Nuovi Eroi per
Senza Parole ( Noel)
Dopo le due ore in cui le orecchie di Roh avevano
festeggiato il silenzio, Arien aveva ricominciato a parlare di tutto ciò
che le passava in mente: dal clima, troppo freddo per lei, ai famosi – e
gustosi, almeno secondo lei – destrieri di Rohan. Ovviamente non
ascoltava una sola parola di quella ragazzina che si trasformava in cane. In
effetti, avendoci pensato e ripensato, era giunto alla
conclusione che la giovane doveva per forza trasformarsi. Il suo
cervello gli urlava che non poteva essere vero, che aveva imparato che la magia
non esisteva e che quindi, per forza di cose, la ragazza non poteva essere un
cane. Eppure il suo istinto, che di solito ascoltava, gli diceva
che era vero. Istinto o Ragione?
Bella domanda.
<< Ehi… Roh? Mi stai ascoltando! >> lo
chiamò la ragazza, saltellante e allegra come sempre. Certo, per i primi
dieci minuti è anche simpatico e divertente viaggiare con una specie di
cavalletta che parla in continuazione, ma dopo qualche tempo diventa pesante.
Avrebbe dovuto imparare a comportarsi come una vera dama, come quelle delle
leggende e dei miti. << Stavo dicendo quel… >>
All’improvviso lei spalancò gli occhi. Il
cavallo drizzò le orecchie. E il mercante non
sentì assolutamente nulla. Arien rabbrividì,
Alzando il naso verso l’alto, annusò sonoramente.
<< Odore di morte! >> sussurrò,
guardando Roh con occhi terrorizzati. Aveva paura, molta, lo
si poteva capire, dalla sua voce, dai movimenti rapidi delle mani.
<< Qui vicino >>
<< Avanti, ragazza, smettila di dire
sciocchezze… come avresti fatto a…
>>
All’improvviso il cavallo si imbizzarrì,
terrorizzato. Non era che un Pony, ma possedeva comunque
parecchia forza. Lui lasciò in fretta la briglia, l’ultima cosa
che voleva era finire a faccia in giù nel fango, dando così modo
al cavallino di allontanarsi di qualche metro. Non sarebbe fuggito, o almeno lo
sperava, era cresciuto in cattività, non aveva
mai conosciuto la libertà, sempre a contatto con gli uomini, che sapeva
bene gli offrivano cibo e un luogo sicuro in cui stare, lontano dai lupi e
dagli orsi.
<< Maledizione… >> ringhiò,
mentre pregava che l’animale non avesse intenzione di fuggire davvero,
perché altrimenti sarebbe fuggito con lui il
suo carico, atteso per il mese dopo nel Lontano Harad. I compratori si sarebbero
indisposti non poco ad un suo ritardo o, peggio, alla completa perdita del
carico. Del resto gli abitanti dell’Harad non erano certo conosciuti per
la loro pazienza.
<< Aspetta, lo sento! Sono… sono orchi! >> esclamò, ancora
fiutando l’aria.
<< Orchi? >> Quello sarebbe stato un problema.
Se poi c’erano davvero degli Orchi nei paraggi, cosa di
cui non poteva fare a meno di dubitare. Un momento… la carovana di
mercanti! Che li avessero attaccati? No, frena la
fantasia, Roh, si auto-impose, questa è solo
un’ipotesi. Basata, oltretutto, su quello che ha detto
questa ragazzina, che racconta anche di trasformarsi in cane. Vedrai, non troverai nessuno lungo tutta la strada fino al
prossimo villaggio. << No, impossibile. Continuiamo a camminare >>
si avvicinò al cavallo, afferrando le sue
redini e lanciandogli un’occhiataccia che avrebbe dovuto, almeno in
teoria, scoraggiare ogni futuro tentativo di fuga o ribellione.
<< Come vuoi tu. Ma se degli Orchi assassini ci attaccano la colpa la darò a te, sappilo!
