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Autore: theStarbucksGirl    16/04/2020    2 recensioni
Ron Weasley è cresciuto, è al VI anno ad Hogwarts, e non è invisibile, Lavanda gliel'ha ben dimostrato. Non è sufficiente però ad arrestare l'ondata incandescente di rabbia, gelosia e passione che Hermione provoca in lui, e che, quel Natale potrebbe trasformarsi in un vero e proprio incendio.
Quella sera non si sarebbe accontentato. Voleva che il fuoco divampasse e l'incendio divorasse anche lei
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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INCENDIO
Quando Ronald Weasley era furibondo c'era poco da stare tranquilli. Diventava nervoso, inquieto e anche un po' crudele. Dopo un anno nelle vesti di Prefetto, gli altri studenti di Grifondoro avevano imparato a riconoscere i cambiamenti dei suoi stati d'animo e a comportarsi di conseguenza per evitare di vedersi sottrarre dei punti solo perché sorridevano troppo. Quello era un giorno in cui dare fastidio a Ron Weasley poteva risultare non solo irritante, ma anche pericoloso. Se n'erano accorti tutti dopo la lite con Lavanda Brown. I due piccioncini si stavano sbaciucchiando, come al solito. Francamente, molti iniziavano a non sopportarli più, desiderando seguire l'esempio di Hermione Granger e abbandonare in massa la Sala Comune. Lavanda stava a cavalcioni su di lui, le mani premute sulle sue guance, i lunghi capelli biondi e morbidi che cadevano sul suo petto, ed emetteva mugolii soddisfatti mentre premeva le labbra sulle sue. Eppure, era la sola a partecipare al bacio. Nonostante gli invitanti tentativi, le labbra e il corpo di Ron non partecipavano come al solito.
"Insomma, Ron-Ron, cos'hai?" si arrese infine Lavanda.
"Eh? Come?" rispose Ron, sbattendo le palpebre come se non si fosse accorto di aver avuto una ragazza in grembo con le labbra premute sulle sue fino a quell'istante.
"Se non hai voglia di baciarmi, puoi anche dirmelo" insistette Lavanda lanciandosi in una sfuriata sempre più isterica. Ron finse di ascoltarla per un po', ma poi scattò: "Smettila, Lavanda. Sei fastidiosa".
La ragazza interruppe bruscamente la sua tirata, per un attimo troppo stupita per ribattere. Poi urlò con quanto fiato aveva in gola: "Sei uno stronzo, Ron-Ron!" e fuggì via in lacrime.
Sotto lo sguardo un po' divertito, un po' di disapprovazione dei presenti in Sala Comune, Ron si sentì in colpa. Non avrebbe dovuto essere così brusco, ma avrebbe fatto pace con Lavanda; sarebbe andato da lei e le avrebbe chiesto scusa con un bacio... l'indomani. Non quel giorno, non quando non si sentiva sé stesso, e tutto attorno a lui lo infastidiva, le ghirlande natalizie, le luci, i festoni e le carole, gli studenti allegri e l'intero castello addobbato a festa. Odiava tutto e tutti. Nessuna sorpresa, quindi, non essere riuscito a sopportare la sfuriata di Lavanda per più di un minuto. Quel giorno non ne aveva le forze. Si raddrizzò un po' sulla poltrona nella quale era sprofondato sotto il peso dei suoi pensieri: eppure Lavanda avrebbe dovuto intuire il suo stato d'animo, era la sua ragazza, no? Perché si professava tale se poi non lo conosceva per niente? Non era quello che significava avere una ragazza? Forse no... Sprofondò di nuovo con disperazione nella poltrona, desiderando porre questa domanda all'unica persona esperta in materia di ragazze che conoscesse. Ma non poteva. Perché quella persona era la causa di tutti i suoi mali, perché il motivo per cui era arrivato ad odiare il natale (che solitamente significava cibo di sua madre a palate, la Tana, partite a Spara-Schiocco e regali ) era proprio quella persona: Hermione.
"Ehi, Mike, passi da me durante le vacanze di Natale? Do' una festa..."
