Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: heliodor    19/03/2020    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Assaggiare la sconfitta

 
Gladia si trascinò lungo la strada. Il fianco le faceva male lì dove Bryce aveva sferrato uno dei suoi colpi e le gambe reggevano a stento la fatica.
Un paio di volte era quasi crollata. Per sostenersi si era appoggiata al muro esterno di una casa, una delle tante che erano state abbandonate.
La battaglia si era spostata attorno al palazzo di Skeli, circondato dai soldati di Malinor che ora sciamavano per le strade uccidendo tutti quelli che non indossavano il mantello o le insegne nere e oro.
Gladia si tenne distante dall’edificio, tenendo sott’occhio l’ingresso principale, lo stesso dal quale Bryce doveva essere passata minuti prima.
O erano ore?
Il tempo aveva perso importanza. Non sapeva per quanto tempo era rimasta nella piazza a leccarsi le ferite.
La strega dorata le aveva impartito una lezione severa, ma non l’aveva finita. Gladia le aveva detto del pericolo che correva affrontando Skeli nel suo palazzo, ma a lei non era sembrato importare.
Bryce si era diretta al palazzo senza esitare, come se sperasse di trovare lì il proprio destino. O la sua fine.
Gladia sperava che non avvenisse. La sua morte poteva significare la fine dell’alleanza che Andew aveva riunito con così tanta cura e pazienza. Già il fatto che avesse disertato metteva a rischio il loro progetto, ma non c’era niente di definitivo come la morte.
La principessa di Valonde poteva essere rimessa sulla giusta strada, perdonata per ciò che aveva fatto e il re poteva concederle una seconda possibilità.
Ma se era morta…
Gladia scacciò quel pensiero e si raddrizzò.
Devo aiutarla, si disse. Anche se significa affrontare l’esercito di Malinor e poi Skeli, devo fare qualcosa.
Si sentiva in colpa per non essersi opposta al folle piano di Skeli. Lei l’aveva costretta minacciando di uccidere Robern.
Si era detta che l’aveva fatto solo per proteggere ciò che Robern significava adesso, non quello che aveva significato per lei in passato.
Quell’uomo per lei era morto. Più che morto. Se avesse potuto, l’avrebbe cancellato dalla sua esistenza.
Ma il Robern di adesso era importante. Poteva essere il loro unico legame con Malag e la sua orda. Poteva essere il solo in grado di attirare l’arcistregone fuori dalla sua tana e metterlo in trappola.
Ma per infliggergli il colpo mortale le servivano Eryen e Bryce. Soprattutto ora che Bardhian poteva essere morto nell’attacco a Malinor.
Solo Eryen non ce l’avrebbe fatta contro Malag e i colossi di Persym. Le servivano tutte e due.
Fece un altro passo verso il castello, ignorando il dolore che le dilaniava il fianco. Non osava guardare la ferita per scoprire che era più grave di quanto pensasse.
Stava per appoggiarsi di nuovo al muro della casa, quando un tremito scosse la strada e gli edifici.
Un terremoto, pensò sgomenta. Proprio in questo momento? Che prodigio è mai questo?
Poi alzò la testa e capì cosa stesse succedendo davvero.
Dal palazzo di Skeli si levavano lingue di fuoco rosse e purpuree che sembravano voler sfidare il cielo. La violenza delle fiamme era tale da farsi strada nella pietra, spaccandola. Le fiamme avvolsero l’edificio circondandolo. Una parte di esse si trasformò in fuoco liquido che come un’onda di marea si abbatté su tutto ciò che si trovava lì attorno.
Vide i soldati venire investiti dalle fiamme e bruciare all’istante. I più fortunati riuscirono ad allontanarsi in tempo venendo solo lambiti dal fuoco e altri, quelli che indossavano il mantello, sfidarono le fiamme con i loro scudi magici, alcuni per salvare quelli che si erano attardati.
Il fuoco arse così intenso da abbagliarla. Ma se gli occhi erano ciechi, le sue orecchie poterono udire le grida di dolore e terrore di chi stava bruciando nella piazza antistante il palazzo e sopra ogni cosa, il rombo assordante della pietra che si spezzava.
In mezzo a quel tripudio di fiamme, il palazzo di Skeli si accartocciò su sé stesso, crollando pezzo dopo pezzo. Prima le alte guglie sulle torri, poi le torri stesse seguite dalle mura di collegamento e infine, il maschio stesso, l’edificio più imponente di Orfar, crollò avvolto dal fuoco che lo stava consumando dall’interno e dall’esterno.
Una nube di polvere e fuliggine invase il cielo e le strade di Orfar giungendo fino a lei.
Gladia tossì e si protesse la bocca col dorso della mano, stringendo gli occhi. Il calore sprigionato dall’incendio era così intenso da farla sudare. Il vento caldo che giungeva dalle macerie ancora in fiamme le schiaffeggiò il viso.
Aggrappata alla casa in macerie cercò scampo dietro una delle mura, rannicchiandosi in un angolo.
Dopo qualche minuto, aprì gli occhi. La polvere e la fuliggine si stavano posando, rendendo sfumati i particolari della strada.
Barcollando, si portò sulla strada e guardò verso il palazzo. Al suo posto, ora poteva vedere un tratto di cielo grigio.
Una sola torre era ancora in piedi e attaccata a essa un tratto di mura lungo una ventina di passi. Disseminati lungo la piazza vi erano centinaia di corpi carbonizzati da cui si levavano sottili spire di fumo.
Mantelli e soldati di Malinor si erano ritirati a due o trecento passi e osservavano con occhi sgranati la scena.
Altri gridavano ordini che si perdevano nel silenzio spettrale che era calato sulla città.
L’ultima follia di Skeli, pensò Gladia. Ecco a cosa ci ha portati.
Provò ad avvicinarsi alle rovine, ma il calore che soffiava da esse la respinse come una barriera invisibile. Non c’erano incendi visibili ma l’aria era lo stesso rovente.
È la pietra stessa che è calda, pensò. Solo i demoni sanno quanti incantesimi si sono sprigionati tutti in una volta.
Prima di allora, in passato, aveva assistito a una simile potenza. Era accaduto anni prima, durante la campagna contro Vulkath e i suoi adepti.
Allora si era detta certa che mai più avrebbe visto simili prodigi, ma poi erano arrivati Malag e la sua orda, i colossi e ora il palazzo di Skeli.
Un sodato di Malinor passò correndo, incespicò e si rialzò riprendendo la corsa. Gladia ebbe una fugace visione del viso dell’uomo contratto dalla paura.
Due soldati ne trascinavano un terzo per le ascelle. Sembrava svenuto o forse era già morto, non sapeva dirlo.
Una ragazza dai capelli sporchi di fuliggine e il corpo esile, era inginocchiata al fianco di un uomo di mezza età che si lamentava.
