Traduttrice: poldina.
L’autrice
originale della storia è Anna Fugazzi. Per la storia
originale in lingua
inglese cliccate qui.
Beta-reader:
NON BETATO
Ultime ultime
aggiunte
Nota
dell’autrice: Okay,
ho mentito; l’ultimo DVD Extra, quello che si chiamava
“Ultime Aggiunte”? Non
erano davvero le ultime.
Ma
non è colpa mia! Caliope
Amphora mi ha mollato questo plotbunny sul mio schermo e non sono
riuscita a
cancellarlo, neanche spruzzandoci sopra il Glassex:
Il
cerchio di guarigione è
piaciuto tantissimo a tutti. Qualcuno ha detto che gli sarebbe piaciuto
sapere
come sarebbe stato dal punto di vista di qualcun altro. Qualche
suggerimento:
Piton; Narcissa; Esposito o Lucius (Io voto per Lucius! momento fangirl)
Quindi,
ecco l’ultima
Ultima aggiunta, il cerchio di guarigione e il suo seguito, capitoli
11-12, dal
punto di vista di Lucius.
Giorno
38, giovedì
I
cerchi di guarigione si riunirono
attorno a Draco e a Potter, che giacevano privi di sensi al centro
della
stanza. Lucius prese posto nel cerchio più esterno, tra la
Nata Babbana con i
capelli cespugliosi e il lupo mannaro logoro, di fronte a – e
quindi sul punto
di fare coppia con – uno della numerosa prole dagli occhi
vacui di Arthur
Weasley.
Guardò
il centro del cerchio; la
sua vista di Draco era ostacolata da Madama Chips, ma Potter, invece,
riusciva
a vederlo chiaramente. Harry Potter, il moccioso che fin da quando era
in fasce
era riuscito a sconfiggere goffamente il mago più potente al
mondo. La fortuna
e la bravura altrui lo avevano di volta in volta salvato e avevano
trionfato
sulla genialità e il potere del Signore Oscuro. La voglia di
lanciare un rapido
anatema mortale gli bruciava dentro come braci ardenti.
Se
solo avesse potuto farlo, il
Signore Oscuro avrebbe potuto sorgere di nuovo.
Se
solo fosse riuscito a pensare
solamente a Potter, e a quanto lo odiava, avrebbe potuto tenere a bada
la sua
paura per la vita di Draco.
L’incantesimo
ebbe inizio e
Lucius restò a guardare, impassibile, mentre i tre membri
“neutrali” del
cerchio interno univano la loro magia. Luci tenui presero vita da tutte
e tre
le bacchette, quella della Esposito, di Madama Chips e di Silente, poi
si
unirono a poco a poco e si mescolarono al centro.
Silente,
neutrale? L’idea sarebbe
stata ridicola se la situazione non fosse stata così seria.
Seria e fastidiosa,
dovendo stare così vicino all’uomo senza potergli
fare male. Una delle poche
cose che avevano tenuto Lucius al caldo nelle notti ad Azkaban era
stato il pensiero
di vedere Silente morto o in ginocchio di fronte al Signore Oscuro, di
vedere
finalmente la fine della sua corruzione del mondo magico, e di vedere i
Malfoy
di nuovo al loro legittimo posto. E invece Lucius era lì,
con la bacchetta in
mano, con la traiettoria sgombra e dritta fino a Silente, la mente e la
magia
del vecchio completamente concentrate sul cerchio… e Lucius
non poteva fare
assolutamente niente, poteva solo guardare la Esposito il
più possibile per non
impazzire al pensiero della sua impotenza.
Ma
anche concentrarsi sulla
Esposito non era molto confortante. Non con il suo risentimento
strisciante al
modo in cui la Guaritrice si era testardamente rifiutata di prendere in
considerazione quasi tutte le alternative proposte dai suoi Guaritori.
“Immorale,”
aveva detto. E “inattuabile” e
“possibilmente pericoloso” e “moralmente
sospetto,” aveva detto, mentre Draco era in bilico tra la
vita e la morte.
Gli
incantamenti latini
provenienti dai tre del cerchio interno sembravano adeguati a quello
che stavano
cercando di fare, ripetendo lo scopo riequilibrante dello stesso
incantesimo, e
fornivano una piacevole distrazione mentre il cerchio interno li
conduceva al
momento in cui tutti i suoi piani, tutto il suo lavoro sarebbe stato
annullato.
Dannato Silente, dannata Esposito e Chips per aver preso la sua parte,
e
dannato anche Draco per aver scelto di restare lì invece di
andare dai
Guaritori di Lucius–
No.
Draco era malato. Draco non
sapeva cosa stava facendo, non era responsabile della sua decisione.
Nelle
sue condizioni Draco non
poteva essere biasimato per aver scelto di fidarsi della Esposito
più dei
Guaritori sconosciuti di Lucius, solo perché quei Guaritori
sconosciuti
lavoravano per la loro famiglia. Naturalmente non ci si poteva
aspettare che capisse
che la Esposito, con tutta la sua presunta esperienza da specialista
dei
Legami, era solo una vecchia ciarlatana senza spina dorsale, e una
vergogna per
la Casa di Serpeverde. Come se un qualsiasi Sempreverde che si
rispettasse
proverebbe mai una soluzione così stupida quando erano
disponibili alternative
perfettamente funzionanti che non erano mai neanche state provate.
Almeno
era una Serpeverde. Che
dava al cerchio un po’ di equilibrio. Sei Grifondoro, sei
Serpeverde, e la
Chips l’unica Corvonero.
Si
stava fissando su dei dettagli
irrilevanti, si rese conto mentre la luce del cerchio interno cresceva
e si
stabilizzava. Stava disperatamente cercando di ignorare quello che
stava
succedendo. Perché stava succedendo eccome, ma ancora non
voleva crederci.
