Libri > Le Cronache di Narnia
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Autore: Dhialya    19/04/2020    1 recensioni
Il legame profondo tra una ragazza divenuta Regina e una guerriera dallo sguardo dolce e le frecce dalle piume bianche.
Un passato di cui pochissimi sono a conoscenza, risalente a prima dell'arrivo di Jadis e dei cento anni d'inverno.
Il compito di una lupa dagli occhi di ghiaccio ed un destriero dal manto nero come la notte.
Cosa si cela realmente dietro la Grande Magia e il cui potere è conosciuto solo dal grande Aslan?
C'erano regole che erano state rotte, accordi strappati e segreti che non potevano più essere taciuti, legami che andavano ripristinati e compiti da svolgere. E tutto ciò sarebbe venuto a galla, presto. E non osava - o non voleva - immaginare le conseguenze che tutto ciò avrebbe comportato.
Sulle persone coinvolte e sull'equilibrio di Narnia stessa.

Sullo sfondo della guerra contro Telmar un segreto, tenuto nascosto per più di milletrecento anni, sta per essere rivelato.
[Revisione totale programmata alla sua conclusione.]
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Caspian, Edmund Pevensie, Famiglia Pevensie
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Spirits Within - The Just and the Sly special moments.'
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Narnia's Spirits
La distruzione di un mondo.












-Peter!-

Il ragazzo strinse i pugni, ignorando il richiamo che in quel momento stava avendo solo l'effetto di fargli salire maggiormente l'irritazione che gli serpeggiava prepotentemente sotto la pelle. Sentì le mani tremare e accelerò il passo.

-Peter, aspetta!-

In quel momento aveva una moltitudine di pensieri che gli giravano per la testa, ma la sensazione che spiccava maggiormente era quella di mettere più distanza possibile tra lui e la figura che lo stava inseguendo.

Edmund, un po' trafelato, cercava in tutti i modi di raggiungere il fratello consapevole che catturarne l'attenzione sarebbe stata un'impresa ardua. Quando era arrabbiato – e Peter in quel momento lo era davvero molto – l'unica cosa che potevano fare era lasciarlo sbollire in solitaria prima di cercare di approcciarlo nuovamente. Eppure il Pevensie sentiva l'impellente bisogno di parlare. Di spiegare. Non poteva aspettare ancora, anche perché temeva che, se fosse passato del tempo, quel poco di coraggio che era riuscito a raccogliere per poter affrontare il fratello maggiore sarebbe scomparso.

-Peter, per favore!- provò ancora, invano, e la sua voce suonò particolarmente rotta e implorante esponendo quell'ultima preghiera nel silenzio della sera che era calata su Narnia. Come il lamento di una bestia ferita, ma Edmund non era completamente sicuro di chi tra lui e Peter fosse effettivamente la vittima della situazione.

Ormai la figura del biondo era a pochi metri da lui. Sperava di fermarlo prima, Edmund, in modo da poter avere una conversazione in privato e senza orecchie indiscrete ad ascoltarli, ma con un picco di panico si rese conto che Peter si stava dirigendo nel luogo che riteneva meno adatto per quella circostanza.

La casa di Aslan.

Dove stavano i Narniani, dove stava Caspian. Dove stavano le loro sorelle.

Ad Edmund mancò il fiato tanto che si strinse una mano sulla casacca all'altezza del cuore, mentre percepiva sempre più pesantemente il germoglio del pentimento spingere per uscire.

-Dobbiamo parlare!- lo esortò per l'ennesima volta, allungando una mano verso il fratello in un gesto inconscio. Come se lo avesse davvero toccato dentro il Pevensie si fermò di scatto, voltandosi nella sua direzione. Edmund sentì un brivido lungo la schiena vedendo la sua espressione distorta, gli occhi rabbiosi che sembravano volerlo trapassare da parte a parte.

-Si. Dobbiamo.-


***


-E' successo qualcosa.-

-...Mh?-

Dhemetrya si sporse dal ramo su cui era accucciata, puntando lo sguardo mezzo assonnato verso il basso. Solitamente l'avrebbe presa a male parole per averla strappata dal torpore in cui si stava lasciando andare, ma il tono grave che aveva percepito permeare le parole di Lia l'avevano in qualche modo messa in allerta.

Osservò la figura della lupa ai piedi della grande quercia che da giorni condividevano come riparo per la notte, soppesandone i movimenti. Lia aveva le orecchie alzate puntate in avanti, un'espressione – per quel che riusciva a scorgere nella penombra della notte – indagatrice che le induriva i lineamenti lupoidi. Rimase in silenzio qualche attimo.

-Io non percepisco nulla.- osservò calma, soppesando i dintorni. Gli alberi e la natura di Narnia non stavano comunicando niente – niente più del solito dolore che ormai si era abituata a sentire, quantomeno – quindi non riuscì a capire a cosa si riferisse la Narniana.

