Serie TV > Castle
Ricorda la storia  |       
Autore: Ksyl    14/02/2020    6 recensioni
PREQUEL di "Surprise Surprise"
Kate Beckett decide di accettare, a sorpresa, di trascorrere il week end negli Hamptons, nella 2x24, e Gina non è mai stata invitata.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Seconda stagione
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

1

Prologo:
B: Look... I know that I'm not the easiest person to get to know, and I don't always let on what's on my mind. But this past year, working with you, I've had a really good time.
C: Yeah. Me, too.
B: So, I'm- I'm just gonna say this and...

"Se l'invito è ancora valido...", concluse Beckett con un po' di esitazione.
"L'invito?", la interruppe Castle, senza capire.
Kate inspirò profondamente, cercando di raccogliere tutto il coraggio che non aveva certo in grande misura, mentre stringeva tra le mani la bottiglia di birra, come se la sua vita dipendesse da quello.
"Il weekend negli Hamptons", lasciò uscire in un soffio, il cuore che batteva all'impazzata.
"Tu... vuoi venire negli Hamptons ? Con me?"
Castle aveva l'esatta espressione di qualcuno che si era improvvisamente trovato davanti un fantasma travestito da lupo mannaro.

Kate rimase in attesa, incerta. Non sapeva come comportarsi. Si sentì vulnerabile. E idiota, molto idiota. Forse Castle l'aveva detto scherzando. Forse era così che si comportava di solito, lanciava proposte di nessuna importanza con la solita gioiosa leggerezza, senza aspettarsi che nessuno – lei, soprattutto – le raccogliesse. In che pasticcio si era ficcata? Si era resa ridicola davanti a Richard Castle. L'ultima cosa che si potesse permettere.

Visto che il suo interlocutore insisteva nel non dare segni di vita che potessero testimoniare una qualche forma di intelligenza reattiva, fu costretta a dar seguito alla peggior uscita di sempre. Nessuno era mai morto per una cosa del genere, giusto? Sperò in una morte dignitosa e, soprattutto, solitaria.
"Se non...", fece un profondo respiro. Temeva che le sarebbe mancata la voce, aggiungendo ulteriore imbarazzo a una situazione già drammatica. "Se non hai altri programmi".

"No", la interruppe lui ansioso. "No, no, certo, l'invito è ancora valido. Molto più che valido. Non ho nessun altro programma. Mai avuti, anzi. Partiamo subito. Adesso".
Rimase a fissarla imbambolato, in aperta contrapposizione con le parole appena pronunciate. Le venne da ridere. Castle avrebbe dovuto esercitarsi un po' di più se non avesse voluto che lei lo leggesse con tanta facilità. Ma era lusingata dalla sua reazione e dal miscuglio di entusiasmo e incredulità che non si curava di nasconderle.
A sua volta si sentiva impaurita ed eccitata, come la prima volta in cui era salita sulle montagne russe, da ragazzina. Al contrario di lui, però, cercò di mantenere un contegno distaccato, evitando di lasciar trapelare le sue emozioni.

"Prima devo tornare a casa a preparare qualcosa da mettere in borsa. Non posso partire così", gli ricordò, pratica.
"Certo che puoi. Alla villa ho tutto l'occorrente per gli ospiti".
"Mi serviranno dei vestiti di ricambio, dubito che tu abbia anche quelli. E nel caso invece li avessi, preferisco non saperne niente".
Era sicura che sarebbe stata una buona idea? No, naturalmente. Ma ormai non poteva tirarsi indietro.
"Dei vestiti possiamo farne a meno".
Un colpo di rivoltella in fronte e l'avrebbe tacitato per sempre.
"Castle", lo ammonì con la necessaria severità. Bisognava imporre dei limiti o la sua straripante euforia si sarebbe trasformata in qualcosa di impossibile da arginare. "Se sono queste le tue intenzioni, io me ne sto a casa".
E forse sarebbe stato invero saggio farlo.

"Le mie intenzioni sono onorevolissime, ma visto che staremo in spiaggia o in piscina, non ti serve chissà quanta roba", finse di offendersi. "I termini non sono cambiati. Sarà un fine settimana amichevole, il tuo fidanzato può stare tranquillo".
Le lanciò un'occhiata penetrante, come se si fosse appena ricordato di un dettaglio importante. "A proposito di fidanzato. Che fine ha fatto Demming? Non dovevi trascorrere il fine settimana con lui? Immagino sia saltato fuori qualche contrattempo. Non che siano affari miei, naturalmente", aggiunse, dimostrando chiaramente che non pensava che non si trattasse di fatti suoi.

