Anime & Manga > Digimon > Digimon Adventure
Ricorda la storia  |       
Autore: Padme Undomiel    16/03/2020    2 recensioni
[Soulmate!AU]
Miyako ha sempre avuto due grandi convinzioni, fin da quando ricorda. La prima: non c’è dono più grande, al mondo, di avere un’anima gemella che ti aspetta da qualche parte, e un modo per riconoscerla. La seconda: se sai come cercarla, dovresti iniziare a farlo senza indugiare.
Chissà perché, allora, la vita si diverte a cercare di disintegrare le sue convinzioni come se non fossero altro che castelli di sabbia.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Miyako Inoue/Yolei
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Against the rules




1.

 




 
 “Non dici niente?” Hikari sposta il peso da una gamba all’altra, ferma in mezzo al corridoio della scuola, un sorriso esitante sulle labbra sottili e una mano che giocherella con la ciocca più lunga dei capelli castani che le incorniciano il viso. E’ una serenità fragile, quel tipo di serenità che può essere disintegrata anche solo con un’esclamazione un po’ brusca, o un sorriso appena un po’ meno ampio. Non fa che guardarla fisso, anche con le guance rosse per la timidezza. “Mi stai spaventando.”
Miyako si decide a richiudere la bocca.
“No, beh ... wow.” Ride, e si rassetta la gonna della divisa scolastica con gesti rapidi. Non che le serva davvero, sta solo cercando di non annaspare troppo. “Sono solo – da quanto hai detto che va avanti?”
“E’ solo una settimana.”
“Una settimana. Wow.” Miyako si accorge dal modo in cui le sopracciglia di Hikari si aggrottano di star facendo il pappagallo, così si schiarisce la voce, e riprova. “Ma è fantastico! Davvero! Cioè, è il tuo primo – cavoli, era ora che qualcuno ti notasse, sei così carina e gen-”
“Sei arrabbiata con me.” Conclude Hikari a bassa voce, e il commento sarebbe più sopportabile, se non fosse stato detto con quel tono tanto dolce.
“Oh, che assurdità - Hikari-chan, io non so neanche come si faccia, ad arrabbiarsi con te!” Replica esasperata, e si passa una mano sul viso. “E’ solo che ... credevo sarebbe stato Takeru.”
“Takeru cosa?” Domanda la ragazza più giovane, con lo stesso tono pacato di poco prima.
Questa conversazione finirà per essere più stressante del previsto, pensa Miyako.
“Credevo sarebbe stato Takeru a farti arrossire così”, conclude diretta. “Credevo ti saresti messa con lui. Ecco tutto.”
Hikari tace, tanto che Miyako riesce a sentire le ragazze di terza che passano accanto a loro discutere animatamente di chissà quale festa di compleanno che si terrà domani pomeriggio dopo lezione.
“Io e Takeru-kun siamo solo amici, Miyako-san”, risponde poi Hikari, e Miyako torna di scatto a guardarla. Non c’è niente se non una serenità disarmante, sul suo visino da bambola. E’ come se non le dispiacesse affatto. “Te l’ho detto mille volte.”
“Ma-“ Prova a insistere Miyako, un po’ petulante, e Hikari ride.
Ma niente. Potremmo parlare di cose un po’ più concrete adesso?”
La guarda di nuovo con aspettativa trepidante, e Miyako sospira.
Avrebbe quasi voglia di rincorrere le due ragazze di terza e proporre loro il gioco di lotta per playstation che è uscito appena ieri: sarebbe un perfetto regalo di compleanno, dopotutto. E un’ottima occasione per lei per svignarsela da questa conversazione scomoda, anche.
“Non so tanto bene che dirti, Hikari-chan”, si arrende infine. “Cioè, mi sta bene se tu sei felice con – con lui, però non capisco ... ti ricordi quello che è successo tempo fa, no? Come puoi averlo perdonato così facilmente, quando-“
“Ichijouji-kun è diverso da allora”. Hikari ha smesso di sorridere, ora: sembra pensierosa, immersa nel suo mondo. Qualcosa nello stomaco di Miyako si aggroviglia. “Ti capisco se non sei convinta, ma lui è gentile. E persino Daisuke-kun lo ha perdonato – è stato il primo a dargli una possibilità, in realtà.”
“E’ la tua anima gemella?” Domanda Miyako a bruciapelo, prima che possa impedirselo.
Hikari si irrigidisce appena.
“No”, è tutto ciò che dice.
“E la cosa non ti preoccupa nemmeno un po’?”
Hikari fa spallucce.
“Ti ho detto di Taichi e Sora-san, vero?” Replica con un sorriso. “Neanche loro sono anime gemelle, ma non è un problema. Si vogliono bene.”
E tu vuoi bene a Ichijouji Ken? Vorrebbe chiedere Miyako, ma non riesce a pronunciare quelle parole.
Hikari è dotata di un inquietante sesto senso, così si avvicina a lei e le stringe appena le mani. “Io non so quanto durerà”, le dice. “Non so se sarai mai felice per me. Volevo solo dirtelo, perché mi sembrava giusto.”
Ma non è vero, si rende facilmente conto Miyako: sotto sotto Hikari vorrebbe che la sua amica approvasse la sua scelta, la sua frequentazione. Lo vorrebbe davvero tanto.
Sospira di nuovo, ed è una sconfitta.
“Se Ichijouji ti fa piangere lo uccido”, dichiara solennemente, e Hikari ride, le note del sollievo che le colorano la voce.
La osserva allontanarsi quando la campanella di fine intervallo suona, leggera e aggraziata come se danzasse mentre scansa i ragazzi che si affrettano nella direzione opposta senza mai urtarli per sbaglio.
Miyako ha sempre avuto due grandi convinzioni, fin da quando ricorda. La prima: non c’è dono più grande, al mondo, di avere un’anima gemella che ti aspetta da qualche parte, e un modo per riconoscerla. La seconda: se sai come cercarla, dovresti iniziare a farlo senza indugiare.
Chissà perché, allora, la vita si diverte a cercare di disintegrare le sue convinzioni come se non fossero altro che castelli di sabbia.
 