-Lia?- si intromise Antares, altrettanto spaesato. La lupa si limitò a indicare un punto imprecisato nella radura con un gesto secco del muso, e gli occhi brillarono nella penombra per quel movimento.

Facendo scorrere lo sguardo verso la direzione che gli era stata indicata, i due scorsero un paio di figure che tornavano in direzione del rifugio.

-Sono... Re Peter e Re Edmund?- domandò Dhemetrya, strizzando gli occhi. Il buio che era ormai calato e la luna semi nascosta dalle nubi non aiutavano la sua vista in quell'impresa, ma non c'erano molti uomini che passeggiassero in giro per Narnia, quindi non potevano che essere loro.

Eppure, anche da quella distanza, le fu abbastanza chiaro cosa avesse turbato Lia dalla quiete in cui si trovavano quel giorno.

I due avevano delle espressioni che non gli aveva mai visto, in volto. Le trovò indecifrabili da quella distanza. E a giudicare dai movimenti, dal modo in cui camminavano, sembrava quasi che Peter stesse lasciando indietro apposta il fratello, come a volerlo a tutti i costi tenere lontano da sé.

Avevano litigato?

Dhem sentì un nodo alla bocca dello stomaco. Aveva una brutta sensazione.


***


Cercò di ignorare gli sguardi spaesati che gli vennero rivolti quando entrò nel rifugio con passo accelerato, il suono dei calzari che venivano pesantemente pestati a terra ad ogni passo che rimbombava tra le pareti del cunicolo che conduceva alla stanza con la tavola di pietra.

Chiunque gli avesse rivolto un'occhiata avrebbe capito da quel semplice comportamento di sfogo che era successo qualcosa.

Qualcosa aveva turbato Re Peter, facendogli mutare l'espressione solitamente sempre calma e fiera che portava, facendogli assumere quei movimenti stizziti di chi cerca in ogni modo di trattenersi per non esplodere.

Qualcosa lo aveva fatto arrabbiare profondamente.

Bastò un'occhiata a Susan e Lucy, ancora in compagnia di alcuni Narniani e Caspian mentre finivano di sistemare i rimasugli di quella che era stata una serata più riuscita di quello che immaginavano, per capire che c'era qualcosa che non andava.

Il Pevensie non le degnò di uno sguardo mentre scompariva nello stretto cunicolo fulminando chiunque gli capitasse sotto gli occhi. Nessuno ebbe il coraggio di domandare nulla, semplicemente le due sorelle si scambiarono uno sguardo preoccupato, indecise se raggiungerlo o lasciare che fosse lui ad andare da loro per renderle partecipi.

Come avevano potuto?

Peter sbatté rabbiosamente un pugno sulla pietra spaccata, ignorando il dolore per essersi graffiato a sangue le nocche e la sensazione di calore che iniziò a pulsargli nelle dita.

Come avevano osato?

Prese a calci dei sassi sparsi sul pavimento, facendoli volare contro il muro, cercando di dare sfogo in qualche modo a tutta la rabbia che sentiva ribollirgli nelle vene.

Non ci credeva. Non voleva crederci. Non era possibile.

Eppure, quella dannata scena continuava a ripresentarsi davanti ai suoi occhi senza che lui potesse farci nulla, inesorabilmente. Il cervello gliela riproponeva ancora e ancora, in una lenta tortura che gli stava annebbiando la mente come un veleno.

Edmund ed Evelyn... loro...

Si portò una mano alla bocca, sentendo l'aria venirgli meno, percependo il nodo allo stomaco stringersi in una morsa e procurandogli un fastidioso spasmo all'altezza del cuore tanto che per un attimo pensò di stare avendo un principio di infarto. Forse sarebbe stato meglio così, morire subito, invece di doversi ritrovare ad affrontare quella situazione che mai avrebbe immaginato.

Lo avevano tradito. Lo avevano deluso.

Il biondo si morse un labbro, appoggiando i palmi alla tavola di pietra come per cercare un appiglio nel mare in tempesta che erano diventati la sua mente e il suo cuore. Chiuse gli occhi, cercando di inspirare profondamente, provando – inutilmente – a recepire un po' di quella familiare sicurezza che la presenza di Aslan gli avrebbe sicuramente dato.

Ma Aslan non c'era da decenni, non ci sarebbe stato per lui in quel momento, e Peter si ritrovava tra le mani una situazione così complessa che non sapeva nemmeno quale emozione fosse più prepotente, in quel momento.

