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Autore: Amily Ross    01/04/2020    2 recensioni
(Sequel de: “Lontano dagli Occhi, vicini col Cuore”)
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Dopo la tempesta, inevitabilmente, arriva la quiete! Il sole torna alto ad irradiare il cielo con i suoi caldi raggi, creando a volte l’arcobaleno e di sera le stelle tornano a illuminare le tenebre della notte; così anche nella vita, dopo un brutto periodo, ne torna uno bello – con le persone amate accanto – tutto è più semplice. La vita è un po’ come una giostra, ci sono le salite e ci sono le discese – i dolori e le gioie – ed inevitabilmente continua, non si ferma mai a differenza delle montagne russe. Una vita muore, ma un’altra nuova ne nascerà e sarà quella nuova vita a riportare il sole dove prima c’era la tempesta e tutto sembrava inesorabilmente vicino alla fine.
Generi aggiuntivi: Drammatico e un pelino Angst dai capitoli successivi, per almeno metà delle seconda parte della storia!
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Questa fiction è temporalmente collocata alla fine del 2029, i calciatori e le managers sono ormai tutti adulti e…
Genere: Generale, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Grace (Machiko Machida), Hermann Kaltz, Karl Heinz Schneider, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 14: La Teoria del Tutto

 

Karl Heinz Schneider il Kaiser del calcio mondiale ha tutto ciò che un uomo possa desiderare: una carriere perfetta costellata di successi, una moglie fantastica che ama con tutto se stesso, una figlia che è l’essenza stessa della sua esistenza e un altro figlio o figlia in arrivo, ma cosa più importante di tutte è riuscito a sconfiggere il cancro che da ragazzino ha rischiato di ucciderlo; è grazie alla sua forza d’animo, al suo coraggio, alla sua determinazione – e all’immancabile sostegno delle persone care – che oggi è qui a poterlo raccontare e a poter vivere quella vita che aveva sempre sognato e desiderato sin da bambino, quel sogno di giocare nella squadra della sua città natia, la squadra che rese fama allo zio, con cui lui desiderava ardentemente giocare; è forse questo l’unico tasto dolente che stravolge la Teoria del Tutto della sua vita, quello zio che ha smesso di vivere troppo presto, soprafatto da un male troppo grande e troppo esteso perché si potesse fare qualcosa per salvarlo, quello stesso zio che ora è: l’Uno nel Tutto e il Tutto nell’Uno – come nell’Alchimia vale per lo Scambio Equivalente – perché per ottenere una cosa, bisogna darne in cambio una che abbia il medesimo valore, perché Uno è Tutto e Tutto è Uno, è alla base dello Scambio Equivalente ed è anche una delle leggi che regolano l’Universo; e forse nella sua vita c’è stato una sorta di Scambio Equivalente: la sua vita salvata al posto di quella di suo zio, che non è riuscito a realizzare tutti i suoi sogni, ma che vive attraverso il nipote che ha costruito i sogni della sua vita non arrendendosi mai alle sue avversità e diventando quell’Uno in mezzo al Tutto e quel Tutto che è l’Uno

Leverkusen: lunedì 20 gennaio, 2030 ospedale, h. 9:30

Dopo un entusiasmante ed emozionante partita contro la sua vecchia squadra e contro quelli che rimarranno sempre i suoi amici e compagni, un weekend rilassante e pieno di sorprese passato ad Amburgo nel locale che li ha visti crescere con gli amici di sempre, con Gretel – che è stata una piacevole quanto inaspettata sorpresa –  che ha contribuito a render tali quei due giorni, la combriccola ha fatto ritorno a Leverkusen e tutto torna a scorrere in quel modo che è l’ordinaria routine che scandisce le loro giornate, ma oggi per gli Schneider non è un ordinario lunedì come tutti gli altri: Karl ha ottenuto da suo padre il permesso di esser esonerato dall’allenamento e Grace non è andata al lavoro; come ogni mattina – cosa che non cambierà mai indipendentemente dai vari impegni – i due genitori hanno accompagnato la loro Kaiserin a scuola, che con riluttanza e capricci vari, ha acconsentito di rimanerci solo dopo aver ottenuto dal padre la promessa che di pomeriggio sarebbero andati entrambi a vederla all’allenamento e sia Karl che Grace hanno acconsentito alla richiesta della loro bambina; dopo aver incrociato e salutato Fanny che ha accompagnato i suoi figli a scuola – e che scappa via di corsa perché ha diverse cose da sbrigare – anche gli Schneider vanno via e la loro giornata inizia. Karl mette in moto e parte, Grace gli sorride e gli stringe la mano sul cambio, mentre parlano allegramente e ridono insieme, finendo poi per cantare dietro alla radio come due ragazzini di ritorno da una serata in discoteca e, non può che essere diversamente in fin dei conti, perché oggi è una di quelle rare giornate in cui possono stare da soli, che li vedrà protagonisti di un evento importante – quanto lieto – delle loro vite.

