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Autore: Viola Banner    03/03/2020    0 recensioni
Fanfiction ispirata all'avventura ludica "Harry Potter Hogwarts Mystery". Contiene spoiler della saga originale e del gioco.
Julia Lee non ha nessuna aspettativa riguardo al suo futuro, perciò, quando riceve la sua lettera per Hogwarts non può fare a meno di chiedersi chi le abbia tirato quell'orribile scherzo. Suo fratello Jacob è scappato di casa pochi anni addietro, sedotto da una potente quanto pericolosa promessa di un futuro grandioso e abbandonando Julia al suo destino. E sarà proprio quel subdolo destino a portarla a ripercorrere gli stessi passi compiuti da suo fratello in quella scuola avvolta dal mistero. Cosa si nasconde veramente ad Hogwarts? Perchè tutti sembrano conoscere un altro lato di Jacob di cui Julia era all'oscuro? E chi sta impedendo a Julia di scoprire la verità?
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Bill Weasley, Charlie Weasley, Nimphadora Tonks, Nuovo personaggio, Serpeverde
Note: AU, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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CAPITOLO SECONDO

«Dieci punti. Sapevo io, che saresti stata una spina nel fianco fin da subito. Hai battuto ogni record».

Il Prefetto Felix accavallò le gambe e scosse la testa visibilmente disgustato.
«Non è stata colpa sua». Si intromise R che era rimasta dietro di me tutto il tempo. Gli occhi di Felix saettarono su di lei.
«Rowan Khanna, non ricordo di aver chiesto di te a Elizabeth poco prima. Mi spieghi cosa fai ancora qui?».
Non intervenni.
Rowan si schiarì la gola, pronta a sfoderare un’altra filippica sulle buone intenzioni di cui in quel momento né io né Felix necessitavamo. Forse fu chiaro anche a lei dato che rinunciò a parlare e si allontanò con una scusa.
«Stavamo dicendo? Ah sì, il tuo comportamento sconsiderato durante l’ora di Pozioni. Accusare una compagna di manomissione di una pozione! Vuoi davvero trascorrere il resto della tua vita qui dentro ad attirare attenzioni immeritate?».
Felix stava praticamente urlando ma non mi importava. Le mie idee erano sempre le stesse: Merula era stata sgarbata con me fin dall’inizio e non avevo ben chiaro il perché di quell’avversione. Ma spiegarlo al Prefetto sarebbe stato come cercare di calmare un troll con una ninnananna perciò rimasi zitta mentre il responsabile del mio dormitorio si lasciava andare a una sfilza di rimproveri, insulti e speculazioni secondo cui io avrei contribuito ad affondare ancora di più la reputazione della Casa di Serpeverde, in precario equilibrio già dai tempi di mio fratello.

Il suo sproloquio ebbe fine nell’istante in cui la ragazza dai capelli ricci che avevo incrociato fuori dall’aula di Pozioni (Elizabeth, credo si chiamasse) si avvicinò al Prefetto sussurrandogli qualcosa all’orecchio e lasciandogli cadere in grembo una lettera. La seguii con lo sguardo mentre lasciava la sala, il fazzoletto verde che ondeggiava sulla sua schiena.
«Il tuo giorno fortunato,Lee». Disse Felix in tono canzonatorio. Mentre leggeva la lettera le sue sopracciglia si corrugarono. Un Chihuahua alle prese con un dilemma più grande di lui.
Alla fine emise un sospiro pesante e tornò a guardarmi con quell’aria insofferente molto simile a quella che ostentava Elizabeth anche se la sua virava verso l’apatia.
«Puoi andare». Disse, cercando di mascherare il disappunto ma con scarsi risultati. «Il professor Piton ha appena detto che la tua teoria potrebbe…avere…potrebbero esserci…diciamo…».
Stentai a credere ai miei occhi. Pur di non ammettere che ero innocente Felix si stava arrampicando sugli specchi.