Ron alzò di scatto la testa. Chi aveva osato pronunciare le parole 'Natale' e 'festa' nella stessa frase? Si erse in tutta la sua altezza aguzzando gli occhi e le orecchie in cerca del colpevole di tale misfatto; lo individuò senza problemi: "Meno 5 punti, Caulter" dichiarò con folle trionfo, poi girò i tacchi, lasciando il basito Caulter alle pacche comprensive dei suoi amici.

Qualche ora più tardi, Ron varcò la soglia della sua stanza, deciso a farsi un pisolino per portare un po' di calma nella sua testa, ma si bloccò quando vide Harry in procinto di uscire. Era molto elegante e quella vista lo fece diventare nervoso. Harry notò il suo sguardo.
"Ehi, Ron. È affollata la Sala Comune questa sera, vero?" esordì titubante, cercando di parlare di tutto tranne del fatto che stesse andando alla festa di Natale di Lumacorno. Ron si accorse del suo tentativo, lo apprezzò e un po' della sua rabbia scemò. "Ehm... Già. Tu... vai già lì?" chiese Ron, deciso a non nominare quel posto.
"Sì" rispose Harry laconico. Incoraggiato dal tono di Ron, che non pareva propenso ad una sfuriata improvvisa, il ragazzo azzardò una domanda: "Tu cosa farai stasera? Vai avanti con il tema per Piton?"
"Magari!" replicò Ron sprezzante. "Devo pattugliare i corridoi e mi tocca anche doppio turno dato che Hermione...". Le parole gli si strozzarono in gola, talmente grande era la sua indignazione. Harry si dette mentalmente dello stupido e cercò, vagamente nel panico, di trovare un qualsiasi pretesto per cambiare discorso. Talvolta si scordava dei doveri dei suoi due amici come Prefetti; non avrebbe dovuto farlo, specialmente se significava far infuriare ancora il suo amico.
"Anzi, sai che ti dico, scendo già per cena. Prima inizio, prima finisco" e senza ulteriori indugi, raggiunse la porta. Era quasi fuori dalla stanza, quando si arrestò e disse con una voce roca, dura, non da lui: "Solo una cosa, Harry: butta un occhio". Osservandolo mestamente chiudersi la porta alle spalle, Harry sapeva benissimo a cosa e a chi si riferisse.
Mentre si dirigeva lentamente verso la Sala Grande, Ron fu avvinto ancora una volta dai sensi di colpa. Non intendeva mollare Harry così su due piedi, non ce l'aveva assolutamente con lui. Era la rabbia che lo faceva agire come un imbecille, non riusciva a trattenersi. Lo trasformava in un vulcano pronto all'eruzione e a travolgere chiunque si trovasse sulla sua strada. I suoi passi presero un ritmo più concitato. Anche questo sentirsi impotente lo faceva arrabbiare. Era tutta colpa di Hermione. Incredibile, era sempre e solo lei l'unica in grado di farlo innervosire come neanche Fred e George erano mai riusciti a fare. Non l'avrebbe mai perdonata per averlo fatto impazzire scegliendo Cormac McLaggen per andare alla festa di Lumacorno, per averlo fatto diventare il suo chiodo fisso, compromettendo la sua sanità mentale. Il pensiero dei loro visi vicini, complici nell'intimità dell'ufficio di Lumacorno, gli faceva venire la nausea, e si sentiva strozzare dalla pura cattiveria e gelosia che lo braccavano come un animale spietato.
Il profumo di arrosto e castagne gli arrivò alle narici: in Sala Comune era in corso la cena, ma non aveva fame. Si volse disgustato e iniziò in anticipo il suo turno di pattuglia.
Bastò qualche sottrazione di punti selvaggia a far spargere la voce tra gli studenti di non avvicinarsi ai corridoi del secondo e terzo piano perché erano sorvegliati da quel lunatico di Ronald Weasley, così ben presto per il ragazzo non ci fu nient'altro da fare che vagare per i corridoi deserti.

Il coprifuoco era già scattato da un pezzo, perciò nel castello regnava un silenzio solenne. Questo non aiutava Ron a sbarazzarsi delle fantasticherie ossessive su cosa stesse facendo Hermione in quel momento, anzi, grazie alla quiete che lo circondava, i suoi pensieri erano ancora più liberi di vagare senza ritegno. Immagini, scene e parole del tutto inventate affollavano la sua mente e lo trascinavano in un vortice malsano. Più pensava, più diventava irrequieto; più immaginava, più perdeva la ragione.
