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Autore: Abby_da_Edoras    03/04/2020    5 recensioni
Questa ff è la mia versione dei fatti di Endgame, ma è anche il sequel di Yo contigo tu conmigo, per cui non si può seguire questa storia senza avere letto quella. Nella mia versione, gli Avengers non sono svaniti perché Strange li ha riportati indietro e adesso lottano insieme nel ricercare le gemme per invertire lo "schiocco" di Thanos, e non passano cinque anni ma un paio circa. Le vicende sono quindi più o meno quelle di Endgame, ma con la partecipazione di tutti i personaggi e con l'attenzione alle mie ships (SteveXBucky e TonyXPeter).
Grazie a tutti coloro che seguiranno i miei sforzi per dare un lieto fine ai personaggi che amiamo.
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a registi, autori e produttori del MCU.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Doctor Stephen Strange, James ’Bucky’ Barnes, Peter Parker/Spider-Man, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Legends never die'
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Capitolo secondo

 

Jupiter and moons, knowledge and wisdom:
The demigods, their sons, came here to guide us
Jupiter and moons, mercy and compassion;
We'll explore another world...
It's time to leave: we can't wait anymore!

(“Of Jupiter and moons” – Temperance)

 

Ciò che tormentava veramente Peter non poteva essere cancellato dalle sagge parole di Natasha e, alla fine, la delusione e l’amarezza lo portarono a esplodere e a rivelarle anche quello che avrebbe preferito tenere per sé.

“E allora, se anche il signor Stark stesso ha commesso tanti errori, perché non ha detto niente quando Fury mi ha escluso dalla missione? Perché non ha cercato di portarmi con sé? Perché mi considera inutile e, forse, ritiene anche che avrei potuto ostacolarli!” esclamò, facendo un grande sforzo per non scoppiare a piangere. Ma qualche lacrima dispettosa fece lo stesso capolino dai suoi occhi e gli scivolò lungo le guance.

Natasha finse di non accorgersene, lo prese per le spalle e lo fece voltare verso di sé per guardarlo dritto negli occhi.

“Il signor Stark, come lo chiami tu, ti vuole un bene dell’anima ed è stato ben felice che Fury non ti abbia permesso di andare con loro perché non voleva che corressi il minimo pericolo” dichiarò, scandendo bene le parole per farle penetrare nella testa dura del ragazzo.

Un brivido corse lungo la schiena di Peter sentendo Natasha dire apertamente una cosa che, secondo quello che credeva lui, nessun altro poteva sapere (in realtà perfino Fury era al corrente di quello che c’era tra Stark e il suo pupillo, come si divertiva a chiamarlo per prenderli bonariamente in giro!). Tuttavia non era convinto fino in fondo e, almeno per principio, si sentì in dovere di obiettare.

“Ma allora, se è come dici tu, perché non me l’ha detto? Avrebbe potuto spiegarmi che non voleva mettermi in pericolo… e io, ovviamente, avrei protestato dicendo che potevo essere di aiuto e che nemmeno io volevo che lui rischiasse e allora…”

“E allora sarebbero stati ancora tutti qui, invece di andare a catturare Thanos e a salvare il mondo” tagliò corto Natasha, interrompendo il fiume di parole nel quale Peter la stava annegando. “Senti, pensala come ti pare, ad ogni modo le cose stanno come ti ho detto io. Me ne vado nella mia stanza, tu riflettici un po’ su, che ne dici?”

Peter rimase da solo nel salone degli Avengers. Non sapeva bene cosa fare. Non voleva andare nella sua stanza, voleva essere presente quando il signor Stark e gli altri fossero tornati… ma non sapeva quanto ci sarebbe voluto. Perché non tornavano? Era un bene o un male che ci mettessero tanto? Forse… forse Thanos li aveva uccisi tutti e loro non sarebbero tornati mai più…

Questo pensiero raggelò Peter.

No, no, se mi metto a pensare così allora impazzisco. Devo essere positivo, Thanos può essere battuto e poi adesso sono in tanti, c’è anche quella nuova, Capitan Marvel… sembra davvero che abbia un potere devastante, magari anche più di Thanos. La volta scorsa lei non c’era e, comunque, siamo andati vicini lo stesso a battere quel maledetto gigante. Non devo pensare al peggio!