«Posso andare ora?». Non avevo più intenzione di starlo a sentire né di dovermi subire le sue occhiate e le sue parole cariche di veleno.
«Il professor Piton vuole però che gli consegni una barattolo di lumache sottaceto che troverai nel suo ripostiglio e in cambio farà riguadagnare punti alla nostra Casa».
Se per Felix quella era l’occasione di vedermi fallire per non rappresentava nulla. Volevano davvero perdere tempo a giocare alla ricerca del colpevole? Per una pozione?
«D’accordo. Dammi la lettera, vediamo se ci sono delle istruzioni».
Felix contrasse la mascella mentre mi consegnava la lettera.
«Vedi di non fare altri danni, Lee. Se anche questa volta andrà male…».
«Buon pranzo, Felix. Ora scusami ma ho da fare».

Mentre mi avviavo fuori dalla Sala Comune fui raggiunta da un rumore di passi svelti e non mi meravigliai affatto quando Rowan mi tagliò la strada tutta affannata e visibilmente preoccupata.
«Allora? Ti hanno espulsa? Quando parti? Mi manderai una lettera, vero?».
Mi trattenni dall’alzare gli occhi al cielo.
«Rowan non mi hanno espulsa. Devo svolgere una commissione per conto di Piton. Niente di tragico».
La vidi tirare un sospiro di sollievo e in quel momento mi venne un’idea.
«Anzi, perché non vieni con me? Se siamo in due magari ci daranno dieci punti a testa. E poi tu ne sai sicuramente più di me in fatto di Pozioni».
Avvolsi un braccio attorno alle sue spalle e, come immaginavo, la vidi arrossire.
«Oh…beh…non tantissimo in realtà ma sarò ben felice di aiutarti. Avrei dovuto impedire a Merula di manomettere la tua pozione».
Scrollai le spalle.
«Oh il passato è passato. Abbiamo una seconda possibilità, perciò non sprechiamola».
Rowan fu ben felice di farmi da guida verso il deposito di pozioni. Era irritante quanto bastava ma aveva come lato positivo il fatto che si prestava a svolgere qualsiasi incarico richiedesse prestazioni e lunghi discorsi. Dopo aver salutato un paio di quadri (donne in abiti da contadine) si era messa a raccontarmi vita, morte e miracoli del pittore e del secolo in cui era stato dipinta l’opera.
«Ecco, questo dovrebbe essere il deposito».
La porta era socchiusa. Mi accorsi in quel momento che io e Rowan eravamo le uniche in quel corridoio. Tutti gli altri dovevano essere a pranzo.
«Non dovrebbero tenere il ripostiglio in una zona più umida? So che alcune specie di funghi prediligono i luoghi bui come gli scantinati». Disse Rowan. Non me la sentivo di darle ragione anche perché non sapevo niente di funghi e tutto quello che volevo era scendere in Sala Grande e godermi il pomeriggio.
Perciò spinsi la porta ed entrai. C’era un buio pesto dentro e un odore particolare, come quello che aleggia nelle serre.
«Non si vede niente». Gemette Rowan.
«Forse abbiamo sbagliato. Fa’ una cosa, va’ a cercare qualcuno e chiedigli di aiutarci.».
Sentii Rowan spostarsi e successivamente un rumore che mi fece accapponare la pelle.
«Rowan?».
«La porta è chiusa, non riesco ad aprirla».
«Ma com’è possibile? Era socchiusa!».
La voce di Rowan era carica di nervosismo.
«Non so…conosco un incantesimo per…diciamo…aprire le porte ma rischierei di tirare giù mezzo corridoio se lo faccio. Ehi, aspetta, faccio un po’ di luce».
Il bagliore proveniente dalla bacchetta di Rowan bastò a ridurre l’isteria che mi stava salendo lungo la gola. Arretrai di un passo e finalmente capii il perché di quell’odore.
«Ma è…enorme».

Una gigantesca pianta aggrovigliata su sé stessa occupava quasi tutta la stanza e sembrava essere sbucata dal nulla. Aveva grossi tentacoli che si agitavano come serpenti. E sembrava…viva. Come se respirasse.