Erano tutti lì riuniti, e la magia stava aumentando, in
attesa di attirarli
tutti a sé, ma sembrava tutto un sogno, tutto distante. Come
se non potessero
davvero essere lì, non stessero davvero per fare quello che
stavano per fare,
non un gruppo di persone così disparate. Era una situazione
troppo surreale.
Ed
era anche una situazione
troppo imprevedibile. Non avevano idea se l’incantesimo
avrebbe funzionato, se
suo figlio sarebbe sopravvissuto o meno, non aveva idea cosa sarebbe
successo
alla sua famiglia anche se l’incantesimo avesse funzionato. O
cosa sarebbe
successo a Draco; ora che il Legame aveva fatto di Draco un enorme
rischio per
Potter, ormai era solo la lealtà di Lucius per il Signore
Oscuro che garantiva
la protezione di Draco, e il Signore Oscuro sarebbe stato fuori di
sé dalla
rabbia una volta scoperto il tradimento di Lucius. E il modo
più facile di
vendicarsi di Lucius sarebbe stato colpirlo là dove era
più vulnerabile…
Ovvero
lo stesso punto debole di
Harry Potter. Non c’erano parole adatte a esprimere quanto lo
odiasse. Non
c’erano parole adatte a esprimere la rabbia e
l’amarezza che provava per la sua
stessa impotenza; non aveva più controllo su quanto stava
per succedere neanche
rispetto al più umile dei Babbani.
Deglutì
quando il cerchio interno
si stabilizzò e il cerchio esterno iniziò a
crescere.
“Sono
Hermione Granger e unisco
la mia magia alla tua,” disse la Nata Babbana, e la sua luce
si unì al cerchio
interno.
Lucius
si morse il labbro, con la
mente che gli andava a mille nonostante gli sforzi di calmarsi. Ogni
nome era
come un rintocco di campana che suonava per piangere la fine di tutto
quello
che aveva cercato di costruire, per così tanti anni. Oppure
come un orologio
che a ogni ticchettio si avvicinava inesorabilmente alla fine del
futuro che
aveva immaginato per se stesso e per la sua famiglia.
Hermione
Granger, la cui stessa
presenza in quella scuola era un oltraggio.
Pansy
Parkinson, una brava
ragazza Purosangue di buona famiglia, che avrebbe dovuto essere
disconosciuta
per quello che stava per fare.
Minerva
McGranitt, ancora la
stessa vecchia megera senza senso dell’umorismo che era stata
fin dai tempi in
cui Lucius era studente.
Blaise
Zabini, figlio di una
madre bellissima e mortale che era, grazie a Merlino, politicamente
neutra, ma
che avrebbe potuto aspettarsi un generoso pagamento o compenso da parte
dei
Malfoy in cambio delle azioni del figlio.
Ronald
Weasley, il degno figlio
di un padre ridicolo e patetico, per lo meno da quanto diceva Draco.
Narcissa
Malfoy. Ecco un’altra
persona a cui avrebbe voluto lanciare una fattura, cosa accaduta di
rado in
tutti gli anni trascorsi insieme, per aver condotto la loro famiglia in
quel
vicolo cieco. Per non averlo aiutato a convincere Draco ad andarsene da
quel
postaccio. Per essersi ribellata a tutto quello in cui lui credeva, per
aver
collaborato con i loro nemici, e per aver aiutato a creare
l’incantesimo che
avrebbero messo i Malfoy contro il Signore Oscuro.
La
magia si stava avvicinando
come un cappio attorno al collo, mentre la luce proveniente dalla
bacchetta di
sua moglie si univa a quella della Nata Babbana di fianco a Lucius.
Dopo
che sarà finito avrò il
tempo di pensare alle conseguenze, cercò di
rassicurarsi. I Malfoy erano
caduti e si erano rialzati molte volte, sotto la sua guida. Lo
avrebbero fatto
di nuovo.
Neville
Paciok si stava ora
unendo al cerchio; l’imbarazzo di tutti i Purosangue del
mondo, in coppia con
Pansy Parkinson.
Severus
Piton, amico e alleato,
unito con la McGranitt.
Remus
Lupin, e ora il figlio di
Lucretia Zabini, quel ragazzo d’oro, era unito al lupo
mannaro.
E
Lucius non aveva più tempo.
“Sono
Lucius Malfoy e unisco la
mia magia alla tua,” disse in tono piatto mentre la magia di
Weasley si
avvicinava alla sua, e Lucius si preparò a fare quel passo
irrevocabile. Per
amore di suo figlio, che non faceva che deluderlo praticamente ogni
volta che
prendeva un respiro, che era così indegno a ricevere la sua
eredità. Per il
quale ora Lucius doveva rinunciare a tutto, in modo da lasciargli
niente.
Per
suo figlio, che di nuovo
aveva fatto la scelta sbagliata, scegliendo di stare lì, con
Potter, che non
era stato abbastanza coraggioso o intelligente da andarsene quando
gliene era
stata offerta la possibilità per provare a lavorare con i
Guaritori assunti da
Lucius. Ecco la persona per cui Lucius stava rinunciando a tutto, ecco
la
persona che avrebbe decretato la sua fine; il suo stesso figlio.
No,
non Draco. Draco era
innocente e non poteva essere ritenuto responsabile di nulla in quella
storia.
Silente,
però, e Potter…
Se
solo avesse potuto attaccarli,
una sola volta. Battere Silente, distruggere Potter come avrebbe dovuto
essere
distrutto sedici anni prima, fare qualcosa
piuttosto che lasciare che il
destino suo e della sua famiglia si allineasse con quei due.
