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Autore: Crumble    04/08/2009    2 recensioni
Dopo un sacco di tempo, sono riusciti a convincermi! eccovi il seguito di 'A New Twilight'!
"Ero quasi completamente ricoperta di omogenezzato. Già, perchè il nostro caro, piccolo e perfido Andy, aveva imparato un bel giochetto. Appena gli mettevo in bocca un pò di omogeneizzato, lo risputava addosso a me. E poi rideva. Come adesso. "Non c'è niente da ridere!" lo apostrofai. Continuò imperterrito nonostante tutto. Sapevo perfettamente chi gli avesse insegnato quel giochetto. "Emmett!" chiamai."
Genere: Generale, Romantico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'A New Twilight'
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CAPITOLO DIECI: TRACCE
L’aereoporto era pieno di gente, quasi non si passava; e pensare che erano le due di notte.
Edward stava ritirando i biglietti e io stavo chiamando Alice.
Rispose al primo squillo.
“Bella, ti ho detto che sta benone, non devi preoccuparti ok? Lui sta bene, noi stiamo bene, tu sta tranquilla”
Sorrisi. “Lo so, scusami… è solo che è la prima volta che lo lascio con voi per così tanto tempo” ero preoccupata.
“Lo tratteremo bene ok? Poi Esme e Carlisle sanno esattamente come si tengono i bambini e Andy è un bambino molto ragionevole” la sua logica non faceva una piega.
“Lo so, mi dispiace di essere così apprensiva… mi fido di voi, so che starà benone… ci sentiamo quando arriviamo ok?”
“D’accordo, saluta Edward e fate buon viaggio! Ah, e non preoccuparti dei bagagli” riattaccò.
“Hai chiamato di nuovo” accusò Edward.
Sorrisi. “Si… lo sai che non so resistere… mi manca già e non siamo nemmeno partiti” ammisi.
Alzò gli occhi al cielo. “Tesoro, chiamare quattro volte in mezz’ora vuol dire essere ossessionati”
“Alice ti saluta e dice che non dobbiamo preoccuparci dei bagagli” cambiai argomento.
“I bagagli? Che c’entrano i bagagli?” chiese.
Scossi la testa. “Non lo so, non ne ho proprio la minima idea”
La voce all’altoparlante annunciò il nostro volo e ci affrettammo a salire.
L’aereo era pieno ma i posti erano comodi. Edward mi fece sedere dalla parte del finestrino e mi sorrise. Se l’aereo fosse caduto, saremmo stati i soli a salvarci probabilmente.
Il viaggio fu abbastanza piacevole. Le persone dormivano intorno a noi e nel frattempo, potemmo discutere sul da farsi.
Stavamo andando a Jacksonville perché volevo assolutamente trovare mia madre.
Non avevo certezza che fosse ancora lì a Jacksonville, ma era l’ultimo posto dove era stata e quindi un buon punto di partenza.
Mi mancava molto, più di quanto avessi pensato.
Ero sempre stata troppo occupata con Andy e la mia nuova famiglia per pensare a Renèe e a Charlie; e forse avevo sbagliato.
Mi dovevano credere morta, cosa che fondamentalmente ero. Però io avrei potuto osservarli stando nell’ombra; avrei potuto farli vedere ad Andy.
Avevo sbagliato con Charlie e la situazione con lui era ormai irrecuperabile. Ma non avrei sbagliato allo stesso modo anche con mia madre.
“A che cosa stai pensando?” chiese Edward.
“A mia madre… voglio davvero ritrovarla” ammisi.
“Lo so, vedrai che riusciremo a scoprire qualcosa” mise la mano sopra la mia e fece il mio sorriso preferito.

Arrivammo a Jacksonville a notte fonda. L’aereoporto era pieno e la gente spingeva per prendere i bagagli. Edward andò a prendere i nostri e tornò poco dopo, sconsolato.
“Alice avrebbe potuto avvisare” brontolò.
“Che cosa c’è?”
“Hanno smarrito i nostri bagagli” rispose.
Ecco a cosa si riferiva Alice quando le avevo telefonato!
“Ha detto di non preoccuparci” dissi.
“Si, perché possiamo sempre ricomprare quello che ci serve” concluse.
Ci incamminammo fuori dall’aereoporto.
“Però un po’ mi dispiace per le valigie, erano di Esme”
Edward sorrise. “A lei farà piacere andare a comprarne di nuove”
“Signori? Avete bisogno di un Hotel dove passare la notte?” ci chiese una Hostess.
Edward scosse la testa. “No grazie, abbiamo già prenotato un’albergo”
No grazie, noi non dormiamo sarebbe stata una risposta più veritiera.
Noleggiammo un’auto (inutile dire la cilindrata) e ci dirigemmo verso la ex casa di mia madre.