«Che diamine è quella roba?». La mia voce risuonò quasi stridula come quella di una bambina.
Guardai verso Rowan che aveva la bocca aperta e gli occhi spalancati. Sperai che dicesse qualcosa. Qualunque cosa purchè ci fosse utile per uscire da lì.
«Quella è una pianta mortale, sensibile alla luce e facilissima da coltivare. Si chiama Tranello del Diavolo».
La voce proveniva da fuori ed apparteneva all’ultima persona che mi sarei sognata di incontrare da quelle parti.
«Ma questa è Merula Snyde!». Esclamò Rowan. Si precipitò alla porta riempiendola di pugni e gridando di farci uscire. Rispose solo la risata rauca di Merula.
«Lo devo ammettere, sono stata troppo buona con quella pozione Curabolle. In fondo nessuno è mai stato espulso per aver fatto esplodere un calderone al primo anno. Ma questo…questo è esattamente ciò che mi serviva per movimentare la giornata! Sei sveglia, Lee, molto sveglia e caparbia. Ma se c’è una cosa che Severus Piton non farebbe mai è mandarti una lettera di scuse».
«Non mi ha mandato una lettera di scuse!». Esclamai. «E poi tu come fai a saperlo?».
Elizabeth era entrata in Sala Comune dicendo di avere una lettera da parte di Piton. Quanto poteva essere effettiva la sua lealtà?
«Se almeno avessi un briciolo di ambizione non saresti caduta nel mio tranello, Lee! Ma non temere, questa pianta sa fare abbastanza danni da regalarti una lunga permanenza al San Mungo».
«Rowan chiama aiuto!».
Rowan riprese a battere i pugni contro la porta sovrastando le risate di Merula.
Se solo ci avessero sentiti…
Qualcosa di viscido mi sfiorò una caviglia. Aprii la bocca per gridare ma un grosso tentacolo mi afferrò per la vita e mi sollevò come se non pesassi niente. Dal nulla sbucarono almeno altri tre tentacoli che mi si avvinghiarono attorno alle braccia a e al petto, mozzandomi il respiro. Tentai di dimenarmi ma non feci che peggiorare le cose. I tentacoli non avevano alcuna intenzione di cedere e più mi agitavo e più quelli aumentavano la stretta. Si chiamava Tranello del Diavolo proprio come quello che aveva teso Merula Snyde. Se solo fossi riuscita a prendere la mia bacchetta…
«Rowan!». Rantolai. La mia compagna di dormitorio smise di menare pugni e mi guardò, pallida in volto. Le indicai con un dito la mia tasca cercando di articolare la parola “bacchetta” mentre un altro tentacolo mi si avvinghiava attorno alla gola.

La vista mi si annebbiò e sentii in bocca il sapore della bile. Mi meritavo quello stupido scherzo. Merula aveva ragione. Non valeva la pena che rimanessi lì se le mie abilità si sarebbero limitate a sfuggire ai suoi scherzi.
Mi parve di udire Rowan urlare. Aprii a fatica gli occhi e vidi un’ombra stagliarsi sulla soglia della porta. Merula era riuscita ad entrare e darmi il colpo di grazia. Oppure Silente. O Piton. Che bell’applauso si sarebbero fatti vedendomi. E Jacob? Oh meno male che non era lì!
Mi sentii sollevare nuovamente e pensai che il Tranello del Diavolo stesse per finirmi. Poi udii la voce di Rowan.
«Si sta riprendendo. Ecco, mettila giù!».
Tossii violentemente e cercai di inglobare quanta più aria possibile nei miei polmoni dato che mi sentivo come se mi fossi dovuta immergere nelle profondità del Lago Nero.
Battei le palpebre e vidi che ci trovavamo nel corridoio illuminato del terzo piano. E avevo compagnia. Con noi c’era il custode della scuola, Rubeus Hagrid, colui che ci aveva scortati fino alla scuola dalla stazione di Hogsmeade dopo il nostro arrivo. Fece un certo effetto trovarlo lì e mi chiesi come diamine ci avesse trovate.
