Anime & Manga > Inazuma Eleven
Segui la storia  |       
Autore: _Eclipse    18/04/2020    1 recensioni
Dal capitolo 8:
-Ci sono venti di tempesta che si avvicinano, ormai salpo molto più di frequente, le esercitazioni sono più durature e in maggior numero. Questo addestramento vuol dire solo una cosa, il conflitto si estenderà, dove non lo so, ma ci sarà qualcuno di potente- Hiroto sospirò.
-Se vi è tempesta, all’orizzonte, non importa quanto forte soffierà il vento, quanta pioggia cadrà a terra, quanta sofferenza e distruzione causerà. Alla fine tornerà a splendere il sole e sarà allora il momento di ricostruire ciò che è caduto e preservare ciò che è rimasto. Imparare dai nostri errori e prevenire un nuovo disastro- rispose Shirou.
****
-Possiamo agire come una piovra e allungare i nostri tentacoli sul continente e sulle isole del Pacifico. Per i primi sei o dodici mesi di guerra potremo conseguire una vittoria dopo l'altra, ma se il conflitto dovesse prolungarsi, non ho fiducia nel successo- parole dure, pronunciate davanti al governo, ai generali, ammiragli e all'imperatore in persona, come se fosse un ultimo tentativo per rigettare un conflitto.
-Allora sarà vostro compito assicurarvi la vittoria assoluta il prima possibile- replicò il primo ministro.
Genere: Guerra, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hayden Frost/Atsuya Fubuki, Jordan/Ryuuji, Shawn/Shirou, Xavier/Hiroto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 8: Vento di tempesta

 

Le trattative tra gli Stati Uniti e l’Impero nipponico proseguirono a rilento. L’ambasciatore giapponese venne sostituito dall’ammiraglio Nomura, affiancato da un inviato speciale, Saburo Kurusu.
Giorno e notte i diplomatici cercavano un modo per alleviare il pesante embargo, ma l’inviato statunitense, il segretario di stato Cordell Hull, sembrava contrario a qualsiasi mediazione. L’embargo sarebbe rimasto fino a quando il Giappone non avesse ritirato uomini e mezzi dal continente asiatico.

 

****

 

L’ammiraglio Isoroku Yamamoto era uno delle più stimate ma allo stesso tempo controverse personalità della marina. Un eroe di guerra, combatté contro i russi a Tsushima(1) perdendo due dita della mano, ma le sue opinioni strategiche e il suo punto di vista contrastante con la dottrina e la tradizione navale non erano sempre ben accettate dai colleghi.

Lui e il suo staff erano stati incaricati di portare avanti un piano di battaglia. Una dimostrazione di forza verso gli Stati Uniti, nel caso in cui le trattative fallissero del tutto.

Stava in una delle sale del quartier generale della marina, una grande stanza poco illuminata con un grande banco rappresentante una mappa dell’Oceano Pacifico sotto gli occhi di tutti. A occidente il Giappone e la costa asiatica e a oriente gli Stati Uniti. 

Si cercava il punto ideale da attaccare. Anche se contrario, l'ammiraglio Yamamoto si era deciso a seguire la dottrina della “battaglia decisiva” e abbattere il possibile nemico con un solo singolo scontro. L’ammiraglio era consapevole dei limiti della sua nazione, non avrebbe potuto combattere a lungo contro una potenza altamente industrializzata come l’America.

-Ci sono molti obiettivi nell’oceano- osservò l’ammiraglio, -Wake è uno degli avamposti più vicini, lo scoglio di Midway è poco più a ovest, dovremmo scegliere attentamente, ma non riusciremo a colpire l'intera flotta americana con tutta la nostra potenza. Non sono basi navali e se lo fossero sarebbe troppo rischioso per le nostre forze-

-Signore, potremmo sfruttare le portaerei- intervenne un ufficiale più giovane.

-Suggerisce un attacco aereo, capitano Genda?-

-Esattamente-

-Gli inglesi sono riusciti ad attaccare con successo la flotta italiana nella loro base del Mediterraneo, a Taranto, sfruttando i loro mezzi imbarcati- aggiunse un secondo ufficiale.

-Potrebbe funzionare. Sfruttare tutta la forza aeronavale per colpire al cuore la flotta del Pacifico americana. Capitano Genda, contrammiraglio Kusaka, siete incaricati di raccogliere quanto più informazioni riusciate sui possibili obiettivi e stendere un piano d'attacco.-

-Sissignore!- i due ufficiali si inchinarono mentre l’altro usciva dalla stanza.

 

****

 

Nei giorni liberi del fine settimana, Atsuya cercava di rilassarsi come poteva. Alle volte in spiaggia con quel gruppo di marinai, quando potevano, altre volte faceva un giro in città o curava il giardino della casa in cui viveva. Quando anche Taro non doveva lavorare uscivano insieme. Quest'ultimo portava quasi sempre una macchina fotografica con sé in modo da poter scattare delle immagini di eventuali piante o insetti locali che ancora non conosceva, ma era anche utile per le foto ricordo.