Non se ne rese conto finché non si ritrovò davanti all'unico luogo in tutta Hogwarts in cui fosse permesso far baldoria quella sera. La porta dell'ufficio di Lumacorno si stagliava splendente, dal suo interno proveniva un allegro vociare. Ron non sapeva cosa ci facesse lì davanti, non sapeva se voleva solo farsi del male, o se voleva fare irruzione e trascinare via Hermione. Era combattuto tra questi irrazionali impulsi, quando la porta si aprì lentamente e ne sgusciarono fuori due figure. Ron si nasconse repentinamente buttandosi dietro una colonna.
"Mi aspetti un attimo qui? Faccio in fretta. Vado in dormitorio, prendo la giacca e torno subito da te" stava dicendo una voce maschile in un tono che avrebbe voluto essere seducente.
"Va bene, Cormac" replicò l'altra voce, imbarazzata, ma piacevolmente sorpresa. A Ron andò il cuore in gola. Era LEI. Si sporse in modo avventato oltre la colonna: voleva guardarla e non gli interessava che lo scoprissero. Ma tanto avrebbe potuto mettersi a ballare che non lo avrebbero notato, talmente erano presi l'uno dall'altra. Cormac le stava accarezzando il viso, poi la sua mano scese e le sfiorò il collo, libero dalla solita cascata di capelli ribelli. A quel tocco, Hermione arrossì violentemente, provocando l'ilarità di McLaggen, che proseguì imperterrito a sfiorarla. Le sue dita percorsero tutta la lunghezza del collo della ragazza per proseguire lungo le spalle e le braccia, fino a giungere alla sua piccola mano che fece scomparire nella sua. Hermione sorrise incerta.
Ron nel frattempo vedeva rosso, pietrificato dall'orrore e al contempo divorato dalla gelosia, famelica creatura. Rimase a guardarla mentre McLaggen si allontanava, voltandosi ogni quattro passi per lanciarle occhiate tutt'altro che innocenti. Possibile che Hermione non riuscisse a capire cosa gli facesse quando stringeva la mano a qualcun altro? Non sapeva che lo stava uccidendo? Una marea rovente di magma lo attraversava, bruciando.
"Ci stiamo divertendo, vedo". Non era riuscito a trattenersi; il vulcano era eruttato. Lei era lì, era sola, doveva parlarle. Hermione sussultò nel riconoscere quella voce.
"Ron, che ci fai qui?" chiese con prudenza.
"Pattuglio i corridoi. Sono un Prefetto anch'io, ricordi? E questa sera devo sgobbare il doppio dato che tu sei qui a far festa". Notò che le sue parole la stavano irritando ed esultò internamente. Voleva farla innervosire, arrabbiare, farle perdere la ragione tanto quanto lui, voleva provocarla. Così continuò, travolto dall'ondata incandescente dentro di lui.
"Come mai, mi chiedo, la precisa e corretta Hermione Granger sgattaiola via dalla magnifica festa di Lumacorno? Era troppo affollata per caso? C'era troppa gente per i tuoi gusti o per quelli di McLaggen? Dove volevate andare, tra l'altro? Non pensate di starvene a ciondolare per i corridoi perché vi tolgo dei punti, vi avverto. Allora, vi siete già baciati? Sì, scommetto di sì". Più parlava, più il sangue gli scorreva velocemente nelle vene, bruciando come se al sua posto ci fosse veleno di Doxy; più parlva e più la metteva spalle al muro.
"Ron, non capisco se sei completamente impazzito o..." iniziò Hermione, stizzita, ma Ron non la stava a sentire. La interruppe, piantandole negli occhi uno sguardo allucinato, ma terribilmente magnetico, proprio perché poco gli si addiceva. Hermione arretrò ancora sotto i colpi delle sue parole che non le davano il tempo di reagire. Era in bilico tra il pianto e lo scagliargli una fattura per liberarsene; questa volta non avrebbe usato la scusante dell'insensibilità noncurante di Ron, sapeva cosa stava facendo e sospettava che la cosa gli piacesse.
Ci aveva visto giusto. Ron infatti era esaltato dal potere che sentiva di avere per una volta su di lei, così proseguì.
