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Autore: EleWar    20/02/2020    9 recensioni
Finalmente in vacanza! Una vacanza premio, per giunta, per i nostri amici della banda di Shinjuku. Sarà un soggiorno rilassante? Chi lo sa...
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Salve! Stavolta vi propongo una ff leggera, per riderci un po’… io mi sono divertita un sacco a scriverla, e spero che almeno un sorriso lo strappi anche a voi ^_^



Cap. 1 Una vacanza per sei



“Bene, queste sono le vostre stanze” disse Saeko, porgendo le chiavi ai suoi amici.

“Voglio sperare che, a me, tu abbia riservato una bella camera singola, ma con un letto enormeeee” esordì Ryo gongolante “Non mi farai certo dormire con quella specie di virago, giusto?” concluse con aria minacciosa.

“Ehi, senti, e chi ti ha detto che io ho intenzione di dividere la stanza con un mandrillo in calore come te?” rispose furente Kaori.

Siamo alle solite” pensò la bella ispettrice “Non sarebbe meglio, piuttosto, che ammettessero una volta per tutte che sono innamorati cotti uno dell’altra, e la smettessero con questo teatrino ridicolo?” e, suo malgrado, sospirò affranta.

“Sentite ragazzi, come vi ho già spiegato, avete ottenuto questa sorta di vacanza premio perché avete salvato la vita al grande magnate Soseki, che, come sapete, possiede una catena di alberghi sulla costa. Visto che siete tutte coppie, era logico che vi riservasse delle suite matrimoniali… ho dovuto fare i numeri per avere delle singole per voi due” disse Saeko, guardando i suoi amici sweeper severamente.

“Insomma… un regalo è pur sempre un regalo!” sbuffò.

Ma i due si erano già immusoniti e si guardavano in cagnesco con le braccia incrociate.

Miki e Falcon, da che avevano messo piede nella hall dell’albergo, non avevano detto una sola parola, troppo occupati a guardarsi intorno e a meravigliarsi del bellissimo posto in cui erano capitati; più di tutti la bella barista, ché Umi, in verità, non aveva nemmeno fatto un grugnito di assenso.

Per contro, Kazue e Mick non la smettevano di ciarlare e stupirsi di tutto quello sfarzo, e si chiedevano già se l’albergo fosse dotato di solarium, spa, campi da tennis, piscina e quant’altro. Sembravano inoltre la classica coppietta in viaggio di nozze. A Kaori non era sfuggito il loro comportamento e, sotto sotto, li invidiò un po’.

In ogni caso, consegnate le chiavi, Saeko Nogami li salutò: la vacanza premio era riservata alla squadra di ex mercenari e sweepers che aveva partecipato alla missione, e comunque lei era troppo occupata con il suo lavoro per prendervi parte, anche se avesse voluto. Inoltre, e non lo avrebbe mai ammesso nemmeno con sé stessa, si sarebbe sentita un’intrusa in quel gruppo di tutte coppie. Sì, tutte: perché anche Ryo e Kaori lo erano, anche se non nel vero senso del termine… o meglio, lo erano a modo loro. Ma tant’è. Prima di cadere in facili sentimentalismi, se ne era già andata, anche perché era stanca di dover assistere ancora alle pantomime di quei due idioti di City Hunter, che ancora si ostinavano a non cogliere al volo quella felicità che, invece, era lì a portata di mano.


 
Quando i sei amici raggiunsero il piano su cui si trovavano le rispettive stanze, tutte affacciate sullo stesso corridoio, furono attirati dalle grida di esultanza di Ryo, provenienti dalla sua suite. Tutti si precipitarono a vedere cosa fosse a destare la sua meraviglia, e a giustificare quel grande strepito. Lo trovarono, a saltellare come un cormorano intorno a cozze succulente, dentro un maestoso bagno, con tanto di vasca idromassaggio. Stava giusto dicendo:

“Ho la vasca idromassaggio, ho la vasca idromassaggio, pappappero! Così posso portarci tutte le signorine mokkori che vorrò!”

Kaori si fece subito scura in viso e, imbracciato un mega martello con la scritta “Nemmeno in vacanza”, lo spiaccicò sul pavimento, ricoperto di morbidi e sontuosi tappeti, mentre il resto della banda se ne andava scuotendo la testa.

Quei due non sarebbero cambiati proprio mai.