Una
volta sola, pensò
mentre sentiva Weasley cercare con tutte le sue forze di trascinarlo
nel
cerchio. Una volta sola, lasciarsi andare e
abbandonarsi all’odio. E non
unirsi a quella farsa di un cerchio di guarigione, non rinunciare a
tutto
quello per cui aveva lavorato, per una cosa che probabilmente neanche
avrebbe
funzionato. Una volta sola…
La
Esposito mosse leggermente il
cerchio interno, e lo sguardo di Lucius cadde sui due ragazzi privi di
sensi.
Draco
dormiva, gli occhi scuri,
il viso più pallido del solito. I lineamenti, già
affilati, erano ancora più
netti a causa della malattia, della vicinanza alla morte. Lineamenti
che una
volta erano morbidi e rotondi, occhi chiusi che, quando aperti, erano
così
espressivi, così diversi da quelli di un vero Malfoy, e
così spesso segnati da
scontrosità o da ribellione…
E
umorismo, e inaspettata
intelligenza, e amore. Occhi che si erano fidati così spesso
di lui; occhi che
si erano impossessati di Lucius fin dalla prima volta che si erano
aperti.
Occhi che non riusciva a vedere chiusi per sempre.
Prese
un respiro profondo e
cedette alla spinta del ragazzo Weasley, unendo la sua magia al cerchio.
Non
aveva mai avuto veramente
scelta. Era da stupidi pensare altrimenti.
“Invochiamo
la gioia e il dolore,”
disse la Esposito, e Lucius si preparò, richiamando alla
mente i suoi ricordi
migliori e peggiori. Rimase sorpreso quando, nonostante prima si fosse
preparato a ripensare al giorno in cui era venuto a sapere che era
stato
nominato membro del Consiglio Internazionale della magia, gli venne
invece in
mente un ricordo in cui prendeva Draco in braccio e lo faceva
volteggiare in
aria.
Che
immagine sciocca. Fece per
sostituirla con il ricordo che aveva preparato, ma gli
sfuggì. Scrollò le
spalle mentalmente e decise di proseguire. Dopotutto, a tutti era stato
detto
che, sebbene fosse una buona idea riflettere su quali ricordi usare per
ogni
coppia, probabilmente sarebbe stato più efficace usare
qualunque ricordo fosse
venuto in superficie al momento dell’incantesimo.
Gioia,
e Draco, con la sua risata
acuta infantile, gli occhi grigi spalancati dalla felicità,
e Narcissa che
sorrideva a entrambi, gli occhi azzurri pieni di un calore inusuale.
Calore e
un’inaspettata soddisfazione per aver dato così
tanta gioia a suo figlio.
Sapere che, senza neanche averci provato, poteva avere un effetto
così grande
su un altro essere umano. Sentirsi inspiegabilmente indegno al pensiero
di
essere l’eroe di suo figlio.
Così
può bastare, e mise
con decisione l’immagine da parte.
Il
dolore era facile: Azkaban.
Grigiore e fallimento e amarezza e paura, non c’era bisogno
di andare a cercare
chissà dove per trovare il suo più grande dolore.
Che quel moccioso Weasley
vedesse pure e gongolasse; non gli importava. Qualunque cosa pur di
bloccare
fuori della sua mente i piccoli sciocchi dispiaceri del ragazzino
– scoprire
che Cedric Diggory era morto, era quello il suo più grande
dolore? E dire alla
sua amica Nata Babbana che la amava era la sua più grande
gioia? Patetico.
Lucius
scosse la testa, infastidito,
mentre le immagini che trapelavano dagli altri partecipanti del cerchio
scorrevano ai limiti della sua coscienza. Indistinte e nebulose, ma
persistenti,
sfidavano i suoi sforzi di sbarrarle fuori. Una ragazzina Serpeverde
alzava la
Coppa di Quidditch sopra la testa – la Esposito, di sicuro.
Se solo anche Draco
avesse potuto provare quella soddisfazione; ma no, Potter gliela aveva
portata
via tutti gli anni, in un modo o in un altro.
A
proposito di Potter – eccolo
lì, steso a terra a piangere la morte di qualcuno, il cugino
di Narcissa
traditore del suo sangue, a quanto pareva. Lucius rimpianse brevemente
di non
poter avere la possibilità di gongolare come si doveva a
quell’immagine. I suoi
ricordi del periodo successivo all’Ufficio Misteri erano
già abbastanza
terribili; era bello vedere che anche Potter aveva sofferto.
Un
bambino che frignava, nascosto
al buio, di sicuro Paciok, e Lucius arricciò un labbro.
Però… no, il bambino
era – ebbe una fitta al cuore.
Deglutì
quando l’immagine di
Draco scoppiò a piangere e si raggomitolò a
riccio, tremante, infuriato con se
stesso per la sua debolezza, per i suoi fallimenti, per aver deluso
Lucius.
Dio,
Draco.
Ho
fatto la cosa giusta,
si disse, sebbene l’immagine non comunicasse
perché Draco si era nascosto da
lui. Qualunque cosa fosse successa quel giorno, Lucius aveva fatto la
cosa
giusta, perché Draco aveva bisogno di imparare la disciplina
e la forza. Gli
aveva fatto male, e anche a Lucius faceva male vederlo, ma a volte il
dolore
era necessario e spesso era uno strumento formidabile per raggiungere
il bene
comune. Non gli avrebbe fatto un favore se non avesse avuto la forza di
ferirlo, quando Draco aveva bisogno di istruzioni o di essere corretto.
Il
dolore costruiva il carattere.
“Invochiamo
la luce e il buio,”
disse Madama Chips, e Lucius ripensò
all’incantesimo Encandesca, che aveva
imparato qualche anno prima. Un incantesimo difficile, che aveva lo
scopo di
trasformare la notte in giorno. Ripensò a un campo buio nel
Surrey che tutto
d’un tratto si illuminava. I Babbani avevano luci brutte e
rozze per illuminare
debolmente le loro strade. Encandesca era la luce del giorno.
