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Autore: Sandie    12/04/2020    2 recensioni
Un portiere che freme dalla voglia di prendersi la sua rivincita.
Un attaccante che pur di raggiungere il suo scopo ed eliminare ogni ostacolo davanti a sé, si affida non solo alla sua bravura ma anche a un calcolo senza scrupoli.
Entrambi vogliono vincere e dimostrare di essere il migliore. E per farlo, sarà inevitabile scontrarsi.
Genere: Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Kojiro Hyuga/Mark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Breve nota introduttiva.

In questo racconto è presente il fratello maggiore di Genzo, che nella mia testa si chiama Hiroji, è un ex studente del King's College di Londra ed è sposato con Annie, una ragazza inglese che studiava nello stesso ateneo.

Questo dettaglio collega la one-shot alla mia long fiction "Frammenti di Vita", ma poiché è ispirata dalla scena iniziale del capitolo 18 di CT e dai dieci capitoli seguenti, quindi molto tempo prima, può essere letta come storia autonoma.

 

 

 

Patto con il nemico

 

 

 

Hiroji entrò nella sua stanza e si sdraiò sul letto, intenzionato a smaltire gli effetti del fuso orario dopo essere tornato quel giorno da Londra, per passare le sue vacanze estive.

Era contento di essere di nuovo a Nankatsu e riabbracciare la sua famiglia, dopo il suo primo anno in Gran Bretagna.

Un anno molto positivo: al King's College aveva incontrato studenti provenienti da tanti Paesi e aree del mondo diverse, aveva conosciuto e fatto amicizia con ragazzi e ragazze con cui aveva in comune sogni e passioni. Un vero crocevia di culture, e ci si trovava a meraviglia.

Anche con i professori aveva instaurato un buon rapporto, in particolare con quello di Economia, un vero luminare in materia e questo lo inorgogliva.

Sì, aveva indubbiamente molte cose interessanti da raccontare ai suoi famigliari e a Mikami.

Si era ritrovato a pranzare in compagnia della sola Hitomi, così era stata l'ormai storica governante di villa Wakabayashi la prima affascinata ascoltatrice dei suoi aneddoti.

I suoi genitori erano a Tokyo, il fratello mezzano Keisuke era in vacanza a Izu con i suoi amici e quello più piccolo, Genzo, era nella sua stanza a riposare, per via del suo piede ancora dolorante.

Ora, in Giappone, gli mancava solo Annie, la bellissima studentessa di Lingue Moderne che aveva conosciuto a una serata tra amici. Si frequentavano, ma nessuno dei due aveva ancora trovato il coraggio di dichiararsi. Una volta tornato a Londra, avrebbe dovuto decidersi a invitarla a uscire con lui a cena, o al cinema magari.

«E da soli …» sussurrò, chiudendo gli occhi e distendendo le labbra in un sorriso.

 

«Perché li incontriamo proprio alla prima!»

 

Sussultò e sbarrò gli occhi.

L'urlo di Genzo, seguito da un tonfo nella stanza accanto, infranse bruscamente quel piacevole silenzio e i dolci pensieri in cui la sua mente stava indulgendo.

Si tirò a sedere sul letto sospirando, poi scivolò sul materasso, facendo oscillare le gambe. Infilò i piedi nelle ciabatte, si alzò e uscì dalla stanza.

 

Era ancora inginocchiato sul tatami quando sentì un discreto bussare alla porta della sua camera.

«Genzo? Sono Hiroji. Posso entrare?»

Il ragazzino strinse le labbra ed esitò qualche secondo, prima di rispondere. Non gli andava di riprodurre certe scene patetiche e infantili, che sarebbero sicuramente seguite a un "no". Odiava essere considerato un'anima in pena, soprattutto dal suo fratello più grande.

«Sì.» rispose infine, sollevato nel sentire che era riuscito a usare il suo abituale tono di voce.

Hiroji spinse piano la porta ed entrò, con passo lento e cadenzato e un leggero sorriso sulle labbra.

