Anime & Manga > Card Captor Sakura
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Autore: steffirah    10/03/2020    1 recensioni
A causa del lavoro del padre Sakura verrà ospitata a casa di una sua cugina, in una cittadina dal nome mai sentito prima, nell'estremo nord del Paese. Qui farà nuovi incontri, alcuni dei quali andranno oltre la sua stessa comprensione, mettendo a dura prova le sue più grandi paure. Le affronterà con coraggio o le lascerà vincere?
Una storia d'amore e di sangue, di destino e legami, avvolta nel gelo di un cielo plumbeo, cinta dalle braccia di una foresta, cullata dalla voce di un lupo.
Genere: Angst, Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eriol Hiiragizawa, Sakura, Sakura Kinomoto, Syaoran Li, Tomoyo Daidouji | Coppie: Shaoran/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Positività di primavera


 
Nei giorni successivi mi sentivo costantemente felice, come se fossi avvolta ogni singolo istante da un pallido e piacevole raggio di sole. Qualcosa cambiò, ancora una volta, nel mio rapporto con Syaoran-kun, unendoci persino più di prima. Non mi facevo più problemi ad avvicinarmi a lui, cominciavo a prenderlo per mano o a cercare contatto in maniera del tutto naturale e lui non rispondeva più né con ritrosia né facendosi teso, bensì mi veniva incontro e talvolta era stesso lui il primo a cercarmi.
Un sabato, avendo la giornata libera, mi recai insieme a lui e alla sua famiglia a vedere dei susini in fiore, in un prato che si apriva nel bosco poco lontano dalla loro casa, in prossimità del ruscelletto. Era affascinante vedere come, sebbene tutto fosse avviluppato dalla neve e dal ghiaccio, i fiori resistevano, facendo vincere la primavera sull’inverno.
Yelan-san mi raccontò che coltivavano questi alberi anche nel giardino della sua precedente dimora in Cina ed era usanza piantarne un seme ogni volta che nasceva un nuovo membro nella famiglia. Si trattava di un’antica tradizione che veniva portata avanti di generazione in generazione ed essendo ella molto legata alle proprie radici – per quanto esse stesse la avessero tradita – aveva voluto conservarla anche qui. Per questo ne avevano fatti crescere sette, uno per ciascuno di essi.
Consideravo Yelan-san una donna molto forte, da ammirare: per quanto fosse stata pugnalata e ferita dalla sua stessa famiglia, lei non la rinnegava. Talvolta ne parlava con una certa malinconia nello sguardo, per cui supposi che, un po’ come sarebbe capitato a chiunque, sentiva la mancanza dei suoi fratelli e delle sue sorelle, dei suoi genitori, zii e nonni. Non importava quanti anni passassero, non importava quanto dolore le avessero inferto, lei serbava rispetto e devozione per i suoi avi. Mi chiedevo se tutto questo provenisse dal suo cuore, fossero i suoi veri sentimenti, oppure un mero risultato di un’educazione troppo rigorosa improntata sul rispetto del nucleo familiare. Ma qualunque fosse il caso, restava pur sempre encomiabile.
Ammirai con affetto quegli alberi dai fiori di un rosa carico, quasi tendente al rosso, che rappresentava ciascuno di loro. Seguii le sorelle, le quali me li presentarono uno ad uno, fino ad arrestarmi dinanzi a quello di Syaoran-kun, che era il più piccolino, perfino più basso di me. Mi persi per un po’ ad osservare la sfericità perfetta dei suoi petali, sfiorando appena appena con la punta dell’indice il legno duro e secco dei ramoscelli, timorosa di poterlo in qualche modo segnare e danneggiare con la mia presenza.
Ero talmente assorta da non accorgermi che le sorelle non mi stavano più accerchiando, finché non mi sentii delle dita tra i capelli. Sollevai lo sguardo, trovando Syaoran-kun al mio fianco, con un sorriso dolcissimo ad illuminargli il volto, rischiarando anche me. Tolse la mano e la sostituii con la mia, scoprendo che mi aveva posato in testa alcuni fiorellini della sua pianta. Mi stava dando una parte di sé?
Mi si chiuse lo stomaco, ricordando inevitabilmente uno dei primi sogni che feci su di lui, soprattutto nel momento in cui mi domandò: «Ti piace?»
«Sì» confermai d’istinto, aggiungendo: «E sono contenta di essere qui.»
Mi fissò per un attimo confuso, ma naturalmente non poteva capire a cosa mi stessi riferendo. Lo lasciai nell’ignoranza, beandomi di quel ricordo mentre mi rigiravo tra il pollice e l’indice i fiorellini di cui mi aveva fatto dono. In quel sogno, ripensandoci, io ero anche la sua sposa….
