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Autore: Bibismarty    08/08/2009    3 recensioni
La flebile luce che proveniva dall’alto, dalla vecchia lampada, ferì i suoi deboli occhi. Gli occhi di un piccolo neonato. Un neonato che vedeva per la prima volta, la luce… Aveva così freddo e un terribile dolore alla pancia…cosa gli avevano fatto? Lo strattonarono e lo posero su qualcosa di morbido e caldo. No, contro qualcosa di caldo e morbido. Il ventre della sua mamma.
Genere: Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao! eccomi tornata a postare un nuovo capitolo di In die Nacht! questa volta Bill si troverà alle prese con i compagni di scuola...anche se non è scritta perfettamente mi ha fatto piangere scrivere questa capitolo...spero piacerà anche a voi...cmq buona lettura!

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Non dopo molto tempo dal divorzio Simone si risposò con Gordon Trümper, un chitarrista, che portò la passione per la musica ai gemellini. Tom imparò a suonare la chitarra a soli sette anni e Bill scrisse la sua primissima canzone a sei: Leb’ die Sekunde. Comincia per loro una piccola rinascita. Dopo un travestimento in maschera per una festa di Halloween comincia a truccarsi con la matita di nascosto, ma poi lo fa a scuola e presto si ritrova tra le mire dei suoi compagni e numerose volte viene picchiato. Come successe quella volta…

 
Bill se ne stava nel suo angolino a testa china. Tutti i suoi compagni correvano per il parco ridendo e scherzando. Era ricreazione e stava spiluccando la sua merenda, quando un’ombra gli coprì la visuale. “Oggi abbiamo la foto di classe della quinta. Metti ancora la matita agli occhi? Io non voglio far vedere ai miei che ho in classe un maschio che fa la femminuccia…”

Bill alzò lo sguardo mostrando i suoi occhi evidenziati dalla matita come in segno di sfida.

“Oh ma allora lo fai apposta! E noi che credevamo fossi tordo o sordo! Noi non le tolleriamo le femminucce Bill Kaulitz!” strillò il capo della banda formata tutta dai suoi compagni di classe. Fece scrocchiare le ossa delle dita. “Mio papà dice che quelli, come te, sono così perché hanno problemi in famiglia e il più delle volte sono loro a crearli…”

Bill si alzò e i suoi occhi marroni scintillarono alla luce del sole.

“Chi ti ha detto di alzarti?” ribollì quello, mollandogli un pugno in pancia. Bill si piegò in due sulle gambe. “Bravo chinati. Sei una vergogna…x la tua famiglia…e x tutta la scuola e x noi!”

I suoi compari allora cominciarono a calciarlo. “Li senti questi, è? Te li diamo noi da parte di tuo padre. Dice di dirti che se quella sera non portavi le foto lui sarebbe rimasto…”

Bill sotto le percosse dei suoi compagni si scervellò per capire come faceva a saperlo, a sapere cosa era successo a casa sua.

“Ti basta femminuccia? Basta voi!” ordinò. Afferrò la maglia di Bill e sollevò il suo corpicino steso a terra. Lo guardò, mentre le lacrime gli facevano colare il trucco. Pump! Lo colpì al naso.

Sangue che colava…

Dolore lancinante per tutto il corpo…

Riuscì con una gran fatica a raggiungere il bagno. Si chiuse a chiave e si rannicchiò vicino al water portando le gambe contro il petto, stringendole con le braccia e appoggiando il mento sulle ginocchia.

 

Tom stava cercando Bill per tutto il cortile della scuola, quando una ragazzina gli disse di averlo visto andare al bagno. Tom capì. Bill non ci andava mai se non per rifugiarsi, quando lo picchiavano.

Tom era stufo. Era stufo di vedere soffrire il fratello. Aveva provato di tutto per fermare i compagni di Bill e intimidirli. Però forse era ora che li ripagasse con la stessa moneta. Se la prendevano in gruppo contro lui che era solo e indifeso.