***
 
“Miyako-san”, la voce di Iori è un po’ dubbiosa, mentre le lancia un’occhiata al di sopra della sua sciarpona bianca. “Non ho ben capito perché non stiamo tornando a casa. E’ tardi.”
“Chi se ne importa, sarà questione di un momento. Se si farà vedere, ovviamente.” Replica Miyako in una specie di ringhio, il fiato che si condensa in piccole nuvolette. Diavolo, fa freddo.
Chi deve farsi vedere?” Domanda un po’ sconsolato il suo amico.
Miyako non risponde, gli occhi fissi sul cancello della scuola, l’espressione battagliera in viso mentre scruta viso per viso ogni studente che esce da lì. Se si distrae un attimo può anche darsi che lui esca fuori e si avvii verso casa senza che lei riesca a intercettarlo.
“Spero che avrà una spiegazione convincente”, borbotta tra i denti.
“Sembri una bulletta che vuole pestare qualche studente in un angolo buio.”
“Oh, smettila di stressarmi, Iori-kun.” Gli lancia appena un’occhiataccia, battendo i piedi sull’asfalto per cercare di riscaldarsi. E poi sogghigna. “Chi lo ha detto che lo porterei in un angolo buio, poi? Posso anche pestarlo qui.”
E’ quasi sicura di aver sentito Iori deglutire nervosamente.
“Discorso interessante. Chi è che ti ha fatto arrabbiare stavolta?”
Miyako si volta di scatto al suono della voce appena comparsa alle sue spalle.
“Ciao!” Saluta radioso Takaishi Takeru, una mano inguantata sollevata a mezz’aria e un sorriso a trentadue denti sul viso arrossato. “Che ci fate ancora davanti alla scuola? Pensavo di aver fatto tardi io.”
No, non ha la minima idea di essere nei guai fino al collo, a quanto pare.
Tu!” Miyako gli punta un dito in petto, minacciosissima. “Cosa sei, scemo, per caso?”
“... Perché ho fatto tardi?” Tenta perplesso Takeru, indietreggiando appena.
“Dimmi che non è Takeru-san che vuoi pestare, Miyako-san”, geme Iori alle sue spalle. Miyako non ha tempo di rispondere a domande scontate.
“Di’ un po’, lo sapevi che Hikari-chan si è messa con qualcuno?” Esplode invece, avanzando di un passo verso la vittima della sua ira.
Takeru ha sempre dato più soddisfazione di Hikari, quando si tratta di manifestare qualche emozione: se non altro ha la decenza di sgranare gli occhi e lasciar cadere le braccia. Qualcosa di vendicativo esulta in Miyako.
“Ah, non te l’ha detto?” Incalza, con un sorrisetto tagliente. “Ma che strano. Eppure è da una settimana che va avanti!”
“No. Non mi ha detto niente.” E poi – non è possibile. Sta mentendo, per forza, non è possibile! -, il disgraziato sorride, e sembra appena un po’ spiazzato. “E brava Hikari-chan. Era pure ora!”
Miyako è così sconcertata che rimane a bocca aperta a fissarlo, senza fiato.
“E chi sarebbe il fortunato?” Domanda Takeru, ficcandosi con disinvoltura le mani nel giubbotto.
“Dimmi che stai scherzando”, esala Miyako, con quanta voce riesce a racimolare.
“Perché, scusa? Sono curioso.”
Miyako ci vede rosso.
“La tua stramaledetta anima gemella si mette con Ichijouji Ken e tu te ne stai lì a dire che sei curioso?! Ma che diavolo hai per la testa?” Sbraita, fuori di sé.
Takeru sbianca di colpo, e rapido le mette una mano sulla bocca, guanti gelati e tutto.
Miyako mugugna proteste irate contro la lana.
“Non strillare in quel modo, Miyako-san!” Sussurra Takeru con tono da cospiratore e grandi, grandi occhi azzurri da innocentino. Miyako vorrebbe prenderlo a sberle, e crede di non averlo mai desiderato con tanta intensità. “E se Hikari-chan fosse nei paraggi?”
Miyako minaccia di sferrargli un calcio, così Takeru si affretta a lasciarla andare.
“Tu non glielo hai detto”, soffia, suo malgrado abbassando la voce. “Avevi detto che le avresti parlato!”
“Beh, sì, hai ragione.” Takeru si porta una mano dietro al collo, e sorride, un po’ esitante. “Ma sai, non sono cose che si dicono dall’oggi al domani ...”
“Se lei è la tua anima gemella, tu sei la sua!” Insiste Miyako. “Io non capisco, che senso ha che non stiate insieme? Può darsi – magari le tue prime parole sono state banali, e lei non ha capito che sei tu, e - ”
“Parlando di frequentazioni, sai che sto uscendo con Mina-chan?” La interrompe casualmente Takeru.
Il silenzio che cala nel gruppetto è pesante come un macigno.
“E da quando?” Gli domanda Miyako, con una calma spaventosa.
“Mmm ... diciamo da ieri.”
“Sei davvero un imbecille”, scandisce a quel punto, definitiva, l’espressione schifata. “Perché non te lo ripeti cento volte al giorno guardandoti allo specchio?”
Takeru ride. “Ma perché te la prendi tanto?”
Miyako gli volta le spalle platealmente, colpendolo con un lembo della sciarpa che ha legato al collo nel movimento. “Iori-kun, andiamocene a casa. Hai detto che ti serviva una mano col pc, no?”, annuncia, fissando lo sguardo sul ragazzo più giovane e sulla sua espressione interdetta.
“Aspetta – ma abitiamo nello stesso palazzo!” Takeru sta ancora ridendo, con quella sua gioviale voce insopportabile. “Possiamo fare la strada ins-”
“Andiamo, Iori-kun!” Lo sovrasta lei a voce più alta. “Prima che certi imbecilli ci rivolgano ancora la parola.”
Si era detta di non guardarlo, di ignorarlo, ma non può resistere: gli getta un’ultima occhiata indignata da sopra la sua spalla e poi si volta di nuovo, incamminandosi a passo di marcia per allontanarsi da quella stupidissima faccia sorridente.
Sente Iori scusarsi con Takeru, fargli un enorme inchino, e poi affrettarsi nella direzione opposta.
La guarda di sbieco appena la raggiunge. “Non c’era bisogno di essere così sgarbata.”
“Ce n’era eccome, invece.” Replica Miyako inviperita. “Ce n’era al 200%.”
Iori sospira, ma decide saggiamente di non commentare oltre.
Takeru ha almeno la decenza di scegliere una strada diversa per tornare a casa, e questo lo redime appena un pochino dalla sua imbecillità dilagante.
Appena un pochino non è abbastanza.
 