Una domenica pomeriggio, i due si trovavano a passeggiare su un'altura sopra la città. Una collinetta ricoperta di erba e alberi lussureggianti. Era una passeggiata piuttosto semplice poco più di un'ora per raggiungere uno dei migliori punti panoramici dell'isola.

-Sei mai stato qui?- domandò Taro.

-No, la vista è fantastica!- il rosa si mise seduto sul prato ad ammirare il porto di Honolulu, vedeva la torre Aloha svettare, i caseggiati multicolore e il Pacifico nella sua immensità.

-Se vuoi puoi scattare una fotografia per tuo fratello, tieni- il ragazzo gli passò la macchina fotografica.

-Ne sei certo?-

-Sì, di te posso fidarmi, sai usare un oggetto del genere-

Atsuya inquadrò la baia e scattò la fotografia.

-Spero sia uscita bene-

-Guarda qui- indicò l'altro nella direzione opposta.

Il rosa si rialzò e si affiancò all'amico. Indicava una seconda baia poco distante dal porto di Honolulu.

-Vista da qui è ancora più grande!- esclamò il medico a bocca aperta.

Decine e decine di navi ancorate alla fonda, nei pressi dei moli. Navi di tutti i tipi e dimensioni. Era lo stesso porto che poteva vedere dal suo studio alla clinica del dottor Williams.

-Pearl Harbour, non ho mai visto così tante navi insieme… proviamo a scattare una foto!-

-Sei sicuro? Non credo che possiamo…-

-Siamo soli e poi è solo un ricordo, di uno dei più grandi porti militari del mondo- osservò Taro.

Atsuya non era molto propenso, ma alla fine si convinse. Fece un paio di scatti cercando di inquadrare tutte le navi. Era impressionante quella baia, trasmetteva l'idea di forza e potere.

I due scattarono altre fotografie del paesaggio circostante, la foresta alle spalle, la città poco più bassa. 

Cercarono di non farne troppe, avevano a disposizione solo un rullino e Taro non voleva che finisse del tutto a causa del costo.

Dopo la breve escursione tornarono a valle. Il posto era bello, ma non vi era molto da fare se non contemplare il panorama.

Il rosa era soddisfatto delle fotografie, non vedeva l'ora di inviarle al fratello, ma avrebbe dovuto attendere che Taro le sviluppasse e quindi doveva aspettare qualche giorno.

La giornata di riposo trascorse in fretta, forse troppo. Nel giro di una notte sarebbe tornato al lavoro. Ormai era lì da molti mesi e si chiedeva a volte quando sarebbe dovuto tornare a casa. L'isola era un posto meraviglioso ma iniziava a sentire la mancanza di casa e della sua famiglia.

 

****

 

Non passò molto tempo, che l'ammiraglio Yamamoto e i suoi due principali collaboratori e il resto dello staff di comandanti, si ritrovarono nei pressi del comando di Tokyo, nella stessa sala della volta precedente. Avevano trovato l'obiettivo ideale. Un porto militare nel Pacifico, una baia caratterizzata da un isola nel centro.

L'ammiraglio osservava con attenzione le fotografie che gli erano giunte.

Pur essendo in bianco e nero, si poteva comprendere la conformazione del porto e la disposizione della flotta, in particolar modo delle navi da battaglia. Una fila di tre corazzate costeggiava l'isola centrale.

-La base navale di Pearl Harbour. Gli americani hanno concentrato tutta la loro forza in questa zona- osservò.

-E' l'unico porto del Pacifico sufficientemente grande per contenere una flotta- spiegò il capitano Genda.

Il più alto di grado prese una seconda fotografia, sembrava scattata da un aereo e indicò l'isolotto centrale.

-Quest'isola dovrà essere uno dei principali obiettivi. Secondo i rapporti fotografici, lungo la costa sud-occidentale vi sono i moli di attracco per le corazzate e poco più sud per le portaerei-

-Le altre navi?- domandò un altro ufficiale.

-Le navi piccole non sono pericolose. Le armi più letali sono le portaerei seguite subito dopo dalle navi da battaglia, ma per giungere ad una vittoria totale dovremo sfruttare tutta la nostra forza per annullare la loro. Queste dovrebbero essere piste di atterraggio e hangar- indicò su una seconda fotografia a volo d'uccello.

-Esattamente, l'isola ne è costellata- rispose il capitano.

-Dovremo distruggerli, come anche le cisterne del carburante. Ci servirà un grande numero di mezzi- aggiunse il contrammiraglio Kusaka.

-Abbiamo sei portaerei in grado di far volare un totale di quattrocento aerei, ma necessitiamo di ulteriori informazioni. Da dove vengono tutte queste immagini?- domandò Yamamoto.