Kate abbassò lo sguardo a terra. Non moriva dalla voglia di raccontare a Castle come erano andate le cose, ma sapeva di dovergli una spiegazione. Si mordicchiò un labbro, ricordando il povero Tom che si era congedato con aria mesta solo qualche ora prima. Le piaceva, davvero. Come ti piace un vecchio, affidabile, cane da guardia. Non abbastanza, quindi. Non come... meglio non concludere la frase. Se avesse tenuto la verità nascosta anche a se stessa, forse ce l'avrebbe fatta a superare indenne il prossimo futuro.
"Noi... abbiamo pensato che fosse meglio prendere strade diverse". Abbastanza attinente al vero senza dover dare troppi particolari.
Castle inarcò un sopracciglio. "Noi? Anche lui ha convenuto che fosse meglio smettere di vedervi? Mi sembra difficile da credere. Voglio dire... tu sei..."

Sarebbe stata curiosa di sapere come si sarebbe tirato fuori da quella situazione, ma preferì dare importanza ad altro. Per esempio, il fatto che stessero perdendo tempo prezioso.
"Non che la cosa ti riguardi, Castle, ma sono stata io a deciderlo. Contento?", ammise suo malgrado. Non era difficile capire dove volesse andare a parare e non aveva intenzione di prendere quella strada. Mai. Per niente al mondo.
"Dì la verità, l'hai lasciato perché sapevi che il week end con me sarebbe stato molto più divertente. In generale, io sono più divertente, ammettilo".
Kate si lasciò sfuggire un sospiro di pura esasperazione. Ecco il Grande Ego in azione. Perché se ne stupiva? "No, non l'ho lasciato per questo". Ovviamente. Giusto? "Io... " non trovava le parole giuste. Perché poi avrebbe dovuto trovarle? Potevano chiudere la questione?
"Vuoi che andiamo o pensi di rimanere qui al distretto a farmi il terzo grado? Preferisci chiudermi nella stanza degli interrogatori finché non confesserò?". Se non puoi convincerli, confondili. Avrebbe agito secondo quell'ottimo consiglio, che non ricordava chi le avesse dato.

Lui alzò le mani in segno di resa. "D'accordo. Andiamo, certo. Ma non pensare che non ci sarà occasione in questi giorni per continuare a parlare di..."
"È questo il modo in cui pensi di trascorrere i prossimi giorni? Discorrendo degli uomini con cui esco? Sarebbe questo il fascino di cui ti vanti tanto?", ribatté caustica, dirigendosi verso la sua scrivania, per recuperare la borsa e abbandonare finalmente il distretto.
"Non credevo che il nostro weekend amichevole necessitasse del mio fascino", rispose a bassa voce.
Si sentì trafiggere dal suo sguardo. Per fortuna era girata di schiena, così non si sarebbe accorto che era arrossita.
"Ovvio, Castle, la mia era solo una battuta".
"O forse sei tu ad avere intenzioni meno che onorevoli. E io che pensavo avessi accettato perché volevi un po' di relax all'aria aperta, fare il primo bagno della stagione, leggerti un paio di libri in tutta tranquillità. Katherine Beckett, non mi sarei mai aspettato..."
Gli lanciò un'occhiata di puro odio, che svanì quando si rese conto che si stava prendendo gioco di lei. Maledetto.
"È proprio quello che ho intenzione di fare. Starmene al sole, nuotare e leggere tutti i numerosi libri che mi porterò, se smetterai di parlare abbastanza a lungo da permettermi di tornare a casa a fare i bagagli", rispose ostentando indifferenza.
"Non vedo l'ora di vedere quali saranno le tue scelte letterarie. Magari possiamo scambiarci qualche titolo e chiacchierare di letteratura contemporanea. Non ti piace il programma?"
Non gli rispose. Lo piantò semplicemente in asso.

...

Kate era davanti al suo armadio, colmo fino a esplodere, paralizzata dall'indecisione. Si stava sforzando da almeno dieci minuti di compilare una lista di cose da portare, ma gli impulsi che riceveva dal suo cervello ampiamente su di giri non deponevano a favore di un compito tanto semplice.

Calmati, si disse. Non hai quindici anni. E non è niente di che. Solo un weekend con Castle. No, non doveva indulgere in pensieri del genere. Il suo cuore aveva fatto una capriola alla sola prospettiva. Che problemi aveva? Era così che si comportavano gli adulti? Era così che si comportava lei?
Non riusciva a smettere di sorridere. Non riusciva a smettere di sorridere e rimproverarsi. Per come si stava riducendo. Per aver perso il suo solito contegno.