***
 
Iori la ritrova con la testa sulla scrivania, le braccia lungo i fianchi, il monitor del pc spento davanti a sé, lo sguardo fisso nel vuoto.
“Miyako-san, ti senti male?” Si preoccupa, e chiusa la porta dietro di sé si avvicina immediatamente. “Hai la febbre?”
“La mia vita fa schifo”, si lamenta Miyako senza alzarsi.
Vorrebbe non aver visto Iori alzare gli occhi al cielo, perché vorrebbe dire che il suo migliore amico è una persona davvero pessima che non capisce la gravità della situazione, ma purtroppo ha quattrocchi e sa come impiegarli.
“Non è vero che fa schifo.” Le dice. “Se sei preoccupata per il mio computer e non riesci a farlo funzionare, per me fa lo stesso: lo porterò in assistenza domani.”
“Il computer sta benissimo.” Miyako sbuffa rumorosamente, gesticolando verso l’oggetto in questione senza neanche guardarlo. “Quello almeno so aggiustarlo.”
Iori sta zitto per qualche istante, il tempo sufficiente perché lei possa nascondere il viso tra le braccia in modo più drammatico.
“Ti ho portato un po’ di torta”, dice alla fine.
E questo cambia completamente le cose.
Miyako si issa sulle braccia, dà un’occhiata significativa al piattino tra le mani del suo amico e soprattutto al dolce alla frutta che si trova al suo interno, e afferrata la forchetta prende un boccone di dolce e lo mangia così, direttamente dalle mani di Iori.
“Tua madre è un angelo!” Sospira alla fine, grata.
“Mangiala tutta.” Iori le porge il piattino, poi prende una sedia e ci si accomoda. “Come mai sei così giù? E’ da oggi pomeriggio che va avanti.”
Miyako torna a imbronciarsi, mordicchiando la forchetta sporca di panna.
“Iori-kun, rispondimi sinceramente.”
“Come sempre.”
“Dimenticavo, era una richiesta sciocca.”
Iori la sta di nuovo guardando, gli occhi verdi troppo seri e troppo saldi, come fa tutte le volte che lei ha qualche problema, come fa da una vita.
Qualche volta Miyako se lo chiede, come mai riesca a confidarsi con tanta facilità col suo amico d’infanzia: hanno caratteri praticamente opposti, spesso non si trovano d’accordo, molte volte Iori si trova persino a rimproverarla, come fosse lui il maggiore. In realtà con gli anni ha finito per pensare che sia quello sguardo stesso a costringerla a fidarsi di lui: Iori è sempre stato la sua roccia, qualunque cosa succeda, persino quando disapprova il suo comportamento. Iori non cambierà mai, e non la lascerà mai sola.
Non c’è nulla di più rassicurante al mondo.
“Tu credi che io sia strana?” Dice di getto.
Iori aggrotta le sopracciglia. “Strana?”
“Ma sì.” Miyako inghiottisce un altro boccone di torta con rabbia, punendolo per il semplice fatto di essersi trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. “Per questa storia delle anime gemelle. Pensi che io le dia troppa importanza? Perché mi pare che a nessuno importi un accidenti di niente, di trovare la propria.”
Per un istante Iori sembra credere che lei abbia finito, e apre la bocca per parlare.
“Ma allora a che servirà mai avere le prime parole che ci rivolgerà la nostra anima gemella impresse nella pelle, se poi passiamo il tempo a ignorarle?” Continua invece Miyako, al culmine della frustrazione, gesticolando a mezz’aria, il resto della torta dimenticato sulla scrivania – il che è tutto dire, davvero. “Prendi Takeru-kun. Chi è Mina-chan? Che ruolo potrà mai avere Mina-chan nella sua vita, se già conosce Hikari-chan?”
“Miyako-san ...”
“C’eri anche tu quando Takeru-kun ci ha presentato Hikari-chan, poco dopo il suo trasferimento qui. Ti ricordi come ha parlato di lei prima che lei si facesse vedere? C’è una cosa che dovreste sapere di lei: Hikari-chan è la mia anima gemella. Ha detto questo, no? Te lo ricordi?”
“... me lo ricordo, ma ...”
“Eppure, quando Hikari-chan è arrivata, non si comportavano come una coppia, in nessun modo!”
“Miyako-san, ascolta ...”
“Non che le cose siano cambiate adesso. Il che significa che Takeru-kun non ha la minima intenzione di stare con la sua anima gemella! Anche se l’ha riconosciuta! E tira in ballo Mina-chissà-chi-sei-chan!”
“Se solo mi lasciassi-”
“E io che pensavo che fosse solo il fratello di Hikari-chan, a essere totalmente fuori di testa. Invece pare che sia una moda, ignorare il fatto che qualcuno ci è stato destinato dalla nascita! Chi se ne importa di essere felici in modo giusto ...!”
“E’ vero che tu dai alle anime gemelle troppo peso!” Sbotta infine Iori, e Miyako si ferma di colpo, gli occhi sgranati.
“Beh”, riesce ad articolare lei dopo un attimo, col miglior sorrisetto ironico che riesce a esibire. Per la verità, le parole del ragazzo l’hanno ferita più di quel che poteva immaginare. “E’ facile per te dire una cosa simile, Iori-kun.”
Gli dà una pacca significativa sulla schiena, lì dove sa che si trovano le sue Parole. “Ti basta ronzarmi attorno per scoprire chi è la tua anima gemella.”
Hida Iori ha una scritta molto semplice in mezzo alle scapole, una scritta che da bambini hanno esaminato insieme un bel po’ di volte: Miyako-chan mi ha parlato un sacco di te. Miyako è sempre stata molto felice di essere lei a fare da Cupido per il suo amico d’infanzia, fin da quando erano entrambi due mocciosi.
“Non è facile per niente”, sospira Iori. “Tra l’altro non sappiamo se sei davvero tu, la Miyako-chan in questione.”
“Ma certo che sono io, gli ideogrammi per scrivere il mio nome sono quelli.” Risponde senza scomporsi lei. “E tu non hai comunque il permesso di trovare un’altra Miyako che ti faccia conoscere - ”
“Quello che intendevo dire”, la interrompe nuovamente il ragazzo, passandosi frustrato una mano tra i cortissimi capelli castani, “è che tu soffri troppo per questa storia.”
Miyako incrocia le braccia al petto. Vorrebbe essere intimidatoria, invece ha l’impressione di apparire solo troppo vulnerabile.
“Non è vero.” Replica testardamente.
“Certo che lo è, e lo sai anche tu.”
Miyako si volta dall’altra parte per non incrociare il suo sguardo.
“Ti ricordi cosa è successo alle medie? A un certo punto hai pensato bene di dire a mezzo mondo quali fossero le tue Parole, e così metà della scuola ha finito per considerarti una facile e ha cercato di approfittarsi di te fingendosi la tua anima gemella.”
“Io non l’ho detto a mezzo mondo!” Si difende Miyako con forza, il rossore dell’umiliazione che le incendia il viso e le corrode lo stomaco. “L’ho detto a quella che consideravo la mia migliore amica. Cosa ne sapevo che poi lo avrebbe spifferato a quegli idioti dei suoi amici?”
“Però non te lo ha detto lei, di smettere di indossare il polsino e di sventolare le tue Parole davanti agli occhi di tutti.”
“Ero piccola, ok?” Miyako è stanca di parlare di questa faccenda, stanca di tornare a pensarci di tanto in tanto. E comunque Iori l’ha rimproverata a sufficienza all’epoca, no? “Piccola e impaziente, e ho sbagliato. Possiamo lasciar stare? Cosa c’entra, comunque?”
“C’entra”, le spiega Iori paziente. “Perché ci sei stata malissimo, e non mi va di vederti ancora così.”
Iori è preoccupato per lei, si accorge Miyako con sorpresa, e il moto di tenerezza che prova per il ragazzo è sufficiente a farla fermare. Non può mentirgli e dire che non ci pensa neanche più, a quegli episodi spiacevoli avvenuti tanto tempo fa: non è particolarmente brava a dire bugie, figurarsi quando il suo interlocutore decide di guardarla in quel modo.
“A maggior ragione se ci sono stata male”, sospira infine. “Perché so che significa, desiderare così tanto averne una da comportarmi come se avessi le mosche nel cervello. Ma Takeru-kun ne ha una, lo sa, i due si adorano. Cosa può esserci di sbagliato? Perché non vogliono essere felici?”
“Magari non sono innamorati”, replica Iori.
Miyako lo guarda con tanto d’occhi. “Non puoi non innamorarti della tua anima gemella!”
“Non puoi saperlo.” Iori fa spallucce. “Magari, in fin dei conti, gli esseri umani possono vivere felicemente senza le loro anime gemelle. Magari non vale la pena di cercarle tanto.”
Miyako si indigna.
“A questo non crederò mai.”
“Ma ammetterai che è una cosa possibile.”
Lei alza gli occhi al cielo, riprendendo a mangiare la torta. “Sei sempre il solito cinico, Iori-kun.”
“Se Hikari-san avesse scelto un altro ragazzo, saresti così sconvolta?”
Miyako sussulta, la forchetta che tintinna più del previsto contro il piatto.
“Ma certo”, risponde, con tutta la nonchalance di cui è capace. “Ichijouji non è proprio nessuno per farmi reagire tanto male. Non diamogli troppa importanza!”
“... Ok.”
Miyako detesta quando Iori assume quel tono, detesta quando non sembra crederle. Perché, ogni volta che succede, ha assolutamente ragione.
 “Non diamogli importanza”, ripete con forza, e non sa chi sta cercando di convincere, mentre addenta l’ultimo pezzo di torta.
 