Sentiva la rabbia, una rabbia feroce annebbiargli i sensi, scoppiettare nella pancia, fargli tremare le gambe e le mani per la voglia di prendere la prima cosa che gli capitava tra le mani e spaccarla. Quella sensazione così simile a quella che aveva provato nei confronti di Jadis quando l'aveva vista pugnalare Edmund. Solo che, in quel momento, quella furia così potente era rivolta verso i suoi fratelli. Nei confronti della sua stessa famiglia, sangue del suo sangue.

Ma c'era qualcos'altro che lo disturbava, che gli faceva mancare l'aria come se non stesse respirando abbastanza. In realtà, realizzò Peter, c'erano molte altre cose – molte altre emozioni inspiegabili che si accavallavano.

Percepiva la morsa del tradimento, consapevole che loro avevano mentito, che avevano tenuto nascosta a lui – lui, il fratello maggiore, quello sempre pronto a tendergli una mano in ogni situazione, il punto più fermo della famiglia – una cosa così importante.

Non si erano fidati. Gli avevano mentito.

E se da una parte in fondo al suo cuore – molto in fondo, in quel momento – Peter poteva cercare di capire le ragioni del perché non fosse stato un argomento da poter affrontare con semplicità, dall'altra non poteva evitare di sentirsi raggirato, di sentirsi bellamente preso per il culo su tutta la linea. In qualsiasi modo la guardava, con tutte le giustificazioni che avrebbe potuto trovare... loro avevano tradito la sua fiducia.

Il Pevensie realizzò che, qualunque cosa avessero fatto, a lui non sarebbe andata bene. Né parlargliene, né tenerglielo nascosto.

Strinse nuovamente le mani a pugno, conficcandosi le unghie nei palmi tanto era il nervoso che provava. Sentì qualcosa spezzarsi dentro di lui, una consapevolezza che lo lasciò cristallizzato per vari secondi in quella posizione, un lampo di lucidità che gli animava i burrascosi occhi azzurri.

Possibile che lui era stato così cieco da non accorgersi di nulla? Da quanto andava avanti quella situazione? Quante cose non aveva visto, in tutto quel tempo, quante cose gli erano sfuggite da davanti agli occhi?

-Maledizione!-

-Peter...-

Si costrinse a respirare, il Pevensie, tuttavia non poté impedire alle proprie spalle di irrigidirsi nuovamente. Sentì che le unghie stavano nuovamente spingendo contro la carne tanta era la forza che vi stava mettendo nello stringere i pugni. Ed era meglio così, altrimenti non era sicuro di garantire l'incolumità di suo fratello, in quel momento, forse per la prima volta nella sua vita.

Nemmeno quando faceva la pecora nera da piccolo aveva provato una tale voglia di prenderlo a schiaffi e gridargli in faccia che cosa gli fosse saltato in mente.

Lui ed Evelyn non potevano... e lei, lei...

Non si voltò e non diede una risposta, percependo la figura del minore dei Pevensie fare qualche passo – non lo vedeva, ma era sicuro gli si fosse avvicinato un minimo per cercare di parlargli.

-Mi dispiace.- Edmund ebbe l'improvvisa voglia di posare una mano sulla spalla del maggiore per farlo girare e guardarlo così in faccia, ma non trovò il coraggio per quel gesto. Era già difficile cercare di spiegare – spiegare cosa, poi? Non c'era né più né meno di ciò che aveva visto. Solo in quel momento il moro si rese conto della possibilità che chissà quali pensieri potevano star tormentando il fratello maggiore, le emozioni che poteva stare provando, le domande che lo assillavano.

La sola idea gli fece venire la nausea.

-Posso spiegare.- si affrettò ad aggiungere in un sussurro. Si umettò le labbra, sperando che Susan e Lucy, che aveva visto appena era entrato, rimanessero ancora per un po' impegnate in ciò che stavano facendo e trattenessero la curiosità e la preoccupazione per quella situazione anomala che sicuramente avevano percepito.

Era sicuro che fosse solo questione di minuti prima che le sorelle li raggiungessero, per cercare di capire se fosse tutto a posto. Edmund doveva approfittarne, parlare con Peter prima di quel momento... altrimenti non sapeva con quale coraggio avrebbe affrontato anche loro due, con quale faccia tosta avrebbe potuto guardarle in faccia mentre diceva apertamente di essere innamorato di loro sorella.

Il suo pensiero corse ad Evelyn, lasciata sola, e si sentì in colpa per la situazione in cui l'aveva trascinata. Per colpa sua, per colpa dei suo egoismo. Perché non era riuscito a trattenersi.

-Dubito che qualsiasi spiegazione potrà essere sufficiente.- fu il lapidario commento di Peter.

