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Autore: afep    03/03/2020    8 recensioni
Dicono che l'inferno non conosca furia più grande di una donna tradita.
Questo perché ancora non sanno come reagisce una strega.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ti ha tradita, usata, ingannata.
Non merita clemenza. Non merita il tuo dolore.
Piangi pure tutte le tue lacrime. Piangi pure le lacrime degli altri, se ci riesci. Che importa, ormai?
Ha preferito un'altra a te, e tu non te ne sei accorta se non alla fine, quando hai raccolto il tuo dolore e il suo disprezzo.
Hai barattato tutto ciò che eri per una misera fascia d'oro attorno all'anulare.
E ora, cosa ti resta?


L'uomo prende la mano della sua compagna, ed entrambi sollevano il viso verso la nave.
Sarà una splendida crociera.
Ancora più splendida, dal momento che lui ha finalmente portato alla luce la loro relazione, consumata per mesi nella penombra di un motel.
Al ritorno la presenterà agli amici, alla famiglia, si separerà dalla prima donna che ha condotto all'altare, e allora saranno davvero allo scoperto.
Finalmente una intera settimana da soli, insieme.
Non potrebbero chiedere di meglio.


Li hai visti per la prima volta lungo la strada, sotto l'insegna di una camera a ore.
Si baciavano, e ogni schiocco di labbra era una pugnalata al tuo cuore.
Hai finto indifferenza. Sei scappata e non ti hanno vista.
Non eri mai stata prima in quella zona della città. Se non ti fossi distratta sull'autobus, se non fossi scesa alla fermata sbagliata, avresti potuto continuare a cullarti nella menzogna di un matrimonio felice, di un marito fedele.
Quella notte hai aspettato di sentirlo russare per poter sgattaiolare fuori dal letto.
E lì, nel silenzio delle ore più buie, per la prima volta dopo anni hai letto i segni sul bancone della cucina, alla luce di una candela.


Bianche le lenzuola, bianche le pareti della cabina, bianca la gonna che scivola fino alle caviglie, bianchi i fianchi lucidi della nave.
La vacanza più bella di sempre, sulla bianca spuma del mare.


Il bianco indica purezza, ma può benissimo sostituire ogni altro colore.
Spalanchi l'anta dell'armadio, scaraventando sul pavimento i vestiti che avevi piegato e impilato con cura.
La vedi sul fondo, che ammicca dall'ombra in cui l'avevi confinata dal giorno del tuo matrimonio, ammaliante e pregna di segreti occulti come una sirena nelle profondità del mare.
Una scatola di legno con una piccola serratura di ottone, il coperchio piatto macchiato di gocce di cera che non riesce a trattenere del tutto l'aroma degli incensi. Le dita fremono sulla catenella d'argento, cercando la piccola chiave che hai sempre portato intorno al collo.
Un lieve scatto, la serratura si schiude, ma ancora non sollevi il coperchio. Chiudi gli occhi, esali un profondo respiro tremante . Conosci bene il contenuto della scatola. Lo conosci meglio dei tratti del tuo stesso viso.
Avevi giurato che non l'avresti più fatto, ma dentro di te, nel più profondo della tua essenza, sapevi che era una menzogna. Non si può smettere di essere sé stessi.
Il bianco indica purezza, ma non sempre.
In alcuni casi, il bianco è il colore della morte. 


Il porto di Le Havre è scomparso presto all'orizzonte. La sua sagoma si è fatta sempre più distante, simile al ricordo di un sogno che svanisce con l'avanzare delle ore di luce, ma gli Amanti non l'hanno visto eclissarsi.
I loro occhi hanno ammirato solo la nascita delle bolle sul fondo di un bicchiere di champagne.


Hai lasciato trascorrere un solo giorno dalla partenza prima di avviarti sulle sue tracce.
Hai cominciato a progettare il tuo viaggio sin da quando hai scoperto i biglietti.
Erano lì, intonsi e brillanti con quella particolare freschezza della carta appena stampata. Non aveva nemmeno cercato di nasconderli. Farlo sarebbe stato sospetto.
Mostrarli distrattamente, ecco il trucco.
Un viaggio di lavoro, ha detto. Il biglietto a nome di donna? Un favore a una collega, che non poteva passare a prenderlo da sé. Glielo avrebbe consegnato al porto, ha detto.
Hai finto di credergli con un sorriso sereno. Quante volte sei stata invitata ad accompagnarlo in simili viaggi, crogiolandoti nell'oziosa serenità di una vacanza inaspettata mentre attendevi la fine delle sue riunioni nel vostro albergo? 
Un viaggio di lavoro, ma che ai tuoi occhi lavoro non era più.
Quella sera hai letto di nuovo i segni, voltando una carta dopo l'altra e leggendo le figure che la cera formava in una tazza.
Gli Amanti rovesciati. La Torre rovesciata. La Morte.
Un profilo felino e una falce di cera bianca che fluttuano sul pelo dell'acqua.
È a quella falce abbozzata che pensi mentre scendi dal tassì, una piccola valigia in una mano e la tua cassetta di legno sotto il braccio.
La nave è salpata da quattro giorni. Da tre hai lasciato Parigi. Da due minuti hai messo piede a Goury. Un solo attimo ti basterà a concludere ciò che lui ha iniziato.
L'uomo al volante ti guarda con una punta di apprensione. Ciò che vede è una donna forestiera e sola, al tramonto, in un luogo solitario. Sai a cosa sta pensando.
Ma tu non hai paura.
Quelle come te non hanno mai paura.