Gettando una rapida occhiata ai due, Gladia colse il viso dell’uomo devastato e irriconoscibile per le ustioni. Entrami indossavano il mantello nero e oro.
Due soldati si stavano azzuffando tra di loro, gli scudi e le lance buttati a terra. Li ignorò e proseguì fino a un drappello di mantelli e soldati che marciavano con cautela verso la fortezza rasa al suolo.
“La principessa era nel palazzo quando è venuto giù” stava dicendo uno dei soldati con tono lamentoso.
“Lo so” rispose uno col mantello. “L’ho vista anche io entrare con Gressen e gli altri.”
“Saranno tutti morti.”
“Dobbiamo controllare lo stesso” ribatté lo stregone.
“Ma…” fece il soldato.
Lo stregone lo afferrò per la collottola. “Scaveremo finché non l’avremo ritrovata, hai capito? Chiama tutti quelli che si reggono in piedi e digli di venire qui. Scaveremo tutta la notte e tutto il dannato giorno se sarà necessario.”
“Troveremo solo cadaveri” si lamentò il soldato mentre si allontanava.
Lo stregone mormorò qualche maledizione tra i denti e solo allora sembrò accorgersi di Gladia al suo fianco.
“E tu chi sei, per i demoni? Vattene o ti farò giustiziare.”
Gladia diede un leggero strattone al suo mantello.
“Porti i colori di Taloras” disse lo stregone. Il suo viso si illuminò. “Tu sei l’inquisitrice?”
Gladia scrollò le spalle.
“Ti chiedo scusa, non ti avevo riconosciuta. Stavi duellando con la strega dorata.”
“Hai buoni occhi.”
“È morta? L’hai uccisa?”
“Mi ha risparmiato la vita.”
“Ed è fuggita?”
“No. Sarà lì sotto insieme a Klarisa.”
E Robern e Alion, si disse. Quale immane tragedia si è consumata in questa città? Potremmo aver perso la guerra, oggi.
I malinoriani formarono una decina di catene umane per rimuovere le macerie iniziando da quelle più esterne e procedendo verso l’interno a mano a mano che si raffreddavano.
“Eccellenza” disse uno dei soldati avvicinandosi.
Lo stregone gli rivolse un’occhiataccia. “Che c’è? Perché non sei con gli altri a scavare?”
“Abbiamo catturato due orfariani.”
“Uccideteli. Non possiamo occuparci dei prigionieri.”
“Credo che dovresti vederli di persona.”
“Che hanno di così speciale?”
Il soldato guardò Gladia.
“Parla” lo esortò lo stregone.
“Dovresti vederli” ripeté l’altro.
“Portali qui” disse lo stregone spazientito. “E fa che ne sia valsa la pena o ti farò punire.”
Il soldato corse via.
“Non mi hai detto il tuo nome” disse Gladia.
“Hobik” rispose lo stregone.
Il soldato tornò accompagnato da due stregoni col mantello nero e oro e quattro soldati armati di lancia. In mezzo a loro, uno stregone col mantello rosso e giallo e quello che sembrava un ragazzo che si guardava attorno intimorito.
Gladia non aveva bisogno di osservarli meglio. Li conosceva bene.
 “Sono loro?” chiese lo stregone di Malinor.
Il soldato di prima annuì. “Li abbiamo trovati poco fuori le mura. Cercavano di allontanarsi, ma li abbiamo bloccati.”
“I vostri nomi” disse Hobik.
Takis, il comandante che era stato al servizio di Skeli, si fermò davanti a Hobik e lo squadrò dalla testa ai piedi. “Sei tu che devi presentarti per primo.”
Il malinoriano inspirò una boccata d’aria. “Non farmi perdere tempo.”
“Hobik” disse Gladia con tono calmo. “Lui è Takis di Orfar. È il comandante del circolo della città.”
Lo stregone di Malinor annuì. “E l’altro?”
“È il principe Kymenos, primogenito e unico figlio di Skeli e legittimo erede al trono di Orfar” disse Takis con orgoglio.
Hobik annuì. “Comandante del niente e principe delle macerie. Mi siete utili quanto quelle pietre lì” disse indicando il palazzo crollato. “Che cosa me ne faccio di voi due? Dovrei farvi giustiziare qui e subito.”
“Non sono prigionieri qualsiasi” disse Gladia. “Sarebbe uno spreco inutile.”
Hobik le rivolse un’occhiata di traverso. “Intendi darmi degli ordini, inquisitrice?”
“Ti stavo solo consigliando, eccellenza” rispose Gladia. “Il principe merita un trattamento di riguardo.”
“Lo farò impiccare con rispetto” disse Hobik. “Ora, se permetti, avrei altro da fare.”
“Hobik” disse Gladia con voce ferma. “Devo ricordarti con chi stai parlando?”
L’altro la fissò interdetto.
“Parlo a nome del mio ordine” proseguì Gladia. “Noi non ci schieriamo nelle guerre, ma siamo sempre dalla parte dell’ordine e della stregoneria. Se uccidi Kymenos, privi Orfar del suo sovrano legittimo. Ciò vuol dire che salirà al trono un usurpatore secondo qualsiasi legge del mondo conosciuto.”
“Non vedo come possa importarmi.”
“Dovrebbe invece” disse Gladia con tono secco. “Il mio ordine non potrebbe tollerare la presenza di un usurpatore e sarebbe costretto a chiederne ragione ai responsabili. Dopo ovviamente aver provveduto a ripristinare l’ordine.”
Hobik socchiuse gli occhi. “Mi stai minacciando?”
“Ti sto consigliando” disse. “Per il tuo bene, non renderti responsabile di ciò cha accadrà a Orfar. Malinor non è più un rifugio sicuro per chi si macchia di un crimine e il mio ordine ha dimostrato nei millenni di essere molto determinato nel perseguire chi viola leggi millenarie.”
Lo stregone annuì. “Comprendo la tua preoccupazione, inquisitrice. Non voglio creare problemi al tuo ordine.” Si rivolse ai soldati. “Portateli in un luogo sicuro. Nessuno faccia loro del male o ne risponderà a me. È chiaro?”
I soldati fecero per portare via Kymenos e Takis.
“Grazie” disse lo stregone di Orfar.
Gladia scosse la testa. “Non farlo. Ti ritengo responsabile per ciò che è accaduto qui oggi e per le azioni di Skeli. Tu sapevi e non hai fatto niente per impedire questo crimine.”
“Pagherò per le mie colpe” disse lo stregone. “Ma almeno ho fatto il mio dovere. Alla fine” aggiunse indicando il principe con un gesto della testa.
Gladia stava per rinfacciargli di aver permesso l’uso della stregoneria proibita e che per questo c’era la pena di morte o l’esilio a Krikor, quando udì delle grida che la fecero trasalire.
