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Autore: gabryTheGift    06/02/2020    3 recensioni
Oscar e André tornano a palazzo dopo essersi scontrati contro i primi tumulti di Parigi, dopo la scena in cui André ha protetto la sua donna (come al buon Alain piace sottolineare). I due protagonisti, fianco a fianco, tornano a casa mentre Oscar cerca di capire quale sia adesso il suo rapporto con il suo amico di sempre e cosa sia rimasto della loro vita vissuta insieme. Un missing moment, la voce di una Oscar che ancora non capisce il sussurro del suo cuore.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Questa sembra essere la notte in cui nemmeno il silenzio può avvolgermi senza ferirmi.

E che tu, proprio tu, sia qui ne è la prova tangibile.
Sono completamente destabilizzata.
Non sono pronta a vedere nessuno.
Non sono pronta a confrontarmi con nessuno, tanto meno con te.
Non riesco nemmeno a rispondere al tuo richiamo.
Sono sconvolta.
E sono così contenta che il buio della notte celi il mio viso ai tuoi occhi, per lo meno lo spero ardentemente.
Il candelabro tra le tue mani produce una debole fiammella e questo mi conforta.
Sono davvero una vigliacca.
Quante verità mi stanno piombando addosso in queste poche ore.

Di nuovo sento la tua voce, colorata da una nota di preoccupazione, chiedermi: “Bambina? Tutto bene?”
“Ciao Nanny” ti rispondo, dopo aver preso involontariamente un profondo respiro.
Percepisco chiaramente la tua sorpresa nel trovarmi qui, sola e al buio.
Questa sera devo apparirti proprio strana ed io non avrei mai voluto che mi trovassi al buio in biblioteca, sconvolta dalle parole di tuo nipote e schiacciata dalla consapevolezza che ogni mia certezza era, probabilmente, una chimera.
Non riesco a metabolizzare solo in una manciata di secondi tutto ciò che ho letto.
Sono inerme davanti a tutte queste emozioni.
Nessuno mi ha insegnato a gestirle.
Non so cosa fare.

Ma nemmeno tu ora hai pietà di me e, dopo questo mio silenzio che deve sembrarti interminabile, imperterrita mi chiedi, ancora una volta: “Cara, cosa ci fa qui in biblioteca a quest’ora?”
“Non riuscivo a dormire” ti rispondo aggirando la verità.
Un buon modo per prendere tempo davanti al nemico, una lezione fondamentale del mio Signor Generale e padre.

Ma un pensiero, ad un tratto, più forte di tutti, attraversa la mia anima.
Una domanda aleggia sulla punta delle labbra.
Una domanda che può sembrare innocente ma che ha il potere di sconvolgermi, ancora una volta, perché mi rende perfettamente consapevole del fatto che non importa cosa vedono i miei occhi o cosa la razionalità mi suggerisce, quando si tratta di te, André, tutto decade e ogni proposito si sgretola.
E quindi, quasi senza riuscire a controllare la mia voce, ti chiedo: “Sai dov’è Andre?”
Ti vedo fare qualche passo verso di me.
Grazie alla luce del candelabro vedo chiaramente l’espressione sorpresa dipinta sul tuo viso.
Abbasso lo sguardo perché ho paura che tu possa scorgere i segni di ciò che ho letto nei miei occhi.
Ho paura che tu possa percepire, non so grazie a quale strana magia, le sue parole decise e piene di sentimento sul mio volto, sulle mie guance, che sento quasi andare a fuoco.
Dopo qualche secondo di esitazione, mi rispondi: “Starà riposando nella sua stanza.”
Senza rendermene conto, alzo il viso e prontamente rispondo: “No, non c’è!”
“Tu come fai a saperlo, tesoro?” mi chiedi poggiando il candelabro sul primo ripiano disponibile che riesci a trovare.
Maledizione!
Mi sono cacciata in questo guaio con le mie stesse mani.
Al diavolo!
È casa mia! Posso gironzolare quanto mi pare e piace e, se mi aggrada, posso aprire qualunque porta e ficcarci anche il naso dentro.
Che sarà mai? Infondo cercavo André!
“Ho bussato alla porta della sua stanza. Non ricevendo nessuna risposta sono entrata e ho visto che non era a letto”
“Vergine Santissima!” esclama disperata facendosi il segno della croce… per non so quante volte!
La tua reazione mi strappa un piccolo sorriso.
Se André fosse qui riderebbe a crepapelle e comincerebbe ad imitarti.