***
 
Le Parole di Inoue Miyako sono comparse sul suo polso destro esattamente il giorno del suo terzo compleanno.
Tre anni è perfettamente normale, come periodo di Manifestazione, anche se ci sono alcuni bambini che presentano qualche segno sfocato dai due anni in poi, e altri che invece non presentano niente se non, per esempio, a cinque o sei anni. In ogni caso, da genitori che avevano manifestato le Parole a tre anni precisi, non poteva che nascere lei, ordinaria fin nel midollo, e prima di lei tre fratelli maggiori altrettanto regolari.
Miyako non ricorda quasi nulla dei tre anni precedenti alla comparsa di quegli strani segni sfocati, però ricorda l'eccitazione nel lavarsi le mani una mattina e nello scoprire che finalmente anche lei poteva essere come la mamma e il papà, e come Momoe, Chizuru e Mantarou, e come mille principesse delle fiabe che passano la vita ad aspettare il loro principe azzurro. Così come ricorda la delusione e la frustrazione nello scoprire che, piccola com'era, non aveva la minima idea di come leggere gli ideogrammi che portava sulla pelle.
Non che sia una cosa insolita, in Giappone, ma una bambina impaziente di tre anni non può mettersi a pensare alla logica e a quell'alieno concetto di aspettare che un adulto la aiuti a decifrare quei caratteri.
Ricorda il modo in cui si era aggrappata al braccio del padre in procinto di andare al lavoro – e a dirla tutta un po' in ritardo -, e di come lo avesse pregato di leggere gli ideogrammi, petulante, insistente e gli occhi brillanti dietro un paio occhialoni già troppo grandi. Ricorda che la mamma era accorsa in tutta fretta, quasi pronta per uscire ma coi capelli ancora spettinati, e, liberando il padre dalla presa ferrea, l'aveva presa in braccio, e in silenzio aveva osservato il suo polso scoperto.
Vorrei aiutarti, aveva letto a voce alta, un sorriso deliziato sulle labbra. Miyako-chan, le tue Parole sono: Vorrei aiutarti. Sono Parole bellissime!
Un bambino ragiona in modo diversissimo da un adulto. Mentre la mamma le dava un bacio sul capo, al settimo cielo, Miyako si imbronciava, ed esclamava al colmo dell'indignazione: Non mi dice che sono bellissima?
Lì per lì non aveva capito perché mamma e papà si fossero guardati, gli occhi sgranati, e fossero scoppiati a ridere di gusto nello stesso momento, così come non capiva che significato potessero avere le sue Parole, ma non c'è niente di più bello, per un bambino, che far ridere i propri genitori. Aveva riso anche lei, e per un po' non aveva pensato più a quella storia.
Le Parole si fanno più nitide, più nere e lucide nello stesso modo in cui il corpo cresce e matura, e gli occhi iniziano a soffermarsi più a lungo sul mondo per cercare di capire come funziona. Così, un giorno come un altro, Miyako gettò uno sguardo sulle sue Parole e non si sentì perplessa, confusa, un po' offesa dalla mancanza di romanticismo della sua anima gemella, ma si sentì emozionata. E iniziò a fantasticare.
Fantasticava quando guardava un anime in tv e Mantarou pretendeva di cambiare canale per quel film western che moriva dalla voglia di vedere, e fantasticava quando parlava al telefono con le sue amiche e Chizuru entrava in camera perché voleva studiare e al piano di sotto c'era troppo chiasso, e fantasticava quando Momoe le spiegava con calma e razionalità perché era importante aiutare mamma e papà al konbini invece di andare a giocare a casa di Iori, o mettere mano alla playstation, o semplicemente starsene a sonnecchiare un po'. Fantasticava quando la casa era troppo piccola e le esigenze troppo numerose, quando passava le ore al konbini e sbuffava quando suo padre le diceva che qualcuno di loro avrebbe dovuto ereditare quell'attività una volta che lui e sua madre fossero stati troppo anziani per occuparsene, quando le pareva che nessuno la stesse a sentire anche quando parlava troppo forte.
Fantasticava che la sua anima gemella sarebbe arrivata a salvarla.
Era facile, allora, sopportare i piccoli soprusi e le numerose limitazioni della sua sconfinata sete di libertà, se immaginava il suo uomo entrare dalla porta, bello come il sole e sorridente, e guardarla come si guarda l'unica cosa che vale la pena salvare al mondo. Vorrei aiutarti, le avrebbe detto, togliendole lo scatolone pieno di detersivi dalle mani e portandolo lui stesso all'apposito scaffale per smistare i prodotti al loro giusto posto; o togliendo il telecomando dalle mani di Mantarou, per poter guardare assieme a lei un anime, o prendendosi l'incarico di lavare i piatti al suo posto quando aveva un appuntamento, o conducendola in una casa vuota, solo per lei e lui, e nessun altro a disturbare la loro assoluta beatitudine. Vorrei aiutarti, le avrebbe detto, guardandola serio e innamorato, e sarebbe riuscito, solo con uno sguardo, a farla sentire la persona più speciale al mondo, l'unica persona importante.
Ma nessun ragazzo bellissimo è mai apparso sulla soglia della sua casa, o all'entrata del konbini. Neanche quando ne aveva più disperato bisogno.
Così Miyako ha cercato, scioccamente, di forzare la mano al destino, e di sfidarlo a negargli la sua anima gemella a ogni tentativo.
Il destino ha vinto la sfida.
E le ha insegnato, a dodici anni, che il fatto che sia meglio non mostrare le proprie Parole in pubblico non è una limitazione, o una stupida usanza dovuta alla riservatezza, ma una tutela contro persone come Satoshi, che si era finto la sua anima gemella per vincere una scommessa, e fornire ai suoi stupidi amici l'occasione di divertirsi un po' a prenderla in giro, ripetendole a ogni dove quei fasulli Vorrei aiutarti che le facevano avvertire un tuffo allo stomaco ogni volta, e ogni volta la riempivano di nausea. Satoshi, che alle sue irate richieste di spiegazione aveva scosso la testa, e le aveva spiegato che doveva essere contenta. Non ti ho mica rubato il primo bacio, no? Dovresti ringraziarmi per non essere stato così meschino. Tra l'altro, non ti offendere ma non avevo proprio voglia di baciare te.
Le ha anche insegnato che picchiare un ragazzo che ti ha spezzato il cuore nel corridoio di una scuola non porta a sentirti meglio: ti porta solo dal preside a sorbirti una ramanzina mentre piangi a dirotto, le mani strette tra loro e la testa bassa.
Poi c'è stato quell'episodio a tredici anni, quello con Ichijouji Ken – ma è sempre meglio non pensare, a Ichijouji Ken.
Malgrado tutto, però, c'è una cosa che il destino non è mai riuscito a insegnarle, con le buone o con le cattive: arrendersi.
Sono sedici anni che Miyako alimenta la sua determinazione prima di andare a dormire, d'altronde.
Ora è distesa supina sul letto nella sua camera, il braccio sollevato e il polso scoperto, fissa le sue Parole come si guarda la foto del proprio amore quando si va in guerra, e aggrottando le sopracciglia pensa che Iori si sbaglia di grosso.
Se gli esseri umani avessero potuto fare a meno delle anime gemelle, non avrebbero degli ideogrammi incisi sulla pelle. Evoluzionisticamente parlando, poi, non avrebbe nemmeno senso: a che pro portare nel patrimonio genetico la tendenza a sviluppare Parole, se non per un effettivo vantaggio biologico?
E' normale venire delusi, nella ricerca dell'anima gemella, ma questo non significa che bisogni gettare la spugna troppo presto. Non c'è alcun bisogno per Takeru di rinunciare a Hikari, o per il fratello di Hikari di accontentarsi.
Figurarsi quanto bisogno ci sia per Hikari di scegliere Ichijouji Ken.
Bisogna solo stringere i denti e andare avanti, perché c'è per tutti speranza di essere amati, di essere felici.
Sorridendo tra sé, Miyako si sfiora un'ultima volta il polso destro, e spenta la luce si rifugia sotto le coperte.
Stanca com'è non ha modo di impedirsi di chiedersi, distrattamente, se Hikari e Ichijouji se lo siano già scambiato, il primo bacio.
 