-Alcune spie sull'isola di Oahu. La principale è un diplomato dell'accademia di Etajima(2), ci ha fornito le fotografie aeree e i dati sulle acque della baia. Poi vi è una spia minore reclutata nell'università imperiale di Tokyo. Costui ci sta informando riguardo la morfologia dell'isola nascondendosi come biologo. Insieme a lui vi è un secondo inviato dell'università. Un medico che spedisce di frequente fotografie dell'isola alla famiglia, ma non è consapevole del suo ruolo, né che tali immagini giungono a noi su indicazione del suo coinquilino-

-Quali sono i dati sulle acque?-

-Una delle spie, si è immersa nella baia. Da quanto riferisce l'acqua è molto bassa, non più di una decina di metri di profondità- rispose Kusaka leggendo i rapporti dell'intelligence.

-Sarà difficile signore- obiettò un altro ufficiale.

-Come dice tenente Shigeharu?- chiese Genda.

-I nostri siluri Type 91, non possono navigare in acque così basse, vi è il rischio che una volta sganciati si schiantino sul fondale-

-Cosa suggerisce di fare?-

-Bisogna trovare un modo per stabilizzare il siluro in aria in modo che non debba farlo in acqua andando in profondità-

-Lei è in grado di fare questo?-

-Posso provare a modificare la torpedine…-

-Faccia il possibile e ci consegni i risultati- sentenziò l'ammiraglio Yamamoto per poi continuare.

-La difficoltà maggiore sarà arrivare così lontano con una flotta così grande- 

 

****

 

Hiroto era nuovamente a terra. Sapeva che nell’aria c’era qualcosa che non andava. Nelle ultime settimane le esercitazioni erano raddoppiate, soprattutto per bombardieri e aerosiluranti. Era tornato in servizio sulla Kaga, dopo più di un anno di lavori di ristrutturazione e di ammodernamento. Anche su quella nave cambiarono completamente gli aerei con mezzi più prestanti e avanzati dal punto di vista tecnologico. Almeno non avrebbe dovuto volare ancora con una cabina scoperta e far affidamento su un piccolo parabrezza per ripararsi dal vento.

Non vedeva Shirou da sei mesi, durante i quali si trovava quasi sempre in Cina, o nella base di Formosa o Nagasaki.

Ora che aveva rintracciato l’okiya Kira, poteva contattare il taikomochi in qualsiasi momento per un incontro, sempre che fosse disponibile e ovviamente dietro pagamento. Per quanto all’argenteo non dispiacessero le uscite con Hiroto, svolgeva comunque il suo lavoro di intrattenitore.

L’incontro di quel pomeriggio si sarebbe svolta proprio nella casa del taikomochi.

Un invito per una cerimonia del tè. 

Giunse davanti all’edificio, controllò che l’indirizzo fosse corretto confrontandolo con quello scritto su un piccolo biglietto di carta che aveva ricevuto. Una volta arrivato davanti alla porta, quest’ultima si aprì rivelando un ragazzo dai capelli blu.

-Siete Hiroto Kiyama?-

-Sì sono io…-

-Prego allora, da questa parte-

Yukimura condusse il rosso in un piccolo padiglione nel cortile, non più di qualche metro quadro di superficie.

-Entrate pure-

-Da quella porta?- domandò il pilota indicando una minuscola porticina di bambù.

-Esattamente, Shirou arriverà a breve-

Hiroto aprì la porta ed entrò. Si dovette piegare per passare, o meglio quasi si distese.

Quella piccola stanzetta aveva un qualcosa di misterioso e affascinante. Un tatami di bambù, una nicchia in una parete in cui poteva vedere un rotolo scritto da un calligrafo esperto appeso e una piccola composizione di fiori.

Le finestre erano schermate ed entrava poca luce creando un’atmosfera soffusa e le pareti erano di color bianco.

Si sedette sul pavimento dietro un piccolo vassoio di ceramica nera sopra il qual vi era una tazza del medesimo colore, affianco ad essa, un pasticcino e poi attese con pazienza. Dopo qualche istante si aprì la porta scorrevole a lato del ragazzo ed entrò Shirou, vestito con un kimono ispirato al periodo Edo.

-Buongiorno Hiroto-

-Buongiorno-

L’argenteo, truccato in volto come sempre, si mise davanti all’altro.

-Prego, serviti del dolce- lo invitò con un inchino.

Hiroto allungo la mano verso il pasticcino, non si fece ripetere l’ordine una seconda volta, mentre Shirou invece accendeva un braciere per scaldare l’acqua.

-Hai mai partecipato ad una cerimonia del tè?-

-No, ne ho solo sentito parlare, non so nemmeno come comportarmi…- rispose l’altro con una punta di imbarazzo. Probabilmente Ryuuji l’avrebbe aiutato durante la cerimonia, ma ora non era con lui.