Ecco, ci sono cascata di nuovo. In ogni mio pensiero, anche il più innocente, ci sei tu.
Forse questo accade perché siamo cresciuti insieme?
Magari, la mia, è solo una cara abitudine che non riesco ad abbandonare.
Sei accanto a me da una vita e quindi è normale per me includere la tua persona in ogni mia azione e in ogni mio pensiero.
È solo per questo, André? O c’è dell’altro?
Alla fine, se ci penso con razionalità, non riuscivo ad immaginare Fersen parte integrante della mia quotidianità.
Non riuscivo a visualizzarlo accanto a me, non riuscivo a vederlo nella mia vita.
Riuscivo solo a fantasticarci sopra e, in ogni fantasia, ero sempre io a dover cambiare, a trasformarmi per lui, per piacere ai suoi occhi.
Ero sempre io a plasmarmi.
Infondo, immaginavo un’aristocratica dama bionda che non ero io.
Era un bel sogno ad occhi aperti, in cui potevo immaginare la vita che avrei vissuto se non fossi stata lo strambo esperimento di mio padre.
Adesso credo di averlo compreso.

Quindi André, cosa può voler mai dire tutto questo?
Accanto a te non sono mai stata diversa. Non sono mai stata… femminile.
Non ho mai indossato un abito per te.
Io proprio non riesco a capacitarmi che tutta quella… passione... sì passione è la parola esatta… fosse rivolta proprio a me.
Come posso suscitarti certe emozioni?
Fersen mi considerava il suo migliore amico, un uomo…
Possibile che tu, un uomo vero come lui, possa provare certi pensieri per me?
Certe pulsioni?
Possibile che io, rimanendo me stessa, possa aver provocato in te le emozioni che gli uomini provano per le donne?
Per le vere donne?
Non riesco davvero a crederci. Non posso crederci.
Forse gli faccio troppa pena e quindi… non lo so.
Eppure in quelle parole tutto ho percepito tranne che pena nei miei riguardi.
Quasi mi scoppia la testa.
Non riesco a dare la giusta forma ai miei pensieri.
Forse non sono ancora pronta.

Intanto sento Nanny mandare una serie di sciagure a mio padre ma non riesco davvero a seguire le sue parole.
Penso a te André, a ciò che ho letto e non sono completamente lucida.
Sì, la mia mente vaga tra i miei pensieri e i miei ricordi, ma è tutto così complicato.
Sono così lontana da questa stanza adesso.
Anche lei deve essersene accorta perché la sento bloccare di colpo le sue parole, che fino a qualche istante prima erano come un fiume in piena, e sospirare forte.
È come se sospirasse arresa ad una verità che lei ha compreso da tempo.
Cosa hai capito, Nanny? Puoi davvero parlarmene?
Non dovrei chiedere a te di districare il caos del mio essere, lo so.
Ti abbiamo sempre dato troppe preoccupazioni, troppi dispiaceri. Mi dispiace Nanny.
Cerco il tuo sguardo e ti vedo guardarmi quasi con dolore.
Quando comprendi che hai di nuovo la mia attenzione mi chiedi: “Bambina, ti rendi conto di ciò che hai fatto? Una donna non può entrare nella camera di un uomo nel cuore della notte. Soprattutto se quest’uomo è un servo!”
“Nanny ma cosa dici? Lui è Andrè!” dico scuotendo piano la testa.
Quella parola mi ha sempre fatto venire una tremenda orticaria. Relegare la sua figura in quella parola è offensivo e inutile.
Con un sorriso stanco mi risponde: “Oh bambina, non vuoi capire. Non hai mai voluto capire.”
“Nanny, tra me e lui queste sciocchezze non hanno motivo di esistere. Lui è Andrè e questo è quanto. Non darti pena” le dico in modo brusco.
Ormai il tono della mia voce è perennemente quello di un Comandante che impartisce ordini ai suoi soldati.