Edmund percepì l'astio intriso in ogni parola, tuttavia cercò di non farsi abbattere. Lo sapeva che sarebbe andata così. Ogni volta che aveva immaginato le conseguenze di quella verità scomoda raramente aveva previsto che la sua famiglia sarebbe stata semplicemente comprensiva. Era molto più facile e coerente pensare che avrebbero reagito con la stessa forza di una bomba che scoppia dopo anni di immobilità – e non si era sbagliato, specialmente su Peter.

-Da quanto?-

Il moro venne riscosso dalle proprie riflessioni e tornò a puntare lo sguardo sulla schiena del fratello. Non aveva intenzione di girarsi e lui non lo avrebbe preteso. Immaginò che il biondo facesse anche solo fatica a reggere la sua presenza, in quel momento, trovandola disgustosa. Come biasimarlo?

-Cosa?- domandò, pur avendo sulla punta della lingua già la consapevolezza di cosa fosse sottinteso in quella domanda.

-Da quanto tempo va avanti?- incalzò il Pevensie, senza esitazione. La sua voce suonava come una lama ghiacciata per la stanza, un sussurro che Peter cercava di tenere ben controllato, consapevole che, altrimenti, si sarebbe messo ad urlare.

-Non abbiamo una relazione, se è questo che pensi.- si affrettò a spiegare il moro, portando le mani in avanti come per difesa. Peter non rispose né si mosse dalla sua postazione, ed Edmund deglutì, capendo che stava aspettando che continuasse.

-E' stata... la prima volta. Non so cosa mi sia preso, non sono riuscito a trattenermi. Lei mi è sempre piaciuta. Sono anni che mi piace.-

Non ci credeva di stare dando voce a quei sentimenti che aveva sempre cercato di reprimere. Non ci credeva che era, alla fine, arrivato davvero quel momento. Forse era un bene che Peter non potesse guardarlo in viso, perché Edmund non poté evitare di percepire un lieve imbarazzo nell'affrontare quel discorso. Ed era sicuro che quella fosse l'ultima cosa da provare, in quel momento.

I suoi occhi si abbassarono verso il terreno, colpevoli, mentre cercava le parole per continuare. Voleva evitare di sconvolgere il Pevensie ancora di più... per quanto ormai gli fosse possibile. Dubitava che ci sarebbe riuscito.

-Sono innamorato di Evelyn, Peter.-


***


-Sono innamorato di Evelyn, Peter.-

-Ho sentito bene? Non me lo sono immaginato?- Antares grattò uno zoccolo contro il terreno, nervoso. Sbuffò leggermente, percependo le figure di Dhemetrya e Lia come congelate sul posto.

-Non... non me lo aspettavo.- sussurrò la ragazza, con le guance stranamente in fiamme. Il cuore le batteva all'impazzata e per un attimo le sembrò di perdere la presa dal ramo, tanto che grattò le unghie contro la corteccia per rinsaldare la presa.

In quel momento si sentiva una ladra per aver utilizzato l'aria per far trasportare cosa stesse accadendo all'interno delle mura. Ed in imbarazzo. Insomma, i sentimenti erano cosa privata, non immaginava che avrebbe ascoltato quella che era, a tutti gli effetti, una confessione - per quanto non le fosse nuova.

Lia strinse la mascella, riflettendo e dimostrandosi come sempre la più obiettiva.

-Deve essere successo qualcosa per spingere Re Edmund ad esporsi.- ragionò, immaginando i possibili scenari che avrebbero potuto prendere vita da quella svolta inaspettata. Tuttavia, non riuscì ad immaginarsene molti, se non che Evelyn c'entrava qualcosa e questo avrebbe potuto essere un problema.

Intimamente, Dhemetrya ed Antares concordarono con quei suoi sentimenti consapevoli che avrebbero dovuto controllare di persona cosa stesse succedendo. Era loro dovere.

Ancor prima che si muovessero dalle loro posizioni in un silenzioso assenso, però, una figura fece capolino dal bosco. Si muoveva con passo incerto e teneva una mano stretta al petto, i capelli un po' arruffati e gli occhi lucidi.

Ai tre Narniani fu chiaro, pur senza poterla vedere da vicino, il tormento che si agitava intorno ad Eve mentre, ciondolante, si dirigeva verso la Casa di Aslan.


***


-... Cosa?-

Peter si girò lentamente, incrociando le braccia al petto ampio. I muscoli del suo viso erano ancora contratti, le sopracciglia aggrottate, lo sguardo arrabbiato ed un po' spiritato – come se non fosse totalmente presente con i pensieri. Ma ciò che fece gelare il sangue nelle vene ad Edmund nuovamente, nel giro di pochi minuti, era la voce che, titubante, si era introdotta in quella conversazione spinosa.

Il Pevensie non ebbe il coraggio di girarsi, osservando Peter puntare lo sguardo poco dietro di lui. Ed percepì la gola seccarsi terribilmente.

Susan.

