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Autore: _Eclipse    11/03/2020    1 recensioni
Dal capitolo 8:
-Ci sono venti di tempesta che si avvicinano, ormai salpo molto più di frequente, le esercitazioni sono più durature e in maggior numero. Questo addestramento vuol dire solo una cosa, il conflitto si estenderà, dove non lo so, ma ci sarà qualcuno di potente- Hiroto sospirò.
-Se vi è tempesta, all’orizzonte, non importa quanto forte soffierà il vento, quanta pioggia cadrà a terra, quanta sofferenza e distruzione causerà. Alla fine tornerà a splendere il sole e sarà allora il momento di ricostruire ciò che è caduto e preservare ciò che è rimasto. Imparare dai nostri errori e prevenire un nuovo disastro- rispose Shirou.
****
-Possiamo agire come una piovra e allungare i nostri tentacoli sul continente e sulle isole del Pacifico. Per i primi sei o dodici mesi di guerra potremo conseguire una vittoria dopo l'altra, ma se il conflitto dovesse prolungarsi, non ho fiducia nel successo- parole dure, pronunciate davanti al governo, ai generali, ammiragli e all'imperatore in persona, come se fosse un ultimo tentativo per rigettare un conflitto.
-Allora sarà vostro compito assicurarvi la vittoria assoluta il prima possibile- replicò il primo ministro.
Genere: Guerra, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hayden Frost/Atsuya Fubuki, Jordan/Ryuuji, Shawn/Shirou, Xavier/Hiroto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3: Kempeitai

 

Si era perso un'altra volta. La periferia di Tokyo pareva tutta uguale. Tutte quelle case tradizionali in legno, con il tetto di tegole scure e le porte scorrevoli non aiutavano a orientarsi.

Yukimura non trovava più la strada di casa. 

Era uscito per compiere una commissione per Shirou, restituire ad un okiya di un amica un kimono di grande valore che una giovane maiko(1) inesperta che lo aveva strappato impigliandosi in qualcosa di non meglio definito.

Il ragazzo non era certamente un sarto, ma di kimono ne aveva visti a decine e sapeva come rammendarli al meglio nascondendo sapientemente le cuciture.

Sarebbe stato sicuramente un peccato gettar via un abito come quello per uno strappo sotto la manica.

Yukimura non sapeva nemmeno come fosse fatto,  aveva semplicemente consegnato il tutto all'anziana proprietaria dell'okiya e per poi andarsene, ma perse la strada distraendosi guardando un corteo organizzato da un santuario vicino.

Numerose ballerine e suonatori di flauto e tamburi sfilavano per i vicoli. Seguendo la musica Yukimura finì in un quartiere diverso da suo.

Girovagando chiedeva indicazioni ai passanti che maldisposti a perdere tempo con un ragazzino se ne andavano via ignorando il giovane.

Girovagando, lentamente capì dove era andato a finire. 

Le strade iniziarono ad essergli familiari, dopo quasi due ore di giri a vuoto e continuò a camminare fino a che non ritrovò la strada principale e si ritrovò

vicino ad un ristorante di ramen piuttosto noto nella sua zona. Non molto distante conosceva una scorciatoia che lo conduceva verso l'okiya Kira, da lì in pochi minuti sarebbe tornato a casa.

Passò affianco all'ennesimo edificio tradizionale e imbuco una vietta laterale.

In quel passaggio nascosto sentiva qualcuno urlare e una seconda voce che imprecava. Una voce forte, severa e aggressiva.

Due uomini con un'uniforme militare color kaki. Alti e imponenti, al fianco portavano un arma. Uno di loro aveva immobilizzato una terza persona, un uomo di mezza età dai capelli brizzolati, l'altro invece lo pestava con calci e pugni.

-Allora hai imparato la lezione!?- gridò uno di quei soldati.

-Secondo me bisogna ripeterglielo un'altra volta- sghignazzò l'altro.

Il primo tirò un altro pugno alla vittima così forte che sputò del sangue per terra.

-Vi prego… pietà…- mormorò con un filo di voce.

