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Autore: Digihuman    16/03/2020    5 recensioni
[COMPLETA]
Questa storia partecipa alla Fables Challenge indetta dal gruppo facebook Il Giardino di Efp.
Cosa succede quando la mente malata della sottoscritta decide di fondere un classico della letteratura francese come Pollicino, con la storia inverosimile dei Digimon? Ecco che ne esce fuori un mix veramente comico! Takeru, il nostro pollicino in questione, si troverà catapultato in una nuova avventura ai limiti del surreale. Riuscirà a trascinare i restanti digiprescelti fuori dai guai?
[Nessuna coppia]
Genere: Avventura, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Takeru Takaishi/TK
Note: AU, Cross-over, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa alla Fables Challenge indetta dal gruppo facebook Il Giardino di Efp.

Buongiorno ragazzi, eccomi tornata con una oneshot davvero singolare e completamente fuori dai miei canoni abituali. Ho deciso, per la prima volta, di partecipare ad una challenge indetta sul gruppo facebook sopracitato. Tra i tantissimi prompt segnalati ho scelto la storia di Pollicino, forse una delle meno conosciute tra le tante inserite in elenco.

Rating capitolo: verde
Personaggi capitolo: Takeru, tutti i digiprescelti, Ogremon, Leomon
Coppie capitolo: nessuna


POLLICINO




C'era una volta un lontano mondo perduto, simile a quello che noi oggi conosciamo come Terra. Il pianeta conosciuto oggi come Digiworld, non era altro che una fedele riproduzione del nostro mondo, tutto fuorché reale. Parliamo di un ammasso di dati e dettagli digitali, nulla a che vedere con la composizione organica ed inorganica del nostro pianeta.
Tale mondo era abitato da strane creature dall'aspetto tutto fuorché umano, fatta eccezione per alcuni esemplari più evoluti. I digimon, così venivano definiti questi mostri, regnavano indiscussi su quel pianeta, distinguendosi per dimensione, genere e tipologia. Un po' come il vecchio mondo giurassico che conosciamo, vi erano zone abitate da mostri più feroci, altre, al contrario, da digimon dalle fattezze vagamenti simile ai nostri animali domestici.
In cima al monte Mugen si ereggeva maestoso il castello di Myotismon, abitato da un anziano ometto di nome Gennai e da un gruppetto di otto giovani amici, gli unici esseri umani ad abitare quello strano mondo. Questi ragazzi erano conosciuti come i digiprescelti, coloro che erano stati predestinati sin dall'infanzia ad una vita di sacrifici e di responsabilità. Si mormorava in giro che fossero loro i sovrani di Digiworld, nonostante alcuni Digimon fossero in disaccordo con queste voci. In effetti i ragazzi erano stati cresciuti da Gennai secondo regole piuttosto rigide. Il loro unico scopo era quello di proteggere l'integrità di quel mondo e di tutti i suoi abitanti digitali.
Gli otto amici vivevano una vita serena, seppur molto povera. Gennai aveva da subito insistito nel renderli indipendenti ed autonomi. Quel mondo non era certo per tutti e l'unico modo per poter sopravvivere era rimboccandosi le maniche e lavorando sodo. Purtroppo l'anziano nonnino non era immortale, perciò fu costretto a metterli alla prova per il bene proprio e per quello dei ragazzi, sicuro che un indomani avrebbe potuto lasciar loro in eredità il mondo digitale.
Confidando nella complicità e nel silenzio della luna, una notte rivelò al cielo stellato il suo piano. Raccontò alla pallida sfera incantata di voler portare i suoi digiprescelti nella giungla tropicale, proprio al di là del fiume che divideva quella landa dall'isola di File. L'uomo era più che sicuro che ognuno degli otto ragazzi avrebbe sostenuto la prova con coraggio e forza. L'unico a preoccuparlo veramente era il più piccolo del gruppo, Takeru, soprannominato pollicino, proprio per il suo delicato stato di salute e le sue fattezze piccole e minuscole. Gennai era poco convinto delle capacità di questo ottavo membro del gruppo, poiché tendeva spesso ad isolarsi dal gruppo e a mormorare agli alberi piuttosto che intercalarsi in discorsi più vivaci con i suoi amici. Al contrario, però, Takeru era un giovane molto sensibile e perspicace.