Arrivati a destinazione, il calciatore parcheggia ed escono entrambi dall’automobile, la felicità e la spensieratezza che Karl ostentava fino a qualche minuto prima svanisce di colpo: i suoi occhi di ghiaccio si fanno lucidi nell’osservare quel luogo che, con un solo sguardo, ha il potere di far riaffiorare nella sua mente ricordi dolorosi, tristi e strazianti, quel luogo maledetto che porta con sé speranza – ma spesso anche morte – quel luogo in cui suo zio ha vissuto gli ultimi giorni della sua vita, quello stesso luogo che dal quel dannato giorno ormai lontano gli ha trasmesso quel timore reverenziale che nutre ogni volta che ci mette piede e che si è solo accentuato quando anche lui è stato costretto a passarci i giorni più brutti e difficili della sua vita: l’ospedale. Non importa quale esso sia, per lui sono tutti uguali gli fanno tutti schifo allo stesso modo, perché per quanto possa sforzarsi di non pensarci ogni volta che è costretto a metterci piede è inevitabile che i suoi pensieri volino a quei giorni che furono le sofferenze di suo zio – e dell’intera famiglia – e le sue, identiche, due anni dopo; a peggiorare il tutto c’è il fatto che quello dinnanzi a cui si trova adesso non è un ospedale qualunque, ma l’ospedale in cui suo zio è morto. Chiude gli occhi, deglutisce a vuoto, sente un intenso dolore alla bocca dello stomaco che gli dà nausea e si poggia all’auto sentendosi quasi mancare; Grace, presa dal suo fantasticare per il momento lieto che li attende, non ha subito pensato a quel che suscita da sempre quel luogo in suo marito e quando si volta per aspettarlo e prendergli la mano per andare insieme a conoscere il sesso del bambino che porta in grembo, è come se le cadesse il mondo addosso quando scorge il suo uomo poggiato all’auto, e subito capisce.

Senza pensarci due volte lo raggiunge di corsa e lo stringe forte, carezzandogli la schiena scossa dai brividi e baciandogli la guancia sudata, nella sua mente scaturisce quello che è comunemente chiamato e conosciuto come dejà vu e rivede anche lei il giorno in cui Bernd morì, ricorda perfettamente quel maledetto giorno che è marchiato a fuoco nei loro cuori come una dolorosa e inguaribile ferita, quel giorno che ha segnato per sempre e cambiato irrimediabilmente la vita di quel ragazzo tedesco con il quale si era messa qualche mese prima, rendendola la ragazza più felice dell’universo; quel ragazzo allegro, solare, sorridente, amante della vita, del quale si era perdutamente innamorata ed era ricambiata che da quel giorno divenne cupo, triste, silenzioso, freddo – quasi inanimato – come se di lui fosse rimasto solo un corpo vuoto privo dell’anima, come se fosse diventato un automa, quel ragazzo che ha temuto di perdere ogni giorno dopo quel giorno, ma che per fortuna con tutta la sua caparbietà è riuscita a far rinascere.

Inizio Flashback

Erano tutti lì quel giorno – quel 4 agosto del 2016 –  come ormai accadeva da una settimana, i medici erano stati chiari a riguardo: «Ormai non c’è più niente da fare, il tumore si è formato nuovamente e non risponde più alle cure, nemmeno un altro intervento potrebbe salvargli la vita, potrebbe essere questione di ore, al massimo di giorni, ma la fine è prossima.» Grace era lì, seduta in quella fredda e triste sala d’attesa – nonostante fuori fosse caldo e sereno – accanto a lei Karl al quale teneva stretta la mano per fargli sentire tutta la sua vicinanza, ma lui era come se non ci fosse, da quando i medici avevano dichiarato la triste sentenza lui pian piano aveva iniziato a scivolare in quel buco nero, e lei cercava di farlo reagire ma con scarso esito – e a quel punto poteva solo sperare che si fosse ripreso da solo o che se così non fosse stato, lo avrebbe aiutato con tutte le sue forze a uscirne, in un modo o nell’altro ce l’avrebbe fatta. Si voltò a guardarlo e gli posò un bacio sulla guancia. «Amore…» riuscì a dire solamente, non trovando altre parole da dirgli per confortarlo – perché sapeva che nessuna parola sarebbe servita – Karl non si voltò a guardarla, ma le sue labbra si curvarono in un impercettibile sorriso, lo stesso sorriso di cui lei si era innamorata e che sapeva riconoscere da ogni sua forma o espressione, quello non era il sorriso del suo ragazzo: era un sorriso forzato, ma al contempo un sorriso grato per non averlo lasciato da solo; gli occhi però non si mossero, rimasero a fissare la porta chiusa della camera in cui Bernd era ricoverato ormai da un mese, quegli occhi che pian piano perdevano la loro luce.