-Non devi fare altro che seguire il tuo cuore. La cerimonia del tè, non è la semplice preparazione di una bevanda. Essa è armonia, priva di eccessi e di mancanze, un lungo cammino verso la moderazione e la sobrietà. E’ purezza, la stanza in cui siamo deve essere sempre pulita, ma allo stesso modo dobbiamo purificare la nostra mente dai pensieri mondani e lascivi per permettere allo spirito di emergere. E’ rispetto, della persona, del tè, del divino e di ciò che ci circonda. E’ tranquillità, un modo per liberarci dai vincoli materiali e unirci con l’universo che ci circonda, in pace e moderatezza-

Hiroto non sapeva cosa rispondere, non pensava che potesse avere così tanti significati una semplice cerimonia.

-E’ un’arte che si perde nei secoli. Il più grande maestro, Sen no Rikyu, fu il cerimoniere di grandi condottieri del passato, Oda Nobunaga, Toyotomi Hideyoshi, secondi alcuni anche per Tokugawa Ieyasu, per altri sono solo dicerie, ma che sia verità o no, il suo signore Hideyoshi lo obbligò al seppuku(3) accusandolo di tradimento per aver servito il rivale Tokugawa. Sen no Rikyu fece come ordinati, non prima di eseguire un’ultima cerimonia del tè per il suo signore- nel mentre che raccontava, l’acqua si scaldò alla giusta temperatura.

-Prendi pure la chawan, la tazza, e girala verso di me- disse Shirou.

Il rosso fece come indicato e poi la passò all’argenteo. Questi prese, da una scatola di ceramica simile alla tazza, della polvere verdastra con un lungo ma sottile cucchiaio di bambù. Trasferì quella polvere sul fondo della chawan  la riempì di acqua calda.

-La preparazione stessa della bevanda è un rituale, non solo il modo di consumarla- spiegò mentre con un frullino di bambù, il chasen, mescolava il contenuto della tazza che lentamente divenne di colore verde brillante formando una soffice schiuma. Dopo aver riposto il chasen su un panno al proprio fianco, su cui vi erano anche tutti gli altri strumenti, prese la tazza tra le mani, la girò e la passò a Hiroto.

-Prego- disse Shirou invitando l’altro a bere.

Il rosso si portò la chawan alla bocca per bere.

-Lentamente, poco alla volta, assapora il gusto è l’aroma del tè- consigliò l’altro.

Il pilota fece come indicato. Era diverso da quello che aveva sempre bevuto. Il sapore era intenso e piacevole.

-E’ di tuo gradimento?-

-Molto, sono… veramente colpito-

-Lo ritengo un complimento-

Non sapeva perché fosse così delizioso, forse per l’ambiente, la cerimonia, forse per la qualità certamente superiore rispetto agli tipi di tè, o forse proprio perché l’aveva preparato una persona come Shirou… ma ancora non capiva, chi era bene questa Shirou, una geisha, un intrattenitrice o ben altro?

Finì di bere e appoggiò la tazza sul tatami.

-Ora, dovresti pulire il bordo, ecco prendi questo- il taikomochi passò all’altro un fazzoletto di seta. Il pilota pulì il bordo della tazza e poi la diede al cerimoniere la lavò completamente prima di preparare il tè anche per sé.

Dopo aver bevuto, Shirou invitò il ragazzo ad osservare gli strumenti per la preparazione.

-Normalmente sono i miei ospiti che chiedono di poter vedere gli strumenti, ma per te che non hai mai assistito alla cerimonia, ti guido io. Sono tutti piuttosto antichi e hanno una storia. Il contenitore del tè oppure il cucchiaino di bambù, il chasaku. Prendi e osserva-

Hiroto afferrò il contenitore, una piccola scatoletta cilindrica di ceramica. La fattura era pregevole, poi passò al chasaku. Sottile poco più di un centimetro ma molto più lungo. Infine gli venne offerta di osservare la stessa tazza, dopo essere stata lavata per la seconda volta.

-La chawan è uno dei pezzi più importanti-

-E’ molto… graziosa- commentò Hiroto.

-E preziosa-

-Preziosa?-

-E’ una tazza in stile raku(4), modellata a Gion(5) nel tardo periodo Edo(6). Ha più di un secolo. Mi è stata tramandata dal mio maestro come tutto il resto. Ora prendi il chasaku. Esso è fondamentale per preparare il tè, ha un grande significato nella cerimonia. Solitamente gli si da un nome simbolico-

-Un nome? Di che tipo?-

-Questa è una decisione dell’ospite. Sen no Rikyu, prima di commettere seppuku incise un chasaku e lo chiamò “namida”, lacrime. Molti danno un nome che si riferisca a un verso di una poesia, di un haiku o anche un riferimento alla natura-

Il rosso ci pensò, gli tornò in mente un triste haiku che pronunciava sua madre ogni anno, all’avvicinarsi dell’autunno, quando era ancora bambino, un nostalgico richiamo all'infanzia

 

vento d’autunno

tremolanti cadono

le foglie al suolo”

 

-Ho deciso, “Aki no kaze”, vento d’autunno-

Shirou sorrise, prese il cucchiaio e incise i kanji del nome.