>> sibilò minacciosamente lei, con aria offesa. Lui non le
credeva? Bene! Cioè, male. In
effetti sarebbero finiti in braccio agli Orchi. Oh, Valar, cosa le
importava! Parecchio, visto che c’era in gioco la sua vita…
<< Non ci attaccheranno, te lo
assicuro >>
<< Se ci circondano mi dai
un bacio? Sai, per provare a scoprire se tu sei davvero l’uno … >>
<< Scordatelo! >>
<< Uffa! >>
Camminavano da qualche tempo, lei con grazia, nonostante
le lunghe ore trascorse senza mai fermarsi, lui con passi rapidi e ben poco
eleganti, che avrebbero fatto rabbrividire ogni dama di alta
nobiltà, ed il cavallo, che li seguiva, incurante di ciò che
accadeva intorno a lui. Il panorama non cambiava e sempre la prateria di sterpi
raggiungeva l’orizzonte, con cespugli radi e pochi alberi dall’aria
scheletrica.
Arien, come al solito, teneva un
approfondito monologo sulla sua vita, argomento di cui, se continuava
così, Roh sarebbe diventato il massimo esperto mondiale.
Si fermò all’improvviso, troncando una frase
nel mezzo. << Lo senti? >>
<< Ancora con la storia degli Orchi? >>
sbuffò il mercante, incredulo.
<< No! >> gli mostrò la lingua, con
fare offeso << Intendo dire che c’è
un altro odore, oltre a quello degli Orchi… più vicino e
più forte…>>
<< Potrebbe essere un Nazgul… o magari Sauron
in persona… >> commentò con
sarcasmo, soffocando uno sbadiglio. Avrebbero fatto meglio a fermarsi e
riposare. Forse era per questo che Arien continuava a
dire cose senza senso. Magari era solo stanca.
<< Non sei affatto
divertente… è qualcosa di più Umano… >>
<< Ti prego, ragazzina, smettila…
>>
<< Io non ho intenzione di…
aspetta! >> si voltò con rapidità sorprendente verso
un cespuglio, che costeggiava il sentiero che stavano seguendo. <<
Lì… lo vedi…?>>
Aggrottò la fronte. Vide un rapido movimento.
Spalancò gli occhi. Anche se fosse stato
davvero Sauron in persona, avrebbe preferito tagliarsi un braccio piuttosto che
ammettere che la ragazza aveva ragione.
<< Si… sarà un animale selvatico…
credo…>>
La ragazza si avvicinò all’arbusto. Roh non
si prese la briga di fermarla. Se quella creatura poteva nascondersi in quel
cespuglio smorto doveva essere piccola. E, una cosa così piccola, non poteva di certo essere
pericolosa. Evitò volutamente di ricordare
Con un sospiro decise di avvicinarsi anche lui. In caso di
un attacco non sarebbe stato affatto d’aiuto,
dato che con le armi era un disastro. In effetti la
giovane si era fermata, titubante, a pochi passi dall’arbusto, come se
temesse la cosa o la creature che vi era nascosta dietro. Forse il suo istinto
era più sviluppato e le suggeriva di fuggire e di fare
attenzione. Il suo, invece, si era probabilmente preso
una breve vacanza, poiché non aveva alcun presentimento, di nessun
genere.
La superò, mentre Arien le lanciava uno sguardo di avvertimento. Ignorandola si inginocchiò
a terra, spostando delicatamente le fronde del cespuglio…
Due grandi occhi azzurri risposero al suo sguardo. Dovette
utilizzare tutto il suo autocontrollo per non indietreggiare, urlando. Due
grandi occhi azzurri, fissi su di lui, in una muta richiesta d’aiuto,
circondati da occhiaie marroni. I capelli sembravano
fili di paglia dorata gettati sul piccolo capo ossuto, dagli zigomi molto alti,
e ce non sarebbe stato neppure sgradevole, se non
fosse stato tanto scheletrico. Il bambino chiuse nuovamente gli occhi
appoggiando il capo alle ginocchia, che abbracciava con le braccia simili a
giunchi. Ultimamente Roh aveva avuto molte sorprese e altre ne
avrebbe avute in futuro, ma questa fu certamente quella che più
lo impressionò. Completamente spiazzato, lanciò un’occhiata
alla ragazza, ancora immobile, alla ricerca di un qualsiasi sostegno o aiuto.
<< Ehm… piccolo… che fai qui tutto
solo…? >> domandò, imbarazzato. Che
si fosse perso? No, impossibile, il villaggio più vicino, Brea, distava
de giorni di cammino. Lui alzò nuovamente gli occhi, facendolo
rabbrividire. Sembrava un piccolo fantasma.
