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Autore: _MoonFlower02_    26/02/2020    0 recensioni
Quel gioco non gli dispiaceva.
Era uno dei pochi momenti in cui si sentiva vivo, correndo nella semi-oscurità del bosco.
Dopo qualche minuto rallentò: si appostò dietro un albero e osservò gli avversari difendere la bandiera.
Sentiva il sangue pulsare nelle tempie e aveva il fiatone a causa della corsa, ma non gli importava.
Attese il segnale dei compagni di squadra e scattò in avanti, afferrando il trofeo.
Tornò indietro di corsa e si preparò a viaggiare nell’ombra, ma sentì una presa sul braccio.
Troppo tardi.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Nico di Angelo, Will Solace
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nico Di Angelo era deciso a giocare al massimo quella partita. Niente glielo avrebbe impedito. O almeno così sperava. Dopo i due anni precedenti quella sera cercava di evitare Will, visto che entrambe le volte gli aveva impedito di giocare come si deve. Il suo rapporto con il figlio di Apollo era cambiato durante quell'anno, adesso erano quasi... amici.
La madre di Will era passata a miglior vita due mesi dopo il loro discorso nel bosco, e questo in qualche modo li aveva avvicinati. Non che parlassero un granché, in realtà, ma di tanto in tanto facevano due chiacchiere. Più che altro, Will parlava e Nico lo ascoltava commentando i suoi discorsi. 
Il moro non sapeva bene cosa gli stesse succedendo, ma l’essersi avvicinato a Will lo aveva aiutato ad affrontare parte dei suoi problemi e ora persino osservare la coppietta storica non gli faceva lo stesso effetto. Non gli faceva più così male ora. 
Nico si avvicinò al centro della postazione per ascoltare il piano, anche se aveva già deciso di attaccare qualunque fosse stata la sua mansione. Dopotutto, lui odiava seguire gli ordini. 
Quell’anno Chirone aveva pensato sarebbe stato divertente comporre le squadre in base alle iniziali degli dèi, quindi le cabine di Ares e di Atena stavano ideando una strategia mentre i figli di Apollo e Afrodite preparavano armi e difese. Lui, figlio di Ade, ascoltava il piano per capire quanto avrebbe dovuto allontanarsi da esso. Una scossa di adrenalina però lo percorse quando lo assegnarono ai cacciatori: avrebbe attaccato e non sarebbe stato rimproverato per averlo fatto. 
Si avviò svelto verso le armature leggere con un sorriso stampato in faccia. Dalle espressioni degli altri che lo incrociavano però intuì dovesse sembrare più un ghigno sadico. Solo Will non apparve turbato, anzi si avvicinò sorridendo e salutandolo con la mano. Prima che potesse dirgli qualsiasi cosa però il moro lo bloccò, stendendo le braccia:
– Non ci provare Solace, quest’anno non ti voglio tra i piedi. –
L’espressione del biondo si gelò, ma non diede altri segni di reazione.
– Co... come? – 
Chiese con un sorriso che Nico non capì fosse vero o falso.
– Sono due anni che cerco di giocare un buona partita e stavolta non sarai tu ad impedirmelo. –
Nico stava quasi ridacchiando, ma il suo tono appariva comunque duro alle orecchie di Will. Il biondo prese un respiro profondo, scostandosi di lato con un gesto teatrale:
– Allora sarà bene che io mi discosti da voi, Milord. – Disse con voce aristocratica facendo un mezzo inchino e mostrando il passaggio libero. Il minore si mosse e prima che lo superasse l’altro aggiunse:
– Non le starò tra i piedi. –
E così fu. Non vide, sentì, né pensò a Will durante tutta la durata della caccia. 
L’unico pensiero fisso era la bandiera, che strinse finalmente tra le mani poco prima di mezzanotte. Aveva corso, combattuto e gridato. Aveva ferito ed era stato ferito. Aveva vinto. 
O meglio, avevano vinto, ma era stato lui ad afferrare effettivamente la bandiera. Il suono finale del corno era stato musica per le sue orecchie, così come le esultanze dei compagni di squadra. Si sentiva vivo, energico, e... osservato. 
Dopo aver ricevuto e fatto varie congratulazioni, notò una ragazza semi-nascosta tra gli alberi che gli faceva dei cenni. Con ancora il bottino stretto in pugno si allontanò dal gruppo, raggiungendola. La conosceva di vista, era una figlia di Afrodite poco più grande di lui. 
– Ti serve qualcosa? – Chiese diretto Nico lanciandosi occhiate alle spalle.