Rientrò nella struttura e s’imbucò nei bagni. “Bill?” urlò incazzato.

Non ricevette risposta. “Bill?” urlò più forte. “Lo so che sei qui…”

“Qui Tomi…” disse piano.

Tom calciò la porta (Bill non si sarebbe alzato per aprirgli) e ruppe la serratura. “Bill…” sussurrò vedendolo in quella miseria. Era peggio del solito. Aveva il naso rotto. Grandi lividi sulle braccia e forse anche sotto i pantaloni e sulla pancia. Tom s’inginocchiò di fronte a lui. “Bill…” sussurrò di nuovo.

Il fratellino alzò leggermente la testa tanto da vedere in faccia Tom. “Tomi è colpa mia se mamma e papà non sono più insieme?” domandò piano.

Tom scosse il capo. Gli appoggiò una mano sulla testa. “Certo che no, Bill. È successo perché doveva succedere. Tu non c’entri niente, ma chi ti ha detto una cosa del genere?”

“I miei compagni...” rispose.

“Bill non devi credergli! Lo fanno solo per farti arrabbiare. Ci provano gusto.”

“Ma allora come facevano a sapere delle foto Tomi? Delle foto che abbiamo fatto vedere la sera prima che ci dividessero…”

Tom si strinse nelle spalle. “Non lo so. Ma il papà non è stato. Non ti accuserebbe mai di aver rotto il loro matrimonio anche perché litigavano già da tempo.”

“Però il papà è andato via per quello…Perché gli ho detto che lo odiavo come odiavo la mamma…”

“Appunto…Lei non è andata via. Non è andata come il papà. La mamma e il papà quella sera hanno discusso a lungo e hanno ritenuto che papà dovesse andare…per non ricadere in scenate davanti a noi”.

“Ma anche perché sono sbagliato…”

“No, non sei tu quello sbagliato. Sono loro ad essere sbagliati, fratellino”.

Bill aveva la faccia rossa e gli occhi gonfi tipici di un lungo pianto. “Tomi ti ricordi ciò che mi avevi detto? Mi avevi promesso che non mi avresti abbandonato”.

“E non l’ho fatto. Sono qui, vedi?”

“Mi puoi abbracciare, Tomi?” domandò in un sussurro.

Tom lo abbracciò. Bill appoggiò il mento alla sua spalla e pianse. Pianse ancora finché non si fu sfogato. “Grazie Tomi. Grazie di tutto. Grazie di esistere…”

Tom lo strinse a sé. Come aveva sempre fatto fin da piccolo. Come si sentiva di fare per proteggerlo dal mondo esterno, da ciò che gli faceva male. Era più grande di lui di solo dieci minuti, solo dieci fottutissimi minuti, eppure si sentiva responsabile di ciò che gli succedeva.

 “Tomi ho paura. Ho paura che un giorno le nostre strade si divideranno e non sarò abbastanza forte per proteggermi dal mondo…”

“Se mai un giorno ci divideremo sarai forte abbastanza per proteggerti, fratellino. Per cui cerca di restare indifeso il più a lungo possibile così ti potrò proteggere per sempre. Hai capito?”

Bill sorrise. Era da quando l’avevano pestato che piangeva e ora Tom era riuscito a farlo ridere.

“Non ti abbandono, Bill. No, mai” E con questo si ritrasse. Si levò il cappello e lo mise a Bill. “Così puoi andare a fare la foto senza che ti vedano in questo stato.”

“Tomi non ti sei mai separato dal tuo cappellino prima d’ora…”

“C’è sempre una prima volta, Bill. Tu ne hai più bisogno di me, no?”

Bill annuì e si asciugò le lacrime con il dorso della mano.

“Forza. Fuori mi aspetta una scazzottata.”

“Vuoi fare a pugni?” chiese Bill preoccupato.

“Non vorrai che quelli se la ridano, quando tu sei dolorante? Gli darò la lezione che si meritano…”

“Ma sono più di te, Tomi!”