-Che cosa sta... succedendo?- fu la domanda spaesata che gli sopraggiunse alle orecchie, percependo i passi incerti della sorella affiancarlo. La Pevensie fece vagare lo sguardo tra i due fratelli, cercando di carpire, per quanto le fosse possibile, la scena che si trovava davanti e le parole – doveva aver sentito male, per forza – che le si erano conficcate nel cervello come coltelli.

Vagò con lo sguardo sul viso del fratello minore, indagatrice e con la bocca socchiusa in un'espressione sorpresa, un sopracciglio elegantemente alzato.

-Hai sentito bene, Susan.- fu la lapidaria sentenza che uscì dalle labbra di Peter, probabilmente vedendo il volto della sorella mutare lineamenti di fronte a quella che era stata, a tutti gli effetti, una confessione. Lui aveva visto abbastanza per prendere quelle parole come veritiere, ma immaginava benissimo le domande che di li a poco avrebbero preso vita da Sue.

-Tu... cosa? Come?- Susan si sentì mancare la terra sotto i piedi, come se improvvisamente fosse stata catapultata in un altro universo. Non capiva cosa stava succedendo. Come si era arrivati a quel punto? Perché?

Edmund si infossò nelle spalle, sentendosi improvvisamente sporco fin dentro l'anima. Una parte di lui avrebbe voluto scappare da quell'interrogatorio, dalle accuse che gli sarebbero sicuramente piovute addosso seduta stante.

Anche venire inghiottito dal terreno e tornare sulla terra in quel momento sembrava una possibilità molto più liberatoria che doversi trovare ad affrontare Susan e Peter – e Lucy. Sarebbe sicuramente arrivata anche lei, lo sapeva. Sempre che non stesse già ascoltando accovacciata da qualche parte. Edmund s'immaginò quegli occhioni lucidi scrutarlo con indignazione e sentì una fitta potente al petto. Era difficile farsi effettivamente odiare da Lucy, ma era sicuro che lui ci sarebbe riuscito, dopo quella sera.

Scosse lievemente la testa, stringendo i pugni e respirando pesantemente. Ormai era fatta. Peggio non poteva andare.

-Sono innamorato di Evelyn, da... molto tempo.-

Peter serrò la mascella a quelle parole ed immaginò l'irritazione – e sicuramente molto altro – che poteva star provando dai brividi che gli vide scuotergli le spalle, come se gli avesse infilato il coltello nella piaga. Susan, al suo fianco, trattenne il fiato in un mezzo singhiozzo e si portò la mano alla bocca, strabuzzando gli occhi chiari pieni di sconvolgimento.

-Non potete impedirmi di provare ciò che sento.- continuò, vedendo che dopo vari minuti i fratelli non avevano ancora parlato. Si limitavano a guardarlo, probabilmente troppo surclassati dalle emozioni che stavano provando per poter riuscire a dar loro una voce concreta.

Fu a quel punto che con un colpo di reni Peter si diede la spinta necessaria per staccarsi dalla tavola a cui era stato appoggiato fino a quel momento, rompendo la rigida posizione in cui si era stato come cristallizzato.

-Tu non... come... quando?- furono i sussurri confusi di Susan, che ancora cercava di processare quello che aveva ascoltato.

Peter le lanciò uno sguardo comprensivo, capendo appieno ciò che poteva stare provando in quel momento e sentendosi un po' in colpa – in colpa, lui! Non era mica stato lui a volere quella situazione – per come aveva appresso quella notizia. Poi i suoi occhi tornarono su Edmund, mutando nuovamente. Il fratello non riusciva a reggere il suo sguardo per più di qualche secondo, eppure, quelle poche volte che provava ad alzare il proprio su di lui, Peter aveva scorto quel lampo di determinazione che animava tutti loro quando avevano un obbiettivo da raggiungere.

Al Magnifico fu chiaro che, dentro di sé, Edmund avesse già compiuto la sua scelta.

-E'... è difficile.- provò a spiegarle il moro, ma Peter lo bloccò prima che potesse dire altro.

-Non puoi! Non puoi, Edmund! E' nostra sorella! E' tua sorella!- sputò fuori, improvvisamente, tanto che sia lui che Susan trasalirono sul posto per la veemenza intrisa in quelle parole. Ed serrò le labbra, respirando nervosamente e mordendosi l'interno di una guancia.

-Che cazzo stai dicendo?- sputò fuori, alzando il volto e fronteggiandolo. Lo fulminò con lo sguardo, assottigliandolo quel tanto che bastava per assumere un'espressione vagamente minacciosa.

