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Autore: Anna Fugazzi    22/04/2020    0 recensioni
Cronologia, scene tagliate, articoli riguardanti "Bond". In altre parole, nulla di interessante se non per chi ha letto "Bond".
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
Capitoli:
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Traduttrice: poldina. L’autrice originale della storia è Anna Fugazzi. Per la storia originale in lingua inglese cliccate qui.

Beta-reader: NON BETATO

 

 

Ultime ultime aggiunte

Nota dell’autrice: Okay, ho mentito; l’ultimo DVD Extra, quello che si chiamava “Ultime Aggiunte”? Non erano davvero le ultime.

Ma non è colpa mia! Caliope Amphora mi ha mollato questo plotbunny sul mio schermo e non sono riuscita a cancellarlo, neanche spruzzandoci sopra il Glassex:

Il cerchio di guarigione è piaciuto tantissimo a tutti. Qualcuno ha detto che gli sarebbe piaciuto sapere come sarebbe stato dal punto di vista di qualcun altro. Qualche suggerimento: Piton; Narcissa; Esposito o Lucius (Io voto per Lucius! momento fangirl)

Quindi, ecco l’ultima Ultima aggiunta, il cerchio di guarigione e il suo seguito, capitoli 11-12, dal punto di vista di Lucius.

 

Giorno 38, giovedì

I cerchi di guarigione si riunirono attorno a Draco e a Potter, che giacevano privi di sensi al centro della stanza. Lucius prese posto nel cerchio più esterno, tra la Nata Babbana con i capelli cespugliosi e il lupo mannaro logoro, di fronte a – e quindi sul punto di fare coppia con – uno della numerosa prole dagli occhi vacui di Arthur Weasley.

Guardò il centro del cerchio; la sua vista di Draco era ostacolata da Madama Chips, ma Potter, invece, riusciva a vederlo chiaramente. Harry Potter, il moccioso che fin da quando era in fasce era riuscito a sconfiggere goffamente il mago più potente al mondo. La fortuna e la bravura altrui lo avevano di volta in volta salvato e avevano trionfato sulla genialità e il potere del Signore Oscuro. La voglia di lanciare un rapido anatema mortale gli bruciava dentro come braci ardenti.

Se solo avesse potuto farlo, il Signore Oscuro avrebbe potuto sorgere di nuovo.

Se solo fosse riuscito a pensare solamente a Potter, e a quanto lo odiava, avrebbe potuto tenere a bada la sua paura per la vita di Draco.

L’incantesimo ebbe inizio e Lucius restò a guardare, impassibile, mentre i tre membri “neutrali” del cerchio interno univano la loro magia. Luci tenui presero vita da tutte e tre le bacchette, quella della Esposito, di Madama Chips e di Silente, poi si unirono a poco a poco e si mescolarono al centro.

Silente, neutrale? L’idea sarebbe stata ridicola se la situazione non fosse stata così seria. Seria e fastidiosa, dovendo stare così vicino all’uomo senza potergli fare male. Una delle poche cose che avevano tenuto Lucius al caldo nelle notti ad Azkaban era stato il pensiero di vedere Silente morto o in ginocchio di fronte al Signore Oscuro, di vedere finalmente la fine della sua corruzione del mondo magico, e di vedere i Malfoy di nuovo al loro legittimo posto. E invece Lucius era lì, con la bacchetta in mano, con la traiettoria sgombra e dritta fino a Silente, la mente e la magia del vecchio completamente concentrate sul cerchio… e Lucius non poteva fare assolutamente niente, poteva solo guardare la Esposito il più possibile per non impazzire al pensiero della sua impotenza.

Ma anche concentrarsi sulla Esposito non era molto confortante. Non con il suo risentimento strisciante al modo in cui la Guaritrice si era testardamente rifiutata di prendere in considerazione quasi tutte le alternative proposte dai suoi Guaritori. “Immorale,” aveva detto. E “inattuabile” e “possibilmente pericoloso” e “moralmente sospetto,” aveva detto, mentre Draco era in bilico tra la vita e la morte.

Gli incantamenti latini provenienti dai tre del cerchio interno sembravano adeguati a quello che stavano cercando di fare, ripetendo lo scopo riequilibrante dello stesso incantesimo, e fornivano una piacevole distrazione mentre il cerchio interno li conduceva al momento in cui tutti i suoi piani, tutto il suo lavoro sarebbe stato annullato. Dannato Silente, dannata Esposito e Chips per aver preso la sua parte, e dannato anche Draco per aver scelto di restare lì invece di andare dai Guaritori di Lucius–

No. Draco era malato. Draco non sapeva cosa stava facendo, non era responsabile della sua decisione.