-Curioso, potrei sapere perché?-

-Un haiku, che conosco e poi perché al momento credo che siamo tutti come una foglia su un albero, una folata di vento autunnale e cadiamo. Proprio come gli alberi di adesso-

-Un pensiero che rispecchia molto la filosofia e zen, la fragilità dell’uomo e del mondo, ma non credo sia stato scelto per questo. Qualcosa ti turba?-

-Solo molti pensieri-

-Di che tipo?-

-Ci sono venti di tempesta che si avvicinano, ormai salpo molto più di frequente, le esercitazioni sono più durature e in maggior numero. Qualcosa di brutto è all’orizzonte. Quando ero in Cina non ci addestravano così tanto, soprattutto gli aerosiluranti. Ryuuji nelle ultime settimane è pressato dalle esercitazioni, volo in formazione, a bassa quota… è anche frustrato perché dove imparare a far navigare un siluro in acque profonde meno di dieci metri, ma nessuno della squadriglia è in grado. Perché tutto questo? Questo addestramento vuol dire solo una cosa, il conflitto si estenderà, dove non lo so, ma ci sarà qualcuno di potente e con una grossa flotta- Hiroto sospirò. Sapeva che non doveva rivelare niente di tutto ciò, ma con Shirou, non riusciva ad avere segreti, la sua presenza, la sua voce e il suo elegante modo di fare lo rassicuravano e gli davano fiducia.

-Capisco i tuoi dubbi. La mia famiglia ha sempre disprezzato la guerra in Cina, io, mio fratello Atsuya, anche Yukimura che hai conosciuto e che considero alla stregua di un fratello minore. L’ultima cosa che voglio nel modo più assoluto è l’estensione della guerra, ma di questi tempi sembra improbabile la pace- Shirou allungò la mano verso quella di Hiroto e la strinse.

-Se vi è tempesta, all’orizzonte, non importa quanto forte soffierà il vento, quanta pioggia cadrà a terra, quanta sofferenza e distruzione causerà. Alla fine tornerà a splendere il sole e sarà allora il momento di ricostruire ciò che è caduto e preservare ciò che è rimasto. Imparare dai nostri errori e prevenire un nuovo disastro-

Dopo quelle parole cadde qualche secondo di silenzio, poi il pilota tolse delicatamente la mano dalla stretta di Shirou, con una punta di imbarazzo.

-Temo di dover andare ora, è stato un onore assistere a questa cerimonia-

-L’onore è mio di averti introdotto in questo mondo- sorrise Shirou.

-Quanto devo per un pomeriggio come questo?-

-Nulla-

-Come?-

-Hai ben capito. Per me è stato un piacere. Non avevi mai partecipato né assistito ad una cerimonia del tè, ora ne sei stato uno dei protagonisti. Non chiedo nulla in cambio, se non di incontrarci nuovamente e trascorrere del tempo piacevole come oggi- Shirou si alzò e lo stesso fece il rosso.

-Ti ringrazio Shirou, spero di rivederti presto-

-Lo spero anche io, Hiroto-

I due si inchinarono, poi il rosso voltò le spalle e si avviò verso la piccola porta da cui era entrato.

-Aspetta, dimentichi questo-

L’argenteo teneva il chasaku tra le mani.

-Ora è tuo, spero ti possa portar fortuna e che questo “vento d’autunno” ti possa guidare lontano dalla tempesta-

Hiroto prese lo strumento di bambù e sorridendo ringraziò nuovamente per poi congedarsi e tornare in base.

Shirou rimase per qualche istante nella piccola stanza e poi con un sospiro, se ne andò anche lui.

 

****

 

Con il passare delle settimane, il piano dell'ammiraglio Yamamoto stava prendendo vita. Lui e il suo staff si trovavano questa volta all'esterno della base navale di Yokosuka. Sul tavolo di legno vi erano le decine di fotografie della base e una cartina del Pacifico con una serie di possibili rotte tracciate.

L'ammiraglio e i suoi capitano osservavano uno dei siluri Type 91. Un grosso dardo lungo poco più di cinque metri, dal diametro di quarantacinque centimetri e quasi ottocento chili di peso. La testa arrotondata era dipinta di colore rosso vivo, la coda era più affusolata e terminava con quattro alette stabilizzatrici e una piccola elica per la propulsione.

-Ammiraglio abbiamo trovato un modo per sganciare i siluri nelle acque poco profonde- esordì il capitano Minoru Genda.

-Ovvero?-

-Il tenente Murata Shigeharu ha proposto un modo innovativo per stabilizzare in volo la torpedine. Tenente, a voi l'onore-

-Grazie signore. Ammiraglio, signore, quest'arma viene sganciata a bassa quota da un aereo. Durante la fase di volo ruota su stessa e una volta in acqua deve fermarsi per potersi stabilizzare e permettere all'ossigeno propellente di fluire all'esterno spingendo la testata verso il bersaglio. Io e i miei colleghi abbiamo pensato di recuperare tempo e quindi impedire che il siluro vada troppo in profondità applicando una semplice modifica alla coda- con un cenno della mano il tenente diede indicazioni a due giovani marinai che trasportavano un impennaggio di legno che venne posizionato sulle alette della coda.