Un tramonto alle porte dell'oceano.
Dita di sangue che si allungano sull'acqua immota, una drammatica carezza su un drappo di seta.
Dita sottili e speranzose che cercano una stretta rassicurante. 
Dita colpevoli e nude che si nascondono alla vista.


Hai preparato ogni cosa con la meticolosità dell'abitudine, le dita che ritrovano gesti abituali da troppo tempo accantonati.
Una candela di richiamo, una di condanna, gli spilli e il cerchio tracciato rapidamente sul terreno con un pezzo di legno trovato sulla spiaggia.
Le due bamboline giacciono sulla terra brulla, adagiate davanti alle tue ginocchia. Prepararle è stato facile, un gioco da bambina annoiata: un vecchio pezzo di stoffa, l'imbottitura di un cuscino aperto per l'occasione, una goccia di sangue grattata dalla lametta da barba e un lungo capello biondo sottratto dalla giacca. 
Sul petto portano scritto il proprio nome, e gli occhi tondi tracciati con la penna scrutano il cielo con sguardi vuoti.
Concedi loro solo un'ultima rapida occhiata, ma non oltre.
È l'ora.
La tua fede nuziale brilla per un istante alla luce delle candele, quando la fai scivolare al collo della bambola maschile. Sussurri un ordine, e con un pennarello indelebile disegni una bocca imbronciata e due sopracciglia aggrottate sul volto del secondo fantoccio.
Il tuo cuore sanguina, e tu hai appena cominciato.


Le urla rimbombano lungo i corridoi rivestiti di specchi.
Nella loro bianca cabina gli Amanti si fronteggiano, gridando accuse.
In terra, tra loro, occhieggia muta una sottile fede nuziale, scovata per caso sul fondo della valigia nella quale era stata nascosta.


Legale strette, legale forte, legale bene.
Una litania amara sgorga dalle tue labbra mentre stringi le bambole l'una contro l'altra.
Spalla contro spalla, schiena contro schiena. Non si guarderanno più in faccia.
Fai una smorfia mentre torci l'elastico dei capelli per stringere il terzo e ultimo giro, e i due fantocci si schiacciano sotto la morsa del tuo moderno legaccio.
E ora, il momento degli spilli.
Per primo il cuore, trafitto con cura, poi le gambe e la testa, dove il dolore perdura.
E poi le mani, rotonde come nei disegni dei bambini, appuntate sul viso della bambola opposta in un abbraccio circolare, scomodo come un pugno, pungente come un ago dalla capocchia nera.


Lo schiaffo coglie entrambi di sorpresa.
È stato un attimo, un movimento repentino, ma imperdonabile. Non esiste scusa che possa cancellarlo.
Nemmeno il giuramento che, davvero, è stato come se qualcuno di invisibile muovesse la sua mano.


Un'ultima danza.
Apri le braccia, stringendo le due bambole avvinte in un groviglio di spilli.
Ondeggi sul posto, accennando piccoli passi, e si alza il vento.
Un'ultima danza che saprà obliare il tuo dolore, ma se è ancora dolore o solo vendetta non lo comprendi più.
C'è aria di tempesta, e tu ondeggi e giri, lentamente, le bambole trafitte strette in pugno.
È ancora dolore, o è solo vendetta? Ci pensi e non riesci a capirlo.
Ma ormai è cominciata, e non puoi smettere.
E allora che sia: un'ultima danza sulle ali del vento, sulle orme della pioggia, finché la notte non si sarà fatta giorno.


La nave ondeggia e non dovrebbe.
Gli Amanti non hanno vetri, non hanno finestre per vedere oltre la loro cabina, e se anche ne avessero non vi presterebbero attenzione.
Nella loro indifferenza il mare si gonfia, il cielo si fa livido e il vento si alza. C'è aria di tempesta, e la nave ondeggia.
Anche se non dovrebbe.