"Scommetto che è andata così. Vi siete incontrati in Sala Comune. Mentre scendevi le scale del dormitorio lui ti ha squadrato da capo a piedi" e mentre lo diceva percorse lui stesso con lo sguardo l'intera figura di Hermione. "Ha osservato ogni singolo pezzetto di te" proseguì Ron. "I tuoi capelli," e così dicendo le portò un ciuffo scappato dall'acconciatura dietro l'orecchio; "il tuo vestito," e le sfiorò la stoffa dell'abito partendo dalla spalla e tracciando un sentiero con la punta delle dita verso il fianco; "le tue gambe..." e per un istante sembrò volersi inginocchiare e lambire anche quelle; "la tua pelle". Le dita risalirono e trovarono la pelle nuda della braccia che sbucava dalla manica.
"Ron, cosa..." Hermione tentò di allontanarsi e di fermare la mano del ragazzo, senza riuscirci. Ron pareva completamente fuori controllo, divorato da un oscuro e inaspettato desiderio. Era la prima volta che la toccava, soprattutto in quel modo che lei aveva solo immaginato nei suoi sogni più reconditi. Ron sembrava essersi calato alla perfezione nell'inedito ruolo del ragno: l'aveva intrappolata nella sua tela, privandola di ogni uscita. La sovrastava, decisamente troppo vicino, ma nonostante le sue parole l'avessero fatta infuriare, proprio come una mosca, Hermione non riusciva a ribellarsi. Non trovava la forza di reagire come la normale Hermione Granger, il che era del tutto normale quando si trattava di Ronald Weasley. Mai avrebbe pensato che Ron si sarebbe rivelato un ragno tanto ammaliante e che la sua improvvisa sicurezza l'avrebbe attirata a tal punto. Lo scorrere dei suoi pensieri era talmente repentino da non darle modo di mascherarli come al solito, e Ron sembrava non essersene perso neanche uno, a giudicare dal lampo di trionfo nei suoi occhi. Che avesse intuito il desiderio che nascondeva sepolto nelle parti più profonde e sconosciute di sé, ora in superficie in ogni cellula visibile del suo corpo che andava a fuoco appiccato dalle mani di lui?
La bocca, le mani, le dita, il corpo di Ron agivano di volontà propria. Il contatto con la pelle di Hermione, a lungo bramata, aveva interrotto il già sottile collegamento con la razionalità. Ron non era più cosciente di nulla, tranne dell'incendio che si stava sviluppando sotto i suoi polpastrelli. Mentre percorreva l'intera lunghezza del braccio di Hermione, dirigendosi verso le spalle, capì che quella sera non si sarebbe accontentato. Voleva che il fuoco divampasse e l'incendio divorasse anche lei.
Si fece ancora più vicino, ora a corto di parole oltre che di fiato. Aveva parlato abbastanza, voleva mostrarle cosa gli aveva fatto. Una mano era dietro la nuca di Hermione, l'altra la afferrò il fianco, stringendolo, poi scivolò alla base della schiena. Hermione sussultò, ma rimase immobile. Incoraggiata, la mano di Ron risalì lungo la schiena e avvicinò i loro corpi, tanto da mescolare i loro profumi. Hermione permise a sé stessa di seppellire il viso nel suo petto, non tanto per nascondersi, ma per respirare quanto poteva di quel profumo, tanto bramato. Iniziò a muoversi anche lei, scuotendosi dal torpore, come si fa quando ci si risveglia da un sogno -o da un incubo. Le sue mani presero a sfiorare le braccia sorprendentemente forti di Ron, dapprima con pudore, poi con sempre più vigore, come se stesse affogando e l'unica cosa che la potesse salvare fosse quel contatto. Ron scottava, gli occhi ardenti; aveva bisogno solo di quel segnale. L'incendio era ormai indomabile. La sentiva, finalmente vicina, come avrebbe sempre dovuto essere; la toccava finalmente, come avrebbe sempre voluto fare. Quando Hermione sollevò gli occhi verso di lui, le inclinò leggermente il capo con la mano che ancora non aveva abbandonato la sua nuca sottile, ed iniziò ad avvicinare con lentezza deliberata il proprio viso a quello della ragazza, prendendosi tutto il tempo di contare le sue lentiggini una ad una.