“Vorrà dire che starò attento.”

“E se lo scopre la mamma?” domandò preoccupato Bill.

“Gli mostreremo cosa hai sul corpo…quelle botte non spuntano così dal nulla.”

Bill gli prese la manica della maglia. “Stai attento, Tomi!”

Tom gli sorrise. E insieme uscirono dal bagno.

 

“Sorriso!” disse il fotografo, mentre scattava la foto. Prima Bill poi Tom pensarono che quello fosse uno stupido modo come tanti per far sembrare una classe unita. Solo che non lo era affatto. Così in quelle foto si fecero immortalare in due modi molto antisociale. Per dimostrare che tutto quello era ridicolo. Bill aveva il viso nascosto dal cappellino di Tom, e quest’ultimo aveva girato la testa in modo da nascondere la faccia.

Una volta suonata la campana che indicava la fine delle lezioni Tom attese al cancello che uscisse la classe di Bill. E li vide…

Loro alti, sbruffoni, spavaldi e di buon umore. Invece Bill che gli stava distante, aveva la testa bassa e fissava il terreno.

Andò incontro a quegli stupidi che avevano picchiato Bill. “Ehi tu sacco di merda!” disse al capo della banda che aveva dato il pugno in faccia al suo gemellino. “Perché non ti fai i cazzi tuoi, è?” continuò piantandosi davanti al ragazzo con le mani che già gli prudevano, quando lo sentì li davanti a lui. “Lo so che tu e la tua banda di stronzi oggi avete picchiato mio fratello. E questo non mi piace…No.”

Questi ribollirono dentro. “Se le meritava. Tuo fratello è una femminuccia!”

Tom sorrise. “Ah, si? Allora anche tu ti meriti questo bastardo!”

Pump!

 

“Sei stato eccezionale, Tomi!” Bill saltellava felice sulla strada per tornare a casa. Imitò un gancio destro. “Beccati questo allora bastardo!”

Tom sorrise mentre Bill continuava a imitarlo.

“Tomi mi devi insegnare quest’estate!” esclamò felice. Poi d’improvviso si bloccò. “Guarda, Tomi!”

Tom alzò la testa. Sopra di loro passava un aereo diretto a sud.

“Pensa, un giorno potresti diventare uno di quelli che scazzotta la gente come sport! Gireresti il mondo con un tuo aereo privato e io ti seguirei così potremmo andarcene da questo schifoso posto!”

“Bill, io voglio suonare la mia chitarra e basta. Voglio una vita fatta di musica…”

“E io voglio cantare, Tomi! Potrei rispolverare le canzoni che avevo scritto...”

“Bill sii realista. Per formare un gruppo dovremmo avere anche un batterista e un bassista che non abbiamo”.

“Mi ci vedo là sul palco. Io canto. Tu suoni. La gente che urla e grida. Sarebbe una grande rivincita su quegli stupidi dei nostri compagni, no?”

Tom annuì. “Certo Bill, certo!”

Bill non sapeva se Tom era convinto di quello che stava dicendo e forse aveva ragione perché le sue parole non erano proprio realiste e lui ancora vagava nella fantasia, mentre suo fratello forse sapeva che non sempre si poteva ciò che si voleva, ma Bill sapeva anche che moriva dalla voglia di poter suonare davanti ad un vero pubblico tutto per lui. Decise di lasciare stare quell’argomento e trotterellò avanti assaporando di nuovo per l’ennesima volta il viso pieno di sangue del suo compagno di scuola. Per una volta tanto non era stato lui quello a dover piangere. Tom lo afferrò per un braccio. “Fammi vedere la faccia…” disse per vedere se era ancora sporca di sangue. “Vieni sennò la mamma ti sgrida” disse e si fermò davanti alla fontana della piazza.

Bill bagnò un fazzoletto e si pulì piano il naso per non farsi male.

“Ti fa male?” chiese Tom fissando le sue operazioni sulla faccia.