***
 
I Knife of Day tengono le prove in un garage abbastanza angusto, fin troppo umido e dalla serranda difettosa, ma è a dieci minuti dalla sua scuola, così almeno un vantaggio pratico ce l'ha.
"Come sta la mia band disagiata preferita?" Si annuncia allegramente Miyako, facendo capolino dall'entrata. Kyosuke, il batterista, che stava accennando un ritmo semplice, si arresta e solleva lo sguardo. "Sbaglio o lì hai cibo?" Le domanda, speranzoso.
Miyako ghigna, e solleva il sacchetto sulla testa. "Prodotti Inoue pronti a soddisfare ogni vostro bisogno nutritivo!"
Il ragazzo fischia, e voltandosi indietro si rivolge al frontman. "Ehi, Ishida, possiamo tenerla?"
"Non fare proposte di cui potresti pentirti." Risponde il frontman, mettendo da parte un mucchio di spartiti che stava osservando e, alzatosi in piedi, si avvicina a lei. "Non sai mai se riusciresti a liberartene, poi."
"Ehi! Vuoi restare a digiuno, per caso?" Protesta Miyako, e Yamato sogghigna.
"Dai, da' qua." Le dice in segno di pace, porgendo una mano verso il sacchetto. Miyako glielo rifila, ancora un po' imbronciata. "Pensavo non saresti venuta oggi."
"Avrei potuto scriverti, ma le mie gambe vanno più veloci delle e-mail! Così eccomi qua." Miyako afferra una sedia e ci si siede senza troppe cerimonie. "E gli altri? Li avete divorati nell'attesa?"
"Magari. Invece sono solo in ritardo", si lamenta Yamato, estraendo un tramezzino dal sacchetto e lanciandolo a Kyosuke, "E avranno un gran bisogno di un buon alibi, quando si faranno vivi."
"Perché non dici loro che si stanno perdendo una bomba di arrangiamento musicale?" Miyako fruga nella borsa a tracolla, estraendo un cd audio etichettato Diventerete famosissimi! e mostrandolo con orgoglio agli unici due membri della band presenti. "Ci ho lavorato per giorni, non potrete non amarlo!"
È gratificante osservare il viso del suo amico illuminarsi, e l'esultanza balenare nei suoi occhi. "Grande. Sentiamo subito cos'hai per noi."
Qualche volta Miyako si trova a pensare che qualunque altra teenager di Tokyo darebbe chissà cosa per poter mettere un oggetto qualsiasi nelle mani di Ishida Yamato, e sfiorare del tutto casualmente le sue lunghe dita da bassista, figurarsi porgergli personalmente un cd che contiene una traccia audio del tutto originale che ha realizzato personalmente per la band. Non guasta neanche che Yamato sia un gran bel ragazzo, con le sue spalle ampie e la sua pelle chiara, quel suo lato per metà francese che gli ha regalato capelli biondi e occhi azzurri e quell'immancabile fascino da bello e tenebroso che aggiunge quella ciliegina sulla torta che non guasta mai: chiunque la invidierebbe, con l'intensità di mille stelle.
Quando ci pensa ride, perché lei non lo ha mai aiutato per poterne conquistare l'amore.
Il loro sodalizio è puramente musicale: la band cercava qualcuno esperto di sintetizzatori musicali per incidere i pezzi in modo più ricco e creativo, e lei cercava una scusa per mettere insieme il suo amore per la musica e quello per l'informatica, e creare qualcosa di bello ed energetico che potesse essere ascoltato da tante persone. È l'unica gratificazione di cui ha bisogno.
Per questo è emozionata, quando Yamato si dirige verso il piccolo stereo tondo posato sulla cassa e clicca il pulsante di accensione: ci ha messo tutta se stessa, sa di aver fatto un ottimo lavoro, e non vede l'ora di osservare la reazione degli altri.
E poi il tasto play viene pigiato, e le casse si riempiono di un meraviglioso motivo ritmato, e Miyako non potrebbe essere più fiera di se stessa di così.
"E allora?" Incalza entusiasta, spostando lo sguardo da un ragazzo all'altro. "Non è la fine del mondo?"
Il loro sodalizio funzionerebbe molto meglio, comunque, se Yamato ci capisse qualcosa, di gusti musicali.
"Ma che roba è?" Le chiede sconcertato, voltandosi nella sua direzione.
"E' techno/hip hop, a te che sembra?"
"Non facciamo questo tipo di musica."
"Stai scherzando? Si sposerebbe benissimo col vostro ultimo pezzo!"
"Non la facciamo, fine della storia."
"Oh, ma andiamo!" Si lagna Miyako, sporgendosi sulla sedia. "E' una cosa un po' più giovanile, al contrario dello stile vetusto che preferite di solito!"
Yamato boccheggia, al colmo dell'affronto. "Vetusto?!"
"Non mi rimangio niente!"
"Ma come puoi dire - Senti." Il ragazzo si passa una mano sulla fronte, l'immagine dell'esasperazione, le sopracciglia aggrottate in modo assurdo. "Ti avevo solo chiesto di inserire il violoncello. Niente techno, niente hip hop, niente di niente. Solo. Il. Violoncello."
"Va bene, va bene, ho capito!" Miyako incrocia le braccia, mettendo il broncio. "Lo rifaccio subito, ok? Che diamine. Però non sapete cosa vi perdete."
"Invece sì, e siamo ben felici di perdercelo."
"Sei antipatico come tuo fratello Takeru." Tirando fuori il portatile dalla tracolla, Miyako clicca il pulsante di avvio, ricevendo in risposta il rassicurante rumore della ventola in azione. "A proposito, se decidete di non usare quella base la ripretendo indietro, eh. Ci ho lavorato per giorni per davvero, non stavo mica esagerando!"
"Che ha combinato Takeru stavolta?" Vuole informarsi Yamato, armeggiando col lettore cd per poter estrarre la sua bellissima base musicale bistrattata.
"Il solito: fa il dongiovanni impenitente." Non può fare a meno di fare una smorfia disgustata al desktop del pc appena avviato. “Con una certa Mina-chan.”
“Ma non si chiamava Umi?”
“Chi diavolo è Umi adesso?!”
I due si guardano, lo stesso sgomento dipinto sul viso di entrambi, come fosse un virus contagioso.
“Devo aver capito male”, decide Yamato bruscamente, una smorfia a creargli una piccola ruga d’espressione all’angolo destro della bocca.
Miyako annuisce vigorosamente. “Sicuro che hai capito male.”
Entrambi distolgono lo sguardo nello stesso momento: Yamato torna a riporre il cd nella custodia, Miyako a far partire il programma di editing musicale.
“Gli passerà, prima o poi”, sospira infine il ragazzo, una nota di affezionata esasperazione nella voce. “Finché non fa nulla di male non intendo preoccuparmene, tantomeno occuparmene.”
“Certo, e intanto Hikari-chan si scorderà di lui, si sposerà felicemente, avrà tre bei bambini dagli occhi azzurri e Takeru si mangerà le mani per il rimorso per il resto della sua vita”, replica Miyako sarcastica. “Evvai. E tutti vissero tristi e scontenti.”