In preda ad un inaspettato batticuore mi riavvicinai a sua madre, decidendo di distrarmi da quel pensiero narrandole del mio giardino a Tomoeda. In maniera simile al loro, anch’esso ospitava i fiori che ci rappresentavano: il ciliegio e il pesco, fuori le stanze mia e di mio fratello, e i glicini rampicanti sul traliccio al fianco della casa, che scendevano in grossi grappoli al di sopra dei numerosi garofani, quasi giungendo a sfiorarli, come se volessero darvi infiniti baci.
Glieli descrissi al meglio, talvolta gesticolando anche per farle avere un’idea della grandezza, lasciandomi trasportare dalle immagini suscitate dal rievocare quei ricordi. Mi mancava un po’ il mio bel giardino fiorito. A breve avrebbero cominciato a spuntare fuori dai nudi rami i primi boccioli, mentre quassù ci sarebbe voluto ancora del tempo prima che la primavera si diffondesse. Mi rammaricai all’idea che, per il mio compleanno, gli alberi sarebbero stati ancora spogli, spenti e d’un marrone scuro, privo di luce.
E ciò era evidente anche dal fatto che, pur essendo entrati in marzo, la gelida stagione persisteva con il suo bianco, con i suoi venti, con le sue piogge incessanti… al punto che, verso la fine dell’anno scolastico, mi beccai una febbre. Mi sforzai comunque di andare a scuola normalmente, resistendo alla fatica, al sonno e alla spossatezza che sentivo. Tutti naturalmente si accorsero che non ero nel pieno delle mie energie, anche perché, per quanto cercassi di assicurarli che stavo bene, ogni volta che mi alzavo e camminavo vacillavo, ondeggiando da un lato all’altro, tanto che a un certo punto dovette sostenermi Syaoran-kun affinché non cadessi. Lo ringraziai di cuore, mentre lui mi sgridò a lungo, con foga, sorprendendo tutti i presenti. Mi definì una sconsiderata, una folle irresponsabile senza alcuna cura per se stessa e tante altre cose che udii solo a metà, troppo colpita dalla sua preoccupazione per farci caso.
Fatto sta che lui stesso mi accompagnò dapprima in infermeria, chiedendo poi a Eriol-kun di farsi fare un permesso per riaccompagnarmi a casa – non potendo concederselo lui stesso. Sapevo che in realtà avrebbe voluto – me lo confermò anche Eriol-kun nella via di ritorno – ma il fidanzato di mia cugina lo aveva avvisato che sarebbe stato meglio evitare, avendone richiesto già uno poco tempo prima.
Farmi portare in spalla da Eriol-kun, comunque, mi fece quasi tornare indietro nel tempo. Mi ricordò di quando una volta mi successe la stessa cosa alle elementari e mio fratello venne a prelevarmi, accompagnandomi a casa. La sensazione che percepivo era più o meno la stessa e, proprio come allora, anche sulla sua schiena mi addormentai.
Riflettendoci, Eriol-kun aveva molti tratti in comune con la mia famiglia. Talvolta lo sguardo apprensivo che mi rivolgeva sembrava rispecchiare quello di Touya e in talune occasioni, quando mi sorrideva con gentilezza e calore, somigliava anche a mio padre. Che fosse soltanto perché entrambi indossavano gli occhiali? Sebbene a quanto m’era parso di capire a Eriol-kun non servivano neppure, ci teneva a portarli perché rappresentavano per lui un legame con le sue origini e il suo passato, essendo quelle lenti appartenute originariamente a Clow Reed.
La febbre mi durò all’incirca quattro giorni e non mi diede neppure troppi problemi. Al di là di qualche sintomo influenzale come giramenti di testa, dolori alle tempie, senso di affaticamento, mal di gola e naso chiuso, mi sentivo bene. Avevo solo sempre sonno e ringraziai il cielo per non avere incubi, perché per quanto mi sentivo debole non ce l’avrei mai fatta psicologicamente a sostenerli. Neppure la temperatura s’era alzata troppo, si bloccava attorno ai 38 gradi e mezzo e quando prendevo le compresse scendeva fino ai 37.