Gennai non poteva certo saperlo, ma quella sera Takeru ascoltò il suo lamento al cielo e si fermò per un istante in modo da poter escogitare un piano per prepararsi a ciò che l'indomani sarebbe successo. Andò nel giardino del loro castello e raccolse quanti più sassolini bianchi riuscì a trovare e li nascose nella propria saccoccia sotto il letto.
Il giorno seguente Gennai svegliò i propri ragazzi e li radunò in giardino per, a detta sua, un allenamento speciale. Il vecchietto camminava ormai da diverse ore per le rupi scoscese del monte Mugen fino a raggiungere il confine con la giunga tropicale. Invitò i ragazzi ad addentrarsi in quella fitta rete di alberi, mentre l'uomo -almeno questo era ciò che voleva fargli credere- sarebbe andato a raccogliere scorte di acqua presso il fiume che si affacciava sull'isola di File.
Taichi, il leader indiscusso del gruppo, scortò i suoi giovani amici tra la selvaggia flora del luogo finendo per perdere di vista l'oceano. Decisero di accamparsi nell'unico spiazzo di terra libero da qualsiasi pianta. Grazie alla conoscenza e all'abilità manuale di Koushiro, riuscirono ad accendere un piccolo fuocherello e attesero con estrema calma l'arrivo di Gennai. L'uomo, al contrario, era tornato sui suoi passi e si era barricato nella propria dimora dove, con grande sofferenza, pregava per i suoi otto prescelti.
Come previsto da Takeru, il loro anziano custode non fece ritorno da loro. Yamato si sedette sopra un tronco di albero mozzato ed estrasse dalla propria tasca una vecchia fisarmonica. Guardò il cielo tingersi di rosso e fare il proprio benvenuto alla notte. Iniziò a suonare una dolce melodia che riecheggiò e rimbalcò in tutte le direzioni, propagandosi anche al di là dell'oceano. Gli otto giovani ragazzi si erano tutti riuniti intorno al focalio appiccato poco prima e si stringevano l'uno accanto all'altro alla ricerca di un po' di caldo e conforto. Takeru si accostò alla più giovane del gruppo, Hikari e tentò di confortarla con un candido sorriso. Yamato suonò imperterrito la propria melodia accompagnando dolcemente i proprio amici tra le braccia di morfeo e trasformando la sua musica in una dolce ninna nanna.
Il mattino seguente le prime a svegliarsi furono Sora e Mimi, le uniche ragazze del gruppo insieme alla più piccolina, che ora dormiva beata tra le braccia di Takeru. Sora notò con grande amarezza che Gennai non aveva fatto ritorno. Mimi cadde subito nello sconforto e nel panico ed iniziò a piangere animatamente temendo di non essere pronta a spiccare il volo da sola. Il pianto isterico e incontrollato della giovane fece svegliare anche il resto del gruppo. Il più grande, Joe, si sentì subito in dovere di intervenire e tentò di placare l'animo scosso della ragazza, confortandola tra le sue braccia.
Taichi, da buon leader, cercò da subito di fare il punto della situazione. Si guardò intorno ed estrasse dal proprio taschino un binocolo. Cercò un qualsiasi punto di riferimento, ma la vegetazione era troppo fitta e non lasciava spazio all'immaginazione.
Solo Takeru sembrava tranquillo -non temete amici miei- disse ad un tratto -sono sicuro che Gennai non ci ha abbandonati!-.
La sua vocina immatura e altisonante richiamò subito tutti all'attenzione -abbiate speranza e venite con me, vi devo mostrare una cosa-.
Il giovane scortò l'intero gruppo tra la fitta giungla, addentrandosi nella vegetazione senza alcun indugio.
-Ma come hai fatto?- domandò Taichi una volta giunti ai piedi del monte Mugen.
Takeru sorrise all'amico e indicò i candidi sassolini lasciati a terra il giorno prima -ho creato una pista con questi sassolini-.