-Questo impennaggio supplementare è economico, facile da produrre e soprattutto efficiente. Impedisce che il siluro, una volta sganciato, non ruoti sul proprio asse quindi una volta in acqua, l'arma si troverà già in posizione stabile e pronto per navigare, riducendo la profondità minima per l’uso. L'impennaggio viene rimosso con l’immersione permettendo quindi al siluro di essere sganciato anche in fondali poco profondi. Sono stati eseguiti dei test, e lo sgancio è riuscito in acque di circa dieci metri di profondità come a Pearl Harbour- finì di spiegare.

-Ottimo lavoro tenente- si complimentò l'ammiraglio.

-Grazie signore!- ringraziò l'altro.

Gli ufficiali superiori si spostarono verso la cartina.

-La direzione preferenziale sarà questa, passeremo da nord per evitare di essere avvistati, poi la flotta virerà e navigherà a sud. Il tragitto è molto lungo e avremo bisogno di rifornirci in mare- spiegò l'ammiraglio indicando la rotta segnata da una lunga linea nera sulla cartina.

-Una volta giunti nei pressi dell'isola, i nostri aerei attaccheranno la flotta e gli obiettivi militari. Nel frattempo le nostre navi si allontaneranno. Attaccheremo con più ondate per massimizzare i danni sfruttando l'effetto a sorpresa. Se il piano riuscirà, gli americani saranno privi di difese, i loro aerei verranno colpiti come anche le piste di atterraggio rendendo impossibile un contrattacco efficace. Se necessario una flottiglia di sottomarini tascabili penetrerà nel porto e darà assistenza nella distruzione delle navi- continuò.

-Un piano geniale ammiraglio- si complimentò un ufficiale presente.

-Geniale? Geniale sarebbe evitare la guerra. Questa missione avrà luogo solo se i negoziati falliranno. Se si raggiungerà un accordo, ci ritireremo anche se saremo a pochi chilometri dalla costa- l'ammiraglio si tolse il proprio cappello blu scuro e mormorò:

-Spero di non dover arrivare a tanto-

 

****

 

Più passava il tempo, più sembrava improbabile trovare un accordo. Nel settembre del 1941 fallì il tentativo di organizzare un incontro tra il presidente Roosevelt e il primo ministro Konoe e quest’ultimo in seguito alla forte opposizione alla proposta di ritirare delle truppe dalla Cina, dovette dimettersi. Venne sostituito dal ministro della difesa Hideki Tojo, sostenitore della linea dura e degli interessi delle forze armate.

Egli riunì nuovamente il consiglio di guerra per discutere del piano sviluppato dalla marina. 

Come sempre le due file di banchi si opponevano, marina da un lato ed esercito dall'altra e a unirle la fila del governo, ma a differenza delle volte precedenti, sul trono dietro al banco dell'esecutivo sedeva l'imperatore in persona. Il figlio della dea del sole, Hirohito, un dio che si era fatto uomo, anche se all'apparenza era tutt'altro che un divinità. Un piccolo uomo che dietro agli occhiali dalla montatura sottile mostrava occhi socchiusi ma vigili, due fini baffetti e un'espressione annoiata. Era risaputo che l'imperatore preferisse studiare biologia marina nel laboratorio di palazzo che partecipare alle conferenze di Stato, tuttavia era ben conscio di quale  fosse il proprio ruolo e non poteva sottrarsi agli impegni e doveri della corona.

L'ammiraglio Yamamoto si alzò per illustrare il piano aiutato da una cartina che fece montare su un cavalletto.

Mostrò la rotta da seguire, come rifornirsi in alto mare, le ondate d'attacco e gli obiettivi prefissati.

Il primo ministro si alzò con fare inquisitorio:

-Quante navi ci sono nella baia, ammiraglio?-

-I nostri agenti rivelano che potrebbe esserci un numero compreso tra le quattro e le dieci corazzate. I rapporti fotografici le ritraggono singolarmente. Ci aspettiamo inoltre la presenza di non meno di tre portaerei americane. Se l'attacco avrà successo, la potenza marittima degli Stati Uniti nell'Oceano Pacifico sarà azzerata-

-Si occuperà lei dell'attacco?- rispose il ministro, già a conoscenza della risposta.

-No. Il comando è stato affidato all'ammiraglio Chuichi Nagumo, comandante della prima flotta aerea, confidando nella sua esperienza e capacità- rispose l'altro indicando il collega seduto vicino.

-Mi rivolgo al nostro divino imperatore e chiedo umilmente un giudizio sul piano dell'ammiraglio Yamamoto- il ministro si piegò in un profondo inchino davanti al sovrano.