«Che ti è successo? Mi hai fatto prendere un colpo.» disse, mantenendo però l'espressione serena e un tono di voce disteso. Non voleva rimproverarlo, voleva solo capire.

Genzo si alzò in piedi e si girò a incrociare lo sguardo del fratello che vide, nei suoi occhi, scintille di rabbia mista a senso d'impotenza.

«Oggi si è tenuto il sorteggio per i gironi di eliminazione del torneo di Yomiuri Land.»

Hiroji chiuse la porta e fece un cenno d'assenso, per invitarlo ad andare avanti.

«La Nankatsu incontrerà il Meiwa alla prima partita.» disse, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé, le sopracciglia corrugate e i pugni stretti.

«Il capitano del Meiwa è Hyuga Kojiro. Prima dell'inizio del torneo della prefettura, è venuto al campo di allenamento per sfidarmi. Ha fatto un tiro potentissimo. Io mi ero da poco infortunato e non ho neppure provato a muovermi. Mi ha sminuito e riso in faccia, davanti a tutti i miei compagni ...» spiegò, e tremò di rabbia nel sentire riecheggiare la risata sprezzante dell'attaccante, con lui fermo al centro della porta, inerme, umiliato, oggetto delle sue frasi maligne.

Hiroji lo aveva ascoltato attentamente, con le braccia incrociate. Voltò leggermente il viso e annuì.

«E tu non vedi l'ora di vendicarti.»

Genzo annuì con un cenno del capo.

«Sì. Per dimostrargli che io sono veramente il migliore portiere del campionato, e sono in grado di parare qualsiasi suo tiro.»

«Quante squadre passeranno il turno?»

«Le prime due di ogni girone.»

«Quindi Nankatsu e Meiwa potrebbero passare insieme.» dedusse Hiroji.

Genzo annuì.

«E se passano entrambe» continuò a ragionare, come se stesse risolvendo una semplice equazione «potrebbero rincontrarsi in una delle gare a eliminazione diretta. Magari proprio in finale.» concluse, voltandosi verso il fratello con uno sguardo eloquente.

«Sì …» confermò, pensando alla configurazione del tabellone. Nei suoi occhi si accese una luce.

«Sarebbe il massimo: avresti il tempo per recuperare dall'infortunio e la possibilità di prenderti la tua rivincita proprio nella finale.»

Gli occhi di Genzo si illuminarono. Poi strinse le labbra, la sua mente attraversata da un dubbio. «E se la sua squadra non dovesse arrivarci?»

«Beh, in questo caso significa che nemmeno lui è così forte come dice di essere, proprio come quel mio compagno di scuola.» sorrise Hiroji.

«Di chi parli?»

«Non te l'ho mai raccontato, vero? Già, eri ancora piccolino. È successo ai tempi delle medie, terzo campionato nazionale di baseball. Nella prima partita del campionato della prefettura, la Mizukoshi vinse contro la Shutetsu. Il battitore di quella squadra disse che il migliore non ero io, ma lui, e che io vincevo solo perché venivo dalla famiglia più ricca della città e frequentavo una scuola privata. Insomma, ero solo un figlio di papà. Sarà capitato anche a te di sentirtelo dire.»

Genzo annuì. Sì, nei primi anni di scuola molti ragazzi, specie quelli più grandi, avevano cercato di ridimensionare le sue qualità, insinuando che veniva favorito e lodato più degli altri solo perché proveniva dalla famiglia più antica e facoltosa di Nankatsu. Quelle maldicenze lo avevano spinto a reagire, alimentando e facendogli tirare fuori quell'orgoglio che era diventato ormai uno dei suoi tratti più distintivi.