Nelle sue condizioni Draco non poteva essere biasimato per aver scelto di fidarsi della Esposito più dei Guaritori sconosciuti di Lucius, solo perché quei Guaritori sconosciuti lavoravano per la loro famiglia. Naturalmente non ci si poteva aspettare che capisse che la Esposito, con tutta la sua presunta esperienza da specialista dei Legami, era solo una vecchia ciarlatana senza spina dorsale, e una vergogna per la Casa di Serpeverde. Come se un qualsiasi Sempreverde che si rispettasse proverebbe mai una soluzione così stupida quando erano disponibili alternative perfettamente funzionanti che non erano mai neanche state provate.

Almeno era una Serpeverde. Che dava al cerchio un po’ di equilibrio. Sei Grifondoro, sei Serpeverde, e la Chips l’unica Corvonero.

Si stava fissando su dei dettagli irrilevanti, si rese conto mentre la luce del cerchio interno cresceva e si stabilizzava. Stava disperatamente cercando di ignorare quello che stava succedendo. Perché stava succedendo eccome, ma ancora non voleva crederci. Erano tutti lì riuniti, e la magia stava aumentando, in attesa di attirarli tutti a sé, ma sembrava tutto un sogno, tutto distante. Come se non potessero davvero essere lì, non stessero davvero per fare quello che stavano per fare, non un gruppo di persone così disparate. Era una situazione troppo surreale.

Ed era anche una situazione troppo imprevedibile. Non avevano idea se l’incantesimo avrebbe funzionato, se suo figlio sarebbe sopravvissuto o meno, non aveva idea cosa sarebbe successo alla sua famiglia anche se l’incantesimo avesse funzionato. O cosa sarebbe successo a Draco; ora che il Legame aveva fatto di Draco un enorme rischio per Potter, ormai era solo la lealtà di Lucius per il Signore Oscuro che garantiva la protezione di Draco, e il Signore Oscuro sarebbe stato fuori di sé dalla rabbia una volta scoperto il tradimento di Lucius. E il modo più facile di vendicarsi di Lucius sarebbe stato colpirlo là dove era più vulnerabile…

Ovvero lo stesso punto debole di Harry Potter. Non c’erano parole adatte a esprimere quanto lo odiasse. Non c’erano parole adatte a esprimere la rabbia e l’amarezza che provava per la sua stessa impotenza; non aveva più controllo su quanto stava per succedere neanche rispetto al più umile dei Babbani.

Deglutì quando il cerchio interno si stabilizzò e il cerchio esterno iniziò a crescere.

“Sono Hermione Granger e unisco la mia magia alla tua,” disse la Nata Babbana, e la sua luce si unì al cerchio interno.

Lucius si morse il labbro, con la mente che gli andava a mille nonostante gli sforzi di calmarsi. Ogni nome era come un rintocco di campana che suonava per piangere la fine di tutto quello che aveva cercato di costruire, per così tanti anni. Oppure come un orologio che a ogni ticchettio si avvicinava inesorabilmente alla fine del futuro che aveva immaginato per se stesso e per la sua famiglia.

Hermione Granger, la cui stessa presenza in quella scuola era un oltraggio.

Pansy Parkinson, una brava ragazza Purosangue di buona famiglia, che avrebbe dovuto essere disconosciuta per quello che stava per fare.

Minerva McGranitt, ancora la stessa vecchia megera senza senso dell’umorismo che era stata fin dai tempi in cui Lucius era studente.

Blaise Zabini, figlio di una madre bellissima e mortale che era, grazie a Merlino, politicamente neutra, ma che avrebbe potuto aspettarsi un generoso pagamento o compenso da parte dei Malfoy in cambio delle azioni del figlio.

Ronald Weasley, il degno figlio di un padre ridicolo e patetico, per lo meno da quanto diceva Draco.

Narcissa Malfoy. Ecco un’altra persona a cui avrebbe voluto lanciare una fattura, cosa accaduta di rado in tutti gli anni trascorsi insieme, per aver condotto la loro famiglia in quel vicolo cieco. Per non averlo aiutato a convincere Draco ad andarsene da quel postaccio. Per essersi ribellata a tutto quello in cui lui credeva, per aver collaborato con i loro nemici, e per aver aiutato a creare l’incantesimo che avrebbero messo i Malfoy contro il Signore Oscuro.