-Se questo è il volere del cielo, allora così sia- con queste poche parole, l'imperatore stesso aveva dato l'approvazione al piano d'attacco.

-Un ultima domanda, ammiraglio, lei crede che questo piano avrà successo?- il primo ministro cercava in tutti i modi di metter in difficoltà agli occhi del sovrano il comandante della marina. Più volte i due si erano scontrati, sia dal punto di vista ideologico che personale, ma ora era Tojo che stringeva il coltello dalla parte del manico, ma allo stesso tempo doveva riconoscere l'operato del rivale.

-Ho fiducia nella nostra flotta, nei nostri aerei e nei nostri uomini, ma ho dei dubbi sulle nostre riserve di petrolio e la nostra capacità industriale. Dovremo vincere rapidamente. Possiamo agire come una piovra e allungare i nostri tentacoli sul continente e sulle isole del Pacifico. Per i primi sei o dodici, mesi di guerra potremo conseguire una vittoria dopo l'altra, ma se il conflitto dovesse prolungarsi, non ho fiducia nel successo- parole dure, pronunciate davanti al governo, ai generali, ammiragli e all'imperatore in persona, come se fosse un ultimo tentativo per rigettare un conflitto.

-Allora sarà vostro compito assicurarvi la vittoria assoluta il prima possibile- replicò il ministro Tojo.

L'ammiraglio Yamamoto si inchinò, accettando di pianificare l'attacco, aveva anche accettato la responsabilità di condurre il proprio paese alla vittoria.

 

****

 

Nonostante novembre stesse per volgere al termine, il sole splendeva forte più che mai su Oahu e scaldava l'isola. Il termometro all'esterno della clinica segnava più di venti gradi celsius.

Atsuya era rimasto solo, Taro era ritornato in Giappone con una delle ultime navi partite dal porto di Honolulu. Gli era stato offerto un biglietto di terza classe, tuttavia il medico rifiutò, nonostante le insistenze del coinquilino. Doveva finire la relazione da inviare all'università di Tokyo, non aveva tempo da perdere, i suoi professori si aspettavano dei risultati e fino ad ora non era riuscito che a inviare pochi documenti approvati dal dottor Williams.

Al momento era nel suo studio. Stava visitando un paziente disteso sul lettino contro la parete opposta alla scrivania. Una visita privata di controllo, una donna di trent'anni dai capelli biondi. Insieme a lui vi era solo Emily, l'infermiera.

-Per favore apra la bocca-

La paziente fece come ordinato. Il medico poté osservare lo stato delle tonsille, gola, lingua. Nulla da segnalare.

Gettò lo stecco abbassalingua nel cestino.

-Signora la gola è a posto, non vi è nulla di cui preoccuparsi- disse mentre scriveva su una cartella le sue considerazioni.

Il telefono sulla scrivania trillò e con un cenno Atsuya diede il permesso a Emily di rispondere.

-Dottor Fubuki, è un telefonata da Tokyo-

-Tokyo? E' per caso l'università?-

-Non so, chiedono di parlare con lei urgentemente-

-Signora vi chiedo scusa, sarò subito da lei-

Il ragazzo prese la cornetta del telefono e rispose in giapponese.

-Pronto?-

-Dottor Atsuya Fubuki?-

-Sì sono io, chi parla?-

-Sono un incaricato per un sondaggio, lei si trova ad Oahu, corretto?-

-Sì…-

-Il tempo com'è?-

-E' soleggiato e sereno, come sempre- rispose l'altro guardando fuori dalla finestra-

-Ottimo, ha mai avuto l’occasione di vedere la baia di Pearl Harbour?-

-Sì, dalla finestra del mio studio, la sto osservando in questo momento-

-Mi sa dire se ha mai visto delle grandi "navi piatte" attraccate?-

-Piatte? No, non ci sono… ci saranno forse cinque o sei navi di grandi dimensioni ma nulla di piatto…-

-Ne è proprio sicuro?-

-Si può sapere chi è lei?- domandò Atsuya sospettoso e irritato.

-E' stato un piacere parlare con lei-

-Aspetti, non provi a riattacare, mi dica chi è! Pronto? Pronto…?- la chiamata venne interrotta bruscamente dall’interlocuore.

Emily si avvicinò:

-Qualcosa non va dottore?- chiese dopo aver sentito il collega alzare la voce nella lingua madre.

-Nulla, non so chi fosse, forse qualche buontempone a Tokyo o che altro, ma non siamo qui per parlare di questo, c'è una paziente che aspetta!- con un sorriso il medico tornò dalla signora per ultimare la visita, ma dentro di sé cercava di capire ancora chi ci fosse dall'altra parte del telefono.

 

****

 

-Certo che fa proprio freddo qua fuori!- commentò Ryuuji rivolgendosi all'amico.

-Da Tokyo siamo arrivati a nord di Hokkaido, nella baia di Hitokappu- rispose l'altro.