 
Il viaggio che avevano intrapreso per raggiungere quella famosa località di mare era stato lungo, seppur a bordo di un treno ad alta velocità, ed erano arrivati giusto per l’ora di cena, così, dopo aver preso possesso delle rispettive stanze e deposto i bagagli, erano scesi nella sala ristorante e ancora una volta i due soci avevano dato spettacolo, fra litigate, martellate e soprattutto per la gran quantità di cibo che erano riusciti ad ingurgitare.

Subito dopo cena, tutti si ritirarono negli alloggi riservatigli, troppo stanchi per accennare una seppur minima incursione nella vita notturna del posto. Ci sarebbe stato tempo nelle sere successive, e comunque il giorno dopo avevano in programma di andare al mare insieme.


 
 
Era già tarda sera quando Mick, appurando che il whiskey nel mobile bar non era di suo gradimento, decise di andare da Ryo e proporgli una capatina al bar dell’albergo, per un bicchiere fra uomini. Aveva avvertito Kazue delle sue intenzioni e lei non si era opposta, pur intimandogli di non ubriacarsi né di fare tardi. Erano pur sempre in vacanza e voleva stare con lui.

Mick era giusto uscito in quel momento, e si era richiuso la porta alle spalle, quando aveva fatto in tempo a vedere di sfuggita un corpo flessuoso chiaramente femminile, scomparire dentro la stanza del suo compagno di bevute, e sentirlo dire, con voce da satiro:

“Sì, sì, vieni qui dal tuo Ryuccio! Vedrai come ci divertiremo nella mia vasca, faremo tante bollicine!”

L’americano rimase pietrificato. Quel dannato giapponese non aveva perso tempo! Ma dove l’aveva trovata, così in fretta, una donna che fosse disposta a seguirlo per una notte di bagordi? E poi… che spudorato! Sotto gli occhi della povera Kaori! Mick era così arrabbiato e frustrato per il comportamento di Ryo, che moriva dalla voglia di andare lì da lui e assestargli un bel pugno in testa; ma era pur sempre un perfetto gentiluomo, e non si sarebbe mai permesso di fare una scenata davanti ad una donna. Però che idiota, Ryo! Continuava imperterrito a far soffrire la bella Kaori! E pensare che tutti loro avevano sperato che quella vacanza di gruppo, avrebbe fatto bene alla coppia!

Sospirò sconsolato.

A quel punto, anziché andare da Ryo, la cui stanza era in fondo al corridoio, preferì deviare verso quella della sua amica, immaginando che magari fosse lì da sola, e si disperasse per le mancate attenzioni di quel suo socio imbecille. Avrebbe tanto voluto consolarla… alla sua maniera.

Quatto quatto si avvicinò alla porta della ragazza, e appoggiò l’orecchio al legno dell’uscio per cercare di sentire qualche rumore sospetto, forse dei singhiozzi, o la sua voce maledire Ryo. Strano, non sentiva niente… che si fosse già addormentata? Forse era meglio così, si sarebbe risparmiata l’ennesimo travaso di bile, sorprendendo il suo partner folleggiare con un’altra. Poverina, che pena gli faceva. E già l’immaginava addormentarsi dopo aver pianto tanto. Provò pure a sbirciare dal buco della serratura, quando si sentì afferrare per un orecchio.

“Ah, è così che vai a farti un bicchiere con Ryo, vero?” disse in tono accusatorio l’infermiera.

“Darling, non è come pensi!”

“E cosa starei pensando, esattamente, in questo momento? Se non che vorresti approfittare del fatto che Kaori è qui, da sola nella sua stanza?”

E lo trascinò verso la loro camera, mentre lui cercava di spiegare.

“Ma no, amore non hai capito… è colpa di Ryo che…”

Ma Kazue, già l’aveva sbattuto dentro.
 


 
***
 



La mattina seguente si ritrovarono tutti intorno al tavolo della colazione. Mick non faceva che scrutare i suoi due amici, alla ricerca di tracce rivelatrici: da un lato quelle di una notte di follie, dall’altro quelle di una di pianti e disperazione; ma non era facile, dal momento che entrambi indossavano degli occhiali da sole, anche dentro la sala e di primo mattino. Sembravano però normali, come sempre, e quando si decisero a toglierseli, Mick poté notare che avevano delle leggere borse sotto gli occhi, come di chi avesse dormito troppo o troppo poco.

E certo! Il mandrillo ha fatto nottata, e la mia povera Kaori non ha dormito pensando a quell’imbecille lontano da lei” si disse.