E danzi, e danzi, e danzi roteando sul posto, le braccia aperte e levate.
Veloce, ancora più veloce, finché il mondo non è che una macchia scura e il vento non sembra sollevarti con sé.
La tua mente si libra sul mare, leggera come l'aria, sulle orme della pioggia. Scruti l'acqua scura sfiorando i flutti, accarezzando i mostri marini che non salgono mai in superficie, se non durante le tempeste.
Immergi la mano tra le onde e non ti bagni. Uno scatto del polso, e qualcosa risuona in lontananza.
Da qualche parte, lì fuori, una nave da crociera accusa il tuo colpo e sussulta.

E tu giri, e giri, e giri, persa nella tua danza da derviscio.


Qualcosa non va.
I passeggeri lo sentono nell'aria, lo colgono negli sguardi dell'equipaggio, lo percepiscono dalla strana atmosfera che permea gli ambienti della nave.
Il grande scafo beccheggia e gli Amanti sono costretti a reggersi alla mobilia inchiodata, le guance rosse per la furia e i capelli scarmigliati.


Risali verso l'alto e raccogli l'aria intorno a te, lasciandola scivolare sul tuo manto di nubi.
La pioggia ti precede e il vento ti circonda. 
Lo vedi davanti a te: un guscio di noce bianco tra i flutti, un'imbarcazione di carta, una nave giocattolo.
Giri, e la tempesta vortica con te. 
Giri, e l'aria si avviluppa sulle tue membra.
Giri, e sei un vortice di morte. 
Infine allunghi una gamba, sfiorando l'oceano in un balzo aggraziato.
Le acque si gonfiano e tu
 continui a volteggiare: una ballerina solitaria ammantata di pioggia e vento.


Una tromba marina.
No, un uragano.
Le urla discordanti rimbalzano lungo i corridoi.
L'equipaggio pare scomparso e gli Amanti escono dalla cabina,  violando l'ultimo ordine graziosamente sussurrato dagli altoparlanti.
Corrono verso l'alto, spinti da un istinto errato, da una malia occulta, da una strana follia.
Corrono, mentre un rombo profetico riempie l'aria.


Danzi sull'acqua, vorticando insieme al vento.
Ogni giro è un sospiro di dolore, ogni goccia una lacrima di rabbia, ogni raffica una promessa di vendetta.
Li vedi sul ponte, dove non avrebbero potuto essere senza l'aiuto invisibile del tuo volere.
Sospiri, e una nuova folata si invola verso la nave.
Un'ultima danza, infine.
Ma non l'ultima per te.


È accaduto prima che l'equipaggio potesse accorgersene.
Il ponte è scivoloso, il vento troppo forte, la tromba marina troppo vicina. È un attimo, e gli Amanti perdono l'equilibrio.
La nave si inclina in un moto che non dovrebbe essere possibile in quei mari, agevolando la loro caduta.
Qualcuno, dalla cabina di comando, guardando in quella direzione potrebbe cogliere lo strano movimento delle onde, l'inusuale forma allungata della spuma, simile a dita che si estendono per afferrare qualcosa.
Ma nessuno vi presta attenzione.
E tutto accade prima che l'equipaggio possa accorgersene.


È finita.
Rotei su te stessa e torni in te, occupando di nuovo il corpo danzante che avevi lasciato sulla sabbia.
Apri gli occhi, e il mondo smette di girare.
All'interno del cerchio che hai tracciato sei al sicuro, lontana dalla furia del mare.
In lontananza il cielo è livido, il vento gelido e violento che spira sulla costa ti graffia le guance, ma tu sorridi.
Una delle tue candele è caduta e si è spenta, proprio come avrebbe dovuto essere.
Le due bambole strette nel tuo pugno ora sono grondanti d'acqua marina.
Con un gesto fluido ti chini in ginocchio, cominciando a raccogliere i tuoi strumenti.
Quanto tempo ci vorrà, prima che qualcuno si accorga della scomparsa? Quanto, prima che l'equipaggio scopra che due ospiti non sono più a bordo?
E quanto ancora, prima che i corpi tornino a galla?
Non lo sai. Fino a oggi non ti sei mai interessata di questi dettagli, ma sono argomenti piacevoli a cui pensare.
Riponi i tuoi strumenti e ti scopri a canticchiare a bocca chiusa, mentre le ombre intorno a te sussurrano una melodia che celebra il tuo ritorno.
È tutto pronto.
Le candele nel loro scomparto.
Le bambole rovinate in un sacchetto di plastica per alimenti.
Con un piede spezzi il tratto del cerchio, e sei pronta a ripartire.
Continuando a cantare torni sul ciglio della strada e lì ti fermi, seduta sulla tua piccola valigia.
Attenderai l'alba, e poi chiamerai un tassì perché ti riporti a casa.
Non hai più ragione di restare in quella minuscola cittadina: la tempesta sul mare si è placata, il tuo cuore ha smesso di sanguinare e tu sei tornata in te.
Pronta per il prossimo volo notturno.
Pronta per la tua prossima danza.

 
  
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