«Julia stai bene?». Rowan mi posò una mano sulla spalla fissandomi preoccupatissima.
Annuii.
«Oh grazie al cielo! Ho temuto tantissimo che…».
Un brusco colpo di tosse costrinse sia me che Rowan a guardare in direzione di Hagrid.
«Grazie». Dissi.
«Ma che cosa facevate lì dentro?». Abbaiò lui.
«Siamo state rinchiuse». Precisò Rowan. «Da una ragazza del primo anno,una della nostra Casa. Merula Snyde».
Hagrid guardò verso di me con esitazione. «Veramente è andata così?».
Annuii.
«Ci ha tratte in inganno con una lettera falsa! Questi atti meriterebbero l’espulsione immediata!».
«Rowan calmati, per piacere. So parlare per me, non è necessario che ti intrometti ogni volta».
Rowan contrasse le labbra ed avvampò ma non disse altro e si sedette per terra rivolgendo lo sguardo sulle torce mentre Hagrid si chinava su di me.
«Se è andata così che cosa farai?».
Avrei scommesso tutto ciò che avevo che Silente era già al corrente dell’accaduto e andarglielo a dire sarebbe stato da stupidi. Piton si sarebbe trasformato in una belva se gli avessi detto della lettera e di Merula. Non mi rimaneva che Felix. Sospirai.
«Lo dirò al Prefetto del mio dormitorio». Dissi.
Rowan alzò di scatto la testa.
«Cosa? Dopo quello che ti ha detto poco fa?».
«Felix non è più simpatico di Merula, Rowan, ma ha delle responsabilità che non può ignorare. È solo grazie ad Hagrid se sono viva. Se Felix vuole avere un futuro è giusto che impari a gestire faccende di questo tipo».
Avrei fatto capire a Merula che era tenuta sott’occhio. Felix non poteva difenderla o sarebbe finito nei guai pure lui. Eravamo collegati da un filo sottilissimo. Se si fosse spezzato saremmo crollati a terra tutti e tre.
Quel pensiero bastò a darmi un po’ più di positività.
Vidi che Hagrid stava riflettendo.
«Mmmm, non so se è la scelta giusta». Disse infine scrollando le spalle e facendo ondeggiare la spessa barba irsuta.
«Ma certo che lo è!». Esclamò Rowan.
«E se poi finisci nei guai? Hai delle prove che provano che è stata Merula a combinare tutto quanto?».
Se prima mi ero sentita leggermente meglio in quel momento avrei voluto gettarmi di nuovo tra i tentacoli del Tranello del Diavolo.
La lettera non contava nulla e siccome il corridoio era vuoto nessuno poteva dire di averci visto entrare nel ripostiglio. Merula avrebbe fatto finta di niente comunque.
Rowan si schiarì la gola attirando l’attenzione di Hagrid.
«Forse…ma dico forse…si potrebbe parlare comunque con Felix di questi atti di bullismo. E poi…». Indicò il mio mantello e solo in quel momento realizzai quanto fosse conciato male. «Quello come lo spieghi?».
«Io dico che dovete pensarci tutte e due. Siete solo al primo giorno di scuola e già volete avere problemi?».
Hagrid non aveva tutti i torti.
«Torniamo nella nostra Sala Comune, Julia. Se faranno domande diremo che abbiamo litigato e che io ti ho spinta dalle scale».
«Molto rassicurante, Rowan». Borbottai.
*
Qualcuno aveva avuto la bella idea di fare dei disastri in Sala Comune ed era stata cambiata a mia insaputa la parola d’ordine. Perciò fu inevitabile lo scontro con Felix. Arrivò come sempre scortato dalla silenziosa Elzabeth a cui mi promisi avrei fatto qualche domanda riguardo le sue amicizie.
«Che cos’hai fatto al mantello, Julia Lee?». Abbaiò Felix. Io alzai le spalle.
