse spaventata sulla mia spalla, ed io le cinsi le sue vecchie e stanche con le mie braccia.
-Mamma, sto bene, non devi più preoccuparti…- le mormorai dolcemente.
-Sì, lo so, piccola mia, lo so- aggiunse carezzandomi una guancia. –Ora dormiamo, domani faremo un giro per la città aspettando che quel pazzo si dia una calmata, che ne dici?-.
-Perché è così arrabbiato?-.
-Crede che qualcuno gli abbia rubato il dono che ha portato da Tiro per Sibilla. Che stolto, se lo sarà fatto sfilare da sotto il naso durante il viaggio. Nessuno di noi ruba, siamo servi per bene, vero cara?- mi sorrise armoniosa.
-Sì…- mormorai. –Siamo servi per bene- ripetei.

Quella notte feci un sogno strano: mi trovavo nei pressi di un fiume, era notte fonda e nessuna stella brillava in cielo. Vidi un fastoso esercito guidato da un uomo che impugnava una lancia guadare il torrente, ma il suddetto uomo cadde in acqua e fu trascinato via dalla corrente, che man a mano che mi avvicinavo al fiume, prese la forma di un lungo serpente nero con delle ali da pipistrello…
La mattina successiva non raccontai a nessuno del mio sogno, neppure a Linus che però, quando corsi in stanza dopo la colazione, mi disse di sapere già tutto.
Perdonami, devo essermi dimenticato di lasciare la tua mente prima di addormentarmi…
-Quindi il sogno era il tuo… Di che si tratta?- gli domandai.
E’ una visione del futuro, mi capita spesso… L’uomo che hai visto, è Federico Barbarossa che nel 1190 non farà una bella fine, poveretto…
-E la bestia che se l’è mangiato…-.
Esatto… era una creatura dell’Eden. Ora non spaventarti, va’ con tua madre in città e divertiti. Al tuo ritorno, vedrò attraverso la tua mente ciò che hai visto coi tuoi occhi e potrò raccontare ai miei amici grifoni di aver vistato Gerusalemme disse fieramente.
Col sorriso sulle labbra, lasciai la stanza, e non tornai prima di cena.
Come pasto per il mio piccolo ospite, portai dalla cucina una coscia di pollo e qualche patata, e del riso a parte per me. Cenammo insieme, mentre lui, gustandosi la carne, assaporava con altrettanto interesse i ricordi che prendeva dalla mia mente. Fortunatamente mia madre restò impegnata fino a dopo l’orario di cena, così io e Linus potemmo parlare ancora un po’ prima di coricarci. Certo, Anima si stupiva non poco del fatto che chiudessi sempre la porta a chiave, ma tutte le volte la convinceva la scusa che cercavo solo un po’ di pace e tranquillità.
Quella notte fu Linus a svegliarmi nel sonno e, scoccata la mezzanotte, lasciammo la stanza con cautela, e ci avventurammo verso la nostra prima lezione di volo.
La terrazza, piena di piante e colonne di marmo pregiato, oltre che per la vista mozzafiato sulla città, gli piacque, e andammo lì tutte le notti su sua richiesta. Le lezioni non erano mai noiose: mi divertivo parecchio a guardarlo sbattere le ali e librarsi in aria da fermo per pochi secondi, prima di atterrare di pancia sulle mattonelle di marmo. Una volta finì col rovinare uno dei cespugli di rose della Regina, e la mattina seguente per il palazzo si scatenò il caos. Meno male che ero comunque una delle meno sospettate quando si trattava di guai.
Il fatto che tutte le sere mi svegliassi nel cuore della notte, a poco a poco mi stancava sempre più, così che un giorno mi stupii delle voluminose occhiaie che mi erano cresciute sotto gli occhi. Quando mia madre le notò fu la mia rovina, perché cominciò a sospettare della mie azioni notturne, finché un giorno non si accorse che mancavo nel letto e mi venne a cercare.
Fu anche la volta in cui Linus dovette nascondersi gettandosi dalla terrazza e precipitando verso terra mentre mia madre mi trascinava via a forza dal giardino. Ma quella fu principalmente la volta in cui il grifone imparò finalmente a volare, perché la paura di sfracellarsi al suolo gli aveva dato la giusta carica per sbattere coordinatamente le ali.
Dopo quella sera tornammo meno spesso sulla nostra terrazza, sviando attentamente le guardie e intraprendendo percorsi sempre diversi; a causa della guerra in atto e per le continue tensioni politiche all’interno del Regno, la sorveglianza era aumentata per tutta Gerusalemme, quindi figuriamoci nel palazzo stesso.
Quelle rare volte durante le quali andavamo nel giardino, Linus si esercitava in mosse acrobatiche sempre nuove, riuscendo quasi al primo tentativo di ognuna. Era bellissimo stare lì a guardare le sue ali gonfiarsi al vento, mentre le sue zampe carezzavano l’aria e i suoi occhi si chiudevano meravigliati come i miei.
Si esercitava a fare slalom tra le colonne di marmo e in picchiate verso terra da altezze incredibili. Irrobustì ogni muscolo del suo corpo che divenne ancor più slanciato e magnifico.
Ce l’avevamo fatta.
Insieme.

Trascorsero i giorni, le settimane, e volarono via anche i mesi. Il caldo afoso e torturatore dell’estate si attenuò, lasciando spazio all’autunno cordiale di fine settembre. Il roseto della Regina si tinse di colori nuovi, e molti degli alberi persero le loro foglie, riempiendo i corridoi e le stanze del palazzo del loro secco scrosciare, sospinte dal vento.
Amavo l’autunno, amavo i suoi colori, i suoi profumi e il modo cordiale che aveva mia madre di prendersi lei tutto il lavoro durante quel periodo dell’anno, concedendomi una sottospecie di vacanza che durava due, tre settimane.
D’altra parte, però, nel Regno si diffondeva il terrore seminato da Guido, che stava portando la sua corona in quello stato di degrado. Rinaldo, un suo alleato, scelse il momento peggiore per far piazza pulita di una carovana di pellegrini musulmani, e questo scatenò il caos a palazzo e l’ira di Saladino.
Intanto Sibilla diventava sempre più trasparente.
Una notte, dopo che io e Linus tornammo dalla terrazza, mi addormentai tranquilla, ma feci un altro di quegli strani sogni.
Vidi il palazzo reale in fiamme, la città abbandonata dalla sua gente che fuggiva in massa verso i cunicoli sotterranei. Io ero lì, in mezzo ai bombardamenti che venivano fuori dalle mura, e vedevo delle orrende bestie nere gettarsi a capofitto sulla folla e cibarsi della povera gente spaventata. Le grida divennero assordanti, i suoni confusi, il sangue ovunque. E poi un uomo, al fianco di una meritevole Regina, che chiamavano con coraggio gli uomini poveri a diventare cavalieri valorosi. In fine, due signori della Guerra, due re, che sigillarono un accordo con una stretta di mano nel bel mezzo del deserto, ma una tempesta di sabbia spazzò via la loro immagine, e solo allora mi svegliai.





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I link qui sotto sono alcune immagini che somigliano al piccolo Linus.

Linus 1
Linus 2
Linus 3

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