Il
buio: i sotterranei di Villa
Malfoy, dove Lucius andava spesso per meditare e per esercitarsi negli
incantesimi più difficili. Il buio era confortante, a modo
suo, un contrappeso
della luce. Era strano che il Buio fosse così temuto dagli
sciocchi più deboli,
che non capivano che affrontarlo e accoglierlo a braccia aperte e
piegarlo al
proprio volere voleva dire conquistare il potere.
L’idiota
Weasley ricordò il buio
di un capanno degli attrezzi, probabilmente nel buco dove vivevano i
Weasley.
Un
ragazzino magro e brutto
rannicchiato al buio mentre un uomo e una donna si urlavano a vicenda.
Lucius
riconobbe la donna come la madre di Severus, e si girò
dall’altra parte con
tatto.
Draco
e Potter, addormentati in
un abbraccio, Potter con il viso premuto contro il collo di Draco, i
capelli
biondi di Draco in contrasto con quelli neri di Potter.
Chissà da chi proveniva
quell’immagine. Lucius si girò, disgustato, di
fronte alla scenetta di pace e
contentezza che mostrava quell’immagine.
La
figlia di Parkinson stava
pensando a un incantesimo Lumos, e sembrava che il lupo mannaro
pensasse alla
luna piena come rappresentazione sia della luce che del buio, il che
era
curioso. Si meravigliò brevemente della paura di Lupin per
la sua
trasformazione mensile. Che spreco. Fenrir Greyback gestiva la sua
condizione
in modo molto più pratico; certo, era bandito dalla
società civilizzata, ma
accettava il potere della sua condizione e la usava, a differenza di
quel
miserabile trasandato.
“Invochiamo
il maschile e il
femminile,” disse la Esposito, e Lucius osservò
che quasi tutti gli altri
pensarono a immagini di genitori o di coniugi. Arthur Weasley,
splendido. E non
era sicuro cosa sarebbe stato più sgradevole: il fatto che
Weasley junior
pensasse alla Granger, o se invece avesse pensato a quella sciatta di
sua
madre. Anche se, a quanto pareva, per lo meno la Nata Babbana non era
male
quando ci si metteva d’impegno; quel ricordo doveva venire
dal Ballo del Ceppo,
tenuto durante l’anno del Torneo Tremaghi. Peccato per quei
denti.
Lucretia
Zabini comparì un attimo
con un lampo inquietante, e Lucius per poco non scoppiò a
ridere di fronte
all’immagine di Randolph Keitch, il famoso Battitore dei
Falmouth, e una
giovanissima MacGranitt che lo fissava, in adorazione.
Concéntrati,
si disse, e
richiamò l’immagine di suo padre. Freddo, severo e
forte; un degno modello per
chiunque. E Narcissa, il simbolo della grazia femminile e
dell’eleganza.
“Invochiamo
il passato e il
futuro,” disse Silente. Lucius riportò la mente il
più indietro possibile, alla
morte di suo nonno, e si chiese brevemente se fosse Draco o Pansy a
ricordare
un litigio lontano tra i due. Lucius ricordava solo le urla che si
erano
sentite dalla stanza dei bambini, le espressioni preoccupate degli elfi
domestici che separavano i bambini con le facce rosse, e Owen Parkinson
che
osservava che avrebbero fatto meglio a punire gli elfi domestici
lontano da
Pansy, perché la piccola stava imparando degli incantesimi
che era meglio non
mostrare fuori della loro cerchia intima. Era una tipetta precoce.
Un
Silente molto più giovane
parlava con uno studente lungo le scale, e Lucius arricciò
la bocca dallo
sdegno prima di accorgersi di chi fosse quello studente. Il Signore
Oscuro. Si
affrettò a ritirare la sua mente.
Il
futuro sarebbe stato un
argomento pericoloso, ma si sforzò di mettere da parte
l’immagine del Signore
Oscuro e si concentrò su tutto quello che trapelava dai tre
che avevano una
traccia della Vista. Una risata indistinta, un corridoio in ombra,
un’occhiata
scherzosa rivolta a – Lucius deglutì quando
riconobbe il sorriso di Draco, che
si manifestava così di rado.
Allora
Draco sarebbe
sopravvissuto.
A
meno che Lucius non stesse male
interpretando quello scorcio di futuro, e in realtà era solo
una persona che
somigliava a Draco. Quella vaga visione stava già svanendo,
scivolandogli tra
le dita, e mise subito in dubbio quello che aveva visto.
Un
Marchio Nero nel cielo.
Quell’immagine
era meno difficile
da interpretare, e fece una risata tra sé e sé
nel percepire il rigetto di Ron
Weasley prima di riprendere di nuovo il controllo dei suoi pensieri e
di
sgombrare la mente per la prossima coppia.
“Invochiamo
il dolore e il
piacere,” disse la Chips.
Il
dolore era facile, anche se
Lucius non aveva granché voglia di richiamare quel ricordo.
Il piacere, però…
C’era il piacere del buon vino, del potere, della
letteratura, e Lucius aveva
preso in considerazione l’idea di pensare a uno di quelli,
soprattutto
considerando che sarebbe stato in coppia con Weasley durante
l’incantesimo. Ma
le immagini e i ricordi da evocare dovevano essere potenti, e il vino
non
sarebbe stato abbastanza.
Il
travaglio di Narcissa gli
lampeggiò nella coscienza; la gamba di Weasley che si
spezzava dalla forza
delle immense mascelle di un cane enorme; un lupo mannaro che correva
nel bosco
con un cervo e un grosso cane nero.