– In realtà è a te che serve qualcosa, ed è un cervello. – Rispose lei ancora più secca. 
– Ma forse un cervello ce l’hai ed è un cuore che ti manca. – Continuò incrociando le braccia. 
Il moro era allibito, non sapendo come comportarsi.
– Si può sapere di cosa stai parlando? –
– Allora è proprio la materia grigia il problema! – Ribatté la ragazza sgranando gli occhi. Davanti al viso confuso ed irritato del ragazzo, la figlia di Afrodite sospirò e sembrò addolcirsi:
– Senti... So che per te sono praticamente un estranea, ma te lo devo dire. – 
Gli mise le mani sulle spalle, avvicinandosi. Temendo in una qualche sorta di dichiarazione Nico cercò di allontanarsi, ma lei lo trattenne e continuò:
– Si tratta di Will. –
Il minore smise di opporsi e lei lo prese come un invito a spiegarsi:
– Ero abbastanza vicina a voi prima dell’inizio del gioco da sentire tutto: sei stato crudele. –
– Crudele? Will sa che scherzo. –
– Stavi scherzando? Ne sei certo? –
– Beh... Sì, insomma... –
– Se non ne sei sicuro tu come può esserlo lui? –
– Si può sapere cosa vuoi? – Chiese lui scrollandosi le sue mani dalle spalle. 
Lei si avvicinò di nuovo, stavolta però con un sorriso gentile:
– Solo aiutarti. In realtà più aiutare Will, ma per farlo mi servi tu.–
– Fantastico. –
– Nico, ascoltami: Will Solace è innamorato di te da quando lo conosco. E oggi lo hai ferito. –
Al silenzio dell’altro, continuò:
– Visto che da solo non capisci qualcuno doveva dirtelo. È piuttosto bravo a nascondere i sentimenti dietro un sorriso, siano essi positivi o negativi. È per questo che trovo i figli di Apollo particolarmente terrificanti. –
Su quello i due erano d’accordo, ma Nico non lo sottolineò. Era troppo concentrato sull’eco che gli rimbombava in testa: Will... Innamorato... Ferito...
La ragazza gli mise una mano sulla guancia, riportandolo alla realtà quanto bastava per fargli capire dove Will si trovasse e il perché lui odiasse il contatto fisico. 
– Va’ da lui. – 
Fu l’ultima cosa che lei disse con tono delicato prima di allontanarsi. I festeggiamenti si stavano spostando al campo, ma lui rimase nel buio. Nessuno presta mai attenzione ad un figlio di Ade nell’ombra. Le gambe si mossero prima lentamente, poi correndo nella direzione indicata loro da quella campeggiatrice invadente ma provvidenziale. 
Camminava, correva, si inciampava e ricominciava. Aveva ancora il fiato corto dalla partita appena giocata e non poteva viaggiare nell’ombra. 
Non lo avrebbe fatto comunque. 
Correndo si schiariva la mente, surriscaldata dai troppi pensieri. 
Si fermò solo quando gli alberi si diradarono aprendo la vista sul lago del campo. L’unica luce era quella della luna, che però era abbastanza da illuminare una figura arancione seduta al fondo del molo. La osservò da lontano riprendendo fiato. 
La testa del figlio di Ade era così pesante da sembrare una bolla di sapone e talmente piena da sentirla come svuotata. 
Ormai non pensava più. 
Per questo non si accorse di essersi avvicinato fino a quando non incontrò lo sguardo dell’altro, giratosi dopo aver sentito i passi sul legno. I suoi occhi chiari lo riportarono alla realtà.
– Nico, cosa ci fai qui? – Chiese Will, muovendo i piedi bagnati dall’acqua. 
Non c’erano segni di lacrime sul suo viso, ma dietro il solito sorriso la sua espressione era triste. Stavolta Nico lo vedeva. Aveva aperto gli occhi.
Non disse niente, si limitò a portare in avanti il braccio con la bandiera stretta in pugno. 
– Sì, abbiamo vinto. Non ho visto la scena ma so che sei stato tu a rubare la bandiera. Congratulazioni. – 
Sorrise, più sinceramente stavolta. Nico si sedette accanto a lui, facendo attenzione che le sue scarpe non toccassero il lago. Si voltò verso l’altro e gli mise la bandiera in mano, quasi bruscamente. 
– Mi dispiace per prima. – Disse soltanto, alzando solo allora lo sguardo. 
