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Autore: lady lina 77    24/03/2020    1 recensioni
La storia dei Romelza riscritta in modo del tutto nuovo, partendo da zero...
Lui è un giovane disilluso dall'amore che dopo aver trascorso tre anni a combattere in Virginia, torna in Cornovaglia e scopre che tutto il mondo che aveva lasciato è in distruzione, suo padre è morto lasciandolo pieno di debiti e il suo grande amore, Elizabeth, è in procinto di sposare suo cugino Francis.
Lei è una giovane ragazza povera di Illugan che viene presa per caso alle dipendenze dei Boscawen e finisce per sposare il nipote di Lord Falmouth, Hugh Armitage, un giovane dalla salute malferma che ha perso la testa per lei...
Ross e Demelza, anime sconosciute, lontane, le cui strade si incrocieranno in modo del tutto imprevisto scardinando ogni loro convinzione sull'amore, sulla vita e sul futuro...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Francis Poldark, Ross Poldark
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La carica di esplosivo e la successiva detonazione non avevano prodotto chissà quali scoperte minerarie. La Wheal Grace si stava dimostrando un buco nell'acqua, un pozzo mangia-soldi che avrebbe condannato chiunque aveva creduto in quell'impresa a una vita votata a pagare debiti che non aveva i mezzi per estinguere.

Ross si asciugò il sudore dalla fronte, guardandosi attorno. Minatori stanchi e scoraggiati osservavano la galleria che si era aperta e anche i loro volti tradivano delusione. Non c'era denaro per altre cariche di esplosivo, si doveva proseguire con il semplice lavoro delle braccia e le possibilità di successo erano scarse.

Mentre dalla scaletta saliva verso il suo ufficio e l'esterno, la mente di Ross cercava disperatamente soluzioni, nomi a cui chiedere fondi, amici da contattare per implorarli di entrare in società anche se senza garanzie di lucro e magari come ottenere nuove ipoteche su Nampara... Non voleva il successo per se stesso, voleva che quella miniera rimanesse aperta per quei minatori che, senza un lavoro, sarebbero stati condannati con le loro famiglie alla fame. Lui era giovane, poteva rialzarsi dalla polvere e al massimo vivere del lavoro della sua terra, ma loro?

Henshawe, che lo aspettava con sguardo truce fuori dalla miniera, lo guardò accigliato. "Era l'ultima carica, capitano".

"Già... E lo sarà finché non troviamo nuovi fondi" – rispose, malinconico.

"Ne vale la pena? Altri debiti? Quando potremo ripagarli?".

Ross fissò l'uomo, grato per il suo aiuto e soprattutto per la sua amicizia saggia e sincera. "Forse mai o forse fra molti anni. Ma a parte questa miniera, che abbiamo da offrire a queste persone?".

Henshawe sospirò. "Nulla... Ma non abbiamo molte strade percorribili".

Ross fece per rispondergli quando la voce di Francis, che giungeva a cavallo, lo interruppe.

"Cugino! Henshawe" – disse Francis, alzando il cilindro in forma di saluto.

Ross lo osservò serio, non sapeva nemmeno come iniziare con lui il discorso circa il loro ultimo fallimento. Francis non partecipava quasi mai alle fasi più cruente del lavoro in miniera, non ne aveva le capacità e lo sapevano entrambi, ma da quando la Wheal Grace era stata riaperta si era dato da fare, aveva lavorato sui libri contabili, aveva scavato col piccone quando era stato necessario, aveva fatto tardi con lui a studiare mappe e soluzioni e soprattutto aveva fornito con generosità il poco denaro che gli era rimasto, ben consapevole che avrebbe potuto andare perso. "Francis, mi spiace spezzare il tuo buon umore ma devo comunicarti che l'ultima esplosione non ha prodotto, al momento, nulla. Non abbiamo trovato ancora nemmeno un filone".

Francis sospirò, senza eccessivo rammarico. "E' la storia dei Poldark, la fortuna ci sorride sempre da lontano e si fa inseguire parecchio prima di essere acciuffata".