I due osservavano come da loro abitudine il mare dal ponte della loro nave. Non avevano mai navigato in quelle acque del nord. Il cielo era grigio e soffiavano i freddi venti provenienti dalla Siberia.

-Per fortuna che partiremo a breve-

-Hai mai visto una cosa del genere?- chiese il rosso indicando l'enorme raggruppamento di navi sotto i loro occhi.

-E' impressionante…-

-Oltre alla nostra conto altre cinque portaerei- 

-Praticamente tutte, si può sapere che dobbiamo fare?-

-Ho timore a riguardo Ryuuji-

-Guerra?-

-Esattamente, a noi del gruppo bombardiere hanno già accennato il piano-

-Cerchiamo di non pensarci, Hiro. Ho sentito che se le trattative andranno buon fine torneremo a casa-

I due rimasero ad ammirare l'assembramento di navi, poi il rosso propose di rientrare sottocoperta, il freddo lo stava congelando letteralmente.

La mattina dopo, ventisei novembre 1941, alle ore 6:00, l'intera flotta si mosse dalle isole Curili con destinazione l’arcipelago delle Hawaii. 

Nelle settimane appena precedenti, l'ambasciatore Nomura e l'inviato Kurusu avevano consegnato le proposte di Tokyo, la prima detta "A" prevedeva un parziale ritiro di truppe dalla Cina. La seconda detta "B" e consegnata due settimane dopo, prevedeva la rinuncia di ulteriori azioni militari in cambio di un milione di galloni di carburante dall'america.

Entrambe le proposte vennero rifiutate, anche a causa della mancanza di fiducia nel governo nipponico che aveva autorizzato il trasporto di ulteriori uomini nelle ex colonie francesi in Asia.

Il giorno ventisette, giunse in Giappone una nota del segretario Cordell Hull. Essa imponeva il ritiro di tutte le truppe dall'Indocina e dalla Cina continentale, il riconoscimento come unico legittimo governo cinese quello del generalissimo Chiang Kai-shek e l'allontanamento del Giappone dai suoi alleati europei, Germania e Italia oltre ad una serie di altre imposizioni.

Con quella nota, il governo giapponese non vide possibilità di ulteriori trattative. La flotta aveva già preso la rotta stabilita dal piano dell’ammiraglio Yamamoto. 

Lo stesso primo ministro Tojo, dopo aver letto la nota del segretario, riunì i ministri del suo esecutivo e dichiarò:

 

-Questo è un ultimatum-

 

****


1) Tsushima: battaglia navale del 1905 combattuta nello stretto di Tsushima in Corea. La battaglia fu l’apice della guerra russo-giapponese. Si concluse con la quasi totale distruzione dell’intera flotta combinata russa (21 navi affondate e 7 catturate, di contro i giapponesi non persero nessuna unità)

 

2) Etajima: città della prefettura di Hiroshima, sede di una importante accademia navale.

 

3) Seppuku: il suicidio rituale praticato dai samurai per preservare il proprio onore.

 

4) Raku: particolare metodo di produzione di ceramica giapponese.

 

5) Gion: quartiere di Kyoto, conosciuto per la grande presenza di geisha e okiya. Ad oggi è caratterizzato dai numerosi edifici tradizionali ancora presenti oltre che ad essere uno dei pochi quartieri in cui sono presenti ancora gli okiya (seppur in numero molto inferiore al passato).

 

6) Periodo Edo: periodo che prende il nome dalla capitale dell’epoca ovvero Edo (nome antico di Tokyo). Tale periodo è caratterizzato dal governo dello shogunato Tokugawa e va dal 1603, anno in cui Tokugawa Ieyasu prende il titolo di shogun dopo aver riunificato il Giappone al 1868, anno in cui in seguito allo scoppio della guerra boshin, trionfarono i clan fedeli all’imperatore Meiji ponendo fine allo shogunato.

 

Piccolo angolo d'autore…

Non so neanche io come abbia fatto,

5000 parole, oltre il doppio dei capitoli standard di questa storia…

Direi che non c'è molto da dire, ho diviso il capitolo in sezioni che si alternano, una riguardante i nostri eroi e una che riguarda i preparativi. Ho dovuto fare un serie di ricerche riguardo quest'ultimi, spero di aver rappresentato al meglio i personaggi coinvolti e spero di essere riuscito a rappresentare anche la cerimonia del tè o, in giapponese, "cha no yu".

La flotta è salpata, ma può sempre tornare indietro se si raggiungesse un accordo…

Ho notato anche che molti dei personaggi storici hanno lo stesso nome o cognome di alcuni personaggi di Inazuma Eleven (Chuichi Nagumo - Haruya Nagumo, Minoru Genda - Kojirou Genda) una strana casualità.

Ho anche modificato l’introduzione, forse riuscirò ad attirare maggior attenzione…

direi che per ora è tutto, 

un saluto

 

_Eclipse

 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inazuma Eleven / Vai alla pagina dell'autore: _Eclipse