L’aspetto migliore di quella convalescenza furono non solo le visite che ricevetti (sia vampiresche che umane, queste ultime accompagnate da dolciumi e appunti delle lezioni presi gentilmente da tutte anche per me, dividendoseli in base alla materia), ma soprattutto la vicinanza di Syaoran-kun. Approfittava di ogni sua ora libera per restare al mio fianco, controllandomi la temperatura, raffreddandola con le sue stesse mani, ponendomene sempre una sulla fronte al posto dello straccetto bagnato. E allora mi rilassavo sotto il suo fresco tocco, scivolando facilmente in un regno di placidi sogni.
Soltanto una sera la febbre salì di più e, dato che mi sentivo andare a fuoco, io stessa gli chiesi se potesse stendersi al mio fianco. Accettò senza protestare e, dopo che mi fu affianco, mi raggomitolai contro il suo corpo, sperando che ciò potesse essere d’aiuto a far calare la temperatura. Dopo una buona dormita in quelle condizioni fu effettivamente così e il giorno successivo tornai in forze, più carica, energica e pimpante di prima.
Quando ritornai a scuola si poteva leggermi in faccia la mia felicità e nessuno avrebbe mai potuto distruggere quella mia gaiezza. Il giorno precedente avevo telefonato a papà per dirgli che mi sentivo meglio – mi ero fatta scappare di star male con Touya e lui glielo aveva immediatamente riferito, allarmandolo inutilmente – e chiedergli quando sarebbe rientrato in Giappone. Ormai i sei mesi stavano per scadere, ma esattamente come avevo previsto gli scavi erano stati prolungati. Questo mi permetteva di restare a Reiketsu per qualche altro mese, quindi potevo ancora vivere insieme a mia cugina e al suo ragazzo, alla cortese servitù sempre disponibile, alla mia spumeggiante zia che andava e veniva, ai miei nuovi amici, a quella mia ormai tanto amata famiglia di vampiri che abitava nel bosco… e, soprattutto, sarei rimasta ancora un altro po’ accanto a Syaoran-kun.
Tale pensiero cancellava le nubi più scure, i timori più cupi, le paure più tetre, rendendole un miraggio lontano.
Con questa positività finì anche marzo, e si giunse finalmente al giorno del mio compleanno.



Quel mattino Tomoyo-chan ed Eriol-kun vennero a svegliarmi di persona, portandosi dietro un vassoio su cui erano stati posati una teiera accanto ad una tazzina rosata decorata con ciliegi e un piatto con una torre di ben sette pancake ricoperti da sciroppo d’acero, frutti di bosco e zucchero a velo, con su un lato due fiocchi di panna rigati da un filo di cioccolata sciolta.
Mi si illuminarono gli occhi dinanzi a quella meraviglia, soprattutto quando mi rivelarono che li avevano cucinati loro due, insieme, proprio per questa occasione.
Fu, infatti, il loro primo regalo per me, unito ad un vestito lungo che mi confezionò mia cugina. Quando lo aprii rimasi a bocca aperta: sembrava l’abito di una principessa, d’un rosa pallido, con uno stretto corpetto che si chiudeva con i lacci sulla schiena, dallo scollo a cuore e i ricami floreali. La gonna era di tulle, con una parte velata di diverse gradazioni di rosa arricciata su un lato, scivolando poi morbidamente fino ai piedi. Ero senza parole.
«Tomoyo-chan, è stupefacente!»
«Sono lieta di vedere che ti piace!» gioì, senza nascondere la felicità che provava.
«C’è solo un problema: quando dovrei indossarlo?»
«Stasera!» rispose prontamente, al che la guardai perplessa.
«Perché? Che si fa stasera?»
«Una cenetta tra noi vampiri» rispose per lei Eriol-kun, ammiccando, indicando fuori la finestra. «Dovremmo approfittare del buio.»
Mi alzai con uno scatto, correndo a spostare le tende dalla finestra, restando abbagliata. Mi coprii per un attimo gli occhi, strizzandoli, tentando di riabituarmi a quella luce cui oramai mi ero disabituata. Guardai successivamente il cielo quasi sgombro di nuvole, incredula. C’era il sole!
«Questo deve essere un altro regalo» sussurrò allegramente Eriol-kun.
Mi voltai a guardarli entrambi, trovandoli nell’angolo più buio della stanza. Ops.
Mi affrettai a richiudere le tende, saltellando fino da loro piena di contentezza. Nulla avrebbe potuto rovinare quella giornata, già s’era rivelata stupenda sin dal primo mattino.
Feci colazione a letto chiacchierando con loro e non appena ingoiai l’ultimo boccone, facendo loro i complimenti – erano deliziosi! – accesi il cellulare, ritrovandomi gli auguri sia da parte di papà che di Touya e Yukito-san. Li ringraziai, promettendo che li avrei chiamati ad un orario più consono visto che quasi sicuramente da loro era ancora notte, e non appena mia cugina e il suo ragazzo lasciarono la stanza mi lavai e preparai velocemente, intrepida. Non vedevo l’ora di uscire.