«Mi suscitò una tale rabbia, che non vedevo l'ora di sfidarlo.» continuò Hiroji. «Ero convinto che le nostre due squadre si sarebbero ritrovate in finale. Lui mi aveva sempre guardato con quell'aria strafottente … poi però, in semifinale, la Mizukoshi venne sconfitta. Il mio avversario non ne aveva presa una. Lì per lì rimasi deluso, ed ero invidioso del giocatore che lo aveva surclassato. Poi mi resi conto che non avevo ragione di esserlo: era meno bravo di quanto lui credesse e di quanto mi aveva fatto credere. E l'altro giocatore era ancora più forte di lui e la mia soddisfazione fu ancora più grande quando fui io a sconfiggerlo. Se anche con Hyuga dovesse capitare la stessa cosa, non avrai nulla da recriminare: significa che in finale ci sarà un avversario ancora più bravo di lui da sfidare e da battere, e tu potrai dimostrare lo stesso di essere un grande portiere.»

Genzo lo guardò un po' incerto, poi fece un breve sorriso.

«Grazie Hiroji. Io però spero che per me vada diversamente. È una questione anche personale. Io voglio affrontare Hyuga. Lui e nessun altro. Devo essere io a batterlo, non voglio che lo faccia un altro al mio posto.»

Hiroji chiuse gli occhi e assentì con un sorriso divertito. Mikami non aveva esagerato quando gli aveva detto che Genzo era diventato ancora più ostinato e orgoglioso.

Gli mise una mano su una spalla e gli strizzò un occhio.

«Sai una cosa? Nankatsu-Meiwa la guardiamo insieme, sono proprio curioso di vedere questo Hyuga.»

Genzo gli rispose con un sorriso e un cenno d'assenso, poi andò a raccogliere la cornice con la fotografia che lo ritraeva mentre teneva in braccio la coppa vinta dopo il precedente torneo di Yomiuri Land, con un sorriso fiero e la posa diritta e orgogliosa.

Il vetro di protezione era, fortunatamente, ancora intatto.

Un buon presagio.

La rimise al suo posto, sul ripiano della cassettiera, tra le altre coppe conquistate.

 

Hiroji assistette, come promesso, alla partita tra Nankatsu e Meiwa insieme a Genzo e Mikami.

Capì immediatamente perché suo fratello desiderava così risolutamente sfidare Hyuga.

Quel ragazzo possedeva una foga, una grinta, uno spirito combattivo che travolgevano qualsiasi ostacolo.

Tsubasa gli aveva opposto una passione pari alla sua, anche se espressa in modo diverso, con la gioia pura di giocare a calcio. Per Hyuga invece, sembrava una questione di vita o di morte. I suoi occhi scintillavano di rabbia e ostinazione, aggrediva ogni pallone con una foga impressionante e riusciva sempre ad avere ragione dei suoi avversari. Era pronto a tutto pur di annientare chiunque si frapponesse tra lui e il suo obiettivo, come aveva dimostrato il bolide scagliato deliberatamente sul mento di Morisaki.

Non aveva mai visto Genzo così teso e arrabbiato, al punto da afferrare il televisore, come se volesse entrarci e ritrovarsi così in campo assieme ai suoi compagni.

Il gol incredibilmente facile di Sawada lo aveva fatto quasi impazzire per il disappunto e il senso d'impotenza, per essere costretto a casa e non poter fare nulla per aiutare un Morisaki terrorizzato dal pallone e diventato un comodo bersaglio.

Poi si tranquillizzò: per fortuna Tsubasa aveva trovato presto il modo giusto per ridargli fiducia e non temere l'impatto della sfera.

E lo aveva fatto nel miglior modo possibile: bloccando con il viso il pallone calciato da Hyuga con potenza inaudita.

Da lì in poi, il suo sostituto non aveva più avuto alcun problema e aveva fatto delle ottime parate, arrendendosi solo a tiri effettivamente imprendibili.

La Nankatsu aveva perso infine, ma aveva lottato ad armi pari. Tsubasa e Misaki erano giocatori di prim'ordine e Morisaki era uscito rafforzato e maturato da quella partita, avendo superato il suo trauma. Era certo che lo avrebbe rimpiazzato degnamente per tutte le gare seguenti. Inoltre, aveva scoperto che il Meiwa non era solo Kojiro Hyuga, aveva altri bravissimi giocatori e se la sarebbe giocata fino in fondo.