Henshawe sorrise, prendendo a fumare la sua pipa. L'ottimismo e la strana filosofia di vita che aveva sviluppato Francis, di solito riuscivano a metterlo di buon umore. E fischiettando si allontanò, pronto a tornare sotto terra per vedere se ci fosse stato qualche sviluppo.

Anche Ross azzardò un timido sorriso. "Francis, vedo che la disperazione non fa più parte del tuo essere. Vorrei prendere in prestito un pò della tua ironia, credo di averne bisogno".

Francis osservò la miniera e il suo sguardo divenne serio. "Sai cugino, in fondo per come la vedo io, anche se al momento la Wheal Grace non produce profitti, questa è la prima fase della mia vita davvero pulita dove faccio qualcosa di utile per me e per gli altri, dove non cerco scappatoie e la sera, quando mi guardo allo specchio, non mi sento un fallito...".

Ross sussultò, colpito da quanto suo cugino fosse migliorato nell'ultimo anno. Il giovane ragazzo imbranato, di poco carattere, votato al gioco d'azzardo e al fallimento per troppa ingenuità era svanito, lasciando spazio a un giovane uomo che forse non aveva la forza fisica di molti dei suoi operai ma di certo possedeva una strana ma profonda saggezza che sapeva mettere sul giusto piano anche i fallimenti. "Mi fa piacere che tu ti senta così, ma non abbiamo più fondi per continuare".

Francis alzò le spalle, speranzoso nonostante tutto. "Basta trovare nuovi azionisti!".

"Fosse facile!" - sbottò Ross, ridendo e mettendogli la mano sulla spalla. "Vuoi venire a Nampara a bere un bicchiere di buon vino? Non garantisco ce ne sia molto, ho due servi che tendono a berlo più volentieri dell'acqua quando non ci sono, ma qualche bottiglia dovrei averla ancora da parte, nascosta".

Francis si stiracchiò, osservando il sole morente del tramonto che si stava tuffando nel mare. "Ti ringrazio ma stasera voglio tornare a casa presto e cenare con Elizabeth e Geoffrey Charles. L'ho promesso al bambino stamane, quando sono uscito".

Fingendo di non aver sentito il nome di Elizabeth e ignorando l'immagine della famiglia apparentemente felice che lei aveva formato con Francis, Ross cercò di cambiare discorso. "E allora che ci fai quì? Ti avrei aggiornato dell'esplosione domattina".

Francis esibì un sorriso soddisfatto, tirando fuori dalla tasca una lettera spiegazzata. "Volevo mostrarti questa, cugino!".

"Che cos'è?".

"La soluzione a tutti i nostri problemi".

Ross si accigliò, prendendo in mano la lettera ed osservandone l'ottima filigrana e lo stemma in ceralacca che la ornava. "Che significa?".

Francis allargò le braccia mentre con Ross si avviavano verso i cavalli. "Siamo stati invitati a una festa da Lord Falmouth".

Ross si bloccò, squadrò il cugino e poi appollottolò la lettera, lanciandola verso lo strapiombo. "Francis!" - lo rimbeccò. Santo cielo, da quella storia non ne sarebbero mai usciti! Falmouth, uno degli uomini più potenti della zona, un lord di grande importanza anche al Parlamento di Londra, lo stava tallonando da mesi senza sosta per averlo come alleato alle elezioni. E lo stesso stava facendo un altro lord, Basset, oppositore di Falmouth. Entrambi lo volevano nei loro schieramenti, attirati dal nome antico del suo casato e dalle sue gesta in guerra e non perdevano occasione per cercare di avvicinarlo. Ma Ross non amava quel mondo fatto di compromessi e dove per ottenere qualcosa, devi vendere la tua anima. Non aveva mai voluto essere un politico o un magistrato, non voleva che essere uno spirito libero e lottare a modo suo per le persone a cui teneva. Senza compromessi, senza dover dire grazie a nessuno! Ed inoltre il suo carattere fumantino lo rendeva decisamente inadatto a Westminster dove, a parte lacché e damerini, non esisteva null'altro. Falmouth e Basset avevano decisamente sbagliato cavallo su cui puntare. "Non ci provare nemmeno! Lo sai bene come la penso" – borbottò, accelerando il passo.

Ma Francis, deciso a stargli dietro, non sembrò intenzionato a desistere. "Cugino, è un ballo, non un invito a provare sul tuo collo la ghigliottina".