«Niente».
«Non dire bugie, che sei andata a fare?».
«Mi sono rovesciata addosso un barattolo di spine di porcospino. Succede,no?»­.
Felix ci precedette oltre il dipinto ma non rinunciò a tallonarci con insistenza facendo fallire la bella missione di non attirare l’attenzione.
«Sono passato in Sala Grande e non c’era nessun punto. Clessidra vuota. Mi spieghi che è successo?».
«Te l’ho già detto». Risposi.
Lui fece un passo verso di me e sentii Rowan sussultare.
«Lo sai che posso togliere punti alla mia stessa Casa se serve? Allora, rispondi! Perché Piton non ha messo alcun punto?».
«Si sarà dimenticato».
«Eppure l’ho visto a pranzo. Si è diretto verso le serre con la professoressa Sprite dopo aver mangiato e quando l’ho rivisto era in infermeria».
«Che cosa vuoi insinuare Felix?»­. Iniziavo ad averne abbastanza.
«Mi stai mentendo».
«Non è vero».
«Scusatemi».
Tutti e due ci voltammo verso Elizabeth, in piedi davanti al camino. Guardò verso di me. Mi irritava un po’ quella sua mancanza totale di interesse verso le vicende che accadevano attorno a lei. Per un breve istante mi chiesi se anche io apparissi così agli occhi dei miei compagni.
«Ho visto te e Rowan scendere dalla scala del terzo piano quando in realtà il deposito di Piton si trova nel sotterraneo».
Giusto. Come avevamo potuto tralasciare un dettaglio così importante?
«Ah, è andata così?».
Felix distolse lo sguardo da Elizabeth e lo posò su di me. Non sembrava affatto intenzionato a proseguire oltre.
Gli raccontai dell’accaduto ma senza però mettere in mezzo Hagrid.
Felix incrociò le braccia sul petto ed annuì.
«Vi è andata bene, molto bene. Ma sapete una cosa? Non vi credo».
Per quanto mi aspettassi una risposta del genere fu comunque spiacevole sentirselo dire dal Prefetto.
«Felix non è uno scherzo. Non diremmo mai una cosa del genere per creare conflitti». Rowan mi indicò. «Julia è veramente stata attaccata da quella cosa!».
Felix strizzò le palpebre.
«Mi fate perdere tempo, solo tempo! Prima la pozione e poi il Tranello del Diavolo!».
«La lettera. Quella che ti ha dato Elizabeth…». Rowan indicò Elizabeth che non si era mossa. «Quella lettera è falsa. L’ha scritta Merula Snyde per incastrarci».
«Un’allieva del primo anno che falsifica una lettera. Mai sentito! Ora, se non vi dispiace, io ho da sbrigare alcune faccende. Voi due preparatevi per la vostra prima lezione di volo. Elizabeth vi accompagnerà al campo. E…Lee?».
Sfoderai il mio miglior sorriso mentre mi affettavo a seguire Rowan verso il dormitorio.
Felix mi indicò e se fosse stato più vicino ero quasi certa che mi avrebbe infilato quel dito nelle costole.

«Se ti sento ancora una volta gettare accuse su Merula Snyde prenderò seri provvedimenti! E sistemati quella divisa o a Madama Bumb verrà un accidente!».

Rowan si offrì di recuperarmi una divisa nuova avvalendosi della collaborazione di alcune nuove amicizie di Corvonero. A quanto pareva in quella Casa c’era un ragazzo che ci sapeva fare con la moda e che confezionava su richiesta abiti niente male.
Elizabeth ci scortò fuori dal castello in silenzio religioso limitandosi a rivolgere sorrisi educati a tutti quelli che la incrociavano.
«Ehm…scusa se ti ho tirato in ballo prima». Rowan mi superò quel tanto che bastava per affiancare Elizabeth mentre attraversavamo il parco. C’era un pallido sole ad illuminare i tetti della scuola. Mi dissi che avrei trascorso più tempo all’aperto, almeno lì Merula non sarebbe venuta a cercarmi.