-Pietà? Non ho sentito bene?-

-Ho famiglia…-

-Ehi guarda là quel ragazzo!- intervenne il secondo rivolgendosi al collega. L'altro si voltò e vide Yukimura che impietrito osservava la scena.

Il giovane, vedendo che il soldato stava venendo verso di lui ad ampie falcate, si mise istintivamente a correre inseguito dall'altro. Non fece che pochi metri che venne bloccato dalla mano dell'uomo.

-Guarda chi abbiamo qui- disse con una voce che mal celava una certa perfidia.

Tornò indietro e si mise proprio davanti alla vittima.

-Lo vedi?-

Yukimura mosse paurosamente il capo in segno di affermazione.

-Bene, ora tu ti dimenticherai di ciò che hai visto-

Per la seconda volta il blu annuì tremante.

-Sei proprio un ragazzo intelligente, come ti chiami?-

-Yukimura…- balbettò.

-Come?-

-Yukimura Hyouga- replicò cercando di non farsi prendere dal panico.

-Questo qui lasciamolo andare, spero che ora tu abbia imparato-

La vittima venne lasciata e scappò a gambe levate con il volto pieno di lividi e sangue.

-Allora Yukimura facciamo quattro chiacchere-

Il giovane respirava affannosamente, aveva paura, paura di finire come quell'uomo.

-Sai chi siamo noi?- esordì l'altro soldato.

Il ragazzo alzò il volto, vide che sul braccio bianco avevano una fascia bianca con una scritta rossa e annuì riconoscendo il simbolo.

-Allora chi siamo?- chiese spazientito il soldato.

-Kempeitai(2)…- mormorò

-E sai che cosa facciamo noi kempeitai?-

A quella domanda Yukimura non sapeva rispondere, Shirou gli aveva sempre raccomandato di star lontano da loro se possibile.

-No-

-Molto semplice, noi manteniamo l'ordine- mentre pronunciava quelle parole, si portò la mano sull'impugnatura della pistola che teneva al fianco come per dire con quale mezzi mantenevano l'ordine.

-Quell'uomo che hai visto, si è macchiato di gravi crimini- continuò.

-Molto gravi, un nemico dell'imperatore!- aggiunse l'altro. 

Yukimura era circondato, un kempeitai a destra e uno a sinistra.

-Affermava che la guerra in Cina fosse uno spreco di vite e risorse-

-Ovviamente siamo intervenuti, non comprendeva la necessità di allargare il nostro impero!-

-Tu che sei un ragazzo intelligente lo capisci vero?-

Yukimura annuì nuovamente, non aveva il coraggio di rispondere a parole.

-Dobbiamo lavorare tutti per la grandezza della nostra nazione. Chi non obbedisce se la vedrà con noi o con i nostri pugni!- entrambi scoppiarono a ridere.

-Ricordati di lodare l'imperatore e la nazione. Non essere stupido come quell'uomo. Ora vai!- il ragazzo venne spinto dallo stesso uomo che lo aveva acciuffato, poi i due kempeitai si voltarono e fianco a fianco marciarono verso la loro prossima vittima sconosciuta, rea di essere "antipatriottica".

Rapidamente Yukimura si apprestò a raggiungere l'okiya Kira e poi svoltare subito verso la propria casa.

Lui stesso non credeva allo sforzo appena compiuto.

Una volta giunto nella propria abitazione, aprì rapidamente la porta scorrevole, si levò le scarpe e si lasciò cadere sul tatami ansimando per la fatica, aveva corso parecchio pur di allontanarsi dai due soldati.

Sentendo il trambusto provocato, Shirou arrivò con passo svelto e trovò il ragazzo disteso.

-Che succede? Perché sei sdraiato sul tatami?- domandò incuriosito, ma rassicurati dal fatto che Yukimura stesse bene, mentre si inginocchiava al suo livello.

Il giovane alzò la schiena e incrociò le gambe.

-Kempeitai, Shirou-san!- rispose mentre respirava ancora con affanno.