Il partner d'attacco di Hyuga era Takeshi Sawada, un giocatore piccolo, agile e dotato di una tecnica notevole per la sua età. Un talento precocissimo dotato anche di una buona dose di opportunismo, vista la prontezza con cui aveva bruciato sul tempo Takasugi in occasione del gol della vittoria.

«Confesso che credevo avessi esagerato un po', Genzo, ma guardando questa partita mi sono dovuto ricredere. Questo Hyuga è davvero indomabile, è una forza della natura.»

«Già … sai Hiroji, prima della sfida con Tsubasa non riuscivo a sopportare l'idea che potesse esserci qualcuno in grado di battermi. Ma ora tremo dalla voglia di confrontarmi con i migliori giocatori del torneo. Perché solo così posso davvero conoscere il mio valore.»

Hyuga non sarebbe uscito prima della finale, ne era certo. Quando aveva fatto irruzione al campo della Nankatsu lui era infortunato, sì, ma quel tiro aveva una potenza inaudita, superiore persino a quella di Tsubasa.

Una bomba che avrebbe fatto tremare le gambe a qualsiasi portiere.

«Sono convinto che Hyuga continuerà a segnare e il Meiwa arriverà in finale.»

«Allora mi sa che ti toccherà tifare anche per lui. Almeno fino a che non vi incontrerete.» disse, dandogli un leggero buffetto sulla nuca.

 

Nei giorni seguenti riprese ad allenarsi, approfittando di quelle giornate assolate, calde ma non afose.

Non aveva seguito le gare successive del girone, convinto che la Nankatsu avrebbe battuto senza difficoltà le avversarie, dedicando così il suo tempo al recupero della sua forma fisica.

Riponeva grande fiducia in Morisaki, che aveva superato le sue paure e si stava dimostrando un portiere affidabile.

Solo Hanawa poteva dare fastidio: aveva una difesa solida e i loro due attaccanti, i gemelli Tachibana, erano agili, veloci e con una buona tecnica, e soprattutto avevano un'intesa straordinaria. Tutte qualità che gli avevano consentito di fermare il Meiwa, costringendolo al pareggio.

Un risultato che aveva messo la Nankatsu in una situazione scomoda: la gara successiva era proprio contro la squadra della prefettura di Akita ed era obbligatorio vincere per passare il turno.

Questa volta non ci sarebbe stato Hiroji a seguirla in tv accanto a lui, perché era andato a Tokyo per passare qualche giorno con i loro genitori.

 

Alla fine del primo tempo, la Nankatsu conduceva la gara con il risultato di 2-0.

Genzo si alzò dal divano con un sorriso.

Hanawa, tolti i gemelli Tachibana che erano però stati letteralmente oscurati da Tsubasa e Misaki, sembrava veramente poca cosa.

Uscì nel giardino: aveva tutta l'intenzione di dedicare il resto del pomeriggio ad allenarsi.

Per qualche giorno, d'accordo con Mikami e con il dottor Morimoto, si era limitato a fare dei brevi, semplici esercizi e ora voleva provare a correre.

Fece qualche breve corsa di pochi metri, con cautela.

Non sentiva dolore al piede. La cura prescritta dal suo medico stava dando buoni risultati, ma soprattutto la sua determinazione e il suo desiderio, anzi smania di prendersi la rivincita si stavano rivelando il rimedio più efficace.

Si arrestò quando sentì Mikami che lo chiamava a gran voce.

«Vieni a vedere, Hanawa ha pareggiato!»

Genzo rimase di sasso. «Com'è possibile?» replicò, incamminandosi rapidamente, ma con cautela.