La magia si stava avvicinando come un cappio attorno al collo, mentre la luce proveniente dalla bacchetta di sua moglie si univa a quella della Nata Babbana di fianco a Lucius.

Dopo che sarà finito avrò il tempo di pensare alle conseguenze, cercò di rassicurarsi. I Malfoy erano caduti e si erano rialzati molte volte, sotto la sua guida. Lo avrebbero fatto di nuovo.

Neville Paciok si stava ora unendo al cerchio; l’imbarazzo di tutti i Purosangue del mondo, in coppia con Pansy Parkinson.

Severus Piton, amico e alleato, unito con la McGranitt.

Remus Lupin, e ora il figlio di Lucretia Zabini, quel ragazzo d’oro, era unito al lupo mannaro.

E Lucius non aveva più tempo.

“Sono Lucius Malfoy e unisco la mia magia alla tua,” disse in tono piatto mentre la magia di Weasley si avvicinava alla sua, e Lucius si preparò a fare quel passo irrevocabile. Per amore di suo figlio, che non faceva che deluderlo praticamente ogni volta che prendeva un respiro, che era così indegno a ricevere la sua eredità. Per il quale ora Lucius doveva rinunciare a tutto, in modo da lasciargli niente.

Per suo figlio, che di nuovo aveva fatto la scelta sbagliata, scegliendo di stare lì, con Potter, che non era stato abbastanza coraggioso o intelligente da andarsene quando gliene era stata offerta la possibilità per provare a lavorare con i Guaritori assunti da Lucius. Ecco la persona per cui Lucius stava rinunciando a tutto, ecco la persona che avrebbe decretato la sua fine; il suo stesso figlio.

No, non Draco. Draco era innocente e non poteva essere ritenuto responsabile di nulla in quella storia.

Silente, però, e Potter…

Se solo avesse potuto attaccarli, una sola volta. Battere Silente, distruggere Potter come avrebbe dovuto essere distrutto sedici anni prima, fare qualcosa piuttosto che lasciare che il destino suo e della sua famiglia si allineasse con quei due.

Una volta sola, pensò mentre sentiva Weasley cercare con tutte le sue forze di trascinarlo nel cerchio. Una volta sola, lasciarsi andare e abbandonarsi all’odio. E non unirsi a quella farsa di un cerchio di guarigione, non rinunciare a tutto quello per cui aveva lavorato, per una cosa che probabilmente neanche avrebbe funzionato. Una volta sola

La Esposito mosse leggermente il cerchio interno, e lo sguardo di Lucius cadde sui due ragazzi privi di sensi.

Draco dormiva, gli occhi scuri, il viso più pallido del solito. I lineamenti, già affilati, erano ancora più netti a causa della malattia, della vicinanza alla morte. Lineamenti che una volta erano morbidi e rotondi, occhi chiusi che, quando aperti, erano così espressivi, così diversi da quelli di un vero Malfoy, e così spesso segnati da scontrosità o da ribellione…

E umorismo, e inaspettata intelligenza, e amore. Occhi che si erano fidati così spesso di lui; occhi che si erano impossessati di Lucius fin dalla prima volta che si erano aperti. Occhi che non riusciva a vedere chiusi per sempre.

Prese un respiro profondo e cedette alla spinta del ragazzo Weasley, unendo la sua magia al cerchio.

Non aveva mai avuto veramente scelta. Era da stupidi pensare altrimenti.

“Invochiamo la gioia e il dolore,” disse la Esposito, e Lucius si preparò, richiamando alla mente i suoi ricordi migliori e peggiori. Rimase sorpreso quando, nonostante prima si fosse preparato a ripensare al giorno in cui era venuto a sapere che era stato nominato membro del Consiglio Internazionale della magia, gli venne invece in mente un ricordo in cui prendeva Draco in braccio e lo faceva volteggiare in aria.

Che immagine sciocca. Fece per sostituirla con il ricordo che aveva preparato, ma gli sfuggì. Scrollò le spalle mentalmente e decise di proseguire. Dopotutto, a tutti era stato detto che, sebbene fosse una buona idea riflettere su quali ricordi usare per ogni coppia, probabilmente sarebbe stato più efficace usare qualunque ricordo fosse venuto in superficie al momento dell’incantesimo.

Gioia, e Draco, con la sua risata acuta infantile, gli occhi grigi spalancati dalla felicità, e Narcissa che sorrideva a entrambi, gli occhi azzurri pieni di un calore inusuale. Calore e un’inaspettata soddisfazione per aver dato così tanta gioia a suo figlio. Sapere che, senza neanche averci provato, poteva avere un effetto così grande su un altro essere umano. Sentirsi inspiegabilmente indegno al pensiero di essere l’eroe di suo figlio.