I soldati si erano accalcati attorno a uno dei cumuli di macerie. Alcuni gridavano, altri si sbracciavano. Dall’apertura che era stata praticata estrassero una figura umana così ricoperta di polvere da essere irriconoscibile. Gli unici particolari che riuscì a cogliere furono i capelli lunghi e grigi e il moncherino al posto della mano sinistra. L’assenza di sangue le suggerì che aveva subito quella ferita prima di restare sepolta sotto il palazzo di Skeli.
I soldati trasportarono a braccia la figura e la posarono a terra con delicatezza. Due uomini con lunghe tuniche bianche vennero scortati fino alla figura.
Gladia si scordò di Hobik e si avvicinò per guardare meglio.
Uno dei guaritori stava esaminando la figura mentre l’altro lavava via lo sporco e la fuliggine con una pezza bagnata.
Gladia fu colpita quando vide emergere il viso di Klarisa. La principessa di Malinor spalancò gli occhi e afferrò uno dei soldati respingendo il guaritore che le stava tastando il costato, forse alla ricerca di qualche frattura.
La donna si alzò a fatica, il respiro pesante e gettò un’occhiata a quelli che si stavano radunando lì attorno.
In quel momento altre grida provennero dallo stesso punto in cui era stata estratta. I soldati stavano aiutando una seconda figura umana a venire fuori dal cumulo. Dietro di questa si intravedeva una grossa lastra di bronzo, forse ciò che restava di una porta, piegata e annerita.
I soldati aiutarono il sopravvissuto a uscire dal riparo sotto le macerie.
No, non è un semplice sopravvissuto, pensò Gladia sentendo rifiorire per un attimo la speranza quando vide i capelli biondo oro e la figura slanciata ergersi in piedi.
Bryce di Valonde allontanò i soldati e barcollò per un paio di passi prima di raddrizzarsi. Nella mano destra aveva qualcosa, un cerchio di metallo che brillava sotto il sole.
Come Klarisa era ricoperta di fuliggine e polvere e il viso e la tunica erano rigate dal sangue che doveva aver perso da numerose ferite, ma stava bene.
“Uccidetela” gridò Klarisa con voce stridula. “Uccidete la strega dorata, che aspettate? È un ordine.”
Bryce, se l’aveva sentita, la ignorò e proseguì nel suo incedere lento, come se stesse misurando con attenzione ogni singolo passo.
“Uccidetela, ora” gridò Klarisa come in preda al delirio.
Gladia colse un movimento tra i soldati e i mantelli di Malinor che potevano aver ascoltato quegli ordini deliranti.
Senza esitare balzò verso la principessa di Valonde e si frappose tra lei e i malinoriani.
Hobik, che doveva aver sentito gli ordini di Klarisa, stava radunando mantelli e soldati attorno a sé.
“Fatti da parte, inquisitrice” disse lo stregone.
“La principessa di Valonde è mia prigioniera” disse Gladia. “Avete visto anche voi che si è consegnata a me.”
“È una rinnegata” disse Hobik. “È giusto che muoia, in base alle leggi del mondo conosciuto.”
“No” esclamò Gladia. Si rivolse a Bryce, che scrutava quei visi ostili con espressione serena, come se fosse pronta a morire lì e in quel momento. “Vai via” le disse. “Mettiti in salvo. Svelta.”
Bryce scosse la testa. “Vyncent è vivo” disse. Sul suo viso apparve un mezzo sorriso. “È vivo, capisci? Avevo perso ogni speranza di rivederlo, di poter persino piangere sulla sua tomba e invece…”
“Vattene” la esortò Gladia.
Hobik insieme a mezza dozzina di mantelli e una ventina di soldati prese ad avanzare verso di loro.
“Levati di mezzo, inquisitrice.”
“Uccidete anche lei” gridò Klarisa. “È una rinnegata. Si è alleata con Skeli. Ha tradito il suo ordine e complottato per distruggere Malinor.”
Gladia evocò i dardi magici. “Il mio ordine non lascerà impunita la mia morte” disse cercando di apparire minacciosa.
“Uccidetela” strepitò Klarisa.
“Nessuno tocchi l’inquisitrice” disse una voce alle sue spalle.
Le teste dei soldati e di quelli che indossavano il mantello si voltarono di scatto. Gladia ne vide un paio impallidire. Alcuni si inginocchiarono deponendo la lancia e lo scudo a terra.
Klarisa si girò di scatto e fece un passo indietro.
A una ventina di passi da lei, re Alion di Malinor scrutava i visi di quelli che si trovavano nella piazza invasa dalle macerie.
Accanto a lui Gladia riconobbe Falcandro e la mercenaria dalla pelle scura che tutti conoscevano come Nara la sorridente.
Poco più indietro c’era un uomo che non aveva mai visto e, accanto a lui, uno che conosceva bene. Era Robern. Un passo a lato, il malinoriano dal viso segnato dal fuoco che una volta aveva lasciato libero, Brun.
“Tu” disse Klarisa. “Proprio non vuoi deciderti a morire.” Rise come avrebbe fatto una donna in preda al delirio per la febbre alta. “Uccideteli. Tutti” gridò.
Hobik e gli altri stregoni si scambiarono una lunga occhiata. I soldati invece si inginocchiarono e deposero a terra lo scudo e la lancia. Ben presto tutti furono in ginocchio e gli unici in piedi erano Klarisa. Gladia e Bryce.
La principessa di Malinor chinò la testa in avanti e prese a singhiozzare.
Re Alion avanzò tra due ali formate da soldati e mantelli neri e oro.
“Maestà” venne ripetuto decine di volte mentre passava in rassegna le fila.
Hobik andò incontro al re e lui gli fece un cenno con la testa indicando Klarisa.
“Scortatela in luogo sicuro. Che non le venga fatto del male finché io non avrò preso una decisione.”
Hobik annuì e si allontanò.
Re Alion proseguì verso di lei. “Io ti saluto” disse rivolgendosi a Gladia.
“E io saluto te” rispose. “Per una volta sono contenta di vederti” aggiunse cercando di non sembrare troppo irriverente.
“Mai che mi mostri un po’ di gratitudine, inquisitrice. Ti ho appena salvato la vita.”
“Da tua figlia che voleva privarmene ingiustamente.”
“Immagino che questo sia il tuo modo di dirmi grazie” fece lui mostrandole un ampio sorriso. “Grazie per aver mandato qualcuno a salvarmi. E grazie anche a te, Bryce di Valonde.”
Bryce annuì.
“Che cosa ne sarà di Klarisa?” domandò Gladia.
“Ci devo pensare.”
“Ha cercato di eliminarti.”
“Io avrei fatto lo stesso” ammise Alion.
“Voi malinoriani siete pazzi” disse Gladia.
Il re scrollò le spalle. “Ci sono molte cose di cui dobbiamo discutere.”
