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Autore: Keyra    05/08/2009    3 recensioni
A volte capita che una ragazza si innamori davvero.
A volte capita che una ragazza si innamori davvero di un ragazzo.
A volte capita che una ragazza si innamori davvero di un ragazzo malato.
Genere: Romantico, Malinconico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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***





Samuel era vita. Io, a quel tempo, ero solamente una ragazzina viziata. Non pensavo troppo a ciò che facevo, semplicemente mi lasciavo andare come una foglia nella corrente del mare. Vagavo spersa tra la folla di amici, ignorando che nessuno di loro si poteva ritenere veramente tale. Ignorando che di lì a pochi mesi, avrebbero lasciato la presa e si sarebbero dimenticati di me.
Credevo che la mia vita, che l'intero mondo, girasse attorno a me, a quelli che consideravo "problemi" e che in realtà erano misere sciocchezze.
Non mi vedevo come avrei voluto essere, non ero chi avrei voluto. C'erano milioni di persone migliori di me, e io avrei voluto essere ognuna di loro. Non avevo ancora imparato che noi siamo ciò che siamo e non possiamo fare niente per cambiarci. Possiamo cambiare vestiti, e comportamento, e modo di fare, e le parole che usiamo e il tono con cui le diciamo, possiamo cambiare anche il nome, se vogliamo, ma rimaniamo sempre noi. Abbiamo sempre le stesse gambe e gli stessi occhi e la stesse pelle 
  e lo stesso cuore,

    il nostro.


Samuel invece era tutto il contrario. Non si riteneva importante, non voleva esserlo.
Era come se lui non esistesse, nella sua vita. Come se fosse un fantasma che osservava la vita degli altri, lo scorrere del tempo sui visi della gente, ma non sul suo.
Avrebbe potuto donare il suo cuore e il suo tempo come se fossero briciole di pane, ma lui sapeva,
 e non si sarebbe mai lasciato prendere.











Come fiori al vento.











La mano di Alex mi accarezzava i capelli, facendoli rotolare tra le sue dita.
Con l'altra mano cominciò a muovere sulla mia pancia le dita come se stesse suonando una chitarra. Aspettava che dicessi qualcosa, ma io rimanevo immobile.
      - Si può sapere cos'hai? Sono due ore che sei qui e hai detto sì e no due parole -
      - Non esagerare, Alex, dai. Non ho niente -
      - Dimmi cos'hai -
      - Ti ho detto che non ho niente -
Lo guardai con una punta di disprezzo negli occhi, e in quel preciso momento cominciai a sentirmi a disagio. Non ne potevo più di quelle mura bianche, lisce, vuote, e di quel letto spazioso e duro, non ne potevo più della sua voce, e della sua insistenza, del suo voler sapere tutto di me, a tutti i costi.
Stavamo insieme da un anno, da quando lo avevo conosciuto sulla spiaggia, un giorno in cui io e le mie amiche non eravamo andate a scuola. Avevamo progettato tutto con precisione, e alla fine ognuna di noi era andata disperdendosi, ed io ero finita con quel ragazzo che avevo conosciuto da cinque minuti, ma che sentivo già mio.
Aveva due anni in più di me, lavorava dietro il bancone del chiosco sul mare. Avevo ordinato una granita alla pesca, lui senza guardarmi aveva preso un bicchiere di plastica e ci aveva fatto colare dentro il ghiaccio arancione, poi me l'aveva passato e mi aveva guardata. Ed era rimasto immobile per qualche secondo, con il bicchiere sospeso tra noi due, poi mi aveva sorriso.
Avevo bevuto la granita davanti a lui, seduta al bancone fissandolo, ogni tanto mi passavo le mani tra i capelli, fingendo di non curarmi del suo sguardo. Lui continuava a lanciarmi occhiate di sbieco, mentre serviva altri clienti, poi si era avvicinato a me e avevamo cominciato a parlare.
La nostra storia era nata come una banalissima storia, in seguito mi aveva chiesto di uscire una sera, io avevo accettato, e per la prima volta un ragazzo mi aveva portato a cena in un ristorante, e io ne ero rimasta affascinata. Dai suoi modi di fare, dalla sua sicurezza, dalla sua consapevolezza di essere l'unico ragazzo con cui fossi mai uscita che mi avrebbe potuto dare tutto ciò che volevo, semplicemente perché lavorava e non era un ragazzino di sedici anni.
Mi ero innamorata di lui. Giorno dopo giorno. Ero arrivata ad amarlo. E poi così, improvvisamente, quel giorno, tutto di lui mi andava stretto. Mi andava stretta la sua monotonia, il suo adagiarsi nella sicurezza del nostro amore, ma non era così, per me. Non capiva che avevo diciassette anni, lui ormai venti, e avevo bisogno di cose che anche lui aveva avuto alla mia età.
Avevo bisogno di lasciarmi andare, di essere libera come un fringuello, di avere il tempo e la voglia di pensare a me stessa.
Mi divincolai dalle sue braccia che mi tenevano stretta e mi alzai dal letto come se stesse bruciando.
     - Devo andare -
     - Dove? -
     - Ho.. Ho una cosa da fare con mia madre, non ti ricordi? -
     - No, non mi hai detto niente -
     - Ma come no, te l'ho detto un paio di giorni fa. Deve andare a una visita -
     - Può essere, ma io non mi ricordo. Fa' pure -
Percepì ostilità nei miei occhi, nella mia voce. E forse percepì anche che mi ero inventata quella bugia per scappare. Eppure mi lasciò andare.
Lo guardai incredula, chiedendomi se fosse davvero lui. Come mai non mi stesse trattenendo. E poi capii, capii che non c'era bisogno di tante parole, che bastavano i miei occhi a spiegare cos'avevo.
     - Ci sentiamo stasera, va bene? -
Lo guardai un'ultima volta, lanciando un'occhiata ai suoi capelli chiari, e poi mi chiusi la porta alle spalle.