Il televisore stava trasmettendo le immagini delle incredibili invenzioni dei gemelli Tachibana: tecniche mai viste prima, tenute nascoste e usate per raddrizzare il risultato.

La situazione sembrò precipitare dopo che Ishizaki aveva clamorosamente sbagliato quello che doveva essere un passaggio diretto alla Golden Combi, spiazzando Morisaki e mandando il pallone in rete.

Quel momento di smarrimento durò poco: la Nankatsu, grazie soprattutto a Misaki, seppe recuperare il morale e la fiducia e riuscì a ribaltare il risultato.

 

Riagganciò la cornetta del telefono dopo aver chiamato i suoi compagni, per fare loro i complimenti e fargli sentire il suo sostegno.

Nella partita contro Hanawa, una cosa lo aveva colpito anche più della loro bravura e tenacia.

Aveva visto lo sguardo compiaciuto di Hyuga dopo l'autogol di Ishizaki ed era certo che non si stava semplicemente facendo beffe del difensore: quello era un sorriso di soddisfazione.

Come se stesse osservando il compimento di un piano.

Lo aveva poi visto stringere la mascella e lasciare il campo scuro in volto, al termine della partita.

Lo spavaldo Hyuga aveva paura di Tsubasa e della Nankatsu … al punto da volerli già fuori dal torneo!

E con ogni probabilità il pareggio contro il Meiwa era stato parte di quella strategia.

Hyuga che cercava di scappare dagli avversari che potevano insidiarlo!

Genzo sogghignò.

Prima voleva sfidarlo solo per desiderio di rivalsa, per vendicarsi del gol subìto e della risata di scherno che ancora risuonava nella sua mente.

Ma ora c'era un altro motivo per cui voleva confrontarsi con lui: era il giocatore più forte, l'attaccante più pericoloso alla pari con Tsubasa. Batterlo, avrebbe significato essere il miglior portiere.

E per converso anche Hyuga, se voleva dimostrare di essere l'attaccante più forte, avrebbe dovuto segnare contro di lui.

«Non ci si libera di una cosa evitandola, ma solo attraversandola.» mormorò, ripetendo a sé stesso un proverbio che suo nonno era solito citargli quando non gli andava di fare qualcosa.

Ristette accanto al telefono.

Gli tornarono in mente le parole di Hiroji.

Ti toccherà tifare anche per lui, almeno fino a che non vi incontrerete ...

Un'idea si stava facendo strada nella sua mente. Lì per lì gli parve assurda.

Un attimo dopo, si ritrovò a ricomporre il numero dell'albergo in cui alloggiavano le squadre.

 

Kojiro si diresse verso le scale sbuffando. 

Aveva fatto in modo che il Meiwa pareggiasse contro Hanawa, nella speranza che i gemelli Tachibana e compagni riuscissero a impedire alla Nankatsu di vincere.

Quel piano stava per riuscire, se non fosse stato per Misaki e soprattutto Tsubasa, il rivale da togliere di mezzo perché rappresentava per la Nankatsu quello che lui era per il Meiwa, il finalizzatore, quello che segnava i gol e procurava le vittorie.

I due osservatori che lo avevano avvicinato dopo la prima partita avevano parlato chiaro: l'Istituto Toho avrebbe preso in carico sia le rette da pagare per l'iscrizione, sia le spese famigliari. E lui avrebbe potuto dedicarsi interamente allo studio e al calcio. La Toho era la migliore scuola del Giappone sia per la qualità dell'offerta didattica e dell'insegnamento, sia per la formazione di giovani calciatori, e lui voleva diventare un campione. Un fuoriclasse. Il più forte attaccante del mondo.

Ma erano stati altrettanto espliciti quando gli avevano detto che nel club di calcio della Toho c'era posto per uno soltanto.

Non poteva permettere che scegliessero Oozora… se la Nankatsu fosse stata eliminata, quel ragazzino che diceva che il calcio era il suo sogno e che il pallone era il suo grande amico, non avrebbe più rappresentato un ostacolo per lui.