“Ho io qualcosa da dire” disse Bryce ad alta voce. “La regina Skeli è morta nel crollo del suo palazzo.” Alzò la mano che reggeva l’oggetto metallico. “Questa è la sua corona e appartiene al suo legittimo erede.” I suoi occhi vagarono fino a fermarsi sul principe di Orfar e Takis ancora nella piazza.
Gladia aveva dimenticato che erano presenti.
Bryce gettò la corona ai piedi di Kymenos facendola rimbalzare sulle pietre. Il principe si ritrasse inorridito a quella vista come se gli avessero buttato addosso un topo morto.
“Indossala” disse Bryce con tono perentorio.
Kymenos fece di no con la testa.
“Fallo” ribadì Bryce.
Takis prese la corona e la pose con delicatezza sulla testa di Kymenos.
Bryce camminò verso i due e si piazzò di fronte a loro, ma rivolgendosi a tutti quelli presenti nella piazza. “Kymenos di Orfar, alzati in piedi.”
Takis sollevò il ragazzo che, aggrappandosi all’uomo, tremava e sembrava reggersi a stento.
“Skeli è morta” disse Bryce ad alta voce. “La guerra contro la regina folle è terminata. Da oggi in poi Orfar sarà un fedele alleato di Malinor e dell’alleanza che sta combattendo a nord. Non è così, re Kymenos?”
Takis gli fece cenno di annuire e il ragazzo ubbidì dopo un attimo di esitazione.
“Il tuo primo editto sarà di accogliere in città i profughi che sono fuggiti dopo la distruzione di Malinor. I cittadini di Orfar, da bravi alleati, condivideranno con loro il cibo e un luogo caldo dove poter dormire.”
Kymenos annuì dietro suggerimento di Takis.
Bryce guardò Alion. “I malinoriani si impegneranno a rispettare le leggi di Orfar per tutto il tempo che resteranno qui e quando la loro città sarà ricostruita, vi ripagheranno di ogni perdita subita.”
Il re fece una smorfia ma si ritrovò ad annuire.
“Le forze di Orfar si uniranno a quelle dell’alleanza” proseguì Bryce. “Re Kymenos invierà a nord metà del suo esercito e metà dei suoi mantelli, più tutti quelli che vorranno liberamente unirsi a noi nella lotta.”
Kymenos annuì di nuovo.
“Infine” disse Bryce. “Re Alion farà lo stesso, mettendo a disposizione dell’alleanza metà delle sue forze.”
Stavolta il re la fissò con aria di sfida. Guardò i suoi soldati e i suoi mantelli e non uno lo stava osservando. Gli occhi di tutti erano puntati su Bryce.
“Faremo come dice la principessa di Valonde” esclamò re Alion. “E io andrò al nord di persona con tutti quelli che vorranno accompagnarmi. Ma al comando di questa armata ci sarà lei” disse indicando Bryce. “La strega dorata.”
“Strega dorata” gridarono streghe e stregoni di Malinor.
“Strega dorata” fecero loro eco i soldati battendo le lance sugli scudi.
Gladia si mosse verso Robern e Falcandro, ma fu Brun ad intercettarla per primo.
“Eccellenza” disse lo stregone dal volto sfregiato. “Mi serve il vostro aiuto. Dovete trovare un guaritore.”
“Non sembri ferito” disse Gladia.
“Non è per me, è per Marq. È molto grave e potrebbe morire.”
 
***
 
Quando aprì gli occhi, gli apparve il viso di Brun che lo guardava con espressione affranta. Tossì e fece una smorfia. “Che ci fai qui?” chiese con voce impastata dal sonno. “Non dirmi che mi ha vegliato per tutta la notte come al solito.”
“Potevi avere bisogno di qualcosa” si difesa Brun.
“Ti ho già detto che posso badare a me stesso. Devi riposarti o crollerai per la stanchezza.”
“Ma Falcandro dice che non puoi alzarti o sollevare oggetti.”
“Falcandro” esclamò. “Sembra che tu abbia proprio legato con quell’erudito.”
“Ti ha aiutato molto. I guaritori disperavano di salvarti, ma lui era convinto del contrario. È stato lui che…”
“Sì, sì” disse con tono annoiato. “Me l’hai già raccontata questa storia. Che ne diresti di portarmi qualcosa da mangiare?” Gettò una rapida occhiata fuori dalla tenda. “Ci siamo fermati?”
Brun annuì.
“Motivo?”
“Ogni tanto gli eserciti in marcia devono fare delle soste. Sai, per far riposare i cavalli e i soldati.”
“Non c’è bisogno che me lo spieghi. Pensavo che Bryce e Alion avessero una certa fretta di arrivare a nord.”
“Le loro intenzioni non sono cambiate.”
“Hai osservato i colori delle loro parole?”
Brun scosse la testa. “Lady Gladia me l’ha proibito. Dice che se proverò a farlo lei se ne accorgerà e mi farà punire.”
“E tu le credi?”
Brun si strinse nelle spalle. “Le sue parole erano bianche.”
Marq ghignò. “E l’altro nostro amico, quello che ci ha salvati?”
“Ti riferisci allo stregone col mantello azzurro, l’amico di Gladia?”
Annuì.
“Sta ancora bene. Io però credo che lui e Gladia non siano solo amici. O che non siano stati solo questo in passato.”
Marq sospirò. “Dodur. Mi chiedo se sia quello il suo vero nome.”
“Non lo è.”
“Ti chiederei di indagare su di lui, ma penso che Gladia te la farebbe pagare. Se sono così legati…”
“La principessa Bryce mi ha fatto la stessa richiesta, un paio di giorni fa.”
Marq si fece attento. “E tu che hai fatto?”
“Niente. Le ho detto le stesse parole che ho usato con te.”
Una mano ossuta scostò il velo della tenda e Falcandro si chinò per entrare. “Come stai?” chiese mentre si inginocchiava al suo fianco.
Marq giaceva su una stuoia imbottita con foglie secche. Aveva un cuscino che gli teneva alzata la testa e dei legacci di cuoio con dei pesi che gli avvolgevano i fianchi.
“Bene” disse.
Falcandro esaminò l’imbracatura.
“Dovrò restare legato per molto?” chiese.
“Ti dà fastidio?”
“No, ma mi sentirei meglio se potessi muovermi e alzarmi.”
“Dovrai restare disteso per un altro paio di giorni” disse l’erudito. “Devi dare tempo alle tue ossa di saldarsi. La schiena è delicata e tu hai subito un danno molto grave.”
Marq mosse le gambe. “Ho conosciuto gente con la schiena spezzata e non riuscivano a muoversi. Io sto meglio di loro, non credi?”
“Meglio sì, ma non di molto. Basterebbe un movimento sbagliato per rovinare tutti i miei sforzi.”