-Hai fatto qualcosa che non dovevi?-

-No, non ho fatto niente di male…-

Shirou sospirò per poi alzarsi.

-Ne parliamo davanti ad una tazza di tè, così potrai ritrovare anche un po' di serenità- gli sorrise.

Pochi minuti dopo si trovarono uno di fronte l'altro seduti sul tatami, nella stanza centrale della casa. 

Il ragazzo dai capelli d'argento versò il tè in due tazze cilindriche di ceramica scura, inclinando una teiera di ghisa nera dall'aria tutt'altro che leggera, poi con grazia poso la teiera e passò una tazza al ragazzo di fronte a lui e prese la propria.

Yukimura la afferrò e quasi si scottò la lingua per aver cercato di bere quel tè fumante troppo di fretta, tuttavia quella fitta di dolore lo riportò alla ragione e alla tranquillità.

Shirou sorrise alla scena, poi con voce pacata gli chiese:

-Allora cosa è successo?-

-Ho consegnato il kimono… poi mi sono perso seguendo il corteo di un matsuri(3). Quando ho ritrovato la via di casa, ho preso una scorciatoia per tagliare la strada e li ho incontrati- il ragazzo abbassò la testa.

-Ti hanno fatto qualche domanda? O detto qualcosa?-

-Stavano picchiando un uomo… io ero lì vicino, si sono accorti di me! Ho provato a scappare ma uno mi ha preso e mi ha detto che mi devo dimenticare di ciò che ho visto!- il giovane stava iniziando a farsi prendere dall'ansia ricordando i fatti di poco prima.

-Yukimura, con calma, bevi un sorso di tè e fai un bel respiro-

Il blu seguì i consigli del più grande e poi continuò il discorso con più calma rivelando tutto ciò che si erano detti.

-Negli ultimi tempi i kempeitai sono sempre più aggressivi, non bisogna provocarli in alcun modo- proferì Shirou alzandosi.

-E come si può fare?-

-Questa è una bella domanda, non bisogna risultare antipatriottici ai loro occhi. Sempre sostenere l'imperatore, l'impero, la bandiera… tanti piccoli gesti che racchiudono tuttavia un grande significato e mai parlare male delle guerre di espansione-

-Perché? Stiamo perdendo?-

Il taikomochi sospirò, era un animo pacifico che non amava parlare di guerra e conflitti, ma che allo stesso tempo aveva come clienti numerosi soldati e ufficiali.

-Al contrario, stando a quanto mi dicono i miei clienti, o meglio da quanto origlio da loro, stiamo collezionando successi a non finire, ma a Nanchino pare che abbiamo dato il peggio di noi-

-In che senso?-

-Fai molte domande oggi-

-Non volevo recare offesa Shirou-san -

-Nessuna offesa, ormai sei grande, ma devi promettermi che tutto quello che ti dirò deve rimanere segreto- mentre pronunciava quelle parole Shirou avanzò verso il più giovane, i loro volti quasi si sfiorarono da quanto erano vicini e l'albino guardava dritto negli occhi del blu. Yukimura non aveva mai visto il suo mentore e amico così serio.

-Lo giuro- rispose con tono deciso.

-Bene- Shirou si allontanò e con le braccia dietro la schiena si portò verso l'unica finestra della stanza per guardare a quel piccolo giardino che aveva, un minuscolo appezzamento di terra con due alberi di ciliegio quasi privi di foglie, l’inverno era vicino.

-Si dice che lì, i nostri soldati si stiano dando a razzie, omicidi e violenze sulle donne della città e questo sta avvenendo da giorni. Non sono voci note a tutti, il motivo è semplice, nessuno sosterrebbe un esercito criminale. Chi viene a sapere di queste voci e prova a diffonderle viene zittito dai kempeitai con ogni mezzo, dalla violenza fisica… all'eliminazione. La loro guardia è sempre alta e la repressione del dissenso e degli oppositori è sempre più violenta dopo i fatti dell'anno scorso(4). Non devi provocarli in alcun modo, tutto quello che ti ho detto non lo hai mai sentito, né da me, né da altri… intesi? Se sapessero che sei a conoscenza di cose del genere, non credo si farebbero scrupoli nemmeno con un ragazzino  come te- Shirou era diventato più severo, sia nel modo di parlare che nell’espressione. Non voleva che per colpa sua Yukimura potesse cacciarsi nei guai.