Strinse i pugni.

L'ingresso alla Toho era un treno che passava una volta sola nella vita.

Lui era il più forte e doveva dimostrarlo senza lasciare alcun dubbio.

Ripensò al prosieguo del torneo: stando alla composizione del tabellone, il Meiwa poteva incontrare la Furano in semifinale … no, non "poteva". A meno di clamorose sorprese, sarebbe accaduto. Era una squadra solida e affiatata, con un capitano abilissimo nel possesso palla e con un tiro insidioso.

Gli tornò in mente ciò che era avvenuto poco prima nella sala mensa.

Quel Matsuyama gli era andato a sbattere contro e lui lo aveva allontanato da sé con una manata. Se non fosse stato per gli interventi di Misaki, Tsubasa e Misugi avrebbe cercato di restituirgli il favore.

Meglio così. Lo avrebbe trovato più arrabbiato e deciso a sconfiggerlo che mai, e per lui sarebbe stata una soddisfazione doppia batterlo.

 

«Hyuga! Una chiamata per te, da Nankatsu!» la voce di un inserviente lo fermò quasi in cima alle scale.

Kojiro alzò un sopracciglio. «Da Nankatsu?»

Ristette un momento, pensieroso. Chi poteva chiamarlo da Nankatsu?

Poi si diresse verso l'uomo, che teneva la cornetta in mano.

 

«Hyuga.» esordì. Una voce profonda e risoluta. E con una vena di strafottenza che gli provocò un fremito di fastidio.

«Chi è?»

«Sono Genzo Wakabayashi.»

«Wakabayashi?» ripeté Kojiro, stupito.

Se Genzo avesse potuto vederlo in quel momento, con gli occhi sgranati, la bocca semiaperta e le sopracciglia scattate in alto, sarebbe scoppiato a ridere.

Poi aggrottò le sopracciglia e strinse la mascella.

«Che diavolo vuoi?» chiese, senza troppo riguardo.

«Ah, sei rozzo di tuo allora!» replicò Genzo provocatorio, senza trattenere un accenno di risata.

Kojiro sbuffò, spazientito. «Falla finita, genio. Perché mi hai telefonato?»

Il portiere piegò le labbra da un lato. Stava cominciando a divertirsi. «Per dirti di non fare scherzi e di portare il Meiwa in finale, perché quel giorno ci sarà anche la Nankatsu, e ci sarò io a difendere la porta.»

Kojiro sgranò gli occhi. «Ma se sei infortunato e non sei nemmeno qui con la tua squadra.»

«Il piede non mi fa più male, è in via di guarigione. E stai sicuro che ti servirà un tiro ben più potente e preciso di quello che mi hai fatto al campo per segnare.»

L'attaccante stava per replicare con una battuta sarcastica, poi si rese conto che Wakabayashi gli aveva appena lanciato una sfida, reclamando il diritto ad avere una rivincita.

«Ci vediamo in finale allora, Wakabayashi. Distruggerò te, Tsubasa e la Nankatsu. Il Meiwa vincerà il campionato e io la classifica dei cannonieri.»

«Non te lo permetterò.» furono le parole con cui Genzo lo salutò, prima di riattaccare.

Kojiro non fece nemmeno in tempo a muovere le labbra per rispondergli.

Guardò la cornetta con una smorfia e la riappoggiò sulla forcella.

Quel Wakabayashi voleva avere l'ultima parola, a quanto pareva …

Si ritrovò a sorridere, suo malgrado. 

Si sentiva più forte e motivato che mai.

Aveva segnato più gol di tutti nella fase a gironi e contendeva il primo posto a Oozora.

Il Meiwa si era qualificato con la prima posizione ed era una delle favorite.

E presto sarebbe tornato anche Wakashimazu. Il mister Kira aveva detto che lo aveva contattato e aspettava, a breve, sue notizie.

Lui non si era ancora fatto sentire, ma Kojiro era sicuro che li avrebbe raggiunti presto.