Yamato la guarda, all’improvviso, e c’è una strana intensità nel suo sguardo, una profondità amara che costringe Miyako a fermarsi, a sgranare gli occhi, a fissarlo interdetta.
“Vacci piano”, le dice, “con questi pronostici. Le cose non sono sempre così lineari.”
E poi tace, mettendosi a riordinare i suoi spartiti.
Ecco il problema con i belliedannati: a un certo punto smettono di spiegarsi, e cominciano a emanare mistero come acqua di colonia anche quando non ce n’è minimamente bisogno.
“Si può sapere di che stai-”
Non riesce a finire la frase, perché all’improvviso un suono acustico di avvertimento la costringe a riportare lo sguardo sul monitor: la batteria è quasi scarica. Lanciando un’esclamazione, Miyako scatta in piedi.
“Credevo di averlo caricato ieri sera ... C’è una presa di corrente libera da qualche parte?”
“Dietro di me ce n’è una”, interviene Kyosuke sporgendosi un po’ sulla sedia. “Forse. Se scansi un po’ di fili e non inciampi sugli strumenti ...”
Miyako si fionda, brandendo l’estremità del cavo del pc come fosse un’arma. “Un gioco da ragazzi!”
Per la verità, non lo è un granché, un gioco da ragazzi: i fili sono ingarbugliati, tanto per cominciare, e le due aspiranti rockstar lì presenti hanno lasciato in giro un bel po’ di lattine vuote e di cartacce di merendine, che la costringono a slalom dell’ultimo secondo per evitare di ruzzolare a terra.
Non si è mai ritirata da una sfida, però.
E’ per questo che, quando il nuovo arrivato varca la soglia di quel garage troppo piccolo, lei è accovacciata sotto una sedia, gli occhiali a penzoloni sul naso, un braccio sotto un mucchio di fili e l’altro intento a cercare di attaccare il filo all’unica presa disponibile, e probabilmente sta dando una ben povera impressione di sé.
“Ehm”, dice la voce un po’ perplessa di un ragazzo, una che non sembra appartenere a nessuno dei membri dei Knife of Day.
“Ah, Koushiro. Ti ho parlato della ragazza che ci aiuta con la postproduzione?” Interviene Yamato, un sogghigno trattenuto nella voce. Scommette che si sta divertendo un mondo, il maledetto. Miyako alza gli occhi al cielo, continuando imperterrita a tendersi verso la fonte di salvezza del suo pc.
“Giuro che mi rendo presentabile appena posso!” Dice al di sopra dei fili, salutando con la mano nella direzione che, alla cieca, spera sia quella occupata dal ragazzo di nome Koushiro. “E’ una questione di vita o di morte!”
Passa un istante di silenzio interdetto prima che il ragazzo sconosciuto si schiarisca un po’ la gola.
“Ti ho portato una stampa di prova della locandina del concerto, Yamato-san”, lo sente dire al frontman. “Stampandola i colori risultano un po’ alterati, ma prima di mettermi a modificarli volevo parlarne con te. Cosa ne dici?”
“Avremmo tempo di apportare modifiche? Il concerto è tra una settimana, dobbiamo riuscire a pubblicizzarlo per bene ...”
“Per quello non c’è nessun problema, è estremamente semplice modificare le tonalità. Puoi stare assolutamente tranquillo.”
“Mmm. Dovremmo parlarne con gli altri, però. Appena si degnano di farsi vivi possiamo-”
“Oh no!” Geme Miyako disperata, completamente sdraiata sul pavimento in mezzo a un mare di fili. La presa di corrente è attaccata ... il problema è che ora il filo si è scollegato dalla porta del pc, probabilmente non potendone più di quei tentativi estremi di allungarlo allo stremo. “Ero appena riuscita a raggiungere l’obiettivo!”
Yamato inizia a ridere, a questo punto, e le guance di Miyako si chiazzano di rosso. “E dammi una mano, invece di prendermi in giro! Che razza di uomo sei? Tra l’altro sei anche più vicino di me al-”
Non ricorda cosa sta per dire, non lo ricorderà neanche quando ci ripenserà in seguito.
Non sa neanche come faccia a sentirlo, nel frastuono delle sghignazzate di Yamato e di Kyosuke e delle sue stesse strilla indignate. La voce di Koushiro non è neanche forte abbastanza da poter essere distinta facilmente in ogni situazione, e non è che ora abbia alzato la voce chissà di quanto.
Forse è solo un gioco del destino, dopotutto. Forse era indispensabile che, anche sussurrando, le Parole di Koushiro arrivassero alle orecchie di Miyako, e le azzerassero il respiro di colpo.
Cosa?” Articola lei prima ancora di aver realizzato, e per poco non sbatte la testa contro la sedia sotto la quale è sdraiata. Si districa in fretta dai fili, si tira fuori dalla sedia e si mette seduta, voltandosi a fronteggiare il suo personale destino più in fretta che può. “Cosa hai detto?”
Il suo destino è un ragazzo accanto a un pc, la presa correttamente collegata, un sorriso tranquillo sulle labbra sottili. E’ mediamente alto, molto magro, con capelli impossibilmente rossi e un paio di grandi occhi neri.
“Ero più vicino io al tuo computer”, le dice, totalmente ignaro del fragore che il cuore di Miyako sta scatenando nelle sue orecchie. “Fa lo stesso se ci ho pensato io ad attaccare la spina? Dovrebbe essere tutto a posto, comunque.”
“Sono la tua anima gemella”, sussurra Miyako a occhi sgranati.
Koushiro sbatte le palpebre, e sembra cadere dalle nuvole. “Come, scusa?”
Da qualche parte imprecisata dell’universo, e del garage, Yamato e Kyosuke hanno di colpo smesso di ridere.
Miyako ha fantasticato su questo momento per giorni, per anni, e mai una volta avveniva nello stesso modo, nella sua testa, eppure c’era sempre un elemento che accomunava ogni fantasia: la bellezza della scena, come fosse un film.
Nella realtà, invece, Miyako è seduta sul pavimento, una busta di patatine vuota tra i capelli, e Koushiro la guarda come se lei avesse appena detto qualcosa in lingua aliena.
La cosa bizzarra, si trova a pensare, è che la perfezione mancata della scena non la sconvolge nemmeno un po’.
“Sono la tua anima gemella!” Strilla Miyako al settimo cielo, indicandolo platealmente con il dito.
Osservando il viso del ragazzo raggiungere la tonalità dei suoi capelli, lei non può che scoppiare a ridere, sentendosi leggera come una piuma, e correre ad abbracciarlo come se ne andasse della sua sanità mentale.
“E-ehi, aspetta solo un-”
“Mi chiamo Miyako!” Gli dice entusiasta. “Sono così felice di averti trovato!”
 