Il gruppo di digiprescelti rincasò al castello dopo solo mezza giornata di cammino. Gennai era sorpreso e stupito. Non si aspettava certo di ritrovarli alla porta così presto. Avrebbe preferito far vivere loro la giusta avventura di cui necessitavano. Lo scopo di quel viaggio doveva essere quello di addentrarsi nella natura più profonda di quel mondo digitale, fino ad incrociarsi con le loro paure più profonde e superarle con i giusti sentimenti e insegnamenti che aveva dato loro negli anni. Quella stessa notte Gennai confidò nuovamente al cielo di voler rimettere ancora alla prova i giovani. Ancora una volta il giovane Takeru ascoltò il piano del vecchietto e si procurò del pane secco dalla dispensa così da ricreare lo stesso percorso di salvezza del giorno precedente.
Come previsto, Gennai scortò ancora una volta i ragazzi lontano dal castello. Questa volta optò per una discesa più ripida dal monte Mugen, fino a raggiungere il confine con il Bosco Brumoso. Abbandonò ancora una volta i giovani con la scusa di andare a raccogliere legna.
Yamato scoppiò di rabbia -come abbiamo fatto a cascarci ancora una volta!- imprecò gettando un pugno al tronco più vicino.
-Ti prego Yamato, non fare così- lo supplicò Sora avvicinandosi a lui -non lo vedi che stai spaventando Mimi?-.
Il biondo si voltò velocemente verso la castana, ormai accucciata a terra e tremante dalla paura. Fu proprio la più piccola del gruppo ad avvicinarsi all'amica e a tentare di consolarla -non temere, sono sicura che anche questa volta il nostro Takeru ha una soluzione per tutto-.
Il piccolo pollicino del gruppo sorrise all'amica e annuì timidamente -forza, per di qua- disse facendo un cenno con la mano e invitandoli a seguirlo.
Il gruppo di digiprescelti camminò per un tempo indefinito, per alcuni parve un'eternità, per altri molto meno. Ad un tratto il giovane Takeru si immobilizzò e si guardò intorno confuso -non capisco...-.
Il suo sussurro fu udito dall'intero gruppo. Yamato si avvicinò a lui e gli appoggiò una mano sulla spalla -va tutto bene?-.
Il ragazzo scosse il capo e si voltò verso gli amici -qualche digimon deve aver mangiato la mollica di pane che ho lasciato a terra questa mattina-.
Joe si impanicò all'istante -non torneremo mai più a casa, me lo sento- urlò sconsolato scuotendo il capo.
-Ecco, lo sapevo io- aggiunse Mimi in coda al gruppo -non avremmo dovuto seguire Takeru, lui è... così piccolo!-.
Yamato scosse il capo -Takeru per lo meno ha fatto qualcosa-.
-Meglio di te che te ne resti lì a piangere e dimenarti come un'isterica- aggiunse Taichi.
La notte calò prepotentemente su di loro e i digiprescelti furono costretti ad accamparsi in una radura sterrata. Yamato ancora una volta cullò i suoi amici nel sonno grazie alla triste melodia che fuoriusciva dalla sua fisarmonica.
Il giorno seguente Koushiro, il più saggio del gruppo, prese coraggio e indicò un punto indefinito verso la foresta -se laggiù sorge il sole e- si voltò dalla parte opposta -qua cala, significa che il monte Mugen si trova da quella parte-.
Il suo dito puntava lontano nello spazio. Takeru subito stortò il naso: non era convinto di quella deduzione. Digiworld era sì simile al mondo terrestre, ma non possedeva le stesse nozioni fisiche della Terra e di conseguenza non era soggetto alle medesime leggi.
Il gruppo, in ogni caso, decise di seguire il più saggio e intraprese la via da lui indicata.
-Mi pare di vedere una luce, laggiù- disse Joe indicando oltre la collina. Il sole stava iniziando nuovamente a tingersi di rosso, il che significava che i ragazzi avevano vagato per quella landa ricca di vegetazione per quasi una giornata intera.
-La vedo anche io!- rispose entusiasta Mimi sventolando le mani all'aria emozionatissima.
Gli otto amici raggiunsero una maestosa casa di campagna. A dirla tutta appariva un po' come una piccola cittadina in rovina.Taichi prese coraggio e bussò all'abitazione facendo riecheggiare il suo tocco in tutta l'area circostante.
Un digimon dall'aspetto felino aprì la porta presentandosi -Sono Leomon e voi chi siete bambini?-.