Per la prima volta da quando ero lì indossai dei leggings lunghi fin sotto il ginocchio e una maglietta in cotone larga a maniche lunghe, che mi andava a mo’ di vestitino. Era una di quelle cose che avevo portato con me dalla mia precedentemente vita, ma che ancora non avevo avuto modo di usare. Era anche molto carina, essendo color pesca con un pattern floreale multicolore, avendo il girovita a campana e lo scollo a V – ragion per cui la indossavo sempre insieme ad un top, in questo caso di flanella per non prendere freddo.
Ritornata in camera mi affrettai a raggiungere il cellulare, sentendolo squillare, e vidi che mi stava chiamando Rika-chan. Risposi trafelata mentre con l’altra mano mi spazzolavo i capelli e la sentii esclamare, insieme ad altre voci in sottofondo: «Tanti auguri Sakura-chan!»
«Grazie!»
Tramite lo specchio mi vidi sorridere da una parte all’altra del viso, con gli occhi luminosi.
«Sbrigati a scendere, abbiamo una sorpresa per te!» sentii Chiharu-chan canticchiare.
«Ma siete qui?!» domandai sorpresa, muovendomi a rassettarmi.
Alla loro conferma le informai che scendevo subito e afferrai al volo la borsa da portarmi dietro, saltellando sulle scale per arrivare più velocemente.
Una volta all’ingresso trovai Rika-chan, Chiharu-chan e Naoko-chan attrezzate di cestini da picnic e borse termiche. Li posarono a terra, saltandomi immediatamente addosso, rinnovandomi i loro auguri. Le abbracciai tutte ringraziandole di nuovo e quando ci staccammo Naoko-chan disse, cominciando a spingermi verso la porta: «Dato che sei stata baciata dagli dei oggi approfitteremo del buon tempo per ammirare i fiori.»
La guardai poco convinta dopo aver salutato mia cugina ed Eriol-kun – i quali ci augurarono di divertirci – e una volta fuori le feci notare: «Ma i ciliegi non sono ancora fioriti.» Come avremmo potuto fare l’Hanami?
«Chi ha parlato di ciliegi?» rise, il che mi confuse persino di più. Che cosa avevano escogitato?
Tutte e tre si rivolsero un sorriso complice, ma non rivelarono nulla.
Mentre uscivamo dal giardino Chiharu-chan mi porse gli auguri anche da parte di Yamazaki-kun, spiegando: «Avremmo voluto far venire anche lui e Li-kun, ma dato che quest’ultimo ha rifiutato dicendo di avere altri “impegni”» a tale parola fece le virgolette, alzando gli occhi al cielo, il che mi fece ridere sotto i baffi. Se avesse saputo che, molto semplicemente, il cielo non glielo permetteva...
«Yamazaki-kun non se l’è sentita di stare da solo in mezzo a tante ragazze» completai per lei, la quale si strinse nelle spalle.
«In realtà, la cosa di per sé non avrebbe rappresentato un problema, essendo abbastanza abituato a stare con noi. Piuttosto, ha voluto concederci del tempo tra sole donne, quasi fosse una sorta di regalo extra da parte sua.»
«È un pensiero dolcissimo.»
Sorrisi rasserenata, prestando attenzione solo allora a dove ci stavamo dirigendo, accorgendomi che ci eravamo arrestate alla fermata dei pullman.
«Dove andiamo?» mi incuriosii.
Tutte e tre ridacchiarono di nuovo, portandosi un dito davanti alle labbra.
«È un segreto» canticchiarono all’unisono.
E va bene, avrei portato pazienza.
Salimmo quindi sul primo autobus, occupando gli ultimi posti per stare tutte insieme ed ignorai i nomi dei paesini che attraversavamo, finché i raggi del mezzodì non mi si posarono sul viso, quasi mi stessero chiamando; e allora mi voltai verso il finestrino, restando a bocca aperta.
La neve si era un po’ sciolta sui campi di Furano, creando così l’impressione di tanti fiorellini bianchi sbocciati sui piccoli germogli verdi quasi invisibili. Scendemmo lì, facendoci accarezzare da questo pallido sole, scegliendo un buon punto in cui posizionarci. Risalimmo la collina e proprio sulla cima di essa stendemmo la tovaglia, accomodandoci rivolte a valle. Era tutta una distesa concava di bianco, eppure grazie al bel tempo e all’assenza di nuvole il ghiaccio luccicava, quasi come se fosse fatto di miriadi di diamantini, gioielli dimenticati da gazze ladre sulle chiome degli alberi. Era tutto magico.