Aveva
pensato di ricordare il
piacere che aveva provato nel riuscire a eseguire incantesimi non
tracciabili,
tra i più difficili che avesse mai tentato. La
consapevolezza dell’orgoglio di
suo padre nei suoi confronti, così raro, la sicurezza di suo
padre che la
famiglia sarebbe stata in buone mani, quando se ne fosse andato. Ma
probabilmente neanche quello sarebbe stato abbastanza. Le immagini che
venivano
dagli altri partecipanti sembravano tutte parecchio più
intense.
Fece
una smorfia di disgusto
quando vide suo figlio premere le labbra su quelle di Potter per la
prima volta
nella sala d’aspetto di Silente. Era già stato
brutto assistere indirettamente
a quell’evento. Vedere il divertimento sul volto della
Guaritrice e di Silente
– persino di Severus – mentre percepivano
l’attività proveniente
dall’Incantesimo di Legame dei due ragazzi, per poi
informarli di cosa stesse
succedendo nella stanza accanto. Di certo non voleva assistervi in
prima
persona, neanche in un ricordo.
Si
girò dall’altra parte, solo per
ritrovarsi i due ragazzi di nuovo davanti, e stavolta molto
più coinvolti –
rifuggì quasi fisicamente a quello che stavano facendo, poi
scansò l’imbarazzo
con decisione e si consolò sentendo il lamento mentale di
Weasley di fronte a
quella scena.
Ma
non era certo una cosa che
voleva vedere, quindi si concentrò sul suo peggior ricordo
di dolore. Sentì il
bruciore del Marchio che gli penetrava nella pelle e sentì
di nuovo anche le
sue stesse grida per l’agonia che lo aveva travolto. Si
costrinse a rivivere
l’esperienza invece di spingerla via automaticamente, come
aveva fatto tutte le
volte che il ricordo era tornato in superficie negli ultimi venti anni.
Si
sentì vendicato e compiaciuto quando Weasley
fuggì anche a quell’immagine.
E
all’improvviso, spontaneamente,
comparve un ricordo di piacere e prese il posto del dolore: un piccolo
volto in
miniatura, capelli biondi e sottili ancora umidi dalla nascita, occhi
grigi e
fumosi che si aprivano per la prima volta e guardavano Narcissa prima
di
chiudersi di nuovo, stretti stretti, mentre la bocca rosa, troppo
piccola per
essere vera, si apriva per emettere un debole vagito di fame. Lucius
sentì una
mano minuscola stringergli il dito e un brivido del tutto inaspettato
lo
percorse.
Si
era aspettato di provare
orgoglio. Si era aspettato soddisfazione, per essere riuscito con
successo a
mettere al mondo un erede dei Malfoy. Non si era aspettato
l’ondata di amore e
devozione che si trovò a provare per quella creatura
minuscola che non aveva
fatto assolutamente nulla per meritarsi quei sentimenti. Si era sentito
a
disagio, e si sentiva a disagio adesso, ma probabilmente questo bastava
per gli
scopi dell’incantesimo.
“Invochiamo
il caldo e il
freddo,” disse la Esposito, e Lucius tirò un
sospiro di sollievo nel ricordare
il calore della casa di un Auror Nato Babbano avvolta dalle fiamme, e
la
soddisfazione nel sapere che non avrebbe mai più
rintracciato un altro
Mangiamorte.
Weasley
stava ricordando un
Dissennatore che risucchiava tutto il calore di una carrozza
dell’Espresso per
Hogwarts, ma per Lucius il freddo era la cella di Azkaban. Sembrava che
il
freddo fosse rappresentato da Azkaban anche per Narcissa: un cortiletto
dove
lei era in attesa, tremante, di ottenere il permesso di entrare dalle
arroganti
guardie che si divertivano a mostrare il disprezzo che provavano per
lei, per
Lucius, per tutto quello in cui credevano.
Almeno
le guardie erano umane,
pensò Lucius con tetra soddisfazione. Quando Lucius era
arrivato alla prigione,
non era rimasto più neanche un Dissennatore
sull’isola; erano stati tutti
reclutati dal Signore Oscuro.
“Invochiamo
l’amore e l’odio,”
disse Silente, e la tensione nel cerchio crebbe vertiginosamente.
Amore
e odio. La definizione più
adatta per quel gruppo.
Lucius
si concentrò e pensò a
Narcissa, a Draco, a sua madre. Non cercò neanche di
trattenere un ghigno
derisorio quando vide un turbinio di capelli rossi e di facce
lentigginose
passargli nella mente, insieme a un lampo improvviso di capelli
cespugliosi e a
quella famosa cicatrice. Vide passare immagini confuse dei Parkinson, e
poi
diversi studenti – riconobbe, vagamente, se stesso da
bambino, con il braccio
ingessato, e non ebbe il tempo di capire da chi provenisse
quell’immagine – e
la fugace immagine di… qualcosa, un ragazzo che sembrava
familiare, che usciva
da una classe – ma non aveva il tempo di pensarci, le
emozioni scorrevano con
troppa velocità e troppa forza, e si preparò a
concentrarsi sulla parte
successiva, sicuramente la parte più difficile di tutto
l’incantesimo.
Odio.
Era fin troppo facile
provarlo, e tutti sapevano bene che avrebbero dovuto controllarlo se
non
volevano che la situazione sfuggisse di mano.
Però
era un sentimento talmente
puro. Seducente, come una droga, brillante e pulito. L’odio
per chi si opponeva
a loro, per chi li voleva indebolire. Ed era difficilissimo mantenere
il
controllo sufficiente a trattenersi dal concentrare quella potente
emozione
sulle persone che facevano parte di quel cerchio. Invece
cercò di pensare il
più intensamente possibile a Peter Minus, quel vermiciattolo
ripugnante che
avevano dovuto accettare tra di loro. Pensò a Malocchio
Moody e la sua feroce
mania anti Arti Oscure che, sedici anni prima, gli aveva reso
così difficile
restare fuori da Azkaban e, l’anno scorso, uscire da Azkaban.