-Siete cresciuti insieme!- continuò Peter, ignorando la domanda retorica che gli era stata rivolta e la verità che sapeva essere nascosta dietro di essa. Edmund ed Evelyn erano fratelli. Erano suoi fratelli, e nessuna spiegazione avrebbe potuto fargli cambiare quella visione delle cose. E il fatto che fossero innamorati... non andava bene, non andava bene per niente.

-Siete fratelli!- tuonò per l'ennesima volta, e si sentì tanto un disco rotto che ripete sempre lo stesso pezzo di canzone. La rabbia stava lasciando lentamente posto alla consapevolezza a tutto ciò che sarebbe potuto accadere di lì in avanti.

Tutto rischiava di andare in pezzi. Troppe cose rischiavano di essere cambiate – e forse già lo erano, a cominciare proprio da loro stessi. La famiglia Pevensie rischiava di rompersi, sfaldarsi, andare in frantumi in un modo che non era mai capitato prima. Non poteva permetterlo... ma non sapeva esattamente cosa fare per evitarlo.

Edmund sentì qualcosa animarlo dalla punta dei piedi fino all'ultima fibra capillare che non riuscì a trattenere.

-Non è nostra sorella di sangue, e tu più di tutti lo sai benissimo, Peter! Aslan ti aveva spiegato le sue origini, o sbaglio a ricordare?!-

Susan trasalì a quelle parole, ricordando fin troppo bene il peso che quel segreto aveva comportato a tutti loro. Alla fine, negli anni, non erano mai riusciti a trovare il momento adatto per poterlo affrontare. Avevano troppa paura di sconvolgerla, di rompere il bellissimo rapporto che avevano instaurato tra di loro quando la minaccia di Jadis era sparita e avevano fatto pace.

Evelyn aveva sempre fatto parte della loro vita, fin da che ne avevano memoria.

Era stato Aslan a rivelare a Peter, dopo l'incoronazione, che i loro genitori l'avevano trovata appena nata mentre erano di ritorno verso casa, una sera, e l'avevano tenuta con loro dopo alcune pratiche burocratiche. Forse c'era stato persino qualche zampino per rendere il tutto più facile da attuare, questo non avrebbe mai saputo dirlo ma l'istinto le suggeriva che era stato così.

Ma il fatto che l'avesse trovata la famiglia Pevensie non era stato un caso. Eve era destinata a Narnia quanto – e forse più – di loro.

-Non parlar___-

-Cosa vorrebbe dire le mie origini?-

Il maggiore spostò lo sguardo ancora furibondo oltre le figure dei due fratelli, incontrando, con una nota prepotente di orrore che gli strinse lo stomaco nella ferrea morsa della paura, la sagoma dell'ultima persona che avrebbe voluto partecipasse a quel discorso. Percepì un nodo in gola mentre specchiava i propri occhi nello sguardo vacuo che gli stava rivolgendo la sorella. Aveva una delle espressioni più tetre che le avesse visto indosso.

-Evelyn...-

Edmund si scambiò uno sguardo spaventato con Sue, mentre entrambi si giravano verso quella nuova presenza inaspettata, non senza qualche incertezza. Quanto aveva sentito? Cosa aveva sentito? A giudicare dallo sguardo lucido che gli stava rivolgendo, le mani strette a pugno e le guance gonfie, abbastanza.

Aveva ascoltato abbastanza per farsi un'idea.

I tre sentirono il fiato mancargli, accorgendosi dell'errore che avevano fatto nell'affrontare quel discorso in quel modo così superficiale, ed Edmund e Peter si pentirono della semplicità con cui avevano permesso alle parole di fuoriuscire e finire per essere ascoltate da orecchie che non avrebbero dovuto.

Evelyn fece saettare lo sguardo tra tutti e tre, fulminandoli sul posto, per poi posarsi sul moro con astio.

-Cosa significa, Edmund?- la sua voce suonò particolarmente indifferente, improvvisamente dimentica di tutti i pensieri precedenti che l'avevano accompagnata mentre raggiungeva il rifugio.

Voleva solo sapere. Voleva solo capire. Di cosa parlavano? Perché lei non ne sapeva nulla? I suoi fratelli non potevano averle tenuto nascosto qualcosa che la riguardava direttamente. Si fidava, non l'avrebbero mai fatto, tra loro c'era assoluta sincerità... giusto?

Improvvisamente, scrutando Edmund boccheggiare per cercare di trovare le parole, il suo sguardo indirizzarsi verso un Peter altrettanto immobilizzato sul posto, si rese conto che, forse... forse c'era qualcosa che le avevano tenuto nascosto.

Evelyn sentì qualcosa dentro di sé spezzarsi, osservando Susan guardarla con gli occhi lucidi di colpevolezza e torturarsi le mani in grembo, percepì come un velo frapporsi tra lei e quelli che fino a quel momento aveva considerato la sua famiglia. Inconsciamente fece qualche passo indietro, incespicando, allontanandosi da loro come se potesse, in quel modo, cacciare via anche il dolore che sentiva farsi strada dentro di lei scavandole fin dentro l'anima.