-Ci siamo persi nel bosco e non sappiamo come tornare a casa- rispose Takeru facendosi strada verso il digimon -vi prego, lasciateci entrare o rischiamo di venir divorati da qualche digimon notturno-.
Leomon appariva piuttosto titubante, ma aprì loro ugualmente la porta e li invitò ad entrare.
-Potete dormire nel granaio sul retro e rifocillarvi, ma domattina dovrete alzare le tende e tornare sui vostri passi- disse loro poco convinto -sapete, qui vive Ogremon, un digimon orco di livello campione, noto per il suo appetito insaziabile-.
Mimi impallidì e si strinse forte a Yamato il quale non lasciò trapelare il proprio timore neanche in quell'occasione. Joe spalancò gli occhi e raggiunse subito l'amico Koushiro, il quale tremava sull'uscio della porta proprio come una foglia.
Taichi guardò il gruppo di amici ma non trovò alcuna parola di conforto per loro. Fu allora che Takeru prese l'iniziativa e ringraziò Leomon per la sua ospitalità accettando suo malgrado di passare la notte in quell'abitazione -non credo ci siano alternative migliori per il momento-.
Il gruppo di amici lo seguì e si scaldò con un piatto di minestra e una tazza di thé calda. Leomon nascose poi il gruppo di digiprescelti sul retro del casolare e preparò la cena per l'amico Ogremon nella speranza di saziare il suo gigantesco stomaco.
Non ci volle molto prima che il digimon dalle sembianze di un orco rincasò. Leomon lo accolse con calore accompagnandolo subito verso la sua cena e abbondando con le razioni. Ma Ogremon, per quanto fosse stolto, annusò subito un odorino singolare nell'aria -questo profumino... da dove arriva?- domandò all'amico.
-Sarà l'odore di lardo, l'ho messo sulla brace poco fa- spiegò l'altro digimon divagando.
-Assolutamente no! Il mio naso non mi inganna. Ciò che sento è odore di.. di qualcosa che mi solletica il palato!- rispose il digimon con un grigno prima di allontanarsi dalla stanza.
Ogremon raggiunse come una furia il granaio scovando senza grosse difficoltà il gruppo di ragazzini impauriti -volevi fregarmi!- urlò contro Leomon con gli occhi accesi dalla rabbia.
I ragazzini uscirono dal proprio nascondiglio e si inginocchiarono davanti all'orco temendo da subito il peggio.
-Vi supplico, risparmiate la nostra vita!- disse Mimi in preda ad una crisi di nervi -siamo tutti pelle ed ossa e per di più abbiamo un cattivissimo sapore-.
-Leomon, sbrigati e prepara subito un pentolone di acqua bollente, voglio vedere questi ragazzini cotti entro un paio di ore- grugnì Ogremon non facendosi impietosire dalle parole della giovane.
-Ma amico mio, sul tavolo c'è già ogni tipo di bontà possibile, vorrai mica farmi buttare tutto?- domandò l'altro digimon cercando di convincere il primo.
Ogremon tentennò un paio di minuti prima di guardare sott'occhi i ragazzi -in effetti sarebbe un peccato...- aggiunse -rimpinzali ancora come si deve, così per domattina saranno già ben che farciti-.
Gli otto digiprescelti vennero accompagnati da Leomon nelle proprie stanze dove trovarono otto lettini pronti ad accoglierli.
-Mi spiace...- sussurrò Leomon prima di lasciarli soli nella stanza.
Takeru attese che tutti i suoi amici si fossero addormentati prima di alzarsi dal proprio giaciglio e uscire dall'uscio fino a raggiungere la stanza affianco alla loro.
-Se non ho visto male...- sussurrò aprendo la porta. Ed in effetti non aveva visto male. All'interno della stanza trovò otto digimon allo stadio primario, i quali indossavano otto coroncine d'oro. Takeru giocò d'astuzia e raccolse le otto coroncine per poi poggiarle sul capo degli amici e sul proprio -giusto per sicurezza nel caso in cui a Ogremon venga un ripensamento durante la notte-.
E così in effetti fu. Il digimon durante la notte sentì la necessità di terminare ciò che aveva lasciato in sospeso. Afferrò il coltello più affilato che aveva e si insinuò nella stanza dei ragazzi. Arrancò al buio della stanza fino a raggiungere uno dei giovani e toccare sulla sua testa la coroncina -oh caspita, stavo per uccidere i miei pupilli anzichè quei saporiti ragazzini!-.