Kazue, imbarazzata dallo sguardo indagatore che il suo uomo stava riservando ai due, gli diede una potente gomitata, richiamandolo all’ordine. La sua fidanzata aveva ragione. Erano in un posto da favola, ed era da stupidi perdere il tempo dietro quei due innamorati senza speranza. Meglio dedicarsi alla sua, di innamorata. Per il resto della mattinata non pensò più a loro… almeno fino ad un certo punto.


 
Quando arrivarono alla spiaggia, di un bianco e sabbioso arenile, la rena già scottava, anche attraverso i sandali leggeri, e il sole era già alto in cielo. Le ragazze indossavano parei colorati che evidenziavano le forme perfette, e quando se li tolsero per stendersi sui lettini, Ryo era già in modalità maniaco con tanto di bava alla bocca. Ma Umi risolse il problema per tutti, assestandogli un potente cazzotto in testa tanto che lo conficcò nel terreno, tramortendolo. Kaori non aveva mosso un muscolo, perché quando c’era Falcon nei paraggi, stava relativamente tranquilla. Mick, amorevolmente, si dedicò a spalmare la crema solare sul corpo armonioso della sua bella Kazue; Miki lo chiese a suo marito che, seppur prossimo all’esplosione nucleare, acconsentì suo malgrado. Rimaneva solo Kaori, dal momento che Ryo non avrebbe di certo allungato un dito per aiutarla, e lei non voleva chiedere aiuto a nessuno, meno che meno a Mick, che al contrario lo avrebbe fatto con piacere; ma non voleva mettere in difficoltà la sua fidanzata e poi no, meglio di no. Si sentiva però triste e sconsolata: le sue amiche avevano dei compagni premurosi e lei… lei aveva Ryo.

Miki, sempre attenta agli umori dell’amica, si fece avanti senza dir niente e, prendendo la crema solare, iniziò a spalmargliela con naturalezza. Ryo, ancora dissociato dal mondo, non reagì in nessun modo. Qualche minuto dopo, silenziosamente, sgusciò fuori dal pozzo artesiano in cui era finito, e si distese sul lettino accanto a quello della socia.

Kaori non lo degnò di uno sguardo, e in breve tempo finirono entrambi per addormentarsi. Molto dopo, Miki saltò su e disse:

“Ragazzi, che ne dite di una partita a beach volley?”

“Grrr” rispose suo marito, anche se, ovvio, poi avrebbe accettato; manco a dirlo, che Falcon fosse imbattibile, soprattutto quando faceva il muro.

“Piuttosto un bel bagno, no?” contro-propose Kazue.

“Per me va bene tutto. Se giocheremo, preparatevi però a perdere, che io sono un vero asso di questo sport. Quella volta in California…” cominciò Mick, ma già non lo ascoltava più nessuno.

“E voi ragazzi?” chiese Miki rivolta ai due soci.

“Mmmmm” rispose Ryo.

“Andate, andate… io sono troppo stanca. Credo proprio che resterò qui a godermi il sole”.

“Sicura?” rincarò la dose l’ex-mercenaria.

“Sì, sì, andate pure”.

E così i coniugi Hijuin si allontanarono verso il campo da beach volley, mentre Mick e Kazue andarono a farsi una nuotata. I due sweepers, invece, rimasero a poltrire ancora un po’, stranamente calmi e silenziosi. L’americano però, allontanandosi, non poté impedirsi di pensare:
 
E certo che dormono! Hanno passato di sicuro una nottata insonne… Quel bastardo, e quella santa…
 
Quando il resto della banda fu a debita distanza, Ryo si svegliò di colpo e, come colto da un improvviso e folle desiderio, si tirò su, iniziò a girare la testa a destra e a manca in preda alle fregole e, adocchiata una bellissima donna in costume da bagno che passeggiava sulla battigia, gli si fiondò incontro al solito grido di:

 “Signorinaaaaaaa! Verrebbe con me a prendere un tè? O preferisce fare una nuotata con il qui presente fusto? O forse forse, preferirebbe che le spalmassi dell’olio solare?”
 
Kaori, con altrettanta prontezza, era schizzata all’inseguimento del socio, brandendo un martellone con la scritta “Maniaco marino”. I loro amici, richiamati da quelle grida improvvise, smisero all’istante i rispettivi sollazzi, mentre uno stuolo di libellule, con tanto d’infradito, svolazzarono su di loro. Era stato bello finché era durato; era davvero troppo, chiedere a quei due somari di rimanersene buoni per un po’? Avevano resistito giusto il tempo di un pisolino. Non c’era proprio niente da fare, quei due erano incorreggibili.