Pensò agli Auror
altezzosi che si erano divertiti a umiliarlo e a deridere la sua
impotenza
mentre era nella cella, piccola e fredda e buia, così
– così simile a una
stanzetta sotto a una rampa di scale… con uno shock, Lucius
riconobbe una
versione più giovane di Potter, riconobbe il ribollire
dell’odio che
sprigionava da Potter, verso… i suoi parenti Babbani?
Lucius
scosse la testa,
distratto, iniziò a indietreggiare, ma poi l’odio
di Potter si concentrò su
Severus – e Severus lo odiava di rimando – ma
c’era una nuova intensità, quando
l’odio di Potter e di Severus iniziò a fremere
pericolosamente e si unì a –
Lucius si accorse che l’odio di Weasley si unì a
quello di Potter, e sentì
l’odio del moccioso concentrarsi su di lui; la connessione
che li univa rendeva
le emozioni di Weasley più forti di quelle degli altri ed
era insopportabile,
il fatto che Weasley, in tutta la sua furia, ricordasse a Lucius uno
dei suoi
peggiori fallimenti: il viso sporco della sorella di Weasley, quella
che non
aveva fatto quello che avrebbe dovuto fare con il diario del Signore
Oscuro e
invece si era trascinata Potter con sé e aveva rovinato
tutto. E Weasley non
aveva neanche il cervello, né l’orgoglio
Purosangue, per capire che era proprio
il suo comportamento, e quello dei suoi genitori, che faceva di loro i
nemici,
e quindi i bersagli, di Lucius. Erano orgogliosi
della loro corruzione
del mondo magico, erano orgogliosi della loro vergognosa
povertà e dei loro
modi da traditori del sangue, e li voleva tutti morti, Weasley e suo
padre e
sua sorella e tutti i loro parenti pestilenziali, e tutti quelli come
loro,
come Paciok e i suoi patetici genitori, e Potter e i suoi patetici
amichetti, e
la rabbia e l’odio stavano crescendo, fiamme di disprezzo e
disgusto si
alzavano dalla figlia di Parkinson verso Paciok, e da Paciok e dalla
Sporcosangue e da Severus e da Draco, l’odio viscerale verso
Potter, Potter che
lo odiava di rimando, e trascinava l’odio a livelli mai
raggiunti, e c’era così
tanto odio dentro di Lucius che avrebbe potuto lanciare una dozzina di
Avada
Kedavra, per incenerire Potter e tutti quelli come lui, e per liberare
Draco
dalle loro grinfie e da quell’orribile anatema –
liberare tutti da
quell’anatema che era Silente e tutte le sue idee da
traditore del sangue e i
suoi alleati, la furia e l’odio e la rabbia che crepitavano,
fuori controllo,
l’odio di Potter nei confronti di tutti pronto a esplodere e
per dio Lucius
gliel’avrebbe fatta pagare, fosse stata l’ultima
cosa che faceva al mondo, lo
avrebbe ucciso, e raccolse tutto il suo odio per concentrarlo–
“NO!”
Lucius
per poco non si lasciò
sfuggire un ringhio di rabbia per la distrazione; non aveva
riconosciuto la
voce che aveva urlato, non lo avrebbero fermato, non – ma poi
lo stavano
trascinando, non c’era altro modo di descriverlo; se fosse
stata una sensazione
fisica avrebbe detto che qualcuno lo aveva afferrato e allontanato di
peso da
Potter, ma non era proprio così, qualcuno stava bloccando la
sua mente, stava
cercando di bloccare il suo odio – chiunque fosse, lo avrebbe
distrutto per poi
tornare a uccidere il Bambino Sopravvissuto–
Altre
voci si unirono alla prima,
e Lucius riconobbe vagamente la magia di Ronald Weasley che strattonava
la sua
– il ragazzo era forte, doveva ammetterlo, e tenace, a
giudicare da come lo
teneva a bada, ma Lucius avrebbe potuto scansarlo via con un
– solo che ci si
era messo pure Severus, anche lui aveva cominciato a spingerlo via;
Lucius
bruciò di rabbia nel vedere il suo tradimento, e
probabilmente sarebbe riuscito
a sconfiggere anche Severus, ma ora a lui si unirono anche Silente e
McGranitt
e la figlia di Parkinson e Narcissa–
Linee
di magia furiosa
crepitavano sopra Draco e Potter
Oddio
I
due ragazzi si stringevano in
un abbraccio carico di odio e stavano per ammazzarsi
Potter
colpiva Draco, gli lanciava
una manciata di fango, Draco derideva Potter, gli augurava di morire
La
magia era fuori controllo
avrebbe ucciso suo figlio se qualcuno non la fermava veniva da loro e
attraverso di loro e traeva il potere dall’odio di Lucius,
dall’odio di tutti
Stava
per distruggere suo figlio
Forse
Draco aveva già subito
danni irreparabili, bruciato dalla forza della magia malevola
sprigionata da
tutti loro negli ultimi minuti
Draco
rompeva il naso di Potter,
Potter distruggeva una finestra sopra Draco e cacciava un grido di
rabbia
Lucius
si sentiva sospeso a
mezz’aria, e poteva vedere, inorridito, mentre Draco e Potter
annegavano sempre
più nell’odio e gli altri cercavano inutilmente di
controllare il fuoco,
Severus e Lupin e Chips e Zabini e Granger e Pansy e Weasley spingevano
dei
ricordi verso di loro, Draco che prestava un po’ di
inchiostro a Potter, Potter
che sorrideva a Draco, immagini di pace e di qualsiasi forma di affetto
suo
figlio e suo marito fossero riusciti a trovare l’uno per
l’altro
Draco
provava a lanciare una
fattura a Potter sul treno
Lucius
finalmente si mosse,
cercando disperatamente di richiamare alla memoria quel poco che aveva,
un’immagine di Draco e di suo marito che riposavano insieme
in infermeria dopo
che erano crollati, immagini dai primi giorni
dell’incantesimo, il bacio nella
sala d’aspetto di Silente, e le immagini dagli altri
finalmente iniziarono a
scorrere con più vigore
Draco
scherniva Potter, ma la sua
rabbia, in qualche modo, fu incanalata e diretta lontano dalla violenza
fine a
se stessa e verso qualcosa… di diverso
Potter
afferrava con rabbia Draco
e lo spingeva contro un albero
Draco
faceva notare a Potter un
errore nel compito di Aritmanzia
Potter
passava a Draco la
cravatta
E
le linee di odio stavano
lentamente scemando
Draco
dava un calcio a Potter in
un corridoio, poi si buttava al suo fianco e lo stringeva, Potter gli
toccava
il braccio e affrontava un Auror arrogante nell’infermeria,
abbracciava Draco e
gli sussurrava parole gentili e Draco si irrigidiva dal dolore
E
giù
Draco
accarezzava i capelli di
Potter
Potter
e Draco rientravano nelle
loro stanze e crollavano sul divano, ridendo insieme, seguiti da
Weasley,
preoccupato, e da Pansy, molto divertita
E
giù
E
le linee erano quiete, stabili,
la magia di nuovo sotto controllo.