Ma, ovviamente, era più facile a dirsi che a farsi. Le ore trascorrevano lentamente e nulla succedeva. Era ormai calata la notte, ma Peter non si risolveva ad andare a dormire. Come poteva dormire mentre il signor Stark e gli altri Avengers rischiavano la vita? Gli occhi, però, si facevano sempre più pesanti…

Quando si rese conto che stava per addormentarsi, Peter si riscosse e decise di uscire: avrebbe aspettato il ritorno dell’astronave dei Guardiani della Galassia all’aperto, così l’aria freddina della sera lo avrebbe tenuto sveglio e lui sarebbe stato il primo a vederli tornare.

Per qualche suo strano e contorto meccanismo mentale, si era autoconvinto che, se non si fosse addormentato e fosse riuscito a resistere, allora anche gli Avengers avrebbero sconfitto Thanos e sarebbero tornati sani e salvi.

Non avrebbe saputo dire quanto tempo avesse trascorso là fuori, e nemmeno se, a tratti, fosse caduto in una specie di dormiveglia. Ad un certo punto, però, Peter vide un lampo luminoso nel cielo e, pochi attimi dopo, scorse l’astronave dei Guardiani della Galassia che si faceva sempre più vicina.

Quando la vide atterrare il suo cuore batteva così forte che temeva potesse scoppiare. Se l’astronave era tornata significava che la missione era riuscita, che Thanos era morto… oppure poteva essere che fossero dovuti scappare? E, in quel caso, poteva anche essere che qualcuno non ce l’avesse fatta?

Questi pensieri angoscianti gli si avviluppavano attorno al corpo, impedendogli persino di fare un passo verso l’astronave. Era ancora più spaventato perché non riusciva a capire se le sue preoccupazioni erano dovute al suo affetto per il signor Stark e per gli amici o se… se invece erano una sorta di premonizione, un altro effetto collaterale dei suoi sensi di ragno.

Ma i ragni avevano delle premonizioni?

Finalmente il portello dell’astronave si aprì.

Il primo ad uscirne fu Thor che, cupo in volto e senza proferire verbo, si allontanò di corsa fino a scomparire alla vista di tutti. Poi, pian piano, scesero tutti gli altri, ma nessuno di loro aveva un’aria compiaciuta, nemmeno la giovane eroina che era parsa tanto sicura di sé.

Tony fu il primo ad accorgersi che Peter era rimasto là fuori per tutto il tempo e che, stranamente, non era corso verso di loro tempestandoli di domande. Fu lui ad avvicinarglisi, visto che il ragazzo, a quanto pareva, aveva perso temporaneamente la capacità di muoversi e di parlare.

“Allora, ragazzo, che ci fai qui? Perché non sei a dormire?” gli chiese. “Dai, entriamo.”

Il semplice fatto che Tony fosse lì accanto a lui e che gli parlasse sembrò ridare vita a Peter.

“E’… è andata così male?” mormorò, rientrando nel quartier generale degli Avengers a fianco dell’uomo, mentre gli altri sfilavano accanto a loro l’uno dopo l’altro, cupi e pensierosi.

“Thanos è morto e questo non è un male” rispose Tony, ma il suo tono non era entusiasta come sarebbe dovuto essere per una notizia del genere. “Purtroppo, però, quando noi siamo arrivati al suo rifugio lui aveva già distrutto il Guanto e le Gemme dell’Universo, per questo era così indebolito.”

“Sì, e quel barbaro con l’ascia gli ha tagliato la testa prima che potessimo chiedere qualche spiegazione in più, magari come fare a recuperare le Gemme distrutte!” aggiunse, stizzita, Carol.

“Le aveva distrutte, che informazioni poteva darci?” commentò Bucky, pratico come sempre.

“Così non lo sapremo mai, grazie al vostro amico vichingo” tagliò corto la ragazza.