«Non fa niente». Disse Elizabeth.
«Da quanto conosci Felix?». Continuò Rowan.
«Da quando lo conosci tu, cioè da ieri».
«Oh, sembrate molto…amici».
«Cosa vuoi insinuare?». Elizabeth si fermò e per la prima volta la vidi assottigliare le palpebre come se fosse leggermente infastidita. Non la biasimavo. Rowan riusciva a farti uscire dai gangheri ben bene.
«Oh non è come pensi tu, solo…beh non ci conosci nemmeno eppure hai molta confidenza con lui. Mi piacerebbe molto diventare amica tua».
Elizabeth rimase a fissarla per lunghi istanti senza dire nulla.
«Come preferisci». Disse infine scrollando le spalle e proseguendo.
Presi Rowan per un braccio impedendole di peggiorare ancora di più la situazione. Per quanto ne sapevamo Elizabeth poteva anche fare il doppio gioco con Merula.
«Chiudi quella bocca una buona volta. Siamo state graziate per davvero poco e non serve che tu peggiori le cose andando ad infastidire l’amica numero uno di Felix».
«Dai Julia, sto facendo amicizia! Dovresti provare a fare così anche tu». Disse Rowan liberandosi della mia presa sul suo braccio.
«Io…ho cose più importanti da fare qui. Devo…».
«Devi?».
Sospirai.
«Mio fratello. Devo riuscire a capire cosa lo abbia spinto ad andarsene da casa. In questa scuola ci sono i suoi ultimi ricordi e se riuscissi a risolvere questo mistero smetterei di sentirmi fuori luogo. Quando ho ricevuto la lettera per Hogwarts non ho potuto fare a meno di pensare che qualcuno mi avesse tirato un brutto scherzo. Che cosa ci faccio qui? Perché sono nella stessa Casa di Jacob quando non ho nemmeno la metà della sua determinazione?».

Rowan si sistemò gli occhiali sul naso in un gesto che mi ricordò Vitious nell’aula di Incantesimi.
«Se vuoi un consiglio smetterei di pensare troppo a questa faccenda. Voglio dire, sei ad Hogwarts, una delle scuole migliori del mondo magico e stai per imparare cose che molti si sognerebbero. Tuo fratello avrà avuto le sue ragioni per andarsene da casa e con ciò non voglio dire che sia giusto quello che ha fatto. Non lo conosco perciò non potrei giudicare. Ma se fossi in te cercherei quantomeno di rendere questa esperienza quanto più piacevole possibile. Altrimenti finirai per tirarti addosso ciò che non meriti. Rimarrai sola e Merula vedrà in te un continuo passatempo contro la noia. Guardati attorno. Hai me, hai…tanta gente con cui socializzare. E poi siamo solo al primo anno, se tuo fratello fosse finito in guai seri come penseresti di aiutarlo se ancora non sai difenderti come si deve?».

Quelle parole avevano colpito nel segno. Rowan era stata gentile ma diretta quel tanto che bastava per farmi riflettere. Nel giro di poche ore dal mio arrivo in quella scuola ero finita per ben due volte nei tranelli di Merula e non me n’era importato niente, anzi, l’idea di lamentarmi con Felix mi parve di colpo insensata, un capriccio più che una vera denuncia. Dovevo tirare fuori le unghie e ritagliarmi il mio posto nella scuola. Jacob poteva aver creato un po’ di trambusto durante i suoi anni a scuola ma io non ero lui ed era ora che tutti lo imparassero. La consapevolezza di ciò che ero e di ciò che avrei potuto effettivamente fare mi trasmise una potente scarica di energia.
Quando guardai di nuovo Rowan la vidi sorridermi come se avesse intuito ciò che mi passava per la testa.
«Grazie. Vedi? Non sono nemmeno capace di fare autocritica».
«A questo servono gli amici, giusto?».

Amici. Com’era bella quella parola.