Delle immagini però avevano iniziato a sovrapporsi nei pensieri di Hermione: quello stesso corpo, che in quel momento sentiva così solido contro il suo, avvinghiato ad un'altra ragazza contro gli arazzi della Sala Comune; quelle stesse mani che le avevano mandato in fiamme la pelle, affondate in altri, lunghi capelli biondi. Spalancò gli occhi, lucida, come se avesse toccato accidentalmente il fondo di un calderone bollente ustionandosi.
"Che stronzo. L'hai fatto anche con lei?" mormorò gelida Hermione. Le faceva male parlare. Si era ritrovata in una stanza chiusa divorata dalle fiamme, piena di fumo; era riuscita ad uscire appena in tempo, prima che il fumo la soffocasse, e l'aria pulita che ora respirava era rabbia. "Hai scelto Lavanda. Hai lei. Non puoi avere anche me" sussurrò a mezza voce.
In lontananza risuonavano dei passi. Cormac stava ritornando alla festa. Ron era confuso. Cosa c'entrava Lavanda? Avrebbe voluto dire qualcosa di sensato, per un folle momento stava per riafferrarla tra le braccia e ricominciare cos'era stato interrotto. Poi, nel sentire i passi di Cormac avvicinarsi, la vide voltarsi nella loro direzione, mettendo distanza tra loro e avvicinandosi all'altro ragazzo. Udì lo strappo. Voltò le spalle a Hermione senza dire una parola e si dileguò.
La ragazza si accorse sgomenta della rabbia negli occhi di Ron prima di ritrovarsi a fissare la sua schiena. Nel vuoto improvviso che si era creato, il suo corpo era l'unico testimone di quanto accaduto. Abbassò lo sguardo verso le proprie mani, sorpresa che fino a qualche istante prima avessero toccato proprio Ron, stupita di sentirle ancora incandescenti.

L'incendio in Ron non si era ancora sopito mentre avanzava rapidamente nei corridoi. Era infuriato: con McLaggen, con Hermione, con sé stesso. Con Hermione. Stare accanto a lei non era più facile come un tempo: era come camminare su braci ardenti. Il corpo gli doleva, lei provava lo stesso? L'aveva avuta tra le braccia, pensava che ciò avesse un significato, che le stesse dimostrando qualcosa, ma lei l'aveva allontanato. Entrò come una furia in Sala Comune e vi trovò Lavanda, rannicchiata nella solita poltrona davanti al fuoco che andava spegnendosi. Senza starci troppo a pensare, si precipitò da lei, la sollevò dalla poltrona e se la mise in grembo, baciandola come se ne andasse della sua vita. Lavanda tentò una protesta offesa, non troppo convinta, tra le sue labbra, ma Ron la strinse più deciso, non lasciandole possibilità di replica. Lavanda non era come Hermione, sapeva lasciarsi andare, e per una volta aveva capito di cos'aveva bisogno Ron.

Il fuoco era ormai spento. Lavanda era già andata a dormire. Né Harry, né Hermione erano ancora tornati dalla festa di Lumacorno. Ron si era tranquillizzato, o perlomeno, era in grado di pensare con maggiore lucidità agli eventi della serata. Era abbastanza sicuro che anche Hermione avrebbe adottato la sua tattica di ignorare quanto successo. Lei aveva McLaggen, lui aveva Lavanda, e per il momento gli bastava così.
Concesse ai suoi pensieri un'ultima deviazione, mentre si avviava verso la sua stanza. Era tardi, la festa di Lumacorno era al suo apice, probabilmente Hermione si trovava sotto al vischio con McLaggen. Ron si chiese se anche quello scimmione venisse tormentato da visioni di Hermione lambita da mani che non erano sue. Si chiese cosa sarebbe potuto accadere se quella sera, mentre si avvicinava lentamente ad Hermione per fare ciò che a lui era vietato, Cormac avesse avvertito il suo profumo, la sua traccia sulla pelle di Hermione. Si sarebbe accorto dell'insieme confuso dei loro profumi, e avrebbe così saputo che Ron l'aveva sfiorata, accarezzata, e che per un attimo, era stata soltanto sua. Magari avrebbero litigato. Un ghigno di trionfo selvaggio apparve fugace sul suo volto. 'Mi dispiace, Hermione' pensò selvaggiamente 'ma stavolta non me ne frega un cazzo.'
  
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