Un sospiro più pesante degli altri uscì dalle sue labbra, gli occhi ancora fissi su quella porta, aspettando che Marika uscisse per poter andare da suo zio – un singhiozzo sfuggito al suo controllo – e ancora un piccolo barlume di speranza nel profondo del cuore che i medici potevano anche essersi sbagliati, il solo pensare che suo zio sarebbe morto da un giorno all’altro gli metteva addosso i brividi e sentiva uno stato di malessere generale che mai aveva provato in tutta la sua giovane vita. «Karl ti prego, devi reagire ed essere forte, lo so che è difficile ma lui non vorrebbe vederti così.» tentò ancora una volta Grace, sussurrando dolcemente quelle parole, carezzandogli la mano tremante, ma nemmeno questa volta ottenne risposte o reazioni dal fidanzato – che imperterrito – continuava a fissare quella porta: tremante, ansioso, terrorizzato, stravolto, col viso tirato e stanco. «Karl andiamo a casa, ti prego, sei distrutto. Lo so benissimo che non dormi da una settimana, adesso è meglio che ti riposi un po’, verremo più tardi.» aggiunse carezzandogli la guancia. «Io non mi muovo da qui, Grace, non me ne frega nulla di tutto il resto, più tardi potrebbe essere già troppo tardi…» rispose Karl senza distogliere – ancora una volta – lo sguardo da quella porta, senza mutare l’espressione gelida del suo viso di porcellana, ma Grace sapeva benissimo che dentro il suo animo stava sussultando, sospirò e si arrese dal tentare di farlo ragionare e rimase in attesa – stringendo il corpo tremante del suo ragazzo – che oltre a quello non lasciava spazio alle emozioni di uscire.

L’attesa lo stava logorando, ma non ce l’aveva con la zia Marika per questo – come lui anche tutto il resto dei suoi familiari stavano aspettando che la ragazza uscisse per passare il tempo con Bernd – ce l’aveva piuttosto con quel destino bastardo che era piombato come un fulmine a ciel sereno nelle loro vite, decidendo arbitrariamente che tutto sarebbe finito nel peggiore dei modi; osservò i suoi genitori abbracciati seduti su una panca accanto alla porta, sul lato destro, sua nonna in piedi devastata dalle lacrime – inconsolabile – stretta dalle braccia di suo nonno, Benji ed Hermann addossati al muro accanto a lui, entrambi silenziosi e dispiaciuti, Freddy Marshall accanto alla finestra, che distrattamente osservava fuori – senza vedere nulla – nascondendo probabilmente le sue lacrime dietro le lenti scure, e infine Lukas – il migliore amico di suo zio – poggiato allo stipite della porta dopo aver lasciato il posto all’amica, negli sguardi e nei movimenti di tutti gli astanti era tangibile il senso di devastazione che la situazione portava con sé e quasi si sentì egoista nel pensare solo al suo dolore, ma in quel frangente non riusciva a vedere altro, l’unica cosa che voleva era che un medico arrivasse e dicesse che c’era ancora speranza – solo questo, null’altro. Si portò la mano sinistra sul viso, strofinando gli occhi gonfi e rossi e la fronte dolorante, asciugando al contempo quelle lacrime – che tanto odiava mostrare in pubblico – ma che incontrollate erano sfuggite al suo ferreo volere e tornò a fissare quella porta, attendendo soltanto che si aprisse per poter entrare; finalmente la porta venne aperta mostrando la ragazza, ma fu soltanto un attimo, un’effimera speranza che si infranse come uno specchio rotto, quando Marika uscì con gli occhi pieni di lacrime, socchiudendo la porta e gettandosi tra le braccia di Lukas che non esitò un solo attimo a stringerla – in lacrime anche lui. «Se n’è andato…» sussurrò la ragazza singhiozzando e tremando, piangendo devasta da quella morte preannunciata, ma egualmente dolorosa, tutti capirono che Bernd fosse morto e tutti scoppiarono a piangere ancora di più; Karl strinse forte il pugno sinistro – con rabbia e delusione – e lasciò la mano di Grace, alzandosi di scatto e correndo fuori, incapace di stare ancora in quel luogo che ormai gli aveva portato via quello zio che per nessuna ragione al mondo avrebbe voluto perdere.