Ci fu un attimo di silenzio, ma prima che il maggiore potesse dire qualsiasi cosa Nico continuò:
– Non mi rendo conto quando supero i limiti e non avevo intenzione di essere così... crudele. Mi dispiace. – Concluse, citando la figlia di Afrodite. Pensò però non fosse il caso di parlargli della conversazione avuta con lei. 
Will si rigirò la bandana tra le mani, osservandola. Gliela porse nuovamente con un mezzo sorriso:
– Dovresti tenerla, te la sei guadagnata. Potresti... Potresti indossarla in battaglia. –
Nico era confuso. Lui si stava aprendo, scusandosi, e l’altro non pensava che a quel pezzo di stoffa. 
– Per esempio... così... – Disse il biondo quasi sussurrando, avvicinandosi e legandogli la bandiera dietro la nuca di modo che gli coprisse il naso e la bocca. Ridacchiò, ma non si allontanò. 
– Proprio come un cowboy. – 
Nico non riusciva a respirare, e non solo perché la bandiera puzzava di terra. La luna faceva risplendere gli occhi del figlio di Apollo, come se Artemide lo stesse benedicendo. L’unico rumore era l’acqua del lago che pacifica bagnava il molo e le parole della ragazza si ripetevano nella mente altrimenti vuota di Nico: “Will è innamorato di te da quando lo conosco”...
Erano ancora vicini e la loro distanza non accennava ad aumentare, anzi sembrava diminuire sempre di più. Con cautela, Will appoggiò delicatamente le labbra sulla morbida stoffa in corrispondenza di quelle di Nico, chiudendo gli occhi. 
Il minore quasi non lo avvertì, ma il suo cuore lo sentì eccome. Accelerò battendo all’impazzata mandandogli brividi lungo tutto il corpo e la fresca serata sembrò gelida quando l’altro si allontanò. Sospirò come se avesse trattenuto il fiato da sempre e osservò l’altro, che sembrava aspettare con ansia una sua qualsiasi reazione. Lentamente, Nico tirò la bandiera abbassandola sul mento. Non sorrise né mosse un muscolo, ma l’altro sembrò leggere il suo sguardo e ridacchiò, sollevato. A quel punto anche il figlio di Ade si sciolse, lasciandosi andare ad un sorriso ed abbandonandosi tra le braccia di Will. Gli prese il volto tra le mani e sfiorò le sue labbra, tirandosi leggermente indietro all’ultimo secondo. Un brivido gli percorse la schiena vedendo l’altro che si protendeva verso di lui dischiudendo le labbra, gli occhi socchiusi che lo osservavano tra le ciglia. Finalmente si decise ad azzerare le distanze tra di loro e sentì Will sospirare sulla sua bocca, avvicinandosi ulteriormente. Il biondo gli passò una mano tra i capelli, quasi come una carezza, facendo segno al minore di fermarsi:
– Sei sicuro che... –
Ma prima di riuscire a finire la frase Nico lo baciò nuovamente, stavolta con più foga.
Parlò, o meglio farfugliò, di nuovo solo quando i suoi polmoni sembravano non poterne più. Era certo di poche cose nella sua vita, e ora sapeva che quella era una di esse. 
– Sicuro. – Disse solo e Will fece il più luminoso sorriso che il moro gli avesse mai visto sul volto. 
Il figlio di Apollo lasciò una scia di baci delicati sul viso di Nico, prima su una guancia, poi il mento, il collo, per poi finire sulle sue labbra sottili aggrappandosi al suo giubbotto. 
Il cielo si stava schiarendo quando Nico, con la testa appoggiata nel grembo del ragazzo che gli scompigliava i capelli, sbadigliò rumorosamente. 
– Credo sia ora di andare, raggio di sole. –
– Non chiamarmi così. – Ribatté Nico strofinandosi gli occhi.
– Come vuoi, fiorellino. –
Il figlio di Ade ridacchiò:
– Di bene in meglio. – Commentò mettendosi a sedere per poi alzarsi e stiracchiarsi. 
Offrì una mano a Will, che l’accettò per mettersi in piedi e non la lasciò fino a quando non arrivarono al confine delle cabine. A quel punto il moro si fermò, e con lui Will. A quell’ora erano pochi i campeggiatori in giro, ma era comunque incerto su cosa fare. Guardò il figlio di Apollo, i suoi occhi color del cielo e le sue lentiggini abbronzate e ogni dubbio lo abbandonò. Strinse la sua mano intrecciando le loro dita e camminò a testa alta al centro del campo. Perché con Will al suo fianco non avrebbe mai più tenuto lo sguardo basso. Sarebbe stato coraggioso. Sarebbe stato se stesso.
   
 
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