Marq sbuffò. “Dimmi almeno se guarirò.”
“Potrai camminare e muoverti, ma non ti assicuro una guarigione completa. È probabile che avrai sempre un dolore alla schiena dopo uno sforzo intenso.”
“Me ne farò una ragione. Tra due giorni mi toglierai questi legacci, dunque?”
“Tra due giorni ti visiterò di nuovo e se starai davvero meglio, penserò al modo di toglierteli senza procurarti un danno peggiore.”
Marq si accigliò. “Che vuol dire?”
Falcandro si alzò e uscì dalla tenda senza aggiungere altro.
“Sto parlando con te” gli urlò dietro Marq. Guardò Brun che sorrideva. “Lo trovi divertente?”
Lui scosse la testa. “Sono felice che tu stia meglio, amico mio. Temevo di non poterti ringraziare per essere venuto a salvarmi.”
“Dovevo salvare anche altra gente lì sotto e mi serviva un alleato.”
Brun non smise di sorridere.
“Dovrei essere io a ringraziarti per aver impedito a Gressen di spezzarmi in due.”
“Dovevo salvare anche la mia, di vita.”
Stavolta fu Marq a sorridere. “Ora vai a riposarti o il prossimo a finire legato da Falcandro sarai tu.”
 
***
 
Robern sedeva sotto l’albero rinsecchito e sembrava intento a scrutare l’orizzonte con aria assorta.
È sempre stato così, pensò Gladia mentre si avvicinava. Perso in chissà quali pensieri. Peccato che fossero degli abissi insondabili.
Lui la guardò con espressione solenne. “Devi dirglielo, Gladia.”
“Prima che tu aggiunga altro” disse. “Sappi che se sei ancora vivo è perché io ho taciuto. Se le dicessi chi sei davvero, che cosa hai fatto a sua sorella e a sua madre. E a lei.” Scosse la testa. “Non sopravvivresti fino a domani. Hai visto di che cosa è capace.”
“Devi dirle la verità” disse Robern. “O lei non si fiderà mai di noi.”
 “Bryce non si fida di nessuno. In questo è uguale a suo padre. Marget era diversa.”
“Lei si è fidata di te.”
“E ha commesso un errore.”
“Ma siamo ancora in tempo per rimediare.”
“Come?” gli chiese Gladia.
“Parla con Bryce. Fidati di lei.”
Gladia trovò la principessa di Valonde nella sua tenda. Riposava su di una stuoia dopo una giornata di marcia e di addestramento. Sul viso portava ancora i segni della battaglia di Orfar.
Un paio di quelle cicatrici gliele ho fatte io, pensò Gladia con una punta di orgoglio.
Lei le aveva inferto ferite più gravi che i guaritori erano riusciti a curare.
Bryce la guardò con espressione accigliata. “Ti chiederei di entrare, ma visto che l’ha già fatto, penso sia superfluo.”
“Devo parlarti.”
“Allora parla.”
Gladia trasse un profondo sospiro. “Riguarda Dodur.”
“Il tuo amico?”
“Non è mio amico.”
“Alleato? Consigliere? Confidente?”
“In questo momento nemmeno io so come definirlo. Diciamo che condividiamo la stessa opinione su certi argomenti.”
“Riguardo a Malag, vero? Parli del vostro grande piano per attirarlo in trappola.”
Gladia annuì.
“Più te lo sento dire, meno ci credo. Come spera quel tizio di riuscirci?”
“Malag è un uomo potente, ma è solo un uomo. Può essere ingannato. Tentato. E indotto a sbagliare.”
“Finora non ha commesso molti errori.”
“Ciò lo rende fiducioso dei suoi mezzi. E debole.”
“Debole” le fece eco Bryce. “Volevi dirmi questo a proposito del tuo amico, confidente, consigliere?”
Gladia cercò le parole giuste.
“Non sforzarti inquisitrice” disse Bryce. “So chi è davvero. L’ho capito da come lo guardavi in quella piazza, a Orfar.”
Gladia tacque.
“L’ho capito dal tuo sguardo sollevato quando hai scoperto che era ancora vivo, dopo aver temuto di averlo perso per sempre.”
“Non so cosa tu abbia visto di preciso” riuscì a dire. “Ma ti sbagli.”
“È lo stesso sguardo che avrei io se ora Vyncent apparisse davanti a me, dopo essere stata certa di averlo perduto per sempre” disse Bryce.
Ha capito tutto, pensò Gladia.
“Principessa” disse. “Bryce.”
“Mio padre mi parlò di Robern poco prima che partissi per il continente antico. È stato lui a fare del male a mia sorella. A mia madre. Alla mia famiglia.” Fece una pausa. “A me.”
“È cambiato” disse Gladia cercando le parole giuste. “Non è più quello di allora.”
“E com’era una volta?”
“Un giovane sognatore” rispose ricordando ciò che aveva apprezzato di più in quel ragazzo dal naso adunco e i modi un po’impacciati. “Che aveva troppa fiducia negli altri e un sentimento troppo alto di giustizia per non farsi ingannare.”
“Ora dirai che Malag ha approfittato della sua ingenuità per attirarlo a sé.”
“Servirebbe a convincerti che è pentito e vuole aiutarci?”
Bryce la fissò per qualche istante con espressione severa, poi disse: “Voglio parlare con lui. Portalo qui.”
“Solo se mi prometti che non gli farai del male.”
“Posso solo giurare che gli darò una possibilità di parlare e spiegare a me le sue ragioni.”
 
***
 
Robern entrò nella tenda accompagnato da Gladia. Lei sembrava preoccupata, lui invece era rilassato e le lanciò un’occhiata quasi di sfida, come a dire ecco, sono qui, visto che non ho paura di te?
Invece dovresti averla, pensò Bryce. Perché dalle risposte che mi darai dipenderà la tua vita.
Robern si fermò davanti e lei, Gladia alla sua destra.
“Non sei scappato” disse Bryce.
“Sei sorpresa?” chiese lui.
“Parlami del tuo piano.”
Robern assunse un’aria grave. “Anche se ti dicessi cosa intendo fare, non capiresti. E di sicuro non approveresti.”
“Fai un tentativo.”
“Dico sul serio.”
“Così non mi lasci molte opportunità.”
“Invece sì, principessa dorata. Ti offro la possibilità di non venire coinvolta in tutto questo.”
Bryce si accigliò.
“A questo mondo esistono cose e persone peggiori di Malag. Lui non è il male assoluto. Qui non siamo in un romanzo d’avventura.”
“Piacevano a mia sorella” disse Bryce. “Tu dovresti saperne qualcosa. L’hai resa ciò che è.”
“Lo so bene” rispose l’uomo. “Più di quanto tu possa immaginare.”
“Ne sembri compiaciuto.”