Ross lo guardò storto. "Un ballo fatto per un DETERMINATO motivo che vuol portare Falmouth a un DETERMINATO risultato".

"Ballare la gavotta?".

"No, mettermi in gabbia in quell'inferno che è Londra".

Francis sbuffò. "Ma che ti importa?! E' un ballo, ci vieni, ti scegli una dama, a fine serata saluti e poi te ne torni a casa. Sei bravissimo a sfuggire agli agguati, no? Se non vorrai essere braccato dalle proposte di Falmouth, un ballo e le sottane delle dame sono un buon ambiente per nascondersi".

"Francis, lo sai bene perché ci ha invitati al ballo".

"Sì, perché avere fra i propri ospiti dei membri di una antica famiglia come quella dei Poldark, gli darà prestigio".

Ross rise. "I Poldark saranno pure una famiglia antica ma al momento le nostre finanze non sono molto diverse da quelle dei nostri minatori".

"Ma resta il nome e il nostro è antico e blasonato. E se vogliamo che le nostre finanze si risollevino, dobbiamo tenerci buoni coloro che vogliono esserci amici" – gli fece notare Francis. "Falmouth potrebbe finanziare i lavori in miniera per i prossimi mesi senza problemi".

"In cambio della mia anima" – lo interruppe Ross.

"In cambio della tua amicizia e del tuo supporto" – lo corresse Francis.

Ross raggiunse il cavallo e ci montò sopra. "Se vuole un Poldark a concorrere con lui alle elezioni, ci sei tu".

Anche Francis montò a cavallo. "Avanti, lo sai bene che non sono adatto a quel ruolo. Ci vuole carisma e quello lo hai ereditato tutto tu".

Ross sospirò. "Francis, non sottovalutarti troppo e proponiti, se pensi possa essere il caso. Elizabeth sarà contenta di partecipare al ballo e con lei, insieme, potreste fare un'ottima impressione a Falmouth. Giocati questa carta e lasciami quì a capire come far fruttare questa miniera e come ottenere il denaro per altra dinamite".

"Sei testardo" – lo rimproverò Francis. "E di certo Elizabeth sarà felice di venire al ballo ma le farebbe piacere se venissi anche tu. Mi ha chiesto di insistere... Per Verity, ovviamente... Ha detto che le dispiacerebbe se venisse sola".

Ross osservò Francis e capì che nemmeno lui credeva a questa motivazione che spingeva Elizabeth a volerlo al ballo ma come il cugino, decise di fare il finto tonto. Quella disputa aveva già creato tanto dolore fra loro, riaprire vecchie ferite non sarebbe servito a nulla ed Elizabeth aveva scelto. Francis, non lui! Quindi tutto il resto non erano che stupide chiacchiere e fantasie! "Verrà anche Verity?".

"Sì. Le farai da cavaliere?".

"Ne troverà uno al ballo. Dille che la mia vecchia ferita di guerra al piede è tornata a darmi noia e che non sono in grado di ballare".

"Ross!" - lo rimbeccò Francis. "E' una festa, uno stupido ballo! Poche ore, che ti costerebbero?".

Ross spronò il cavallo a partire al galoppo. "La mia anima! E mi sembra un costo decisamente troppo alto! Cercherò altri modi per tenere viva la miniera".

Partì al galoppo senza dare modo a Francis di controbattere. Sapeva che in fondo suo cugino aveva ragione e che forse Falmouth poteva dare un pò di respiro alle loro finanze e una speranza alla miniera, ma non ce la faceva nemmeno a concepire per se stesso quel tipo di vita. E poi sentir parlare di Elizabeth... Ogni volta era difficile e ogni volta gli veniva la voglia di scappare lontano per rintanarsi come un topo a Nampara.

Arrivò fino a casa e ancor prima di entrare, si accorse di avere un ospite.

Una giovane donna dai tratti gentili e dal viso amico lo stava aspettando seduta sulla staccionata mentre teneva le redini del suo cavallo.

Ross le sorrise, togliendosi il tricorno dalla testa. Sapeva che era un nuovo assalto alle sue intenzioni, ma rivedere sua cugina era da sempre un piacere per lui. "Verity! E' stato Francis a mandarti a rinforzo delle sue tesi?".