Grace si asciugò le lacrime e si alzò in piedi, fermò Benji ed Hermann che stavano già correndo fuori dall’amico. «Vado io!» sussurrò correndo fuori a perdifiato, raggiungendo il cortile dell’ospedale e scorgendo Karl poggiato all’auto di suo padre con la schiena scossa dai singhiozzi, non esitò un solo istante e gli corse accanto per stringerlo. «Mi dispiace, amore, mi dispiace tantissimo…» gli sussurrò all’orecchio piangendo e soffrendo con lui, cercando però di consolarlo. «Perché?!» urlò il Kaiser con tutto il fiato che aveva in gola dando un pugno all’auto, col respiro affannato, tremante e sudato. «È la vita, Karl, non possiamo farci nulla purtroppo.» gli rispose dolcemente Grace, baciandolo sulla guancia. «È una merda, invece, era ancora troppo giovane per morire…» sussurrò questa volta, chiudendo gli occhi, sentendo la testa girare, quel crescente malessere che lo accompagnava ormai da una settimana farsi più intenso, l’intestino contorcersi dolorosamente e la mano di Grace che continuava a carezzargli la schiena, fu un attimo e anche la testa esplose in un fastidioso dolore – ancor più di quanto già non dolesse –  ma non ebbe il tempo di pensarci, che un’altra fitta alle viscere lo colse e con essa sopraggiunse anche un attacco di vomito – tutta la bile che aveva accumulato in quella settimana che aveva mangiato anche pochissimo – adesso stava uscendo fuori; Grace gli mise la mano sulla fronte e aspettò paziente che finisse, poi lo strinse forte a sé e lasciò che piangesse come mai aveva fatto sulla sua spalla – in quel preciso istante capì che di quel ragazzo che amava era rimasto soltanto un guscio vuoto – e in quel preciso istante decise che avrebbe trovato il modo per aiutarlo e non farlo cadere e perdere per sempre nel baratro oscuro della disperazione, ci sarebbe riuscita, non si sarebbe arresa finché non avrebbe riavuto il Karl di cui si era innamorata.

Fine Flashback

«Va tutto bene, amore mio. Lo so che questo posto porta con sé dei ricordi orribili, ma non ci pensare, pensa che oggi siamo qui per una cosa bella. Lo so che è difficile, ma so anche quanto tu sia forte.» sussurra dolcemente, prendendogli il viso tra le mani e guardando quei meravigliosi occhi che l’hanno fatta innamorare anni addietro. Karl li chiude e fa un respiro profondo aprendoli un attimo dopo. «Scusami, non volevo che accadesse è stato più forte di me controllare le emozioni.» risponde con un sussurro, specchiandosi anche lui nei dolcissimi e bellissimi occhi di ambra della moglie. «Lo so, non scusarti.» sorride Grace, baciandogli il naso e prendendo un fazzolettino dalla borsa, per poi asciugargli il viso sudato e le lacrime, mentre lui la osserva e la lascia fare con un sorriso. Deve tutto a questa fantastica donna che non ha permesso che perdesse se stesso quel giorno. «Sei pronto a entrare e conoscere il sesso del nostro piccolo, mio bellissimo Kaiser?» sussurra Grace con tutta la sua dolcezza. «Sì, andiamo a conoscere il nostro piccolo fagiolino.» risponde il calciatore, prendendola per mano e incamminandosi insieme verso il reparto di ginecologia; Grace si volta a guardarlo per scorgere la sua espressione e capire da essa se si è ripreso, e sorride, vedendolo sereno. «Sto bene, Starlet, è stato solo un attimo in cui ho sentito la testa girare e le gambe molli.» le dice capendo il perché di quello sguardo. «Lo so.» risponde solamente Grace, sorridendo ancora di più, accoccolandosi a lui – che la stringe – e gli bacia la guancia con tutto il suo amore, mentre entrano nel sala d’attesa e attendono che arrivi il loro turno.