Dopo aver percorso in lungo e in largo la battigia, fra urla, minacce, spruzzi di acqua e sberleffi, Kaori si diede per vinta e si fermò esausta. Era furente, ma non era riuscita ad acciuffare quell’idiota del socio. Miki allora la raggiunse, la buona cara vecchia Miki… e mettendole un braccio sulle spalle le chiese, amorevolmente:

 “Tutto bene?”
 
Kaori non rispose, ansando, ma la guardò significativamente: certo che non andava tutto bene, ma che poteva farci? Si costrinse però a sorriderle, e l’amica, seppur con la tristezza in fondo al cuore, le restituì il sorriso, pensando che tutta quella sofferenza, davvero Kaori non se la meritava. Ma la sweeper, che non aveva intenzione di auto commiserarsi, si rianimò e, sfoderando un buon umore che era ben lungi dal provare, disse alla barista:
 
“Sai che ti dico? Mi sono stancata di correre dietro a quell’imbecille, che se ne vada al diavolo! Prenderò un pattìno e mi farò un giro fino a quell’isoletta laggiù” ed indicò una microscopica isola, dirimpetto alla costa, con tanto di palmeto. Miki preoccupata ripose:
 
“Ma sei sicura? Vengo con te?”
 
“Oh, Miki, ti ringrazio, ma ho bisogno di stare un po’ da sola” e le strizzò l’occhio.
 
Come darle torto, d’altronde? pensò la bella ex-mercenaria; quel soggiorno si stava rivelando un disastro, per la bella ma sfortunata sweeper.

Così Kaori si diresse alla rimessa lì vicino, contrattò con il noleggiatore, che l’aiutò a spingere il barchino in acqua, e soddisfatta si mise subito a remare. Miki, che aveva osservato tutta la scena, non poté far altro che sorridere della testardaggine della sua amica, e della sua grande capacità di reagire, sempre e comunque, positivamente alla vita. Ryo, invece, approfittando della distrazione, si era letteralmente volatilizzato. Kaori, vogando di lena, passò accanto a Kazue e Mick e salutandoli gli disse:

“Ci vediamo dopo!”

Sembrava dimentica dei dispiaceri che le aveva procurato il partner poco prima, e la coppia ne fu felice. Meglio così. Quella ragazza era davvero in gamba! Mick la seguì per un po’ con lo sguardo, fin quando Kazue non gli spruzzò un po’ di acqua sul viso, a quel punto lui le restituì il favore e si misero a spruzzarsi a vicenda, ridendo come matti. Tutti ripresero le proprie occupazioni. In fondo si era in vacanza, e un po’ di distrazione ci voleva.

Nemmeno una mezz’ora dopo, si udì un boato provenire dall’isolotto a cui si era diretta Kaori: il terreno aveva tremato, scuotendo le palme e facendo alzare in volo uno stormo di uccelli tropicali. Il primo pensiero di Mick fu: “Kaori!”, ma dissimulò la preoccupazione di fronte a Kazue. Già che l’accusava di pensare ancora a lei, di avere un debole per la sweeper e di non averla mai dimenticata, non poteva farsi vedere così preso, tanto da correre da lei al primo sentore di pericolo. Anche se… in realtà non avvertiva nessun tipo di pericolo; l’aria era calma e nessuna aura negativa era nei paraggi. Si convinse che non fosse stato niente di rilevante e tornò a dedicarsi alla sua fidanzata.
 
Poco prima, quando Kaori era approdata sull’isoletta, tirato il barchino in secca, si era diretta all’ombra del boschetto per riprendere fiato, e soprattutto per ristorarsi un po’nella frescura. Ma appena messo piede nel palmeto, si era sentita afferrare per i fianchi e tirare indietro, nel folto delle piante. Una mano poi era salita a chiuderle la bocca per impedirle di urlare, mentre l’altra continuava a tenerla stretta. Stranamente non si era spaventata: conosceva il suo nemico. Infatti, riuscendo a liberare la bocca da quella mano insolente, sibilò:

“Cosa vuoi?”

“Te” fu la risposta lapidaria.

Ma un mega martello si abbatté sulla testa del malcapitato con tanto di scritta “Hai esagerato”, facendo sussultare l’intero isolotto, tanto da destare la preoccupazione di Mick e degli altri villeggianti. A quel punto, ormai libera dalla presa, si rivolse all’uomo dicendogli:

“Non ti sembra di aver esagerato? E per fortuna dicevamo che avresti fatto finta!”

“Ma Sugar, come potevo fare?” piagnucolò Ryo “dovevo sviare l’attenzione di tutti… altrimenti ci avrebbero scoperti”.