Il più giovane a quelle parole si alzò e inchinandosi diede la sua parola.

 

****

 

Nonostante l’inverno fosse alle porte, l’isola di Formosa(5) era tutt’altro che fredda. Il cielo era limpido, non una nuvola, e la giornata era piuttosto tiepida quasi primaverile, dopotutto come isola era molto più a sud del Giappone e poco più a nord delle Filippine quindi era normale un clima del genere.

Hiroto era seduto ad un tavolo fuori da un locale della costa a godersi un po’ di aria di mare, con una brezza che gli scompigliava i capelli. Era uno dei tanti posti nati grazie alla presenza della base navale di Mako, la più grande dell’isola. I piccoli proprietari e albergatori facevano affari d’oro offrendo i loro servizi agli innumerevoli marinai che scendevano a terra prima di riprendere il mare. Il posto in cui si stava riposando non era uno di quei locali di lusso per gli ufficiali, ma il sakè era decente e a buon prezzo e anche l’ambiente era più che dignitoso nonostante qualche difetto sull’arredamento non proprio di qualità. Il punto forte non era però il servizio o l’ambiente ma la vista su tutta la baia e la base navale.

Da dove era seduto, Hiroto, poteva scorgere la grande quantità di navi presenti nella baia un insieme eterogeneo di cacciatorpedinieri e qualche incrociatore leggero, ben più grossi dei primi, ma a dominare lo sfondo vi era la portaerei su cui serviva, la Kaga. Con i suoi quasi duecentocinquanta metri di lunghezza pareva un gigante in confronto agli altri battelli ancorati.

La osservava con ammirazione, ormai erano settimane che non faceva che voli di ricognizione lungo la costa cinese.

Si destò dai suoi sogni ad occhi aperti da una pacca sulla spalla da parte di Ryuuji che lo aveva raggiunto, era rimasto fino a poco prima a parlare con una sua conoscenza nel locale.

-Questa volta l’abbiamo fatta grossa…- esordì il verde sedendosi anche lui su una di quelle scomodissime sedie di legno davanti a quel tavolo sgangherato.

-In che senso?-

-Quello che è successo qualche giorno fa, l’attacco a quel battello sul fiume-

-Non riesco a seguirti…- Hiroto era confuso, sapeva che una squadra della sua portaerei aveva affondato dei navigli sul Fiume Azzurro ma non capiva il perché fosse così grave.

-A quanto sembra, una di quelle navi che i nostri amici hanno distrutto non era cinese… era americana-

Hiroto, già pallido di suo, sbiancò in volto e sgranò gli occhi.

-Americana? Cosa ci faceva in quelle acque!- esclamò ad alta voce.

-Zitto! Vuoi farti sentire da tutta l’isola!?- lo rimproverò Ryuuji.

-Me l’ha detto il mio amico, quello con cui mi sono fermato a parlare. Ha detto che il governo americano ha rivendicato il battello come suo, o almeno così è scritto sul giornale che leggeva-

Il rosso sospirò, ora ci mancava solo di coinvolgere una qualche potenza straniera contro di loro per un errore.

-E come è possibile che sia stata colpita?- 

-Non lo so, ma mi piacerebbe saperlo- rispose il verde.

-Cosa pensi che accadrà ora? Spero che sia stato un errore e che si risolva in modo pacifico e diplomatico-

-Una volta un generale europeo disse “La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi”- 

Hiroto sorrise portandosi una mano al volto.

-Così non sei di aiuto Ryuuji! Potevi trovare una citazione più appropriata!- alla fine si lasciò andare ad una risata amara.

-Vedrai andrà tutto per il meglio e poi non siamo noi i responsabili-

-Come potremmo esserlo? Eravamo a pulire il ponte di volo, ancora mi dolgono le braccia!-

Anche Ryuuji scoppiò a ridere.