La ragazza gli sorrise e lo salutò di rimando. E quando furono uno davanti all'altro lo abbracciò con calore. "Cugino, vedo che ci conosci bene! In effetti Francis mi ha chiesto di passare di quì nel tardo pomeriggio. Aveva una missione che credeva impossibile per lui e quindi per sicurezza mi ha chiesto di aspettarti quì perché, ha detto, a lui non sai dire di sì ma a me non sai dire di no".

Ross rise, abbracciandola nuovamente. Verity era la persona che più adorava della sua famiglia. Era dolce, gentile, sempre pronta a confortare chiunque con la sua presenza e una parola buona ed era l'anima sia di Trenwith che dei Poldark. La sua purezza teneva uniti tutti loro e lo aveva fatto anche nei peggiori momenti di tempesta quando Francis perdeva tutto al gioco e il padre era morto, lasciandoli nei debiti e con una miniera in passivo. Era un'anima dolce, candida, che metteva sempre da parte se stessa per il loro bene e Ross la adorava come fosse una sorella. "Francis mi conosce bene. Ma entrambi sapete quanto io sia ostinato...".

Verity gli accarezzò delicatamente un braccio mentre lui le si sedeva accanto, sulla staccionata. "E' un ballo".

"Un ballo nella tana del lupo".

"Hai paura dei lupi?" - chiese lei, ridendo.

"No, ma tendo a sopportarli poco".

Verity lo guardò, fronteggiandolo. "Non ho un accompagnatore e per una volta che ricevo un invito, vorrei partecipare a una festa. Se non vieni però, finirò per passare la serata a sorreggere una parete, ma con te vicino...".

"Verity" – provò ad argomentare Ross, in difficoltà.

"Ti prego" – lo implorò lei. "Con te vicino, mi sentirei a mio agio. Sarà una festa con pochi e selezionati invitati. E magari fra loro, potresti trovare nuovi soci per la miniera. Solo Dio sa quanto tu ne abbia bisogno e in tempi di crisi, non puoi permetterti di essere schizzinoso o testardo".

"Vorresti che io entrassi in politica?" - le chiese.

"Vorrei solo che tu riesca nelle cose che ami. E che per una sera non viva in questa casa sperduta, da recluso".

"Amo Nampara" – la corresse lui.

"Lo so! Ma a parte questa casa e la miniera... e Truro quando hai un appuntamento coi tuoi soci, non vai da nessuna parte. Sei giovane, hai una vita da vivere e la vivi a metà. Basto già io in famiglia per questo...".

Ross le accarezzò dolcemente la guancia, pensando fortemente che in quel momento avrebbe solo voluto abbracciarla in silenzio e offrirle una vita migliore di quella sacrificata che lei conduceva a Trenwith. Verity non chiedeva mai niente per se stessa, erano gli altri a chiedere e pretendere da lei – anche lui - e forse aveva ragione, non era che un ballo e nessuno avrebbe potuto costringerlo a fare ciò che non desiderava. Ma se era bravo e scaltro, magari ne poteva anche uscire qualcosa di buono per la Wheal Grace e anche se in quel caso avrebbe dovuto ammettere davanti a Francis che aveva avuto ragione lui e questo lo irritava terribilmente... "Va bene" – disse di getto sapendo che se ne sarebbe pentito subito, non troppo convinto ma comunque consapevole che a lei, come diceva Francis, non sapeva dire di no. "Ma non aspettarti che balli la gavotta".

"Ohhh, non pretenderei tanto!". Verity rise, abbracciandolo con calore. "Grazie, GRAZIE" – esclamò contenta, saltandogli al collo e baciandolo sulla guancia. "Sei il migliore cugino del mondo!".

Ross alzò gli occhi al cielo. Più che il migliore cugino del mondo, sperava di essere il miglior affarista sulla faccia della terra. Aveva bisogno di portare a casa quanto più possibile senza cedere troppo sulle sue intenzioni e i suoi convincimenti. E forse questo dannato ballo avrebbe portato qualcosa di buono nella sua vita. Forse...



  
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