La
Esposito prese un respiro
profondo e concesse a tutti qualche secondo per prendere fiato e
calmarsi e
trarre conforto dalla luce che brillava sopra di loro.
“Lucius
Malfoy, ti libero dal
cerchio,” disse la Esposito con voce calma, e Lucius
sentì spegnersi la luce
della sua bacchetta. Rimase qualche secondo in piedi a tremare, poi si
rese
conto che se non si fosse messo a sedere sarebbe molto presto caduto a
terra.
Crollò a sedere sulla sedia dietro di lui, grato, con il
petto ansimante.
Cosa
diamine aveva appena fatto?
Chiuse
gli occhi, si appoggiò
allo schienale e cercò di riprendere fiato. Sentì
vagamente gli altri uscire
dal cerchio, uno dopo l’altro, tutti sfiniti. Lupin. Severus.
Paciok.
Il
figlio di Arthur Weasley, che
aveva visto così tanti dei suoi ricordi più
intimi. Che aveva lottato con
Lucius per fargli ricordare cosa stavano facendo – e per chi
lo stavano
facendo.
Narcissa
era uscita; Lucius non
riusciva a incontrare il suo sguardo. Non lo avrebbe mai perdonato. Oh,
avrebbe
detto che lo perdonava – era una grande esperta in
diplomazia, etichetta, e
cortesie di circostanza, proprio come lui. Ma nel più
profondo del loro Legame,
nel punto più importante, non avrebbe mai dimenticato e non
avrebbe mai
perdonato.
Chiuse
gli occhi e cercò di
svuotare la mente, riprendendo forza, mentre, uno dopo
l’altro, gli altri
venivano liberati, e infine il cerchio fu chiuso, ma la sua mente era
un
turbinio di immagini, di paura e di senso di colpa. E di orrore per
quello che
aveva quasi fatto.
Gli
altri erano tutti esausti,
chi più, chi meno; tutti quasi in silenzio, tranne le
Guaritrici; Silente
parlava a bassa voce con la McGranitt, ed entrambi sembravano
dimostrare
appieno la loro età, cosa che normalmente non succedeva.
Pansy era vicino a
Narcissa; sembrava volesse confortarla ma non sapeva bene come, la sua
tipica
compostezza Serpeverde scossa dalla paura e dalla stanchezza. Severus
poggiava
la fronte sulla finestra e fissava il campo di Quidditch, in
meditazione.
Erano
tutti tesi, nonostante la
spossatezza; tutti risentivano degli effetti del disastro sfiorato e
dell’incertezza sull’esito
dell’incantesimo. Nessuno sapeva se quell’ultima
coppia avesse rovinato tutto.
Non
era possibile. Per poco la
situazione non gli era sfuggita di mano, ma si erano fatti indietro
prima di
fare danni seri. Lucius si ripeté quel pensiero come un
mantra, mentre le
Guaritrici esaminavano i ragazzi, con le bacchette che tracciavano
percorsi
complicati e tremolavano alla luce delle candele.
Draco
stava bene. La perdita di
controllo di Lucius durante quell’ultima coppia non poteva
averlo danneggiato.
Però,
se lo avesse fatto, il
Signore Oscuro se ne sarebbe di sicuro compiaciuto se Draco si fosse
trascinato
Potter con sé – Lucius rabbrividì,
consapevole, vagamente, che quel pensiero
era imperdonabile.
No.
Stavano bene. Draco stava
bene. Il Signore Oscuro avrebbe dovuto trovare un altro modo per
occuparsi di
Potter.
“Signora
Malfoy?” chiamò la
Esposito, e Narcissa corse al suo fianco. Lucius poté solo
restare a guardare,
impietrito, mentre la Guaritrice indicava un particolare tracciato
della luce a
Narcissa e alla Granger. Gli occhi di Narcissa si allargarono
leggermente, le
sue spalle si rilassarono e la Granger annuì, lo sguardo
apprensivo che si
trasformava in interesse intellettuale mentre la Guaritrice continuava
a
spiegarle i tracciati a bassa voce.
Stavano
bene. Sarebbero
sopravvissuti.
Narcissa
annuì lentamente e si
girò, lanciando con lo sguardo un silenzioso segnale a
Lucius, che la seguì nel
piccolo ufficio lì vicino.