“Le ho salvato la vita. E le ho risparmiato anni di sofferenze.”
“E così tu e Malag siete i buoni, mentre noi siamo i cattivi che vi perseguitano.”
“Ti sei mai chiesta perché tante persone che combattono hanno risposto alla sua chiamata?”
Bryce faticò a trattenere la rabbia. “Io vedo al suo fianco pazzi, criminali e rinnegati.”
“Lo sono diventati dopo anni di persecuzioni, violenze e ingiustizie.”
“Non siamo stati noi” disse alzando la voce.
“Ma siete stati complici” ribatté Robern. “Col vostro silenzio, la vostra inazione. Cosa vi aspettavate? Che gli oppressi non si sarebbero mai sollevati, chiedendo un trattamento migliore, più giusto?”
“Io non credo che sia affatto cambiato” disse Bryce rivolgendosi a Gladia. “Il tuo Robern è ancora un leale servitore di Malag.”
“Ti sto solo dicendo ciò che penso” disse l’uomo. “Non sono d’accordo con i metodi di Malag, ma ne condivido la visione. Lui fa solo ciò che ritiene sia giusto e necessario fare.”
“E sarebbe?”
“Ricordare a chi ha il potere che potrebbe perderlo.”
“Questa è la tua opinione in merito?”
“Mi hai fatto una domanda e io ho risposto.”
“Cosa c’entra mia sorella in tutto questo? Spiegamelo.”
“Dovresti chiederlo a Gladia. E a tua madre.”
“Non mettere in mezzo lei” disse Bryce con tono minaccioso.
“È vero” intervenne Gladia. “Marget era d’accordo, quando la coinvolsi nel progetto.”
“Quale progetto?”
“Gli Eredi non sono nati per caso” spiegò l’inquisitrice. “Ma per una precisa volontà. La nostra.”
“Volevano creare delle armi umane” disse Robern.
“Da usare contro Malag e sventare qualsiasi minaccia al mondo conosciuto” aggiunse Gladia. “Ma l‘arcistregone lo scoprì e iniziò a dare la caccia agli eredi.”
“Decideste di sacrificare mia sorella?”
Gladia annuì con tono solenne. “Marget fu d’accordo, quando le feci capire che Joyce avrebbe perso i poteri, ma non la vita.”
Bryce trasse un profondo respiro. “Vi odio. Entrambi. Voi non vi rendete conto del male che ci avete fatto.”
“Allora devi odiare anche i tuoi genitori” disse Robern.
Bryce fu tentata di colpirlo, ma si trattenne. “Gladia dice che vuoi fare ammenda delle tue azioni. Come?”
“Vi aiuterò a uccidere Malag.”
“Dimmi del tuo piano.”
Robern esitò.
“Non farmi ripetere la domanda.”
“Sarebbe meglio non svelarti i particolari, principessa di Valonde” disse Robern. “Nel caso tu o Gladia foste catturate e costrette a parlare.”
“Mi sottovaluti.”
“E tu sottovaluti Malag e i suoi mezzi. Il mio piano è semplice. Lui desidera qualcosa che io posso dargli. Farò in modo di attirarlo in un luogo convenuto, dando a voi la possibilità di eliminarlo. Ma potrebbe esserci un ostacolo.”
“Quale?”
“Persym. Ho visitato l’arcistregone prima di recarmi a Orfar e so per certo che non ha alcuna intenzione di fermarsi a Malag. Dopo che lo avrà eliminato, se ci riuscirà, rivolgerà i suoi colossi contro l’alleanza.”
“Se lo farà, lo distruggeremo.”
“Io non credo tu ti renda conto di ciò che affronterete” disse Robern. “Uno solo di quei mostri ha raso al suolo Malinor. Tutti e tre insieme potrebbero calpestare un intero continente.”
“Immagino che tu abbia pensato anche a questo” disse Bryce con tono acido.
“È un piano ardito, ma potrebbe avere successo.”
“Che cosa farai ora?”
“Andrò da Malag e darò inizio a tutto, sperando che lui non mi uccida subito senza lasciarmi il tempo di parlare.”
La mente di Bryce pensò in fretta. “Ti lascerò tentare, a una condizione. Quando andari da Malag, dovrai liberare mia sorella.”
“Non è detto che lui l’abbia mai presa” disse Gladia.
“Nondimeno, Robern dovrà portarmi la prova che Malag non la tiene o non l’ha mai tenuta prigioniera. Senza di essa, non ti darò alcun appoggio e farò in modo che il tuo folle piano fallisca. Hai compreso bene le mie parole, Robern?”
Lo stregone annuì. “Le ho comprese, principessa di Valonde.”
“Prendi un cavallo e provviste per una Luna” disse Bryce con tono deciso.
“Posso fare a meno di entrambe le cose.”
“Certo. Dimenticavo che sei abile con i portali. Una stregoneria proibita che non esiti a usare.”
“Mi ha salvato parecchie volte.”
Bryce si ritrovò ad annuire. “Ora andate. Devo riposare.”
 
***
 
Appena fuori dalla tenda, Gladia tornò a respirare senza sentire un penso sul petto. Robern invece era calmo e sereno come se non fosse accaduto niente.
“Poteva decidere di ucciderci entrambi” disse mentre si allontanavano.
“Ma non l’ha fatto” rispose lui.
“Solo perché pensa di poterne trarre un vantaggio. Parlo della sorellina morta da tempo. Spera davvero di ritrovarla.”
“E se non fosse morta affatto?”
“Non prendiamoci in giro. La principessa senza poteri è stata uccisa da Malag.”
“È stato Rancey a cercare di rapirla o sbaglio?”
“Per ordine suo. Non riesco a credere che tu lo difenda ancora.”
“Non riesco a credere che lo accusiate di ogni cosa brutta che succede nelle vostre vite.”
Gladia lottò per non afferrarlo e sbatterlo a terra. “L’arcistregone è responsabile di ogni cosa brutta che mi sia mai successa.”
“Possiamo starcene qui a discutere per ore, ma non cambieremo le nostre opinioni, temo.”
Gladia annuì decisa. “Parliamo di come sei fuggito dalla prigione. Credevo che avresti usato un portale per andartene e invece…”
Robern sorrise. “E invece ho usato il passaggio segreto di cui tu mi parlasti, quello dietro il ripostiglio.”
“Avrei scommesso sul portale.”
Il sorriso di Robern si allargò. “Solo nei pessimi romanzi d’avventura l’eroe usa un portale per salvarsi da una situazione senza uscita.”
“Tu non sei un eroe. E scommetto che con abbastanza tempo a disposizione l’avresti trovato, quel portale.”
“Diciamo che lo stavo già cercando dal giorno in cui mi hanno rinchiuso nella prigione.”
“Lo immaginavo. In un modo o nell’altro, saresti riuscito a uscirne.”