Stare seduti in una sala d’attesa ospedaliera non è mai piacevole e divertente – nemmeno se questa è in generale una di quelle in cui si ricevono solo belle notizie – almeno nella maggior parte dei casi; Karl proprio non ce la fa a stare seduto e pensare solo a quello che lo attende, inevitabilmente la sua mente torna a quel giorno – l’ultimo giorno di vita di suo zio – che ha a malapena salutato e quasi sente ancora addosso quel malessere, sospira, portando le mani a coprire il viso e passandole sugli occhi, nemmeno il guardarsi attorno e scorgere tutte quelle donne in dolce attesa riesce a spazzar via quei dolorosi ricordi e si odia per questo, odia dar pensiero a Grace e farla preoccupare solo perché lui non riesce a controllare le sue emozioni; Grace però non glielo fa pesare, sa bene che non è colpa sua, gli poggia la mano sulla coscia e gliela stringe, facendogli sentire tutta la sua vicinanza e il suo sostegno. «Vuoi uscire un po’ a fare due passi? Ti chiamo quando è il nostro turno.» gli sussurra avvicinando le labbra al suo orecchio, per non farsi sentire da nessuno. «No, resto qui accanto a te, Starlet, devo essere più forte dei ricordi e delle emozioni.» le risponde lui, mettendo la mano sulla sua e stringendola, Grace gli sorride e gli poggia la testa sulla spalla baciandogli il collo e lui ride per il solletico. «Alle ecografie che hai fatto di Violet non è successo…» sussurra Karl, sembrando ora più tranquillo – solo un po’ pensieroso – osservando le varie persone nella sala. «Forse perché era una cosa del tutto nuova o perché non era questo ospedale o quello in cui sei stato tu.» risponde Grace, guardandolo negli occhi. «Non lo so, è possibile…» risponde Karl continuando a osservare la gente. «No, non è possibile, è così, perché ti conosco meglio di quanto ti conosca tu stesso, caro il mio Kaiser.» ridacchia Grace, baciandolo sulla guancia, riuscendo finalmente a farlo ridere  e sorridendo vittoriosa – e bellissima come mai – agli occhi del marito, i loro sguardi si incatenano e si sorridono: un sorriso che ha il potere di spazzare quell’attesa logorante e dolorosa e renderla più piacevole.

Il bacio che segue quello scambio di sorrisi e sguardi è pieno di dolcezza, amore e sostegno ed è anche passionale, nonostante non sia il luogo più adatto, ma non importa, in quel momento tutto sembra esser passato in secondo piano: in quel momento sono soltanto Karl e Grace, due comuni esseri umani totalmente assorbiti nel loro amore e tutto intorno sembra non esserci nessuno in quel momento che è solo loro. «Mamma ma io mi annoio, quanto ci dobbiamo mettere ancora per vedere se la sorellina sta bene e tornare a casa?» chiede un bimbo poco distante da loro, riportandoli alla realtà e facendoli sorridere. «Ancora un po’, tesoro, ti avevo detto che ti saresti annoiato e che era meglio saresti andato a scuola, Colin, ma ora siamo qui e dobbiamo aspettare. Va fuori a giocare un po’ con tuo fratello.» risponde la donna, osservando l’altro figlio che osserva i presenti in sala. «No, non voglio andare a giocare, non ho come giocare qui.» protesta il piccolo, avvicinandosi al fratello maggiore, facendo sorridere mamma e papà. «Bradley che guardi?» chiede il più piccolo curioso e annoiato. «Quello è il Kaiser. Davvero non lo hai riconosciuto, Colin?» risponde il fratello maggiore, mentre il minore si volta nella direzione che lui gli indica – e Karl sorride notando che lo stanno indicando – mentre la loro mamma dice che non è educato additare e importunare la gente. «E dai, mamma, tanto lui è famoso ed è abituato a esser additato dalle persone.» protesta il piccolo, non capendo il perché del rimprovero. «Sì, Colin, hai ragione, ma è anche una persona come noi ed è qui per il nostro stesso motivo lascialo in pace.» continua la mamma con dolcezza. «Mamma ha ragione, Colin, però ci sta guardando anche lui e sta sorridendo.» si aggiunge Bradley guardando ora la mamma e il fratellino. «Però penso che potremo chiedergli lo stesso un autografo.» continua, guardando ora solo la mamma e il papà per aver il loro consenso. «Penso non ci sia nulla di male, cara.» afferma il marito, sorridendo ai suoi figli, la donna sorride e prende dalla borsa un’agenda e una penna consegnandola al figlio più grande; Bradley l’afferra con un sorriso e  seguito dal fratellino raggiungono il calciatore con un sorriso e una tacita – quanto esplicita – richiesta. Karl prende penna e agenda dalle mani del ragazzino e gli sorride. «Come vi chiamate?» chiede, osservando con la coda dell’occhio Grace sorridere. «Io sono Bradley e lui è il mio fratellino Colin. A lui piace di più il basket, ma io amo il calcio e tu sei il mio idolo.» risponde il ragazzino che a occhio e croce ha circa quattordici anni; il Kaiser annuisce sorridente e lascia due autografi ai fratellini, così che non litighino tra loro.