Così può bastare, e mise con decisione l’immagine da parte.

Il dolore era facile: Azkaban. Grigiore e fallimento e amarezza e paura, non c’era bisogno di andare a cercare chissà dove per trovare il suo più grande dolore. Che quel moccioso Weasley vedesse pure e gongolasse; non gli importava. Qualunque cosa pur di bloccare fuori della sua mente i piccoli sciocchi dispiaceri del ragazzino – scoprire che Cedric Diggory era morto, era quello il suo più grande dolore? E dire alla sua amica Nata Babbana che la amava era la sua più grande gioia? Patetico.

Lucius scosse la testa, infastidito, mentre le immagini che trapelavano dagli altri partecipanti del cerchio scorrevano ai limiti della sua coscienza. Indistinte e nebulose, ma persistenti, sfidavano i suoi sforzi di sbarrarle fuori. Una ragazzina Serpeverde alzava la Coppa di Quidditch sopra la testa – la Esposito, di sicuro. Se solo anche Draco avesse potuto provare quella soddisfazione; ma no, Potter gliela aveva portata via tutti gli anni, in un modo o in un altro.

A proposito di Potter – eccolo lì, steso a terra a piangere la morte di qualcuno, il cugino di Narcissa traditore del suo sangue, a quanto pareva. Lucius rimpianse brevemente di non poter avere la possibilità di gongolare come si doveva a quell’immagine. I suoi ricordi del periodo successivo all’Ufficio Misteri erano già abbastanza terribili; era bello vedere che anche Potter aveva sofferto.

Un bambino che frignava, nascosto al buio, di sicuro Paciok, e Lucius arricciò un labbro. Però… no, il bambino era – ebbe una fitta al cuore.

Deglutì quando l’immagine di Draco scoppiò a piangere e si raggomitolò a riccio, tremante, infuriato con se stesso per la sua debolezza, per i suoi fallimenti, per aver deluso Lucius.

Dio, Draco.

Ho fatto la cosa giusta, si disse, sebbene l’immagine non comunicasse perché Draco si era nascosto da lui. Qualunque cosa fosse successa quel giorno, Lucius aveva fatto la cosa giusta, perché Draco aveva bisogno di imparare la disciplina e la forza. Gli aveva fatto male, e anche a Lucius faceva male vederlo, ma a volte il dolore era necessario e spesso era uno strumento formidabile per raggiungere il bene comune. Non gli avrebbe fatto un favore se non avesse avuto la forza di ferirlo, quando Draco aveva bisogno di istruzioni o di essere corretto. Il dolore costruiva il carattere.

“Invochiamo la luce e il buio,” disse Madama Chips, e Lucius ripensò all’incantesimo Encandesca, che aveva imparato qualche anno prima. Un incantesimo difficile, che aveva lo scopo di trasformare la notte in giorno. Ripensò a un campo buio nel Surrey che tutto d’un tratto si illuminava. I Babbani avevano luci brutte e rozze per illuminare debolmente le loro strade. Encandesca era la luce del giorno.

Il buio: i sotterranei di Villa Malfoy, dove Lucius andava spesso per meditare e per esercitarsi negli incantesimi più difficili. Il buio era confortante, a modo suo, un contrappeso della luce. Era strano che il Buio fosse così temuto dagli sciocchi più deboli, che non capivano che affrontarlo e accoglierlo a braccia aperte e piegarlo al proprio volere voleva dire conquistare il potere.

L’idiota Weasley ricordò il buio di un capanno degli attrezzi, probabilmente nel buco dove vivevano i Weasley.

Un ragazzino magro e brutto rannicchiato al buio mentre un uomo e una donna si urlavano a vicenda. Lucius riconobbe la donna come la madre di Severus, e si girò dall’altra parte con tatto.

Draco e Potter, addormentati in un abbraccio, Potter con il viso premuto contro il collo di Draco, i capelli biondi di Draco in contrasto con quelli neri di Potter. Chissà da chi proveniva quell’immagine. Lucius si girò, disgustato, di fronte alla scenetta di pace e contentezza che mostrava quell’immagine.

La figlia di Parkinson stava pensando a un incantesimo Lumos, e sembrava che il lupo mannaro pensasse alla luna piena come rappresentazione sia della luce che del buio, il che era curioso. Si meravigliò brevemente della paura di Lupin per la sua trasformazione mensile. Che spreco. Fenrir Greyback gestiva la sua condizione in modo molto più pratico; certo, era bandito dalla società civilizzata, ma accettava il potere della sua condizione e la usava, a differenza di quel miserabile trasandato.