“Non senza l’aiuto di Marq Occhi Blu. Che tu hai mandato da me.”
“È stata Bryce a mandarlo. E con tutt’altro scopo.”
“Ma tu le hai chiesto di salvarmi.”
Robern la fissò per qualche istante, poi distolse lo sguardo.
“Ho una richiesta da farti” disse Gladia. Aveva riflettuto a lungo sulle parole da usare, ma come al solito aveva scelto la via più breve e sincera.
“Cercherò di accontentarti.”
“Dovrai fare molto di più. Quado attirerai Malag nella tua trappola, dovrò esserci anche io. E sarò io, e io sola, a dargli il colpo di grazia.”
“Comprendo i tuoi sentimenti, ma la vendetta non si addice a un’inquisitrice.”
“Non lo ucciderò come membra del mio ordine, ma come madre che è stata privata del suo unico figlio.”
 
***
 
Marq stava assicurando la sella al cavallo quando Bryce gli si avvicinò. Per un attimo temette che la principessa volesse attaccarlo, ma si rilassò quando vide il suo sorriso.
Per gli dei, le somiglia tantissimo, si sorprese a pensare.
Quel pensiero lo turbava e affascinava al tempo stesso, ma lo represse insieme al desiderio di parlarne con Bryce.
Aveva faticato a conquistare la sua fiducia e non voleva rovinare tutto. E poi le non le avrebbe mai creduto, peggiorando la situazione.
“Vedo che stai partendo” disse con tono allegro, come se fosse sollevata da un peso.
Marq annuì. “Brun e io andiamo a nord.”
“Potreste viaggiare con noi. Sarebbe più sicuro.”
Bryce indicò la distesa di tende racchiuse nel recinto temporaneo eretto dai malinoriani. Da quasi una Luna intera marciavano lungo la via costiera e avrebbero impiegato almeno altre due Lune per arrivare al nord.
“E poi?” chiese Marq. “Al nord mi attende una condanna a morte o l’esilio a Krikor.”
“Sei stato perdonato.”
“Per cosa? Tuo padre e i comandanti dell’alleanza non mi perdonerebbero mai. E tu sei una rinnegata. Senza offesa, principessa.”
Bryce abbozzò un mezzo sorriso. “Nessuna offesa, Occhi Blu. In fondo siamo ciò che siamo, no?”
“Io so che cosa sono e cosa voglio” disse con una punta d’orgoglio.
“La prossima volta che ci rivedremo sarà sul campo di battaglia. E non saremo più alleati.”
Marq diede una leggera pacca al fianco del cavallo. “Ho sentito dire che tua sorella potrebbe essere prigioniera di Malag. Se è così e se la troverò, farò in modo di rimandartela indietro. Ma sono sicuro che non è mai arrivata da lui.”
“Non so se sperarlo o meno.”
“Hai la mia parola, principessa di Valonde.” Le tese la mano e lei la strinse.
“Riguardati, Occhi Blu. E guarisci in fretta.”
Marq si accorse che Brun li stava osservando. E non era solo. Con lui c’era Falcandro, la solita espressione sofferente dipinta sul viso.
Bryce gli sorrise. “E riguardati anche tu, Brun il Bruciato.”
“Che la tua via sia dritta, principessa.”
Mentre Bryce si allontanava, Marq si rivolse all’amico. “Hai preso tutto? Partiamo tra poco.”
“Possiedo solo ciò che indosso, dovresti saperlo” disse Brun.
Marq sorrise e scosse la testa. “Sei venuto a salutarci?” chiese a Falcandro.
“In verità, volevo chiederti di venire con voi.”
Marq lo fissò stupito. “Erudito, tu non sei un rinnegato. Ufficialmente sei al seguito dell’armata di Orfar. Loro cosa ne pensano?”
“Credo che la comandante sarebbe più che lieta di liberarsi di me e di chiunque le ricordi Skeli.”
“Bek non mi sembra così tremenda” disse Marq. Aveva conosciuto la donna di persona e le era sembrata persino simpatica col suo modo aperto di fare. A quanto sembrava era stata ferita all’inizio della battaglia, ma si era ripresa in fretta. Takis l’aveva nominata comandante dell’armata diretta a nord.
Re Alion non aveva obiettato, preferendo perdonare i suoi vecchi carcerieri.
In fondo eseguivano solo gli ordini della loro sovrana, anche se era una donna folle e vendicativa, pensò Marq.
I soldati avevano scavato per un paio di giorni tra le macerie del suo palazzo alla ricerca di altri sopravvissuti. Alla fine avevano tirato fuori una ventina tra soldati e mantelli dei quasi trecento che vi avevano trovato la morte.
Del corpo di Skeli non vi era traccia. Bryce aveva portato fuori la sua corona ed era tutto ciò che ne restava.
Poco male, si disse Marq.
Si era chiesto se Kymenos sarebbe stato un re migliore di sua madre.
“Chiunque sarebbe meglio di Skeli” aveva detto Bryce e lui non sapeva darle torto.
“In ogni caso” disse Marq tornando col pensiero a Falcandro. “Non so se posso accettare la tua richiesta. Sai andare a cavallo?”
“No, ma ne ho studiato lo scheletro quando me ne hanno portato uno. Volevo vedere come funzionava.”
Marq scosse la testa.
“Amico mio” iniziò a dire Brun. “Io penso che Falcandro sarebbe utile alla nostra causa. È un abbile guaritore e sa molte cose. Penso che Malag lo apprezzerebbe. Inoltre, ti ha guarito da una ferita che avrebbe ucciso chiunque altro.”
“A proposito di questo” disse l’erudito. “Sarebbe stato meglio se tu fossi rimasto per qualche altro giorno a riposare, invece di metterti a cavallo. Sarà un viaggio impegnativo e le tue ossa devono avere il tempo di guarire.”
“Le mie ossa stanno bene” disse Marq. Ogni tanto avvertiva una fitta alla schiena o le gambe gli si intorpidivano, ma il dolore più intenso era sparito. “E per quanto riguarda il tempo, ne abbiamo poco. Ci sono due armate in viaggio per il nord e non so quale delle due mi fa più paura.”
“Comprendo i tuoi timori, ma nonostante ciò devo metterti in guardia. La ferita era grave e se ne subirai un’altra, stavolta dubito che potrei fare qualcosa. Resteresti paralizzato per sempre.”
“Qualcosa mi inventerò” disse cercando di apparire più sicuro di quanto fosse davvero. “Ora cerchiamo un cavallo per te. Possibilmente una bestia docile che non ti butti giù non appena cercherai di montare in sella.”
 
***
 
Gladia sollevò gli occhi al cielo, dove le stelle avevano preso il posto di un cielo che era rimasto coperto per tutta la giornata. Solo al tramonto un vento leggero che spirava dal mare aveva allontanato le nubi.