Doveva fare in fretta, perché di lì a poco Castle sarebbe passato a prenderla ed era sicura che, anzi, fosse già di sotto ad aspettarla. Si erano accordati per vedersi un'ora dopo, un tempo più che ragionevole, si era detta a quel punto. L'aveva raggiunta all'ascensore ed erano scesi insieme. Di tutte le volte in cui avevano condiviso quello spazio ristretto, quella non era decisamente stata la più calma. O la più rilassante. Si era imposta di rimanere immobile e zitta, ma era sicura che lui le avesse letto nella mente. Era quello che faceva di solito.

"Sessanta minuti, non uno di più, sincronizziamo gli orologi", l'aveva avvertita, prima di scappare via di corsa, travolgendo le persone che si erano trovate sulla sua traiettoria. Il solito Castle. E per una volta non se l'era detto scuotendo la testa, irritata. Che cosa le stava succedendo? Era forse così che si palesava lo squilibrio mentale? Doveva preoccuparsi?

Cercò di concentrarsi su cose pratiche, per non pensare all'enormità delle conseguenze che la sua scelta forse avventata – senza forse – avrebbe prodotto. Ma era stanca. Stanca di dirsi di no, stanca di non concedersi nessun divertimento. Per una volta aveva voglia di smettere di portarsi addosso il peso del mondo. Voleva sentirsi viva.

...

Un minuto prima che terminassero l'ora precisa che Castle le aveva concesso – era stato inflessibile a riguardo-, Beckett raccolse la borsa da terra, la chiuse con un gesto deciso e uscì di casa senza guardarsi indietro. Se lo avesse fatto, non era certa che avrebbe avuto l'ardire di uscire.
Castle la stava aspettando parcheggiato in doppia fila. Le fece segno di sbrigarsi, indicandole l'orologio. Nascose un sorriso.

Rubò qualche istante per osservarlo meglio. Occhiali da sole, un'ombra di barba, jeans e maglietta verde militare, un braccio appoggiato al volante, un'espressione di completo relax in volto.
Si sentì tremare le gambe, per quel salto verso l'ignoto che stava per compiere e per quell'attrazione che era solita celare dentro di sé e che era ora uscita allo scoperto. Sarebbe stato tutto diverso. Lo era già. Fuori dal distretto, senza nessun altro intorno, in un territorio a lei sconosciuto. Ingoiò l'aria. L'adrenalina rimbalzava impazzita nel suo corpo.

Recuperò una parvenza di compostezza e salì in auto. Si sedette accanto a lui, inizialmente un po' rigida, facendo attenzione che i loro corpi non si sfiorassero. Temette per lunghi minuti che non sarebbero riusciti a ricreare quel loro solito cameratismo. Erano impacciati. Lei, soprattutto, anche se Castle stava cercando in tutti i modi di metterla a suo agio.

Pian piano la situazione migliorò. Le raccontò aneddoti divertenti delle estati trascorse negli Hamptons facendola ridere forte. Lei condivise a sua volta qualche esperienza vacanziera della sua infanzia, trascorsa nello chalet di famiglia. Lui era più aperto, la faceva entrare nella sua vita con la solita generosità. Lei, al contrario, era più riservata, ma lui non parve darvi troppo peso. Si voltava spesso nella sua direzione per farla partecipe, infervorato dal discorso, gli occhi scintillanti. Lei si limitava a sorridergli. Si rilassò contro il sedile assaporando il momento. Il tramonto, la quasi totale assenza di traffico, la morbidezza della pelle, la voce ipnotica di Castle in sottofondo.

Tre giorni. Tre giorni e basta. Poi sarebbe tornato tutto come era prima, tentò di convincersi. Non sarebbe successo niente, in fondo erano davvero solo due amici che avrebbero trascorso del tempo insieme. Non doveva per forza succedere qualcosa. Sapendo in fondo al cuore di mentire a se stessa.

Questa è la prima fanfiction che io abbia mai scritto, cinque anni fa. In generale, è stata la prima volta in cui ho scritto qualcosa. È breve, acerba, molto semplice, ma ha in sé un grande entusiasmo, che ho avvertito tutto rileggendola. Avrei potuto arricchirla, riscriverla da capo per come lo farei adesso, approfondirla. E mi sarebbe piaciuto moltissimo farlo. Ho preferito lasciarla intatta. Penso meriti di essere letta così. Silvia

   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Castle / Vai alla pagina dell'autore: Ksyl