“Un po’ ma niente di grave…”

“Quel tanto che basta per far allarmare la mamma. Cosa gli dici se scopre che metti la matita?”

Bill non rispose. Continuò a pulirsi e si sedette vicino al fratello come se non gli avesse chiesto niente.

“Bill?”

“Cosa c’è?” rispose bruscamente.

“Che gli dici?”

Bill si volse verso di lui e Tom intravide nel suo volto un’espressione triste. “Che lo faccio perché ne ho bisogno…Solo così riesco a superare il divorzio di mamma e papà.”

Tom gli prese il fazzoletto e gli pulì l’occhio che aveva ancora tracce del trucco colato. “La farai preoccupare. Andrà su tutte le furie. Crederà che se le prendi è solo colpa sua…”

Bill cominciò a far dondolare i piedi e a sbattere i talloni contro il muretto della fontana. “Per me il trucco è come una maglietta o un paio di mutande. Mi sentirei nudo senza. È qualcosa che non mi possono togliere. In fondo perché le donne sì e i maschi no? E poi mi evidenzia il colore dei mie occhi…”

Tom sorrise. “Sai ho sentito nei corridoi della scuola che una ragazza ha rivelato ad una sua amica che tu hai proprio dei bei occhi! Su di me invece non ha detto niente. Sono geloso!”

Bill sembrava serio. “Davvero, Tomi?”

Lui si strinse nelle spalle. “Potrebbe.”

Bill saltò in piedi. “Era così o no?”

“Ti prendevo per il culo!” partì di corsa ridendo alla grande.

Bill lo rincorse. “Brutto bugiardo! Torna qui!” ringhiò correndo contro il vento per prendere Tom, suo fratello. Il suo adorato fratellone.

 

“Cosa avete fatto oggi?” chiese Simone a tavola.

Tom e Bill si strinsero nelle spalle. “Niente di speciale. Solo le foto.”

“Le posso vedere?”

“Ce le hanno a scuola. Le puoi andare a prendere domani mattina” rispose Tom e poi lui e Bill si alzarono e andarono in cortile a giocare.

“Bel canestro Tom!” esclamò Bill palleggiando. Ci provò anche lui e il pallone roteò sul canestro e poi entrò dentro prima di ricadere a terra e Bill strillò felice.

Tom e Bill batterono un cinque. Erano imbattibili. Loro due insieme, formando una cosa sola…

 

“Cos’è sta roba?” domandò Simone sventolando le foto sotto i piccoli nasi di Bill e Tom.

“Le foto, mamma” rispose Tom con aria assente.

Simone le riguardò incredula. “Perché Bill hai il cappello? Ti vergognavi forse che ti facessero una foto? E tu Tom! Non me lo sarei mai aspettata che tu avessi potuto girare la testa!”

Tom alzò la testa e incontrò gli occhi indagatori della mamma. “Bill…Fai vedere alla mamma.”

Simone spostò gli occhi su Bill.

Lui esitò.

Tom sbuffò. Alzò una manica della maglia a Bill e sotto apparvero vari lividi blu risultato dei calci dei suoi compagni.

Simone rimase pietrificata.

Tom continuò. Alzò la maglia e le mostrò la pancia e poi Bill alzò i pantaloni e le mostrò le caviglie.

“Che…Che è successo?”

Poi per finire Tom strizzò il naso a Bill a suo insaputa e lui si lamentò. “Naso rotto. L’hanno picchiato mamma. I suoi compagni.”

“Mi hanno picchiato anche quando ero a terra…”

Simone s’inginocchiò davanti a Bill. “Hai fatto qualcosa per provocarli, amore?”

Bill scosse la testa. “Mi picchiano sempre, quando metto…metto la matita agli occhi.”

Simone lo abbracciò forte, ma non disse niente. Non commentò il fatto che mettesse la matita. Lo sapeva già. Le maestre l’avevano già avvertita, ma non sapeva che lo picchiavano per quello.