Camminò tra l’erba alta assaporando il fresco della sera. La lunga estate del continente antico stava finendo lasciando il posto a un nuovo autunno.
Speriamo che porti la pace, si disse.
Era da tempo che non ci pensava, alla pace. Aveva passato così tanto tempo a preparare quella guerra da averne perso ogni ricordo.
Poco male, pensò. Ci sarà tempo per ricordare quando avremo eliminato Malag e Persym.
Robern era partito poco dopo il loro colloquio con Bryce. Lui era montato a cavallo e aveva sistemato il mantello ormai sbiadito e sbrindellato.
Il mio non è messo meglio.
“Non hai mai indossato quello grigio” aveva detto Gladia.
“Malag non ci ha mai obbligati a indossarne uno” aveva spiegato. “Lui per primo non lo indossa.”
Gladia aveva annuito. “Non volevo accusarti di niente.”
“Gladia.”
Lei aveva atteso che proseguisse.
“Sarà mai possibile che tu mi perdoni? Per quello che ho fatto a…”
Lei aveva scosso la testa. “Non posso dimenticare.”
“Non dico cancellare quel ricordo, ma gettarselo alle spalle. Andare avanti.”
“Tu ci sei riuscito?”
Robern aveva taciuto.
“Malag ci ha fatto del male. Non lo perdonerò mai.”
“Non parlavo di Malag. Ma di me.”
“Tu eri giovane e lui ti ha manipolato.”
Robern aveva fatto un profondo respiro. “Ci sono delle cose che devi sapere.”
“Penso di sapere già quello che devo.”
“Riguarda la sorella di Bryce. Di quello che è accaduto quel giorno al vecchio osservatorio di Valonde e di come sto cercando di fare ammenda.”
“Vuoi salvare la ragazzina? Probabilmente è già morta.”
“Spero proprio di no” aveva detto Robern con sguardo triste. “Ma potrei avere complicato le cose.”
“Non è quello che fai sempre?”
“Mi metterò in contatto con te quando avrò delle notizie da darvi. Fino a quel momento, cerca di restare viva.”
Gladia aveva annuito e lo aveva osservato mentre andava via a cavallo. Si era chiesta quanta distanza avrebbe percorso prima di trovare un portale e viaggiare fino al nord.
Forse dovrei andare con lui, si era detta. Non posso fidarmi completamente. Eppure, da qualche parte devo pur iniziare.
Mentre passeggiava nella notte si ritrovò nella zona occupata dalla tenda di Bryce. Una luce tenue filtrava da sotto il tessuto.
Nemmeno lei riesce dormire, pensò. Forse fare due chiacchiere le farà bene.
Si avvicinò con cautela all’ingresso. “Bryce? Stai già dormendo?”
Silenzio.
“Bryce?”
Stava per andarsene quando vide il terreno smosso e l’erba calpestata da poco fuori dalla tenda.
Usando la vista speciale seguì le tracce fino al recinto dei cavalli, dove una figura era in piedi in mezzo agli animali.
Si avvicinò con passo leggero, ma non abbastanza da non farsi udire. Non voleva piombarle addosso di sorpresa senza sapere come avrebbe reagito.
Bryce girò la testa di scatto, gli occhi che luccicavano nel buio. “Mi sembrava di aver udito un rumore. Non riesci a prendere sonno, inquisitrice?”
“Io fatico sempre ad addormentarmi” rispose.
Era così da quasi venticinque anni, dalla notte in cui Robern era tornato e…
Bryce diede una carezza al cavallo.
“Pensi di partire?” le chiese Gladia.
“Tu che cosa faresti al mio posto?”
“È per quello che ti ha detto Skeli riguardo a Vyncent?”
Prima di lasciare Orfar avevano interrogato Takis riguardo la visita di Ronnet e Vyncent circa una Luna e mezzo prima.
Il comandante aveva confermato le parole di Skeli. Si erano diretti a nord con una scorta di soldati orfariani e dell’orda, ma non aveva idea di quale strada avessero preso.
Bryce inspirò a fondo l’aria. “Anche per quello che ha detto Robern riguardo a Joyce.”
“Le possibilità che tua sorella sia viva sono molto scarse.”
Bryce sorrise triste. “Già da tempo mi sono rassegnata a non vederla mai più e mi stavo quasi rassegnando alla morte di Vyncent, quando Skeli ha riacceso le mie speranze. So che lei l’ha fatto per ferirmi e umiliarmi, ma nondimeno mi ha dato la forza di sopravvivere al crollo del palazzo. Probabilmente mi sarei lasciata morire se…”
Gladia le poggiò la mano sul braccio. “Quando persi il figlio che portavo in grembo provai la stessa cosa. Credevo che la mia vita non avesse più uno scopo. Mi sarei lasciata morire se non mi fossi data un nuovo obiettivo.”
“Quale?”
“Proteggere gli altri eredi.”
“Come hai protetto Joyce?”
“È quello che abbiamo fatto, principessa. A volte bisogna prendere delle decisioni spiacevoli per ottenere un bene più grande. Può sembrare un’ingiustizia enorme ma se è l’unica strada che puoi percorrere, allora bisogna percorrerla fino in fondo.”
“È facile dirlo.”
“Sai a cos’altro ho rinunciato, Bryce? Potevo essere una regina, ma ho scelto di dare via tutto pur di difendere il mio regno. Ho fatto una scelta, giusta o sbagliata che fosse.”
Bryce guardò altrove.
Gladia fece un passo indietro. “Ora prendi la tua decisione. Sacrifica ciò che ritieni giusto, ma sappi che qualsiasi scelta farai, dovrai rinunciare a qualcosa o a qualcuno che ami.”
Si allontanò senza voltarsi con la sensazione di avere gli occhi brillanti puntati sulla sua schiena. Quando tornò alla tenda si accucciò sul giaciglio e per la prima volta in tanti anni riuscì a dormire per il resto della notte.
Al sorgere del sole venne svegliata dai soldati che si preparavano a ripartire. Tra quelli che stavano smontando le tende e quelli che caricavano sacchi e barili sui carri, regnava la confusione.
Gladia cercò con lo sguardo la tenda di Bryce e per qualche istante non osò avvicinarsi. Temeva che facendolo avrebbe scoperto che era vuota e che mancavano delle scorte e un cavallo dal recinto.
“Cercavo proprio te” disse una voce alle sue spalle.
Quando si voltò vide il sorriso di Bryce. Sembrava rilassata e serena.
“Una volta” proseguì la principessa. “Mi dicesti che dovevo assaggiare la sconfitta per capire che avevo bisogno del consiglio degli altri. Che ne diresti se ripartissimo da quel discorso?”
Gladia annuì. “Sono al tuo servizio.”

Prossimo Capitolo Domenica 22 Marzo
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: heliodor