La signora al telefono mi aveva detto che mia madre aveva preferito trasferirsi perché la casa le ricordava troppo la figlia, cioè me.
Mi venne da chiedermi come poteva essere così visto che io a Jacksonville non avevo mai abitato. Però, conoscendo mia madre, come poteva essere altrimenti?!
Per la strada vidi che molti negozi erano ancora aperti e mia madre aveva abitato al centro della città più o meno. Una villettina gialla ben curata e accogliente. Rispecchiava perfettamente i gusti di mia madre.
“Aspettiamo domani mattina amore… non credo che saremmo i benvenuti se suoniamo il campanello alle tre di notte” disse Edward.
“Si, aspettiamo in macchina” presi il cellulare per chiamare a casa.
“Che stai facendo, chiami di nuovo?” accusò lui.
“Certo… non capisco come tu non sia preoccupato” dissi sulla difensiva.
“Bella, sanno prendersi cura di Andy e poi, dimmi, credi che Esme o Carlisle gli lascerebbero fare qualcosa di pericoloso?” mi guardò alzando un sopracciglio.
Sospirai. “No, certo” Esme lo avrebbe protetto a qualsiasi costo vista la sua natura così materna; e Carlisle era un dottore bravissimo, nonché un nonno eccezionale.
Si, Andy era al sicuro.
“Però… mi manca” ammisi.
Sorrise. “Manca anche a me tesoro… è nostro figlio, ci credo che ci manca” rispose.
Guardai fuori dal finestrino. “Secondo te… insomma, Andy si sente solo? Nel senso che… secondo te starebbe meglio con un fratellino?” tentai.
Edward mi scrutò per un po’ senza dire niente. “Non lo so… ha detto che non lo vuole un fratellino, ma può darsi che se lo avesse lo accetterebbe volentieri… non saprei… perché me lo chiedi?”
Appunto. “Ehm… così, pura curiosità… sai, l’altro giorno ne voleva uno, poi ha detto di no, però non so se magari ne avesse uno chissà come si comporterebbe” farfugliai.
“Già… chissà…” tornò a guardare verso la casa.
“T-tu ne vorresti un altro?” chiesi a bassa voce.
Sorrise. “Sono disposto ad avere tutti i bambini che vuoi con te… certo, ne vorrei altri” rispose.
Ne voleva altri. Menomale…
Aspettammo le prime luci dell’alba per andare a comprare quello che ci serviva, quindi vestiti di ricambio e poche cose per la pulizia giornaliera. Ci eravamo nutriti a fondo prima di partire e per qualche giorno sarebbe andato tutto bene.
Alle otto suonammo a casa Johnson e ci aprì una piccola signora tarchiata e con gli occhiali.
“Si, desiderate?” chiese con vocetta stridula.
“Salve, siamo dell’agenzia Strenger &Co, vorremmo parlare con lei dei precedenti proprietari della casa” disse Edward.
La signora ci fece entrare e ci offrì una tazza di tè. Non potevo dirle che ero la figlia dei precedenti proprietari, altrimenti si sarebbe spaventata, cacciandoci; lei sapeva che ero morta, non l’avrebbe presa bene.
“Allora, volete sapere qualcosa… per quale motivo?”
Parlai io. “Perché avevamo fatto da tramite noi per l’acquisto di questa casa e solo recentemente abbiamo saputo che era stata venduta… vorremmo sapere cosa le ha detto la signora, se per caso… ha parlato male della nostra agenzia” ok, questa era una balla bella o buona. Nessuna agenzia immobiliare avrebbe mai chiesto una cosa del genere ai proprietari di una casa.
“Ooh… adesso capisco… si tratta di reputazione” disse la signora Johson “Potete stare tranquilli, la signora Renèe mi ha parlato benissimo di questa casa, tanto che poi, come vedete, mi ci sono trasferita” rispose.
Edward le fece un sorriso mieloso. “E potrebbe dirci anche dove è andata la signora Renèe?” chiese con voce soffice come seta.
In quel modo, avrebbe potuto ottenere qualsiasi cosa.
“N-non so se posso dirvelo…” era già imbambolata.
“E’ sicura? Noi vogliamo solo salvaguardare la nostra reputazione…. Sa che è importante per un’agenzia” continuò lui.
“Si certo… allora credo che io possa… dirvi che la signora è… andata a San Francisco… con il marito” rispose.
Ci alzammo. “La ringrazio, lei è stata molto gentile… davvero… ha una bellissima casa, arrivederci” dissi.
Parve un po’ sorpresa della fretta con cui la salutammo.
“Arrivederci” rispose aprendoci la porta.
Tornammo alla macchina e poi all’aereoporto.
“Prossima tappa San Francisco…” disse Edward “Abbiamo l’aereo tra due ore”
“D’accordo, ma prima fammi chiamare a casa” risposi.
Alzò gli occhi al cielo.


  
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