BREVE STORIA DEL PICCOLO REGNO
Il Piccolo Regno superstite era una roccaforte in vetta a un
monte sempre più aguzzo. Le alte mura in pietra arenaria erano invalicabili, si
prospettava un assedio.
Il Conquistatore permise ai suoi uomini di sistemarsi
comodamente, tanto le guardie sulle mura apparivano disarmate e per nulla
intenzionate a nuocere agli aggressori.
Nessuno tra i guerrieri sapeva capacitarsi di quanti abitanti
potesse avere quel nucleo abitato isolato, e nemmeno di quanto fosse grande; le
mura nascondevano tutto, e la parte più alta della città era avvolta dalla
fitta nebbia tipica delle alte quote.
I suoi fratelli giunsero nervosi al suo cospetto e gli
chiesero il permesso di scagliare altre frecce, ma egli non acconsentì.
“Avete già preso l’iniziativa, in precedenza. Questo
concepitelo come una gentile concessione che vi ho fatto” rispose con finta
magnanimità, “adesso obbedite e mettetevi comodi; inizia l’assedio”.
Per quanto tempo quei montanari inermi potevano fare la parte
del topo in trappola? Qualche giorno, al massimo.
Mentre l’Imperatore faceva montare la sua grande tenda, un
forte vocio percorse i suoi uomini; infatti la grande porta della città si era
aperta giusto di uno spiraglio, per lasciar uscire un’ambasciata composta da un
sol uomo a cavallo, che sventolava una pacifica bandiera bianca.
Sorrise il sovrano, credendo che già stesse giungendo la
resa.
“Fatelo passare, e che non gli venga torto un capello”
ordinò, perentorio.
Così l’ambasciatore giunse indenne fino alla lettiga
imperiale, con il Conquistatore che aveva di nuovo preso posizione su di essa.
Attorno a loro si raccolse una fittissima e silenziosa folla.
“Arrendetevi subito e non vi sarà fatto alcun male” esordì
l’Imperatore, cercando di mostrarsi risoluto e impassibile anche quando il suo
cuore già era pieno di gioia per la vittoria facile.
L’ambasciatore discese dal cavallo, un baio abbastanza
vecchio e mezzo azzoppato, e si rivelò un nanerottolo. Bassissimo di statura,
anche se agile.
Quando si tolse il cappuccio che copriva parte del volto,
mostrò tutto il suo strabismo.
“I… io… non qui… per una… re… re… resa” disse, balbettando in
modo fastidiosissimo.
Il Conquistatore si ritrovò a provare un profondo fastidio.
“Non ho capito, nano. Puoi ripetere?”
“Io… non… qui… per…”.
“In ginocchio. Subito! Riconosci il tuo nuovo sovrano e fai
aprire le porte della città, che non vedo l’ora di conoscere la tua Regina”
ordinò allora l’Imperatore, ormai rabbioso di fronte al balbuziente deforme.
L’ambasciatore strabico però scosse la testa e sorrise,
mostrando una bocca di denti giallastri e marci.
“La…
mia… Regina… mi… man… da… a…
dir… vi… di… andarvene!”
Un Oh! generale si
alzò dai soldati, colpiti dal messaggio appena recepito con grande fatica. Poi,
i fratelli del Conquistatore iniziarono a sghignazzare e a prendere in giro
l’uomo, rivolgendogli tutte le peggiori offese del mondo.
L’Imperatore alzò la mano destra e impose il silenzio, mentre
si mordeva nervosamente il labbro inferiore. Anche a lui era bruciata quella
stoccata.
“La tua Regina ha mandato a parlamentare con me un
balbuziente, invece di uno dei suoi uomini migliori. Ha inoltre rifiutato ogni
mia richiesta di matrimonio e di collaborazione, impedendo ai miei uomini più
volte di varcare il confine. Quindi per me quest’ultima burla è una chiara
dichiarazione di guerra” sancì.
Un urlo di gioia si levò da tutto l’esercito, e i guerrieri
iniziarono a battere le spade contro gli scudi, generando un rumore assordante.
“Torna dentro a quelle mura e riferisci che presto del
Piccolo Regno della Montagna resterà solo un mucchio di cenere. Se la tua
Regina vuole salvare almeno la dignità, faccia uscire il suo esercito e ci
combatta senza pietà, anche se noi alla fine l’avremo vinta. Faccia in fretta,
però; noi inizieremo oggi stesso a costruire lunghe scale, e presto saremo
dentro le mura”.
L’ambasciatore fece allora un piccolo inchino di cortesia e
tornò in sella al suo cavallo, allontanandosi tra gli sberleffi e le urla di un
esercito rabbioso. Il Conquistatore controllò che non gli fosse fatto alcun
male, poiché egli doveva riferire ciò che aveva udito alla Regina.
Solo quando l’uomo fu tornato dentro le mura tornò a far
tacere i suoi guerrieri, ordinando loro di iniziare a tagliare alberi, giacché
le scale dovevano essere fabbricate al più presto, al massimo entro la sera del
giorno successivo.