Eppure, non avrei mai creduto che dopo anni sarei riuscita di nuovo a parlare con tanta franchezza a qualcuno.
Ma non era questo il modo in cui volevo dirlo...
Sospiro forte mentre penso che non sono mai stata capace di far uscire le parole dalla mia bocca nel modo giusto.
Volgo lo sguardo verso la luce della candela portata dalla mia Nanny, alla fine vorrei che la mia anima fosse così luminosa solo per poter leggere con estrema chiarezza cosa contiene e potermi svelare con franchezza alle persone a cui tengo.
Che pensiero strano, come erede dei de Jarjayes non dovrei pensare nulla di simile.
A dispetto delle mie medaglie, non sono riuscita ad essere il figlio maschio che meritava mio padre.
Me ne dolgo profondamente.

“Bambina e se ti avesse visto qualcuno?”
La guardo e sorridendo debolmente, le rispondo: “Tranquilla, sono stata attenta.”
Alla fine si preoccupa solo per i suoi bambini. Comprendo il suo sentimento.
Ma tutto questo, tutta questa ipocrisia data da queste maledette regole sociali, da questa stupida etichetta, da cosa dovrebbe proteggermi?
Da me stessa?
Da chi mi circonda?
Ed io? Io desidero essere protetta da tutte queste regole a cui ormai non credo più? A cui, infondo, non ho mai creduto?

Sono davvero stanca questa sera. Sono stanca di tutto.
E odio non avere alcuna risposta per mettere a tacere tutte queste voci che ronzano nella mia testa.
Forse… dovrei davvero parlarne con lui.
Forse…dovrei davvero cercarlo e non desistere davanti ai miei dubbi e alle paure di Nanny e alla volontà di mio padre. Infondo, lui è l’unico che ha sempre avuto il potere di spiegarmi certe cose.
Non mi importa dell’imbarazzo che potrò provare nel trovarmi faccia a faccia con lui. Infondo ho sempre saputo fingere bene, ed ora come ora non mi importa poi molto.
Lui è André, ed io voglio parlare con lui.
Voglio solo parlare con il mio Andrè!
Che male può esserci in questo?

Mi faccio coraggio, strano sembra che me ne serva più del previsto, e le chiedo: “Sai dove può essere, Nanny? Io… Io devo trovarlo!”
Ti vedo guardarmi confusa e ritrosa, quasi balbetti quando mi rispondi: “Ma… ecco bambina… Io proprio non so… se è il caso… a quest’ora…”
“Ti prego” Sì, ti prego Nanny.
Almeno tu questa sera non abbandonarmi.
Mi hanno abbandonata tutti, non respingere ciò che sono anche tu, ti prego.
Ma tu comprendi il mio disagio, forse sei l’unica che mi capisce, come hai detto a tuo nipote fuori dalla mia stanza qualche ora fa.
E ti vedo cambiare espressione e assumere lo stesso sguardo dolce che usavi quando, quasi una vita fa, mi ripetevi, accarezzandomi i capelli, che mio padre era solo un uomo e che in quanto tale era un essere fallibile.
“Credo che tu sappia, molto meglio di me, dove possa essere a quest’ora. Se davvero hai bisogno di parlargli bambina, guardati dentro e lo saprai.”
Dopo queste parole ti vedo sorridermi debolmente e avvicinarti alla porta, per lasciarmi sola con me stessa.

Non ha più niente da dirmi.
Tuttavia mi ha già detto tutto quello che c’è da sapere: Andrè è dentro di me e solo io conosco la strada giusta per trovarlo, per arrivare a lui.
Qualunque cosa significhi questa verità.
La vedo uscire definitivamente dalla biblioteca augurandomi una buona notte.

Sì, Nanny, spero che questa notte possa esserlo davvero.
  
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