Mi fermai su una panchina in riva al mare. 
L'acqua pian piano diventava sempre più scura, fondendosi con il colore del cielo. Il vento mi disordinava i capelli lisci, scuri.
Avevo lasciato Alex da solo, in camera sua, e non sentivo nessun peso addosso. Mi sentivo leggera, e libera. Ero lì, su una panchina in riva al mare, con la luce giallastra del tramonto che mi copriva il viso, e nessuno lo sapeva. Era un segreto tra me e me. Un momento da dedicare a me stessa.
 Quando spostai leggermente lo sguardo, intento a fissare una formica e le sue seguaci, vidi un piede accanto al mio e spostai velocemente lo sguardo in su.
Samuel rise dell'espressione che avevo sul viso. Spaventata, quasi atterrita.
        - Non aver paura, non ti mangio -
Scostai una ciocca di capelli dietro le orecchie.
        - Ciao... -
        - Ti ricordi di me, vero? -
        - Sì, mi ricordo -
        - Bene, avevo paura che quel martini con ghiaccio non fosse bastato a colpirti... Che facevi? -
        - Pensavo... -
        - Ah sì, questo era evidente. Ma a che pensavi? -
Lo guardai stizzita.
        - Cose senza senso... Non importanti -
        - Capisco. Strano, perché a me il mare ispira sempre pensieri angoscianti -
Gli sorrisi impercettibilmente.
Aveva una maglietta bianca a maniche corte e un paio di jeans consumati dal tempo. Sembrava che non gliene importasse niente di come usciva di casa. Il vento gli muoveva i capelli scuri con frenesia, sbattendoli a destra e poi a sinistra, lasciando liberi i suoi occhi color del mare.
        - Perché sei qui? -
        - Camminavo, e ti ho vista da sola -
        - E perché ti sei fermato? -
        - Perché .. Perché eri da sola -
        - ... -
        - E perché credo ne valga la pena -
Rivolsi di nuovo lo sguardo all'acqua che si confondeva con il cielo.
        - Grazie -
Rimanemmo così, uno vicino all'altro, senza parlare, senza che i nostri pensieri facessero rumore, comunicando attraverso un filo sottile e trasparente, per tanto, tanto tempo.
Poi il cielo si fece sempre più buio, fino a quando ormai era l'ora di tornare a casa per cena.
       - Credo che sia ora di andare... -
       - Sì, lo penso anch'io -
       - E' quasi buio -

       - Sai, mi piacerebbe offrirti la cena, portarti in qualche ristorante chic, come fa il tuo ragazzo, ma temo di non poterlo fare -
Lo guardai stupita. Aveva centrato in pieno.
       - Non preoccuparti, hai fatto molto per me. Più di una cena -
Guardai ancora una volta dentro i suoi occchi, e lui ricambiò lo sguardo facendomi male. Perché era uno sguardo tagliente, freddo, della profondità del mare.
Mi allontanai abbracciandomi con le mani, infreddolita dalla frescura serale, dirigendomi verso casa mia, verso i miei pensieri.







Non lo vidi più per tre settimane. Lo cercai, tra la gente seduta ai tavolini dei bar, sulla spiaggia, in riva al mare, sulla stessa panchina su cui eravamo rimasti seduti per ore, in silenzio, provai anche a passare davanti a casa sua, ma lui non c'era. Si era dileguato, non lasciando nessuna traccia di sé.
E l'estate scivolava via come il vento, e Alex non era più nei miei pensieri.











Anticipazione:


- Ti ricordi quando mi hai detto che un giorno sarei cresciuta e avrei avuto voglia di vivere come vivono tutti quelli della mia età e mi sarei resa conto che stando con te non avrei potuto farlo? -
- Sì, me lo ricordo... -
- ... -
- ... -
- ... -
- ... -
- Ecco, credo che quel giorno sia arrivato -

  
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