Aprimmo poi i cestini, rivelando un’enorme quantità di bentou, soprattutto contenenti dolci tradizionali.
«Li avete preparati tutti voi?» chiesi incredula.
«Solo per te!» confermarono ad una voce, porgendomi anche un pacchetto confezionato.
Lo scartai elettrizzata, scoprendo una tipica busta da spedizione. La aprii e all’interno vi trovai una fotografia che ci eravamo scattate tutte a scuola durante il festival scolastico, insieme anche a Yamazaki-kun. Non la ricordavo nemmeno più!
«Dovrai inserirla nella cornice che ti abbiamo regalato a Natale, le misure sono precise» mi istruì Chiharu-chan.
Le guardai una per una con le lacrime agli occhi, portandomi la fotografia sul cuore, troppo contenta.
«Vi ringrazio tantissimo.»
«Non abbiamo fatto nulla di speciale» ribatté umilmente Rika-chan.
Scossi energicamente la testa, indicando anche ciò che ci circondava. Consideravo tutto quello come parte del regalo.
Scattai una foto a ogni singola cosa, cibo compreso, prima di cominciare a favorirne con loro. Con mio enorme stupore, Naoko-chan aveva portato anche lo yakisoba, conoscendo un trucco per far sì che restasse buono anche da freddo, mentre Chiharu-chan s’era fatta consigliare da Yamazaki-kun una variante dei takoyaki, con calamari al posto del polipo. Naturalmente, era tutto delizioso. I wagashi in particolare, ma quello dipendeva anche dal fatto che io fossi una golosona.
Chiacchierammo serenamente fino alla fine del pranzo, in seguito al quale facemmo un gioco con delle carte che aveva portato Naoko-chan. Non conoscendolo, ci volle una buona mezz’ora prima che ne comprendessi le regole; ma anche una volta capite, finivo col perdere sempre. Ero proprio una schiappa!
Rinunciai essendo arrivata per l’ennesima volta ultima, abbassando le carte rassegnata, facendole ridere tutte.
«C’è un detto che mi ha riferito Yamazaki e spero sia una delle poche cose veritiere che pronuncia» sorrise Chiharu-chan, prima di farmi l’occhiolino. «A quanto pare in Occidente in questi casi si usa dire “sfortunata in gioco, fortunata in amore”.»
Tutte e tre risero ancora più fragorosamente al mio farmi paonazza. Mi nascosi il viso coi capelli, implorandole di smetterla di prendermi in giro, ma loro ormai erano entrate in argomento e, così, mi chiesero com’era andata a San Valentino e se avessi reso chiari i miei sentimenti. Rimasi molto sul vago, incentrandomi sul fatto che Syaoran-kun aveva apprezzato la cioccolata e mi aveva fatto promettere di preparargliela di nuovo, il che le fece letteralmente impazzire in quanto esultarono vistosamente, pigolando come tre pulcini felici. Secondo loro era un buon segno e io misi un attimo da parte le questioni di sangue e natura, guardando le cose dal loro punto di vista. Per cui mi lasciai travolgere dalla loro speranza e ottimismo, credendoci a mia volta.










 
Angolino autrice:
Buonasera! Spero che stiate tutti bene e vi stiate tutti prendendo cura di voi stessi, in questo periodo difficile. Cercherò di aggiornare più spesso, nella speranza che la lettura possa risollevare gli spiriti (cerco di fare quel che posso, nella mia piccolezza).
Ecco giunta la primavera (quasi) e, con essa, il compleanno di Sakura! Yeee! 
Evito di farvi una testa di chiacchiere, quindi passo subito alle spiegazioni che credo essere nuove:
- i susini sono i fiori corrispondenti al cognome Li (
), il ciliegio ha lo stesso nome di Sakura (桜), il pesco di Touya (dal kanji di Tou, "momo" 桃), i glicini di Fujitaka ("fuji" 藤) e i garofani di Nadeshiko (撫子).
- il sogno qui citato fa riferimento a quello del capitolo 8.
-  dall'episodio 5 di Clear Card ho ripreso gli yakisoba, ossia i tradizionali spaghetti alla piastra, e i takoyaki, che normalmente sono polpette di polipo; i wagashi sono i tradizionali dolci giapponesi, solitamente serviti col tè verde.
A presto con la seconda parte del compleanno!

 
  
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