***
 
Taichi si sta sbellicando dalle risate.
“E pensare”, singhiozza, il viso paonazzo e le lacrime agli occhi, “che sarebbe stata una scena da immortalare e riguardare fino alla fine dei tempi. E noi ce la siamo persa!”
“Non era necessario che la vedeste voi”, risponde Miyako con un sorriso soddisfatto sulle labbra. “Quello che contava era che ci fossimo io e lui.”
Questo non fa che peggiorare il problema-ridarella del ragazzo: Taichi va in apnea, e per un po’ non è in grado di emettere neanche un suono.
“Oh, insomma, qual è il problema?” Sbotta Miyako senza capire e a dirla tutta un po’ risentita dalla reazione del suo interlocutore.
“Perdonalo.” Sora, seduta accanto a lui sul divano, gli lancia appena un’occhiata di riprovazione, cercando accuratamente di nascondere il fatto che anche lei sembri in procinto di scoppiare a ridere. “E’ che conosciamo Koushiro-kun da un sacco di tempo, e ci sorprende un po’ immaginarcelo in questa situazione.”
Le rivolge un sorriso dolce, e gioca sporco, perché ha uno sguardo troppo da mamma per non scioglierle in gola ogni risentimento. Non che sembri vecchia, naturalmente: è solo che c’è qualcosa, nei suoi occhi castani, nel modo in cui solleva le sopracciglia e inclina il capo, che ti costringe a fidarti di lei.
Miyako capitola.
“Davvero lo conoscete da tanto? Che tipo è?” Vuole sapere, gli occhi brillanti, sporgendosi verso di loro. E’ ancora seduta a gambe incrociate sul tappeto di fronte al divano di casa Yagami. “E’ tanto strano che abbia una relazione?”
“Diamine, non hai idea.” Asciugandosi gli occhi, Taichi si rimette seduto composto issandosi con un unico movimento deciso. I suoi capelli castani, normalmente scomposti, sono un vero e proprio disastro in questo momento. “A tredici anni si pietrificava al solo pensiero di andare al caffè a comprare un tramezzino, se a servirlo era una ragazza.”
“A quattordici si è costruito un programma informatico che gli permettesse di fabbricarsi abiti su misura”, gli fa eco Sora. “Tutto perché si sentiva in soggezione a chiedere alle commesse di aiutarlo.”
“Aspetta, e ti ricordi quando a quindici era entrato in crisi per quella lettera d’amore lasciatagli sul banco? Non l’ho mai visto impallidire tanto!”
“Povero Koushiro-kun. Non è stata una bella giornata per lui.”
“Frenate, frenate un attimo!” Li interrompe precipitosamente Miyako, gesticolando tanto da attirare l’attenzione dei due fidanzatini davanti a lei. “State cercando di dirmi che non ha mai avuto una relazione di nessun tipo?”
“Esatto”, rispondono in coro Taichi e Sora, quasi solenni.
“E non è mai stato innamorato? Mai?”
“Mah.” Taichi si gratta la nuca, pensieroso. “Non che io sappia. Se non altro non ha mai dato quest’impressione ...”
“Sarà mica un gay represso?” Non può fare a meno di chiedere di getto, uno sgradevole sospetto a serrarle la gola.
Taichi e Sora si guardano, e il cuore di Miyako le sprofonda nelle viscere.
“No, no, tranquilla!” Si affretta a rassicurarla Sora, un po’ imbarazzata. “Sai, è che è complicato. Non credo che Koushiro-kun sia attratto da uomini, credo che - come posso spiegare? Ecco, non sembra interessato all’amore in generale. Quel che è sicuro, però, è che con gli uomini non si blocca in questo modo, quindi forse questo depone a favore di un orientamento etero ...”
“Grandioso.” Miyako si batte una mano sulla fronte, disperata. Può quasi sentire il destino deriderla malignamente, additandola e mostrandole concretamente che la fortuna non conoscerà mai la strada di casa Inoue. La sua risata ha quasi lo stesso suono del panico che le sta montando dalla pancia.
Cerca di sovrastare quel suono con tutta la forza che ha.
“Che importa!” Salta su di colpo, e Taichi e Sora hanno un piccolo sussulto. “Io sono la sua anima gemella, con me sarà diverso. Magari stava solo aspettando me per innamorarsi! Se no in che modo sarei speciale, per lui?”
Hikari si affaccia sulla soglia del salotto, il telefono ancora all’orecchio, e le rivolge un’occhiata curiosa. Miyako non sa come faccia: sta chiaramente ascoltando il suo interlocutore, ma sta anche cercando di capire cosa stia succedendo nel salotto. Ci scommette quello che vuole che si è preoccupata per il suo tono acceso, e ha deciso di venire a dare un’occhiata.
“Devo andare adesso”, la sente dire al telefono. “Ho un’amica a casa.”
E poi le sorride, come scusandosi di aver trascorso cinque minuti al telefono invece di correre da lei e occuparsi dei suoi problemi sentimentali.
Miyako la adora, davvero. E’ per questo che le fa segno di continuare, le dice a voce più bassa del solito: “Tanto sto carpendo informazioni da tuo fratello”, e le fa un occhiolino.
Il sorriso di Hikari si amplia, ma non si scompone. “Sì, è Miyako-san”, risponde al telefono.
Miyako si pietrifica, sentendosi improvvisamente chiamata in causa.
“Ci sentiamo più tardi. Sì. Buona serata, Ichijouji-kun.”
E riattacca.
“Eddai, Hikari”, si lamenta Taichi insofferente. “Devi proprio venire ad amoreggiare davanti a noi?”
“Non stavo amoreggiando”, replica Hikari alzando bonariamente gli occhi al cielo, e si accomoda su una sedia accanto al divano. “Miyako-san, sei sicura di voler restare sul tappeto? C’è ancora posto sul divano ...”
“Gli parli di me?” Le domanda Miyako impulsivamente.
Per un momento Hikari la guarda senza capire, e Miyako si maledirebbe in tutte le lingue del mondo, se solo le conoscesse. Aveva deciso che non avrebbe aperto l’argomento Ichijouji davanti alla sua amica, si può sapere che cavolo le prende ora?
“Niente, niente!” Tenta di rimediare, ridendo forzatamente, ed evita in tutti i modi di guardarla. “Non importa. Tornando a Koushiro-”
“Ichijouji-kun lo sa che ho un’amica che si chiama Miyako”, la interrompe a bassa voce Hikari, e il suo viso si apre in un sorriso empatico.
Miyako si sente avvampare. “Ah”, gracchia. “Lo sa. Certo, è naturale.”
E che cos’altro sa di me? Vorrebbe avere il coraggio di chiederle, così apre la bocca, inspira, e di colpo si sente stupida. Richiude la bocca.
Dannata codarda.
 “Torniamo a Koushiro-san?”, suggerisce Hikari venendole in aiuto, e Miyako si scuote.
“Torniamo a lui, sì!” Esclama con forza, e forse ci mette un po’ troppo entusiasmo, perché Hikari ridacchia.
“C’è una cosa che non mi riesco a spiegare”, le dice poi. “Hai detto che lui è rimasto molto sorpreso quando ti sei presentata come la sua anima gemella, giusto? Ma non gli avevi parlato prima tu? Non avrebbe dovuto riconoscerti lui per primo, se davvero siete legati?”
C’è qualcosa nelle sue parole, una specie di sottotesto crepitante, come se la risposta che riceverà debba confermare un qualche sospetto non meglio identificato. Miyako lo avverte, e decide di ignorarlo.
“Ero sdraiata sul pavimento, Hikari-chan”, le spiega con calma. “La mia voce gli sarà arrivata quantomeno un po’ strozzata. Per non dire che non stavo urlando, magari non ha capito bene quello che gli ho detto.”
“Dici?” Insiste Hikari, e il sottotesto è un gran rumore adesso, uno che rischia di ferirle le orecchie, che insinua: E’ sospetto.
 “Avevo il polsino addosso.” Dice addosso al rumore, e solleva il polso perché lo vedano tutti. “Le mie Parole sono qui dietro, lui non le ha viste prima di parlarmi, eppure le ha pronunciate. Non è forse una prova sufficiente?”
Hikari sorride, si stringe nelle spalle. Sembra un po’ smarrita. “Può essere, sì.”
Non è una concessione chissà quanto esaltante.
“Voglio dire”, insiste Miyako. “Chi è che al giorno d’oggi direbbe una cosa come Vorrei aiutarti al momento delle presentazioni? La mia anima gemella è inutilmente formale, a quanto pare. Non è che sia un male, intendiamoci, a dirla tutta è una cosa tenera. E’ solo che ... le mie Parole non sono Ciao, o Buonasera. Non sono mica comuni, per cui non ci sono tante probabilità che molte persone me le dicano! Non vi pare?”
C’è un silenzio frustrante che segue il suo discorso, e Miyako si sente nervosa.
“E Izumi Koushiro mi pare molto educato e formale!” Conclude, con lo stesso tono con il quale si annuncia una vittoria alla lotteria.
Hikari stringe ancora tra le mani il cellulare, e il braccio di Taichi è posato con nonchalance sulle spalle di Sora, e Miyako ha l’improvvisa consapevolezza di essere una contro tre. Non la capiscono, si rende conto ad un tratto, come se sbattendo le palpebre la verità le fosse comparsa in tutta la sua chiarezza davanti alle lenti troppo spesse dei suoi occhiali: è come se professassero una religione diversa. Non si chiede a qualcuno che la pensa in modo diametralmente opposto al tuo di risolvere misteri e questioni della tua religione: loro non capirebbero la domanda, tu non avresti una risposta soddisfacente.
“Forse non dovrei parlare con voi di anime gemelle.” Si arrende infine, incrociando le gambe e posando il mento sulle mani. “Per voi è un problema senza senso, no?”
“Senza senso no”, risponde Taichi lentamente, e socchiude un po’ gli occhi marroni, come fa tutte le volte che riflette intensamente su qualcosa. E’ bizzarro quando lo fa, perché la sua espressione si trasforma di colpo: diresti che è un bambino la maggior parte del tempo, con la sua energia spensierata e la sua semplicità disarmante, ma poi l’ombra della maturità gli affiora di colpo in mezzo alle sopracciglia, e ti sembra un veterano di guerra. “Un senso ce l’ha, per alcuni sicuramente. Solo che io posso benissimo farne a meno, di un’anima gemella.”
Per un lungo istante guarda Sora, un punto imprecisato dei suoi capelli ramati, poi sembra scuotersi. E torna di colpo fin troppo giovane, mentre si stringe nelle spalle e sorride leggero.
“E non credo di essere il solo. Prendi Sora, per esempio. Se lei dovesse volere un’anima gemella, dovrebbe anche voler essere scaricata appena conosciuti!”
Sora sembra irrigidirsi di colpo.
“Fratellone”, dice Hikari, e poi nient’altro, come se bastasse quell’appellativo tenero e un po’ infantile a ricordargli un segreto di cui solo gli Yagami sembrano a conoscenza. Gli Yagami, e Sora, che tiene gli occhi bassi, che sembra improvvisamente lontana anni luce da loro.
“Come sarebbe scaricata? Che razza di Parole hai, Sora-san?” Non può fare a meno di chiedere Miyako, un po’ preoccupata dallo strano clima che si è appena creato nel salotto.
Sora non incontra il suo sguardo: posa una mano sul ginocchio sinistro, se lo stringe, sembra volersi proteggere.
“Ti avevo chiesto di non parlarne più, Taichi”, dice a bassa voce.
Taichi sembra essersi improvvisamente reso conto di averla fatta grossa.
“Lo sai cosa intendevo!” Si giustifica precipitosamente. “Non volevo dire – non è certo colpa tua se la tua anima gemella è maleducata!”
“Non è una cosa tua. Non è tuo diritto parlarne.” Sora si mette in piedi, sfugge alle mani protese di Taichi, fa per andarsene ma si ferma sul tappeto, accanto a Miyako. Si passa una mano tra i capelli, e sembra non sapere cosa fare.
“E invece sì!” Sbotta Taichi, e Sora finalmente si volta a guardarlo. “Perché io sono il tuo ragazzo, non la tua anima gemella, eppure non ti tratterei mai con sufficienza. Questo non ti basta?”
Miyako sente il cuore sprofondarle in petto.
Sora esita, poi il gelo sul suo viso si scioglie, e i suoi occhi brillano. Si avvicina al divano, allunga le mani, e Taichi la incontra a metà strada. Lui sorride, sollevato, e allora lei gli posa un bacio gentile sulle labbra.
“Stupido”, dice. “Certo che mi basta.”
E forse le basta davvero, pensa Miyako, ora le basta. Sora ritrova il suo posto sul divano, tra le braccia di Taichi, e qualunque cosa sia scritta sul suo ginocchio sinistro diventa importante quanto un granello di polvere nell’aria, e qualsiasi ideogramma Taichi porti chissà dove sulla pelle non merita neanche di essere menzionato.
Sono felici e si amano, ma cosa succederà quando le Parole di entrambi si metteranno in mezzo? Il loro amore basterà davvero per essere felici?
E’ un problema troppo grande, troppo triste, e così Miyako si alza in piedi.
“Sarà meglio che vada ora”, annuncia. “E’ quasi ora di cena, i miei mi staranno già dando per dispersa!”
Neanche due minuti dopo è già fuori dalla porta.
 