“Sì, e ringrazia che ho avuto la brillante idea di allontanarmi…”

Ma già lo sweeper era tornato bello e aitante come sempre, e le si era fatto vicino:

“Bene, ma ora siamo qui e da soli… non perdiamo altro tempo” e la baciò appassionatamente. La ragazza rispose sicura, e approfondì quel bacio rovente. Finalmente liberi di esprimere quel loro amore clandestino, con entusiasmo erano partiti alla riscoperta dell’altro: le mani vagavano a ripercorrere scie e passaggi già sperimentati, ma sempre piacevoli, prodigandosi in carezze voluttuose, ora lievi ora possessive; i primi gemiti salivano dalla gola e si mischiavano alle parole sussurrate, alle risate smorzate dai mille baci umidi e bollenti. Si sentivano come due naufraghi su un’isola deserta, che scoprivano l’amore e la gioia di stare insieme, lontano dal mondo intero.

“Kaori? Kaori ci sei?”

Una voce maschile risuonò nelle loro orecchie infrangendo l’incanto. Si staccarono a fatica, frastornati. Ma non erano da soli?

“Kaori? Sei qui?”

Dannazione, era Mick!!! Ma cosa era venuto a fare? Non la mollava un attimo!

“Presto, vieni con me” le sussurrò Ryo, prendendola per mano. La condusse dall’altra parte dell’isola, dove lui era arrivato con una barchetta. La capovolse e le disse:

“Nascondiamoci qui sotto”

Kaori si stese sulla sabbia, e Ryo sopra di lei, dato lo spazio esiguo.

Mick, nel frattempo, aveva attraversato il palmeto e borbottava:

Quello mi sembrava il pattìno di Kaori… È così piccolo quest’isolotto, possibile che non la trovi?

Era giusto arrivato in vista della barca capovolta e Ryo, sentendolo arrivare, disse alla socia, con un filo di voce:

“Lascia fare a me” e nella penombra le strizzò l’occhio. Si schiarì la voce e, in falsetto, prese a dire:

“Oh, Mitsuno, che amante focoso che sei!” e poi cambiando voce di nuovo, con tono baritonale:

“Mariko, sei tu che mi accendi di passione!” e poi di nuovo con voce da donna:

“Mitsuno, sarò tua per sempre” e poi con voce bassa da uomo:

“Mariko, ti appartengo”.

Kaori era lì lì per scoppiare a ridere e, per impedirsi di farsi sentire, si tappò la bocca con la mano. Mick, dal canto suo, sentendo quelle voci e quelle parole inequivocabili si disse:

Ops, mi sa che qui c’è qualcuno che si sta dando fare, meglio togliere il disturbo” e girato sui tacchi, fortunatamente tornò indietro, anche perché Ryo era già passato ai finti gemiti, e Kaori era al limite della sopportazione: fra poco sarebbe esplosa in una fragorosa risata. Infatti, poco dopo chiese al socio:

“Se n’è andato?”

Ryo si zittì, e ascoltando il silenzio tutto intorno rispose:

“Sì, ora sì”.

“Finalmente!!” proruppe la ragazza “Non resistevo più! Un altro poco e me la facevo addosso” e si lasciò andare ad una risata liberatoria senza ormai più freni, a cui si unì il partner. Poi lui, fermandosi improvvisamente, e guardandola intensamente le disse:

“Ma quanto ti amo?”

“Non l’ho mai saputo!” rispose lei, impudentemente.

Allora lui le scompigliò i capelli ormai tutti insabbiati, per poi terminare il buffetto con una dolcissima carezza lungo la guancia. Lei, fissandolo con quei suoi profondi occhi ambrati, con voce bassa e roca gli disse:

“Finora abbiamo solo fatto finta… che ne dici di fare sul serio?”

“Ma certo… Mariko…” già stava per baciarla, ma lei gli mise un dito sulle labbra a trattenerlo e gli disse:

“No, io sono Kaori: è con me che devi fare l’amore… solo con me”.

“Hai ragione…” rispose lui, colpito dalla serietà della socia, e, dopo averle sorriso con sguardo voglioso, si dedicò alle sue labbra. La sentì sorridere mentre la baciava, e pensò che fosse l’uomo più fortunato del mondo, a poter stare con una donna come lei.
 

Tornarono dagli amici con mezzi e tempi diversi, e ripresero la loro solita farsa. Nessuno aveva sospettato niente anche se… Umi sorrise sotto i baffi. Ma non disse niente.
   
 
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