Gli accarezzò la testa. “Se succede ancora devi dirmelo, Bill!”

“Ci ha già pensato Tomi a farli smettere, mami!” bisbigliò lui.

Lei sorrise. “Lo so, mi ha telefonato la mamma del poveretto. Gliene ho dette su suo figlio da farle strappare i capelli…” E ridacchiò.

Tom si grattò la testa. “Niente punizione, ma’ ?”

“NO! Vieni qui”. E abbracciò anche lui.

“Mamma? Lo sia che sei la migliore del mondo?” domandò Bill chiudendo gli occhi.

Lei sorrise. “Lo so. Lo so, Bill.”

 

“Avete fatto, tutto?” chiese Simone scostando la porta con delicatezza.

Dentro la stanza Bill aveva appena finito di riporre nella valigia l’ultima maglietta e il braccialetto con la stella che Tom gli aveva regalato l’anno scorso al suo compleanno.

Tom, invece, chiuse la valigia e indossò il suo capellino, il suo preferito. “Forza, Bill”

“Si, Tomi. Solo un attimo” disse prendendo la borsa.

Simone sorrise e scese le scale. Finalmente finita la scuola li attendeva una fantastica vacanza. Simone aveva promesso ai suoi due bambini una vacanza sul lago di Garda.

Salirono in macchina, mentre Simone infilava le valigie nel baule.

“Tomi mi ci vedresti moro?” chiese piano.

Tom lo guardò male. “Tutti vogliono nascere biondi e tu vuoi farti moro?”

“Ma si per non essere uguale a tutti…Per andare contro corrente, no?”

Tom sorrise. “Sei sempre il solito!”

“Secondo me staresti bene…” disse Simone.

“Davvero ma’ ?” chiese Bill eccitato.

“Certo che discorsi. Sei o non sei Bill Kaulitz?” e dicendo questo mise in moto l’auto. (non sembra una frase stupida?)

Bill allacciò la cintura, mentre nella sua testa frullavano mille idee. “E voglio un taglio nuovo di capelli…”

Simone sorrise e svoltò l’angolo. Il lago li aspettava.

 

Passarono ore di viaggio, sostarono a diversi autogrill (a Bill scappava sempre la pipì e Tom non era da meno). Si fermarono a mangiare a sazietà in un autogrill italiano (erano già in Italia) e Simone per farli divertire cominciò a fare facce strane e a raccontare barzellette (cosa non gradita dagli altri che erano tutti italiani e non capivano ciò che dicevano e poi li sentivano ridere).

Stanchi morti arrancarono alla macchina e la adattarono per dormire. Simone sul sedile del guidatore, Bill nel posto accanto e Tom dietro disteso e spaparazzato.

“Notte, ma’. Notte Bill.”

“Notte, ma’. Notte Tomi.”

“Notte Tom. Notte Bill.”

E caddero tutti beatamente nel mondo dei sogni.

 

Bill rimase a fissare lo specchio d’acqua luccicante al sole di mezzogiorno. Il lago di Garda era enorme. Almeno agli occhi dei due gemellini che non l’avevano mai visto…

La machina lo costeggiava, Bill e Tom tiravano il collo per vedere mentre erano fermi in coda.

“Vi piacerà, vedrete.”

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Ringraziamenti: 

Midnight of phantom è questo il capitolo che intendevi? a me piace molto e non sapevo come scriverlo. Ricordo che ora scrivo in modo diverso ma questa storia è bella scritta così, che anche se è scritta in modo semplice mi piace lo stesso. Cmq l'ha postata la mia amica che qui si chiama Nikkith, è stata molto gentile e infatti la ringrazio per la pazienza che ha avuto con me. grazie per aver recensito *_* grazie :)
niky94 grazie per aver recensito la storia. Spero ti sia piaciuta :) ho letto la tua storia la rockstar e la squattera e mi è piaciuta molto! un bacione e continua a recensire!


   
 
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