“Senza il Guanto dell’Universo non potremo riportare indietro le persone che Thanos ha fatto sparire” disse piano Steve, come riflettendo tra sé. “Non potremo salvare la famiglia di Clint, i guerrieri di T’Challa, Maria Hill e tante altre persone…”

“E’ finita” concluse amaramente Rhodey. “Thanos è morto e non farà più del male a nessuno, ma le persone che ha ucciso non torneranno indietro. Dovremo farcene una ragione.”

E così, mentre gli Avengers di ritorno dalla spedizione si disperdevano nel quartier generale, in attesa di riunirsi tutti assieme e raccontare a Fury e ai compagni ciò che era accaduto, Tony accompagnò Peter nella sua stanza.

“E’ molto tardi, avresti dovuto essere a letto da un pezzo, domattina hai scuola” gli disse.

Il ragazzo, però, non sarebbe riuscito a dormire se prima non si fossero chiariti. Quello che gli aveva detto Natasha poteva anche andar bene ma, appunto, era stata Natasha a dirglielo e lui voleva sentire direttamente dal signor Stark qual era il motivo per cui non aveva nemmeno cercato di portarlo in missione.

Non appena giunsero nella stanza di Peter, il giovane chiuse la porta e si piazzò di fronte a Tony, deciso a non lasciarlo uscire finché non gli avesse detto la verità.

“Signor Stark, adesso deve dirmi tutto” dichiarò, deciso.

Tony era già abbastanza innervosito dal fallimento della spedizione. Sospirò rassegnato, scosse il capo e lo guardò in faccia.

“Te l’ho già detto” ripeté in tono stanco. “Abbiamo raggiunto Thanos nel suo rifugio e gli abbiamo intimato di darci il Guanto dell’Universo, ma lui ha detto di averlo distrutto. Io non gli credevo, ma Nebula ha detto che suo padre non mente mai e anche le condizioni del gigante sembravano confermare le sue parole: era talmente debole da non essere nemmeno in grado di difendersi e questo perché aveva speso tutte le sue energie per distruggere le Gemme. Poi Thor ha avuto un colpo di genio e l’ha decapitato, così non abbiamo potuto chiedergli altro. In ogni caso, dubito fortemente che ci avrebbe aiutato a trovare un rimedio.”

Dunque la situazione era quella: Thanos era morto e con lui anche la speranza di riportare indietro le persone svanite. Non c’era da stupirsi che gli Avengers fossero così abbacchiati. Ma non era quello che Peter voleva sapere.

“Signor Stark, perché non ha voluto che partecipassi alla missione?” domandò senza girarci tanto intorno.

“Io? E’ stato Fury a scegliere quelli che avrebbero fatto parte della spedizione e tu sei stato escluso” rispose laconico Tony.

“Sì, certo, e lei non si è mai opposto alle decisioni di Fury prima d’ora, vero? Perché non ha cercato di parlargli, di convincerlo a farmi venire con voi?” insisté il ragazzo.

“Perché avrei dovuto?” fu la poco soddisfacente replica di Stark.

“Dunque avevo ragione… lei non mi voleva” mormorò Peter, col pianto in gola. “Se non ci avesse pensato Fury, sarebbe stato lei a escludermi.”

“Probabilmente sì, è così” tagliò corto l’uomo.

“E lo dice così, non cerca nemmeno di addolcirmi la pillola?” esclamò Peter, allibito. Va bene, Tony era deluso e di certo anche arrabbiato per il fallimento della spedizione, ma perché era così duro con lui? “E’ questo che pensa, dunque: Peter Parker, non ti volevo nella missione. E’ andata male, ma il tuo contributo avrebbe probabilmente potuto anche peggiorare le cose. Nessuno di voi mi ritiene degno di essere un Avenger e lei meno di tutti!”

Un lampo passò negli occhi di Tony. Era stremato dalla fatica e dalla frustrazione e non aveva nessuna voglia di mettersi a discutere con Peter su un argomento di cui avevano già parlato milioni di volte.

Afferrò il ragazzo per le spalle e avvicinò il volto al suo, fissandolo negli occhi così profondamente da sondargli l’anima.