Prima di Jacob non ero mai riuscita ad avere delle amicizie. Credevo che lui mi bastasse, lo avevo reso il custode della mia felicità. Ma ora dovevo ricominciare da zero. Nuove conoscenze. Non sapevo nemmeno cosa mi piacesse fare nel tempo libero. Jacob riusciva chissà come a trascinarti nel suo mondo caotico e singolare facendoti dimenticare di avere delle esigenze. Con Rowan avevo una possibilità imperdibile e stavo rischiando di gettarla al vento per colpa…di che cosa?

La lezione di volo si teneva all’interno di un cortile, riconobbi la finestra dell’aula di Incantesimi.
Madama Bumb era una donna dai modi sbrigativi nonché arbitro di Quidditch.
«Mettetevi in linea, per favore. Oggi imparerete a sollevare una scopa. Oh, c’è poco da sorridere, il volo richiede tecniche precise e molta concentrazione. Avanti, avanti. Guardate bene cosa faccio io».
Quando avevo circa sei anni Jacob mi fece montare sulla sua scopa dicendomi che era una delle cose più facili che esistevano. Poi non so come, mamma lo venne a sapere e la cosa finì lì.
Ritrovarmi di nuovo con una scopa davanti mi regalò una fitta piacevole allo stomaco. Perciò non mi sorpresi di riuscire a richiamarla con estrema facilità.
«Ottimo, signorina Lee! Cinque punti a Serpeverde». Madama Bumb applaudì brevemente e vidi Rowan farmi l’occhiolino.
«Ehm…scusa?».
A parlare era stato un ragazzo dai capelli color paglia e il viso allungato. Fissava me e la scopa con un misto di terrore ed ammirazione negli occhi. Aveva un che di familiare ma non ricordavo dove potessi averlo visto.
«Puoi…puoi aiutarmi?». Pigolò tentando di farsi sempre più piccolo. Mi porse la sua scopa e quando la presi in mano fece un salto all’indietro come se scottasse.
«Che ti serve? Non riesci a sollevarla?».
Lui annuì con esitazione.
«Beh non è difficile. Basta darle del tempo, ma forse il problema è un altro».
«Sì. Cioè no. Oppure…».
Mi dovetti mordere l’interno della guancia per non mettermi a ridere. Visto così era parecchio buffo. Strano però. Era della Casa Grifondoro e fino a quel momento mi erano parsi tutti molto sicuri di sé. Del resto però, io ero Serpeverde e fino a quel momento non ero stata di certo un bell’esempio da seguire.
«Come ti chiami?». Chiesi.
Lui impallidì e temetti che stesse per svenire.
«Ben». Pigolò. «Ben Copper».
«Ciao Ben, io sono Julia».
«Sì…lo so».
«Ti piace questa scuola, Ben?».
Ben sussultò e gli ci volle un po’ per rispondere. Era come se temesse che da un momento all’altro qualcosa di mostruoso sbucasse da sotto il terreno e lo mangiasse.
«Sì. È molto bella. Ma io…io non so cosa ci faccio qui».
Mi sembrò che i suoi occhi fossero diventati lucidi. Feci un passo verso di lui e come previsto arretrò.
«Oh, come vuoi. Nemmeno io mi sento molto a mio agio qui. Sembrano tutti sapere cosa fare delle loro vite, non sembra anche a te, Ben?».
Lui annuì.
«Che si divertano. Noi andiamo al nostro ritmo».
«S…sì».
«Sei un Grifondoro perciò deduco che tu sia anche un po’ coraggioso».
Ben fu scosso da un fremito.
«No. No per niente».
«Sei venuto ad Hogwarts di tua volontà. È un bel gesto».
«Ho paura. Ho paura di tutto qui dentro. Sono rimasto mezz’ora nel bagno degli insegnanti perché Peeves non la piantava di ridermi dietro». Piagnucolò Ben.
«E chi sarebbe questo Peeves?».
«Il…il…». Il mento di Ben tremò. «Il fantasma. Il poltergeist. No…non lo conosci?».