«Giochi a calcio?» chiede a Bradley, che riprende in mano l’agenda della mamma e annuisce. «Sì, certo e da grande voglio essere forte come te.» risponde lui tutto fiero e determinato, facendo sorridere Schneider ancora di più. «Anche tu aspetti una bimba come la mia mamma?» chiede invece Colin, che di anni ne ha nove – al quale non importa nulla del Kaiser – osservando invece Grace e la sua pancia più piccola di quella della sua mamma. «Non lo so ancora se è una bimba o un bimbo, ma lo scopriremo tra poco.» risponde dolcemente Grace, portando in automatico la mano sul suo ventre e sorridendo felice. «Io spero che alla mia sorellina piacerà il basket e non il calcio come a Bradley.» dice Colin con un sorriso, facendo alzare le spalle al fratello e ridere Schneider. «Qualunque cosa piacerà alla tua sorellina le dovrai volere sempre bene.» risponde Grace sorridendo e scompigliandogli i capelli castani. «Certo, quello sempre.» sorride il bimbo. «Io invece penso che quella monella di mia figlia farà di tutto per far innamorare suo fratello o sua sorella del calcio.» ride Karl, immaginando già Violet alle prese con fratellino o sorellina. «Perché anche le femmine giocano a calcio?» si intromette Colin dopo aver sorriso e annuito a Grace. «Non tutte, alcune preferiscono fare le managers, ma altre amano giocare forse anche più di noi maschi.» risponde Karl sorridente, pensando a sua figlia, alla grinta che mette nell’inseguire il suo sogno e nella determinazione che ostenta per affermarlo. «Visto? E tu che ogni volta dici che Rebecca è un maschiaccio perché le piace giocare a calcio con i maschi.» dice Bradley al fratellino. «Io non dico questo, dico solo che il calcio è noioso.» si difende il piccolo. «Io posso dire lo stesso del basket.» risponde Bradley, difendendo la sua passione più grande con le unghia e con i denti. «Non è vero…» protesta Colin, mettendo il broncio. «Ragazzi non litigate, ognuno ha le proprie passioni ed è giusto rispettarle.» sorride Grace, stringendo la mano di Karl che annuisce con un sorriso. «Grazie per l’autografo, Kaiser.» sorride Bradley annuendo alle loro parole e facendo annuire anche il fratellino. «È sempre un piacere.» sorride Karl. «Possiamo farci anche una foto insieme?» chiede ancora Bradley, questa volta con un po’ più timidezza. «Certo.» risponde Karl con un sorriso, mentre il ragazzino tutto sorridente estrae il cellulare dalla tasca dei pantaloni.

Karl a sorpresa li prende entrambi in braccio, facendoli sedere sulle proprie gambe e prende in mano il cellulare di Bradley, scattando lui stesso il selfie. «Adesso fate i bravi e non litigate più per le vostre divergenze sportive, avere un fratello col quale poter giocare è la cosa più bella del mondo e un sostegno fondamentale nella vita.» dice ai due fratellini. «Grazie!» rispondono loro, mentre scendono dalle sue gambe per tornare dai genitori; Grace sorride alle ultime parole del marito e gli stringe la mano, sa benissimo che quelle parole non sono solo dirette a Marie Käte, ma che hanno un significato più intrinseco e profondo e che siano rivolte soprattutto a suo zio in questo momento. «Sei un tesoro.» gli sussurra all’orecchio, baciandogli la guancia, lui la guarda con un sorriso e le guance lievemente arrossate da un leggero velo imbarazzo per l’esser stato sgamato – ma tanto sa benissimo che lei riesce a leggergli dentro le emozioni più di chiunque altra persona al mondo. 

Finalmente arriva il loro turno, Grace e Karl si prendono per mano e sorridenti entrano nella sala, dove la ginecologa li accoglie con un sorriso. «Si stenda pure, signora, così iniziamo subito.» dice preparando il gel, mentre Grace annuisce, e aiutata da Karl, si stende sorridente ed emozionata, Karl sorride a sua volta, le bacia la fronte e le prende la mano. Il medico sorride  e solleva il maglioncino alla donna, applicando il gel e subito dopo la sonda, iniziando l’ecografia; Grace ricambia il sorriso del marito e si volta a guardare il monitor dove le immagini mostrano la sua creatura e le scendono due lacrime, Karl le carezza la guancia – tenendole ancora la mano – sorride anche lui, emozionato e felice. «Cresce benissimo.» annuncia la ginecologa, mentre sul monitor si vede l’immagine pulsare. «Questo è il cuoricino.» aggiunge, alzando il volume della macchina e facendolo sentire ai due genitori, Karl guarda quelle immagini della quali non capisce nulla e ascolta quel meraviglioso suono che sa di vita. «Il nostro piccolo tesoro…» sussurra emozionato, baciando la fronte della moglie, che sorride in lacrime e gli carezza la guancia. «È bellissimo!» sussurra anche lei. La dottoressa sorride. «Volete conoscere il sesso o volete avere la sorpresa?» chiede, vedendolo proprio adesso. Karl la guarda un attimo indeciso, col cuore che improvvisamente accelera i suoi battiti e un sorriso ebete; Grace ride vedendolo così, ma sa il perché di questa sua reazione. «Sì, vogliamo saperlo.» risponde per entrambi, al che Karl  annuisce sorridendo. «È un maschietto.» sorride la ginecologa, continuando l’ecografia, osservando con attenzione tutte le immagini e i parametri del bambino.