Le avevano mentito.

-Eve, aspetta! Possiamo spiegare!- provò Edmund, allungando un braccio verso di lei. Peter gli mise una mano sulla spalla forse capendo, dallo sguardo che la sorella gli stava rivolgendo, che probabilmente non era la persona adatta per cercare di farla ragionare in quel momento.

-Ascolta...- provò, superando il minore, cercando di lasciare da parte il motivo principale per cui era successo tutto quello e le sensazioni che ancora albergavano in lui. Ma ciò che ottenne fu solo uno sguardo di disapprovazione e due occhi furibondi che lo trapassarono sul posto.

-Cosa? Cosa vuoi?! Mi avete mentito, vero?!- Peter distinse perfettamente la nota di disperazione che animava quelle parole e si sentì colpito profondamente. Evelyn lo guardava sconvolta, con gli occhi pieni di lacrime, la tensione le faceva tremare la voce e le spalle. I capelli arruffati ed il volto contratto in una smorfia per non scoppiare a piangere le davano un'espressione ancora più spiritata e iniziò a temere che avrebbe avuto un crollo proprio davanti a loro.

Susan sentì una stretta al cuore, non sapendo cosa dire. Era sicura che qualsiasi parola, qualsiasi tentativo di conforto, in quel momento, non sarebbero andati bene. Era una storia troppo complicata... e ne mancava un pezzo.

-Avete tradito la mia fiducia.- Evelyn tirò su con il naso, passandosi nervosamente una manica sugli occhi per cacciare via le tracce di lacrime che premevano per uscire. Sentì la rabbia scemare improvvisamente, lasciando posto ad un enorme sconforto e alla sensazione opprimente di aver subito una coltellata alla schiena.

Si sentiva presa in giro. E bruciava, qualcosa dentro di lei bruciava tremendamente, consumando la poca lucidità che ancora possedeva.

Senza degnarli di un altro sguardo diede loro la schiena e corse via.



Edmund vide Evelyn andarsene senza avere il tempo di dirle nulla di tutto ciò che sentiva di dover buttare fuori. Le scuse, le giustificazioni, la verità che sentiva premere sulla punta della lingua. La osservò evitare per un soffio Lucy e Dhemetrya, ferme all'entrata della sala di pietra, e sparire nelle ombre del cunicolo con sguardo basso e passo veloce.

I fuochi continuavano a scoppiettare inclementi di ciò che accadeva attorno a loro.

Per parecchi minuti, un'aria pesante si posò tra i ragazzi, rendendo l'ambiente silenzioso in modo inverosimile. La tensione che vi aleggiava si sarebbe potuta tagliare con un coltello. Nessuno di loro sapeva cosa dire, come rompere quella bolla in cui erano caduti.

Si sentivano strani, senza forze, prosciugati, come se fossero stati sballottati da un luogo all'altro senza sosta. Eppure non si erano mossi dallo stesso punto in cui erano rimasti immobilizzati.

Ciò di cui erano sicuri, però, era che le cose non sarebbero dovute andare in quel modo. Evelyn non avrebbe dovuto venire a conoscenza di quel piccolo ma significativo dettaglio sulla sua vita in quella maniera brusca ed improvvisa.

Peter percepì il sapore amaro del rimorso risalirgli lungo la gola per tutto il tempo che aveva passato a rimandare quel momento. Per cosa, poi? Strinse le labbra, sentendo il senso di colpa per il proprio egoismo pungolarlo. Gli scoppiava la testa.

Lucy sospirò, rilasciando il fiato che aveva trattenuto fino a quel momento e voltandosi verso il punto in cui aveva visto sparire sua sorella, intuendo ciò che poteva essere successo. Sentì una fitta di preoccupazione darle un brivido lungo la schiena immaginando come si potesse sentire in quel momento la Pevensie, ed ebbe l'impulso di volerla seguire per farle sentire la propria vicinanza. Prima che potesse muoversi, però, scorse con la coda dell'occhio Edmund e Peter fare lo stesso.

-No, meglio di no.- Dhemetrya si mise in mezzo, frapponendosi tra loro e il cunicolo. Il biondo serrò la mascella, irritato, ma la Narniana non lo stava guardando più di tanto, per nulla toccata dai lampi di indignazione che le stava lanciando con gli occhi per quell'intrusione. Il suo sguardo era posato sul fratello minore, in un tacito ordine di lasciare perdere tutto ciò che avrebbe voluto fare in quel momento.

La situazione era troppo tesa e i sentimenti che Edmund ed Evelyn provavano non potevano che peggiorare le cose se si fossero scontrati nuovamente.