-Ora abbiamo solo una cosa di cui preoccuparci… tornare alla nave prima che ci capiti di nuovo il turno di pulizia!- detto ciò il ragazzo si alzò seguito da Hiroto. Si sgranchì la schiena e si incamminarono entrambi verso la Kaga, pronti a tornare in servizio nei cieli.


****



 

1) Maiko: è una geisha apprendista, dopo cinque anni di apprendistato diventano geisha vere e proprie.

 

2) Kempeitai: era la polizia militare giapponese. Nota per la sua ferocia verso i dissidenti e chi era “antipatriottico”. Teoricamente doveva agire solo nell’esercito mantenendo l’ordine nelle zone conquistate o presso i reggimenti ma presto si sovrappose anche al servizio di polizia segreta civile (Tokkou)

 

3) Maturi: festival religiosi giapponesi caratterizzati da grandi sfilate e cerimonie in onore della divinità o dell’evento.

 

4) ...fatti dell’anno scorso: noto come “incidente del 26 febbraio 1936” un gruppo di giovani ufficiali di una fazione dell’esercito attuò un colpo di stato per eliminare gli oppositori ideologici e formare un governo militare. Riuscirono ad assassinare alcune importanti personalità politiche, ma l’insurrezione venne sedata dopo 3 giorni.

 

5) Formosa: antico nome di Taiwan, all’epoca parte dell’impero Giapponese dal 1895


Piccolo angolo d’autore…

A voi il capitolo terzo, anche qui continuo a presentare

piccoli scorci della società nipponica dell’epoca,

in particolare la polizia la repressione della kempeitai.

Non molto da dire se non che anche il Giappone per certi aspetti

non si distanziava molto dai suoi alleati Italia e Germania dell’epoca

pur non essendoci un regime dittatoriale.

Rispetto al secondo capitolo, è già passato qualche mese e inoltre 

Hiroto e Ryuuji sono ora di stanza nell’isola di Taiwan.

La loro portaerei, la Kaga è realmente esistita e sto cercando

di documentarmi sui suoi spostamenti in quegli anni in

modo da essere piuttosto fedele alla realtà (dal rientro a Sasebo 

a fine settembre 1937 al ritorno al fronte cinese nell’ottobre 

stanziandosi nella base di Mako).

Nella speranza che la piccola lezioncina del capitolo scorso vi

sia piaciuta, oggi vi parlo (per chi fosse interessato)

di un’altra battaglia citata, quella di Nanchino e del perché

nel capitolo è così discussa…

Detto questo, ci vediamo alla prossima,

un saluto

 

_Eclipse

 

Nanchino: con la vittoria a Shangai dopo 4 mesi di combattimenti, l’esercito giapponese trovò la strada spianata per Nanchino, la capitale della Repubblica di Cina. La battaglia iniziò il primo dicembre 1937 e durò dodici giorni. L’evento è passato alla storia non per la battaglia in sé ma per le conseguenze. Per settimane l’esercito giapponese razziò la città e massacrò la popolazione. Non ci sono dati certi riguardo le atrocità (fonti giapponesi tendono a sminuirne l’entità, mentre le fonti cinesi probabilmente sovrastimano le vittime), stando agli osservatori occidentali, i civili uccisi furono tra i 300 e i 500 mila. Il generale Matsui fu condannato come criminale di guerra per aver permesso all’esercito tali efferatezze. Poco prima della caduta della città, diverse navi evacuarono i civili attraversando il Fiume Azzurro. Una di esse fu la USS Panay, una cannoniera americana che venne affondata da aerei (probabilmente provenienti dalla Kaga). L’incidente causò una crisi diplomatica e anche in questo caso non si è certi sul perché fu attaccata (i piloti giapponesi sostengono che non vi fosse alcuna bandiera statunitense sulla nave, al contrario gli americani sostengono che vi erano più di una bandiera in vista). Il Giappone riconobbe comunque la propria responsabilità e risarcì il governo statunitense incrinandone però le relazioni diplomatiche.

 
   
 
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