Nell’udire ciò gli occhi del Kaiser si riempiono subito di lacrime e un sorriso raggiante nasce sulle sue labbra, estendendosi anche agli occhi che brillano; ovviamente sarebbe stato lo stesso se fosse stata un’altra femminuccia, ma questo maschietto ha un significato particolare e lo ama già con tutto se stesso – così com’è stato quando seppe della sua adorata Kaiserin. «Hai sentito, amore? È il nostro piccolo Bernd.» sussurra dolcemente Grace, carezzando le guance bagnate di quel meraviglioso uomo che è la sua vita. «Sì, sarà il nostro piccolo e bellissimo Bernd…» sussurra Karl con la voce che trema – accostando già inevitabilmente quel bambino non ancora nato al defunto, amato e compianto zio. «Quella monella di Violet aveva azzeccato subito.» sorride Grace, asciugando le lacrime del marito e baciandolo dolcemente sulle labbra, sapendo benissimo a chi stia pensando – inevitabilmente. La dottoressa sorride vedendo la gioia dei due genitori, ma è costretta a rompere l’incanto, pur non intromettendosi verbalmente, ma pulendo la pancia dal gel con una salvietta. «Ci vediamo alla prossima ecografia e faremo anche la morfologica.» dice, Grace annuisce e la ringrazia, sorridendo poi quando suo marito le carezza e bacia la pancia, per poi abbassarle il golfino. «Certo, grazie di tutto.» risponde alla dottoressa, che sorride e prende gli screening mettendoli nella busta e consegnandoli al futuro papà, che li prende ancora emozionato e sorridente, la ringrazia anche lui e porge la mano alla moglie che si alza e subito lo stringe, baciandolo in guancia e, salutando ancora, escono entrambi felicissimi per la meravigliosa notizia, raggiungendo l’auto parcheggiata fuori.

***

Leverkusen: lunedì 20 gennaio, 2030 auto di Karl/ristorante, h. 12:30

Karl parte con ancora il sorriso sulle labbra, ancora felicemente stordito dalla bellissima notizia e Grace lo guarda dolcemente e felice quanto lui. «Sono le dodici e mezza, che dici se andiamo a prendere Violet prima a scuola, così andiamo a pranzo e le diciamo tutto?» gli chiede guardando l’ora; Karl la guarda un attimo e annuisce, svoltando a sinistra e accendo la radio, continuando a guidare, è curioso di vedere come reagirà sua figlia alla notizia. Dieci minuti dopo si ferma davanti la scuola elementare in cui è andato lui stesso ed entra salutando il bidello all’ingresso, chiedendo di poter andare in presidenza per poter fare il permesso per prender prima la figlia, l’uomo annuisce e il Kaiser va, ottenuto il permesso del preside sale dunque in classe e bussa e apre appena l’insegnate dà il permesso di entrare; gli occhi di Violet si sbarrano appena vede suo padre sul ciglio della porta e si morde le labbra – un misto di felicità e un pizzico di paura che possa esser successa qualcosa – e rimane incantata a guardare suo padre. «Violet mi sa che è venuto a prenderti prima, magari vogliono portarti a pranzo fuori e dirti qualcosa di bello.» le dice Kyle al suo fianco, dandole una gomitata per destarla dal suo stato di trance. «Schneider tuo padre è venuto a prenderti, preparati e vai, tesoro.» le dice anche la maestra, sorridendo al calciatore prendendo il permesso che egli le porge e annotando l’uscita anticipata sul registro di classe; Karl saluta Kyle con un cenno, poi guarda la sua piccola che si ridesta e inizia a preparare lo zaino e le sorride; la piccola saluta il suo migliore amico con un bacio in guancia, il resto dei compagni e la maestra e corre da suo padre, che con dolcezza le bacia la fronte e le prende lo zaino mettendolo in spalla – saluta anche lui la classe e l’insegnate augurando buon proseguimento ed escono assieme.