«No, ma sicuramente non avrà niente di meglio da fare. Allora, Ben, vieni vicino a me così ti mostro come si richiama una scopa. Inizieremo con lo svuotare la mente e poi tutto sarà più facile». Protesi una mano verso Ben e lo vidi fissarla come se fosse qualcosa di affascinante e pericoloso.
«Mi…mi…aiuterai?».
«Ti sembro di tutt’altro avviso?».
«No, è solo che…tu sei Serpeverde e io Grifondoro».
Dovetti mordermi di nuovo l’interno della guancia per non ridere.
«Che vuol dire, scusa? Avanti, vieni vicino a me».
Ben ubbidì e io gli mostrai alla bell’e meglio come richiamare la scopa. Mi ispirava una certa simpatia, quel ragazzo. Potevo considerarlo un po’ come l’estremizzazione del mio stato emotivo. Ben si chiudeva mentre io rimanevo ferma. Se ci fossimo aperti l’un l’altro a vicenda forse avremmo potuto ricavare qualcosa.

Dopo il termine della lezione Madama Bumb si complimentò con me nonostante non avessi fatto niente di speciale.
«Apprezzo e ammiro gli allievi che si aiutano a vicenda. Perciò dieci punti a Serpeverde».
Mi aspettai che facesse un commento ad hoc su mio fratello ma per fortuna non fu così.
«Grazie, Julia». Disse Ben incrociando appena il mio sguardo.
«Figurati. Se ti può far piacere possiamo fare i compiti insieme qualche volta».
Le sue guance divennero di fuoco e temetti di nuovo che stesse per svenire.
«Co…compiti? Io e te? Sarebbe molto bello».
«Io e Rowan non saremo granchè come accoppiata ma con noi sei al sicuro, Ben».

Qualcosa di simile ad un sorriso piegò le sue labbra carnose. Non era un ragazzo particolarmente bello ma avrebbe potuto essere un valido alleato in futuro. Ammesso che smettesse con l’autocommiserazione.
Mentre ci dirigevamo verso il castello il suo umore migliorò notevolmente.
«Avete già provato le Gobbiglie?».
«Che cosa sono?».
«Oh un gioco interessante. Se vuoi posso mostrartelo».
«Oh volentieri! Sai, purtroppo mio fratello non mi ha istruito granchè su queste cose. Hogwarts è una bella novità». Dissi.
«Io sono figlio di Babbani. Ho ignorato la lettera per giorni prima di decidermi ad uscire di casa. Temevo che fosse una sciagura o qualcosa di simile. Però sono felice di essere qui, più o meno. E non pensavo che avrei parlato con te».
«E perché?». Chiesi.
Mi parve di scorgere un’increspatura attorno alle labbra di Ben che strategicamente guardò altrove.
«Perché sei una tipa…ganza. E i ganzi di solito non stanno con me».
Di colpo si fermò e vidi che gli tremavano le spalle. Ma quando si girò al posto del suo solito muso c’era un sorriso trattenuto a stento che si trasformò in una risata. Mi unii a lui, un po’ per liberarmi della tensione accumulata e un po’ perché quelle supposizioni erano assurde. Prima ancora che aprissi bocca tutti si erano messi in testa che Julia Lee fosse una disadattata, una pazza o una a cui stare alla larga. Ma ganza non me lo aveva mai detto nessuno.
Quella mattina mi ero svegliata di malumore e nel giro di poche ore avevo rischiato la vita. Ora mi trovavo a ridere assieme a un ragazzino terrorizzato dalla sua stessa ombra. Giurai a me stessa che avrei guardato la vita con meno aspettative godendomi ogni momento. Sette anni sarebbero passati in un baleno, non volevo vivere piena di rimpianti. Quando feci ritorno nella mia Sala Comune vidi Felix acquattato sul divanetto. Mi gettò un’occhiata malevola ma la ignorai senza alcuno sforzo. Mi sentivo la ragazza più felice della Terra.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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