<< Io non sono solo. Ci sono… loro…
>> sussurrò, con un tono di voce rauca,
come se non parlasse da molto… troppo tempo. Roh sospirò
sonoramente. Un altro pazzo che si univa alla banda.
<< Loro chi, piccolo? >>
domandò nuovamente, stupendosi per lo sguardo stranamente serio del
ragazzino. Sperò che, se avesse mai avuto un figlio, non fosse
come lui…
<< Le voci >> sbatté le palpebre, come
se il mercante gli avesse fatto la domanda più ovvia del mondo, a cui
tutti sapevano rispondere. << Loro mi parlano >>
tamburellò un dito sulle tempie, annuendo convinto. Arien si
avvicinò di alcuni passi, borbottando qualcosa
di simile a “non mi piace il suo odore”
<< Un cucciolo, hanno abbandonato
il cucciolo… >> fece Arien, spalancando gli occhi. << Che cosa crudele… ehi, perché sei qui tutto
solo? >>
<< Mi… mi hanno detto loro di aspettare qui. >>
<< Loro chi? >>
<< Loro >>
La giovane sospirò, scuotendo il capo e lanciando
uno sguardo al compagno di viaggio. Fai tu, io non so cosa fare,
sembravano dire i suoi occhi. Sfortunatamente neppure Roh sapeva cosa fare, non
era mai stato bravo a trattare con i bambini, per lui solo piccole pesti noiose
e combinaguai.
<< Come ti chiami, ragazzino? >> tentò
nuovamente l’uomo, alzandosi in piedi e pulendosi i pantaloni dai fili d’erba
secca e dalla terra che li sporcavano. << Avrai
un nome, no? >>
E, Valar, fate che abbia anche una
famiglia, che lo stia cercando. Perchè Roh lo sapeva, se quel piccolo fosse stato
solo, abbandonato a se stesso in mezzo a quella prateria, non avrebbe mai avuto cuore di abbandonarlo. E,
sorrise al pensiero, neppure Arien.
<< Noel. Mi chiamo Noel. >> strisciò fuori dall’arbusto che lo aveva nascosto fino ad
allora. Sotto i raggi che lo illuminavano sembrava ancora più
scheletrico. Chissà da quanto era nascosto lì sotto, aspettando
che qualcuno arrivasse o che qualcosa accadesse… Spalancò
improvvisamente gli occhi, il respiro si fece ansante e le ginocchia si
piegarono pericolosamente, rischiando di farlo cadere a terra.
<< Fai attenzione! >>
esclamò la ragazza, avvicinandosi, negli occhi uno sguardo preoccupato,
uno sguardo che il mercante mai si sarebbe aspettato
di vederle disegnato sul volto. << Dicci, Noel, dove sono i tuoi
genitori? Ti staranno cercando… saranno molto
preoccupati… vero? >>
Lui, in risposta, inclinò
il capo, sbattendo più volte le palpebre, come se non capisse cosa lei
gli stesse chiedendo.
<< Scommetto che viene da Kier… dista qualche
chilometro da qui, un po’ troppi in effetti, ma un buon camminatore
può percorrere quella distanza in un paio di giorni >> commentò Roh, ricordando il paese dai tetti di
paglia, con una perenne spirale di fumo che usciva dagli alti camini.
<< Kier? Vieni da Kier, Noel? >>
domandò la ragazza- cane, con un dolce sorriso sul volto.
Lui continuava a guardarla, ammirato. Roh sospirò. Ci
mancava solo che quel ragazzino si prendesse una cotta per una che per buona parte
del giorno era un cane!
<< Loro dicono che io non
ci devo tornare >> mormorò, abbassando gli occhi a terra.
Loro? Non che non avesse mai sentito di bambini con
amichetti immaginari, ma erano al massimo due… questo loro lasciava intendere che dovevano essere numerosi. Qualunque cosa
si nascondesse dietro a questi “loro”. << Avanti, scommetto
che la tua mamma sarà felice di rivederti! >>
Lui non rispose. Arien sorrise, correndo a recuperare il
cavallo, le cui redini erano in pochi secondi in mano a Roh, con un nuovo
carico sulle ampie spalle.
E, tanto per passare il tempo,
Arien cominciò nuovamente a parlare.