“Vuoi sapere quello che ho pensato? Te lo dico subito, anche se ormai dovresti saperlo. Ho pensato che per niente al mondo avrei voluto che tu ti avvicinassi a Thanos. Ho pensato che, comunque fosse andata, sarei stato molto più tranquillo nel saperti al sicuro sulla Terra. Ho pensato che quel maledetto Titano non avrebbe dovuto posare il suo sguardo su di te nemmeno da lontano” disse con veemenza, scuotendo il ragazzo ad ogni frase. “Sono riuscito solo a pensare che non avrei resistito se, in qualche modo, lui ti avesse… se ti avesse potuto colpire. Se ti avessi visto svanire di nuovo, ancora una volta, allora io…”

Le ultime parole erano state appena sussurrate, ma erano quelle che risuonavano più forte nella testa di Peter.

“E’ il mio incubo da mesi” ammise l’uomo, sempre a bassa voce. “Quasi ogni notte sogno che svanisci tra le mie braccia e che io non posso fare nulla per salvarti… e nel sogno non c’è Strange a riportarti indietro, non c’è nessuno. E adesso so che sarebbe potuto accadere, che le Gemme non esistono più e che, se tu fossi svanito, non saresti mai più ritornato indietro, come non ritornerà Maria, o la famiglia di Clint, o i guerrieri del Wakanda, o…”

Quello che aveva detto Natasha era vero, ma detto dal signor Stark acquisiva tutta un’altra valenza. Improvvisamente Peter si sentì incredibilmente piccolo, stupido e egoista: aveva pensato solo a se stesso e alla sua delusione, non a quello che poteva aver provato Tony o a quello che avrebbe voluto dire per Clint sapere che non c’era modo di riavere la sua famiglia, per Wanda sapere che non avrebbe mai più rivisto suo fratello… Gli venne di nuovo da piangere, ma stavolta per la vergogna e per il dispiacere di essere stato così infantile mentre tante persone soffrivano.

“Mi dispiace… mi dispiace tanto, signor Stark” mormorò, con i singhiozzi che venivano a spezzargli le parole in bocca. “Io non volevo, io… era solo che anch’io avevo tanta paura per lei, avevo paura che non tornasse più e… Non voglio che lei faccia l’eroe, signor Stark, ho paura che un giorno…”

Il gelo di un brutto presentimento scivolò tra i due come uno spettro malvagio, entrambi rabbrividirono e poi Tony prese tra le braccia Peter e lo strinse in un abbraccio tanto forte che rischiò di soffocarlo. Peter si aggrappò disperatamente alle spalle dell’uomo, per trovare calore e cacciare quel brivido che lo aveva raggelato fino in fondo alle ossa.

“Sono qui, Peter, sono tornato sano e salvo e Thanos è morto. Non farà più del male a nessuno” disse, con la bocca tra i suoi capelli. “Lui non c’è più e noi adesso dovremo lavorare per rimediare a ciò che ha fatto, dobbiamo riuscire a salvare quelle persone.”

“Io l’aiuterò, signor Stark, lavoreremo insieme. Vedrà, ce la faremo. Thanos non può aver vinto, vinceremo noi, vinceremo noi, signor Stark” promise Peter, adesso finalmente tranquillizzato e rasserenato tra le braccia dell’uomo che amava.

Tony lo sollevò di peso, lo portò sul letto e si distese con lui, baciandolo a lungo, lentamente, godendo il sapore della sua bocca morbida, perdendosi nel calore del suo corpo. Gli accarezzò i capelli scompigliati, gli coprì la fronte, le guance e il viso di piccoli baci e poi riprese a baciarlo sulle labbra tiepide e dischiuse. Il freddo presentimento si allontanava dalla mente di entrambi mentre i loro corpi si allacciavano e si completavano, in una danza armoniosa come il movimento dei pianeti nell’universo. Tony stringeva Peter come se non volesse lasciarlo mai più e il ragazzo lo ricambiava con tutto l’affetto del suo cuore pieno d’amore: per quella notte, almeno, ogni timore e preoccupazione per il futuro fu cancellata e dimenticata, lasciando spazio solo all’amore e alla felicità di ritrovarsi insieme.

Fine capitolo secondo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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