Fu così che uscì dalla stanza e sgozzò inconsapevolmente i propri digimon. Lo scambio delle coroncine fu un successo.
Con il sorgere dei primi raggi, Takeru svegliò velocemente gli amici e li invitò a lasciare il prima possibile quel luogo tanto nefasto. I digiprescelti ancora una volta si trovarono a vagare nell'ignoto, senza un tetto sulla testa e nulla da poter infilare nello stomaco. L'unica sicurezza che avevano, ora come ora, era quella di essere scampati alla furia inaudita di Ogremon e di essere lontani miglia dal suo casolare. Nel frattempo quest'ultimo si era svegliato di buon umore, con la macabra idea di potersi fare uno spuntino mattutino a base di digiprescelti. Inaudito e devastante fu invece lo scenario che gli si parò davanti: i suoi otto digimon preferiti sgozzati nel sonno.
Leomon puntò subito il dito contro l'amico incolpandolo di ciò che era accaduto. Ogremon carico di rabbia si allontanò a grandi falcate dalla sua abitazione fino a raggiungere Seraphimon, un digimon di tipo volatile, che gli permise di raggiungere facilmente i ragazzi. Ad aiutarlo fu anche il suo eccellente olfatto che lo confusse presumibilmente nel luogo in cui i ragazzi si erano rifugiati. I digiprescelti si erano, infatti, rintanati nella palude dei Gekomon.
Quando Ogremon raggiunse quella landa puzzolente, i Gekomon avevano aiutato i digiprescelti a nascondersi dietro una grande quercia. Takeru e i suoi amici controllavano ogni mossa del digimon nemico pronti ad un'eventuale fuga qualora si fosse reso necessario. Per fortuna l'orco pareva piuttosto stanco a causa del viaggio intrapreso, tanto da addormentarsi beatamente in una pozza di fango.
Takeru ebbe subito un'idea e, raggiunto il nemico, invitò Seraphimon ad aiutarlo nel suo intento. Fu il suo cuore puro a convincerlo. Il digimon angelico venne investito dalla carica di speranza che quel giovane portava nell'anima. Con l'aiuto del suo nuovo amico, Takeru volò nuovamente nella città dei giocattoli dove trovò Leomon distrutto per la perdita subita nella notte.
-Leomon!- urlò ancora sul dorso di Seraphimon -Ogremon ha bisogno del tuo aiuto!-.
Il grande digimon felino accolse la richiesta del ragazzo senza esitazione, ancora troppo assorto nel suo lutto -cosa posso fare per te giovane digiprescelto?-.
-Ho bisogno dei digivice che possedete- rispose Takeru senza esitazioni -ho visto che li custodite nella stanza delle digiuova-.
Vista la titubanza del digimon, il ragazzo fu costretto a mentire una seconda volta -solo così potremo liberare Ogremon dai Gekomon-.
-Ogremon è stato preso prigioniero dai Gekomon?- domandò Leomon senza realmente interessarsi della risposta. Takeru annì, mentre Leomon non ebbe bisogno di sapere altro, voleva solo rimanere da solo per poter rimpiangere le anime a lui care appena perdute. Diede al giovane ciò di cui aveva bisogno e lo cacciò via con un ruggito. Takeru raggiunse gli amici e li scortò a casa distribuendo loro i digivice.
Una volta destato dal proprio sonno, Ogremon tornò sconsolato a casa non trovando più né i digiprescelti né il proprio digimon volatile. Al suo rientro fu investito da mille sentimenti, rabbia, odio, disonore e vergogna per aver fallito, per aver ucciso le proprie creature e per essersi fatto fregare da un branco di mocciosi. Da quella notte si narra che l'orco scappò dalle proprie terre per nascondersi nell'ignoto senza far mai più ritorno.
La storia si conclude con la vittoria indiscussa dei digiprescelti sul mondo digitale.
Gli otto ragazzini fecero ritorno al castello di Gennai trionfanti, reduci da un'avventura pazzesca. E tutto per merito del più piccolo del gruppo.
Grazie ai loro digivice riuscirono ad addestrare i propri digimon e a compiere grandi imprese. Ma, come già sapete, questa è un'altra storia!
  
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