«Perché sei venuto a prendermi prima?» gli chiede Violet in corridoio, prendendo il giubbotto dall’attaccapanni e guardandolo. «Perché con la mamma abbiamo pensato di andare a mangiare fuori e poi andiamo all’allenamento.» le risponde il padre con un sorriso, la bimba sorride e annuisce felice. «Siete già andati in ospedale?» chiede ancora, chiudendo il giubbotto e mettendo la sciarpa. «Sì, certo, è andata benissimo.» sorride ancora Karl, prendendola per mano e uscendo dalla scuola, raggiungendo Grace in macchina. «Papà c’è un problema, dobbiamo andare prima a casa, perché devo prendere il borsone.» dice improvvisamente la piccola, entrando in auto e salutando la mamma, che le sorride e ricambia. «Lo so, adesso infatti ci passiamo, posiamo lo zaino e prendiamo il borsone.» risponde Karl guidando verso casa. «Come sta il fratellino?» chiede Violet mettendosi in piedi e poggiandosi al sedile della mamma. «E chi ti dice che è un fratellino? Potrebbe anche essere una sorellina.» le risponde il padre, anticipando la moglie, che lo guarda e ride, voltandosi poi a guardare la figlia che mette il broncio e pizzica il fianco del padre, mentre Grace ride ancora e le bacia il nasino. «Perché è un fratellino, lo so, lo sapevo già appena la mamma mi ha detto di essere incinta.» risponde la monella, guardando suo padre ridere e alzare le spalle divertito. «Sta bene, piccola, e hai ragione tu, sarà un fratellino.» le risponde la mamma felice, la piccola sorride ancora più felice e le stringe le braccia al collo. «Come lo chiamiamo questo fratellino?» chiede Karl, fermandosi a un semaforo e voltandosi a guardare sua figlia, che gli sorride e ci pensa su un attimo. «Bernd, come lo zio.» dice dopo un po’, guardando gli occhi di suo padre farsi lucidi e il sorriso nascere sulle sue labbra; anche lei sorride e gli carezza la guancia, Karl le bacia la manina e riparte, svoltando poi a destra e fermandosi davanti casa qualche minuto dopo, uscendo e prendendo lo zaino per posarlo e prendere il borsone per gli allenamenti.

Rientrato in auto si volta a guardare le sue meravigliose donne e sorride raggiante, poi riparte sapendo perfettamente dove portarle per festeggiare, per una notizia bellissima ci vuole un posto bellissimo e degno di nota; l’allegra famiglia ride e scherza in auto per tutto il tempo, oggi è un giorno bellissimo e niente e nessuno può rovinarlo. «Quando nasce il fratellino?» chiede Violet appena suo padre si ferma per parcheggiare e guarda anche lui curioso la moglie, non avendo fatto il calcolo. «Fine luglio, primi di agosto.» risponde Grace con un sorriso, carezzando la guancia di suo marito che spalanca un pochino la bocca. «Già, amore…» sussurra con dolcezza, sapendo benissimo a cosa stia pensando, Karl le sorride e la bacia con un misto di emozioni contrastanti nel cuore e la figlia sorride guardandoli. Dopo il bacio scendono e raggiungono a piedi il ristorante dall’altro lato della strada. «Che bello!» dice Violet incantata, osservando il ristorante, tenendo le mani a mamma e papà e sorridendo. «L’Akane è uno dei più bei ristoranti di Leverkusen e non potevo che portavi in un posto speciale per festeggiare questo giorno.» risponde Karl, stringendo la sua bambina e sorridendo alla sua donna, che ricambia con un sorriso bellissimo. «Lo chiamiamo solo Bernd il fratellino, oppure gli diamo anche un secondo nome?» chiede la piccola una volta seduti al tavolo, guardandosi attorno e sorridendo ai genitori. «Non lo so…» risponde il papà pensieroso, Grace guarda suo marito e gli stringe la mano. «Magari possiamo scegliere un bel nome giapponese come abbiamo fatto per te.» risponde la mamma sorridente e facendo annuire e sorridere la piccola; anche Karl annuisce con un sorriso e prende il cellulare dalla tasca dei jeans, chiamando suo padre per dar la notizia del nipotino ai genitori, Thomas e Beatrix accolgono la notizia con grandissima felicità e anche un pizzico di commozione, sapendo benissimo come si chiamerà quel bambino e dopo aver chiuso la chiamata la famiglia Schneider inizia a mangiare col cuore colmo di gioia – oggi è la loro giornata e li attende un bel pomeriggio all’insegna del calcio, dell’amore e della felicità.

 

 

***

Angolo dell’Autrice: la parte iniziale di questo capitolo mi è venuta fuori senza pensarci troppo, perché pensavo che Bernd è stato tutto nella vita dei suoi cari, ma anche uno perché nessuno potrà mai eguagliarlo, e man mano che scrivevo è venuto fuori tutto da solo: “La Teoria del Tutto” e “il Principio dello Scambio Equivalente” li ho poi ripresi un po’ da “Full Metal Alchemist” che è uno dei manga/anime che inevitabilmente mi è rimasto dentro e mi è venuto automatico legare queste due cose con la situazione della mia storia. xD detto questo non ho molto altro da dirvi, se non ringraziare tutti coloro che continuano a seguire questa mia follia, a chi ancora non si è rotto le scatole di recensirla e alla mia Darling che ogni giorno mi sopporta. <3  P.S. prossimo aggiornamento a giugno e ricordo che l'aggiornamento di maggio sarà con “Chronicles”, alla prossima!  Amy

 

   
 
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