“Si
riprenderà,” disse a bassa
voce, dopo che Lucius si chiuse la porta alle spalle.
Lucius
annuì, esitante, incapace
di interpretare le emozioni della moglie. Narcissa di solito non si
abbandonava
agli isterismi, ma quando c’era Draco di mezzo, era
imprevedibile. Ma in quel
momento non sembrava sull’orlo di una crisi di nervi. Si
limitava a guardarlo
con occhi distaccati, freddi.
“Avrebbe
potuto morire,” disse
con voce gelida.
Lui
deglutì a fatica.
“E
se fosse morto, tu saresti
stato il prossimo,” disse. “Per poco non hai
permesso a te stesso di uccidere
il tuo stesso figlio. Mio figlio.”
“Narcissa–”
“No.”
Sollevò una mano. “Non
rivolgermi la parola, per qualche giorno almeno. Per tutta la sua vita,
ti ho
sempre lasciato fare quello che volevi. Ho lasciato che lo trattassi al
pari di
un elfo domestico, ho lasciato che lo intimidissi e lo ferissi e lo
ignorassi,
ma se provi a metterlo di nuovo in pericolo, spero tu sappia che ti
ucciderò,
lentamente e dolorosamente. E non mettermi alla prova,”
disse, con la voce che
cominciava a traballare.
“Non
ho–”
“Ti
ho detto di non parlare,”
sibilò. “Tu–” si
girò di scatto e si strinse con le braccia.
“Avrebbe potuto morire.”
Prese un respiro tremante. “Se non fosse stato per Ronald
Weasley, Draco
sarebbe morto. Per colpa tua. Perché tu
odi Harry Potter più di quanto
ami tuo figlio.”
Lucius
si morse il labbro e
scacciò dalla mente le parole di Narcissa. Non era vero.
Lucius avrebbe trovato
la forza di fermarsi, qualunque cosa avesse fatto Weasley; si sarebbe
fermato,
non si sarebbe spinto così tanto fino a fare del male a
Draco–
Gli
riaffiorò in mente,
improvvisa e vivida, un’immagine di Draco, piccolo, che
rideva dalla gioia
mentre Lucius lo faceva volteggiare sopra la testa; i capelli biondi e
sparpagliati che incrociavano un raggio di sole dentro la sua stanza
mentre si
sollevava in piedi appoggiandosi su un tavolino e sgambettava verso un
elfo
domestico; che gridava dalla felicità la prima volta che
Lucius l’aveva fatto
volare. Che stringeva Lucius forte mentre la scopa volava in alto,
sempre più
in alto, spaventato, ma fidandosi che suo padre non lo avrebbe fatto
cadere.
Sbatté
le palpebre, sorpreso,
mentre gli si appannava la vista e sentiva una striscia di freddo sulla
guancia; sollevò una mano e sentì del bagnato
sulle dita. Le guardò, confuso, e
gli si strinse il petto, e gli si strinse la gola e un singhiozzo
premeva per
uscire fuori.
Chiuse
gli occhi e abbassò la
testa, con le lacrime che scorrevano lungo il viso, le labbra strette,
e si
sforzava con tutte le forze di mantenere il controllo. Il silenzio
nella stanza
era interrotto solo dai suoi respiri rumorosi.
Narcissa
stava alla finestra; il
suo volto non tradiva alcuna emozione di fronte al subbuglio che
imperversava
dentro Lucius.
E
altri pensieri traditori
tornavano in superficie, più velocemente di quanto Lucius
riuscisse a
scacciarli; pensieri che gli sussurravano che la fiducia di suo padre
era stata
malriposta, che aveva causato la caduta del nome dei Malfoy e
più in basso di
così non poteva andare. Che era stato etichettato come un
criminale perché
aveva fallito nel servire un potente mago Oscuro, che ora aveva
tradito.
Tradito per un figlio che poi aveva quasi ucciso con la sua debolezza.
Fallimento, vergogna, debolezza, cantilenavano le voci, ovunque si
girasse, e
il suo stesso corpo lo tradiva e minacciava di travolgerlo con il
bisogno di
piangere per i suoi fallimenti e per la paura di quello che per poco
non aveva
fatto a Draco–
Il
viso severo di suo padre gli
tornò in mente, ricordandogli silenziosamente che era un
Malfoy e la cosa che i
Malfoy riuscivano a fare al meglio era mantenere il controllo. Gli
ricordò che
un fallimento non ne giustificava un altro e che, qualunque sbaglio
avesse
commesso, Lucius non avrebbe aumentato la sua vergogna dando voce al
suo
dolore.
Con
un brivido, mise a tacere le
voci. Soppresse senza pietà le lacrime che minacciavano di
uscire, i tremori.
Afferrò e si tenne stretto il suo orgoglio Malfoy.
Infine
si schiarì la voce e si
raddrizzò. Si costrinse a girarsi verso Narcissa e a non
trasalire di fronte al
gelido disprezzo nei suoi occhi.
Narcissa
lo scrutò con
attenzione, arricciò le labbra e gli passò la
bacchetta sopra il volto. Lucius
sentì uno strano formicolio e si rese conto che
probabilmente Narcissa stava
facendo scomparire ogni traccia della sua perdita di controllo. Lo
esaminò con
occhi freddi, aggrottò brevemente la fronte, poi si
passò la bacchetta sul suo
stesso volto, fino ad avere gli occhi cerchiati di rosso e le guance
paonazze.
Si
schiarì la gola e si diresse
verso la porta, poi lo aspettò ed estese un braccio in modo
che lui potesse
prenderlo e accompagnarla fuori dal piccolo ufficio: il ritratto
perfetto di un
marito calmo e di una moglie sconvolta.
Tornarono
di fuori ad affrontare
gli altri.
ooooooo
FINE