La mora lanciò ad entrambi un'occhiata eloquente, come a voler comunicare loro qualcosa – ma erano troppo presi a far fronte con i propri pensieri, per poter cogliere il messaggio che Dhemetrya stava cercando di dargli.

La ragazza mise una mano sulla testa di Lucy, in un vago gesto di conforto, prima di abbandonare la stanza.

Edmund non potè evitare di sentirsi trafitto da quegli occhi blu così calmi – eppure così lontani, così spietati e decisi, per come l'avevano guardato ed inchiodato sul posto – che sentì tutto il poco coraggio che aveva raccolto scemare via. Il senso di colpa tornò prepotentemente a tormentarlo, sovrapponendosi allo sguardo sconvolto e tradito che Evelyn gli aveva rivolto mentre gli domandava di rivelarle quella verità scomoda che per troppo tempo le aveva tenuto nascosta.

Gli si stava piantando nel cervello secondo dopo secondo. Il loro rapporto era sempre stato molto complice – fin troppo, e forse ora ne capiva maggiormente il motivo – eppure le aveva taciuto una cosa così importante... Serrò gli occhi, Ed, cercando di scacciare il malessere che sentiva crescergli in corpo e trovando la forza di occhieggiare i fratelli accanto a lui.

Lucy lo guardava con gli occhi sbarrati e le labbra tremule, Sue era sbiancata all'inverosimile tanto che si domandò come facesse a non essere ancora svenuta, e Peter... Peter aveva l'espressione più indecifrabile che gli avesse mai visto in viso, mentre probabilmente cercava di domare il mare di emozioni che vedeva riflesso nei suoi occhi chiari ancora piantati verso il corridoio.

Il Giusto deglutì un boccone amaro di saliva, mentre una consapevolezza più affilata rispetto alla precedente gli strisciava addosso come un predatore.

Aveva fatto un errore, forse più di uno.


Si era lasciato andare alla debolezza facendosi sopraffare dai sentimenti e da quel gesto, da quell'azione egoista che non era riuscito a trattenere, aveva messo in pericolo tutti loro. Aveva rovinato l'unica cosa che era sempre stata un punto fermo nella sua vita, aveva rotto gli equilibri della sua famiglia tenendo nascosto quell'amore che non avrebbe dovuto provare, aveva bruciato la fiducia incondizionata che Eve nutriva nei suoi confronti.

Lo seppe dopo aver osservato i fratelli, nel riportarsi davanti agli occhi lo sguardo che Dhemetrya gli aveva rivolto, nel sentirsi esattamente come quando era poco più che ragazzino e aveva incrociato il cammino con la Strega Bianca, come se tutti quegli anni non fossero mai passati.

Edmund sentì il pavimento mancargli sotto ai piedi e dovette appoggiarsi al muro per non cadere, mentre sentiva bloccarsi in gola un urlo silenzioso. Percepì le lacrime della disperazione salirgli agli occhi e le guance andare in fiamme.

Sentiva di averli traditi. Di nuovo.































































































Ciao a tutti e ben ritrovati! Allora, come state? Spero vada tutto bene... Io ho ripreso a lavorare, ma dopo più di un mese di fermo è un po' dura stare dietro agli orari. ^^''
Passando al capitolo: avrei voluto pubblicarlo il 16, per festeggiare i miei 11 anni su Efp - anche se ho iniziato a scrivere proprio questa storia solo nel luglio 2010 -, ma purtroppo sono stata poco bene... In ogni caso, visto il periodo, ci tenevo a portarvi questo capitolo abbastanza importante - come avrete notato, ve lo aspettavate? cosa pensate succederà ora? - perché immagino che lo scorso potrebbe avervi lasciato un po' così dato che non c'era niente di particolare.
Come potete vedere anche questo non è un capitolo proprio corto, alla fine, e unirlo al precedente non mi avrebbe permesso di dedicargli lo spazio che secondo me meritava ogni scena. Vista la situazione in cui si trovano ora i Pevensie per me sarà estremamente importante prendere i prossimi 2-3 capitoli per sviscerare questo gruzzolo di cose che si andranno a sovrapporre e darvi finalmente qualche risposta più concreta al tutto. Ho immaginato una reazione per ogni Pevensie e spero di averla azzeccata, senza contare la presenza non indifferente di Caspian, Lia, Dhemetrya e Antares. Ci sta volendo un po', ne sono consapevole, e vi ringrazio per la pazienza promettendovi che entro la fine della storia ogni cosa andrà al proprio posto.
Ringraziandovi per essere arrivati fino a qui, per le letture, i preferiti, i seguiti e le ricordate vi do appuntamento al prossimo capitolo - che spero di portarvi altrettanto presto.
Love,
Dhi. <3
   
 
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