***
 
Miyako non ha intenzione di spifferare a tutti del suo fatidico incontro del pomeriggio precedente: in fondo, lei e Koushiro ancora non stanno insieme ufficialmente.
E’ per questo che la sua famiglia ne resta all’oscuro. Quanto ai suoi amici, invece, naturalmente lo vengono tutti a sapere.
La cosa divertente è che Miyako racconta loro la vicenda praticamente allo stesso modo, ma riceve risposte diversissime.
“E’ una bella notizia” Si illumina Iori, e poi un pensiero improvviso lo fa accigliare. “Sicura che sia un bravo ragazzo? Visti i tuoi precedenti ...”
L’unica cosa di cui è sicura è che cambierà migliore amico, un giorno di questi.
“Koushiro-san? In effetti può avere un senso”, sgrana gli occhi Takeru, e nascosta dietro il suo sorriso sorpreso c’è la stessa confusione che aveva mostrato suo fratello maggiore appena il pomeriggio prima. “Lui parla meglio il codice binario del giapponese, per cui tu sei avvantaggiata. Potreste comunicare agevolmente così!”
C’è una cosa, però, che Yamato e Takeru non hanno in comune: la faccia di bronzo.
“Se non è scemo scapperà appena vista la mala parata”, sbuffa Daisuke, le mani dietro il collo e i capelli rossicci scompigliati dopo una mattinata a dormicchiare sul banco durante la lezione di inglese. “Sei un pericolo pubblico, qualcuno dovrebbe avvertire il poverino.”
Rincorrere Daisuke per il corridoio minacciando di lanciargli contro il librone di chimica è sempre stato il suo sport preferito, d’altronde.
La risposta più assurda, comunque, non viene da nessuno dei suoi amici.
“Non sono la tua anima gemella”, afferma Koushiro categorico, continuando a scrivere chissà cosa al computer.
A ripensarci, le risposte dei suoi amici sono quasi gradevoli a confronto.
“Ma come?” Miyako gli aleggia intorno, sbircia la schermata del suo pc, osserva la sua camera, più spesso cerca sul suo viso fin troppo serio uno spiraglio di emozione. “E io avrei fatto tutta questa fatica per venire fino a casa tua per conoscerti meglio per nulla?”
“Ora che ci penso, come sapevi il mio indirizzo?” Si acciglia all’istante l’altro, sospettoso, e finalmente la guarda.
“Yamato”, risponde subito lei. “In cambio di una promessa di collaborazione tra noi. Sai, per il concerto e tutto il resto.”
Koushiro fa un gran sospiro, e dandosi una spintarella sulla sedia si allontana dalla tastiera, finalmente degnandola di attenzione.
“Perché non ti siedi?” Concede infine.
“Guarda, puoi leggere tu stesso!” Lo ignora vivacemente Miyako, e si toglie il polsino per mostrargli da vicino le Parole che si nascondono lì sotto. Koushiro sembra irrigidirsi di colpo, e arrossendo distoglie lo sguardo. “Vorrei aiutarti, lo hai detto tu stesso. No? E poi hai attaccato la spina del pc!”
“Non ricordo cosa ho detto”, si lamenta Koushiro. “Ti prego, rimettiti il polsino, Miyako-kun. Ti dico che non sono io la tua anima gemella.”
“Ma scusa, che motivo hai di fare il timido?” Insiste lei, continuando a mostrargli il polso nonostante le rimostranze della sua bizzarra anima gemella. “E comunque ti ho sentito, hai detto proprio così! Che altro avresti potuto dire?”
“Ci sono tanti modi di dire la stessa cosa. Il cervello tende a sentire quello che si aspetta di sentire.” Replica testardamente lui. “Bastava che io dicessi Potrei aiutarti, ed ecco qui. Un errore comune e comprensibile ...”
Miyako alza gli occhi al cielo, abbassando il braccio. “Allora mostrami le tue Parole, così risolviamo la questione una volta per tutte.”
Koushiro si alza in piedi, sfuggendole come se fosse ustionante. “Fuori discussione.”
“Perché? Io ti ho mostrato le mie!”
“Non te l’ho mica chiesto io!”
Miyako lo fissa in silenzio, osservando il modo nervoso con il quale Koushiro giocherella con le maniche della sua camicia.
“Oh”, esclama a un tratto, colta da un’illuminazione. “Ci sono: le tue Parole sono in un posto imbarazzante.”
Koushiro sembra soffocarsi con la sua stessa saliva. “Ma che dici?!”
E poi diventa rosso mattone quando scopre l’occhiata sospettosa che Miyako sta rivolgendo al suo didietro.
“Questa storia è ridicola!” Sbotta, e si siede di scatto sulla sedia girevole.
“Vuol dire che ci ho preso?” Insinua Miyako con un ghigno. “Non c’è niente di ma-”
“Non sono quello che credi tu, Miyako-kun. Ti prego di darmi ascolto.”
La serietà definitiva nella voce del ragazzo la fa ammutolire.
Koushiro sbircia il suo viso, cercando di capire se l’ha ferita. Le ultime tracce di rossore stanno rapidamente lasciando il posto a un’espressione dispiaciuta. “Ti assicuro, non mi diverte rifiutarti”, le spiega più calmo. “Ma devo essere sincero con te, soprattutto se si tratta di una cosa così importante.”
“Non esistono anime gemelle le cui Parole non siano appaiate”, replica invece Miyako.
Koushiro batte le palpebre, e lo fa ancora.
“Di’ un po’, hai sentito quello che ti ho detto?”
“Sì, e non ha senso.” Ribatte lei con forza. “Sono sedici anni che mi documento sulle anime gemelle, per tua informazione, e non esistono casi simili. Se io ho le tue Parole sulla pelle, tu hai le mie, Koushiro-san. E questo è quanto.”
Lo vede boccheggiare, scuotere la testa, fare per aprire bocca, ma Miyako glielo impedisce.
“Sai cosa penso? Penso che tu abbia paura, come Takeru-kun che si rifiuta di parlare seriamente con Hikari-chan. E lo capisco!” Aggiunge subito, gesticolando. “Cioè, lo capisco parzialmente, perché anche io ho scoperto di avere un po’ di paura ora che ti ho trovato, ma questo non mi impedisce di voler condividere del tempo con te. Anche se fai il difficile e al momento hai intenzione di rifiutarmi.”
“... io non sapevo niente della sorella di Taichi-san, in realtà-”
“Non mi aspettavo di avere paura!” Riprende Miyako con passione, e si sporge un po’ verso la sedia dove Koushiro sembra voler rimpicciolire. “E’ tutta la vita che aspetto questo momento e penso che gli altri siano sciocchi a non volerci neanche pensare, ma ora capisco meglio come stanno le cose. Mi sono resa conto che è una cosa grande e importante, ma non mi importa. Io voglio provare a vedere com’è, voglio conoscerti meglio, voglio sentirmi completa!”
“No, senti, davvero, io ...” Prova a dire Koushiro, e sembra un po’ atterrito, e un po’ disperato.
“Concedimi solo un po’ di tempo! Una settimana o due, ecco, non chiedo altro. Frequentami, conoscimi, e decidi se vale la pena trascorrere del tempo con me! Se alla fine di questo periodo non vorrai più vedermi capirei. Non ti cercherei più, te lo prometto! Solo ... dammi una chance. Per piacere.”
Miyako si sente gli occhi lucidi, il cuore che batte come un tamburo, ma non può fare la bimba piagnucolona in un momento del genere, così stringe i denti. E gli porge una mano, fissandolo negli occhi, come se con questo gesto gli stesse offrendo tutta la sua determinazione, e in fondo tutta se stessa, debolezza compresa.
Koushiro sembra aver perso la parola. Osserva la sua mano, e poi lei, e sembra desolato. C’è un orrendo momento in cui la mente di Miyako si inceppa, e non fa che gridarle: ti rifiuta, ti rifiuta, ti rifiuta.
Ma poi lui le prende la mano, e gliela stringe.
“E’ una pessima idea”, la avverte con un sospiro. “Potremmo farci male entrambi.”
Il viso di Miyako si apre nel sorriso più grande che le riesce.
“E invece no!” Ribatte con entusiasmo. “Perché non lo permetterò. E’ una promessa!”
“Non puoi promettere una cosa su cui non hai potere”, risponde rassegnato Koushiro. Ma poi sorride, e il sorriso della resa è la cosa più bella del mondo. Soprattutto se significa arrendersi al destino.
Miyako non può fare a meno di gettargli le braccia al collo, e il movimento improvviso spinge la sedia girevole all’indietro, tanto che per poco non vanno a sbattere contro l’armadio.
“Miyako-kun, chiariamo una cosa: non ti ho accordato il permesso di smancerie da fidanzati!”
“Eddai, neanche abbracci?”
“Non vedi che con gli abbracci rischiamo la vita? E dire che hai promesso che non ci saremmo fatti male... ”
“Abbracci discreti.”
“... d’accordo, ma che siano davvero discreti.”
“Baci?”
“No.”
“Prendersi per mano andrà bene, però!”
“Beh ...”
“Sottobraccio?”
“Quello può andar bene.”
“Bingo!”
Ci sarà molta strada da percorrere, molto lavoro da fare per sciogliere quelle spalle ancora troppo rigide di Koushiro, ma Miyako non ha dubbi sul fatto che andrà tutto bene, alla fine.
Stretta alla sua anima gemella, riesce a crederci con tutta se stessa.







Non fidatevi troppo delle coppie che vedete. "Alle scale piace cambiare", ricordatelo.
 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Digimon > Digimon Adventure / Vai alla pagina dell'autore: Padme Undomiel