Ken era leale, non mancava mai alla parola data.

Il suo nome era inserito nella lista consegnata agli organizzatori del torneo, ciò lasciava pochi dubbi sul fatto che fosse ormai pronto a riprendere il suo posto dopo l'infortunio che lo aveva costretto all'inattività per molti, interminabili mesi.

Anche per Tsubasa e Misaki non sarebbe stato facile segnare ...

Il suo sorriso si allargò.

In fondo, per dimostrare di essere il migliore, doveva battersi proprio contro i migliori.

E la prima sfida con Tsubasa, nonostante la vittoria all'ultimo secondo del Meiwa, si era conclusa in parità. E quanto a Wakabayashi, come sarebbe andata quel giorno, se fosse stato in grado di muoversi?

Era pur sempre il portiere che l'anno prima aveva mantenuto la sua porta inviolata per tutto il torneo. Non poteva essere avvenuto soltanto per caso.

Kojiro si trovò solo in quel momento a considerare che, in fondo, lui era appena apparso sulla scena calcistica giovanile: il suo valore effettivo era ancora da dimostrare e non ci sarebbe mai riuscito senza mettersi alla prova contro avversari forti.

Lo doveva anche a suo padre, che stava tornando a casa con il pallone nuovo che gli aveva promesso, quando c'era stato l'incidente che glielo aveva portato via …

Il calcio, da quel giorno aveva smesso di essere solo un gioco. Era diventato la sua arma di riscatto.

Avrebbe battuto il migliore attaccante, il miglior portiere e la migliore squadra del campionato, avrebbe sollevato la sua famiglia dai problemi economici, sua madre non avrebbe più dovuto ammazzarsi di lavoro e i suoi fratelli avrebbero potuto frequentare le migliori scuole.

Solo affrontando i più forti, avrebbe potuto davvero convincere quei talent-scout che lui era davvero il giocatore più bravo, l'attaccante che la loro squadra cercava.

 

Genzo rise tra sé e sé, pensando all'espressione che doveva avere avuto Hyuga nel momento in cui gli aveva praticamente sbattuto la cornetta in faccia.

Continuava a pensare che fosse uno sbruffone, ma a ragion veduta, doveva ammettere.

Un po' come lui, si sorprese a sogghignare.

«Con chi parlavi prima al telefono, Genzo?» chiese Mikami, dopo che fu tornato nel salotto.

«Ho appena fatto un patto con il mio nemico.» rispose, con quel sorriso obliquo che lo faceva sembrare più scafato dei suoi dieci anni.

Mikami lo guardò dapprima con aria interrogativa, poi capì e piegò anche lui le labbra in un'espressione divertita.

«Da domani riprendi a farmi qualche tiro.» gli propose Genzo.

«Sì, ma riprenderemo per gradi. Non voglio che una ricaduta ti costringa a rinunciare definitivamente.» lo redarguì da par suo, incrociando le braccia.

Il giovane portiere chiuse gli occhi e sorrise.

«Non preoccuparti. Onoro sempre gli impegni presi.» replicò, strizzandogli un occhio e avviandosi verso la sua stanza.

 

 

 

FINE

 

 

 

 

***Note*** 

 

 

Nella versione in lingua inglese del manga, Genzo viene definito genius keeper.

Da qui l'appellativo con cui Kojiro lo chiama durante la loro telefonata.

 

 

 

L'arrivo della primavera e la nostalgia particolarmente forte in questo periodo mi hanno ispirata questa one-shot prettamente calcistica, che mi ha riportata indietro di un bel po' di anni, quando guardavo "Holly & Benji" in tv, ancora ignara del titolo e dei nomi originali, per poi uscire a fare una passeggiata o un giro in bici quando giornate miti e soleggiate come queste lo permettevano.

Auguro a tutti voi la migliore Pasqua e il miglior Lunedì dell'Angelo possibili, in questo periodo straordinariamente difficile.

Sandie

  
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