“Invochiamo il maschile e il femminile,” disse la Esposito, e Lucius osservò che quasi tutti gli altri pensarono a immagini di genitori o di coniugi. Arthur Weasley, splendido. E non era sicuro cosa sarebbe stato più sgradevole: il fatto che Weasley junior pensasse alla Granger, o se invece avesse pensato a quella sciatta di sua madre. Anche se, a quanto pareva, per lo meno la Nata Babbana non era male quando ci si metteva d’impegno; quel ricordo doveva venire dal Ballo del Ceppo, tenuto durante l’anno del Torneo Tremaghi. Peccato per quei denti.

Lucretia Zabini comparì un attimo con un lampo inquietante, e Lucius per poco non scoppiò a ridere di fronte all’immagine di Randolph Keitch, il famoso Battitore dei Falmouth, e una giovanissima MacGranitt che lo fissava, in adorazione.

Concéntrati, si disse, e richiamò l’immagine di suo padre. Freddo, severo e forte; un degno modello per chiunque. E Narcissa, il simbolo della grazia femminile e dell’eleganza.

“Invochiamo il passato e il futuro,” disse Silente. Lucius riportò la mente il più indietro possibile, alla morte di suo nonno, e si chiese brevemente se fosse Draco o Pansy a ricordare un litigio lontano tra i due. Lucius ricordava solo le urla che si erano sentite dalla stanza dei bambini, le espressioni preoccupate degli elfi domestici che separavano i bambini con le facce rosse, e Owen Parkinson che osservava che avrebbero fatto meglio a punire gli elfi domestici lontano da Pansy, perché la piccola stava imparando degli incantesimi che era meglio non mostrare fuori della loro cerchia intima. Era una tipetta precoce.

Un Silente molto più giovane parlava con uno studente lungo le scale, e Lucius arricciò la bocca dallo sdegno prima di accorgersi di chi fosse quello studente. Il Signore Oscuro. Si affrettò a ritirare la sua mente.

Il futuro sarebbe stato un argomento pericoloso, ma si sforzò di mettere da parte l’immagine del Signore Oscuro e si concentrò su tutto quello che trapelava dai tre che avevano una traccia della Vista. Una risata indistinta, un corridoio in ombra, un’occhiata scherzosa rivolta a – Lucius deglutì quando riconobbe il sorriso di Draco, che si manifestava così di rado.

Allora Draco sarebbe sopravvissuto.

A meno che Lucius non stesse male interpretando quello scorcio di futuro, e in realtà era solo una persona che somigliava a Draco. Quella vaga visione stava già svanendo, scivolandogli tra le dita, e mise subito in dubbio quello che aveva visto.

Un Marchio Nero nel cielo.

Quell’immagine era meno difficile da interpretare, e fece una risata tra sé e sé nel percepire il rigetto di Ron Weasley prima di riprendere di nuovo il controllo dei suoi pensieri e di sgombrare la mente per la prossima coppia.

“Invochiamo il dolore e il piacere,” disse la Chips.

Il dolore era facile, anche se Lucius non aveva granché voglia di richiamare quel ricordo. Il piacere, però… C’era il piacere del buon vino, del potere, della letteratura, e Lucius aveva preso in considerazione l’idea di pensare a uno di quelli, soprattutto considerando che sarebbe stato in coppia con Weasley durante l’incantesimo. Ma le immagini e i ricordi da evocare dovevano essere potenti, e il vino non sarebbe stato abbastanza.

Il travaglio di Narcissa gli lampeggiò nella coscienza; la gamba di Weasley che si spezzava dalla forza delle immense mascelle di un cane enorme; un lupo mannaro che correva nel bosco con un cervo e un grosso cane nero.

Aveva pensato di ricordare il piacere che aveva provato nel riuscire a eseguire incantesimi non tracciabili, tra i più difficili che avesse mai tentato. La consapevolezza dell’orgoglio di suo padre nei suoi confronti, così raro, la sicurezza di suo padre che la famiglia sarebbe stata in buone mani, quando se ne fosse andato. Ma probabilmente neanche quello sarebbe stato abbastanza. Le immagini che venivano dagli altri partecipanti sembravano tutte parecchio più intense.

Fece una smorfia di disgusto quando vide suo figlio premere le labbra su quelle di Potter per la prima volta nella sala d’aspetto di Silente. Era già stato brutto assistere indirettamente a quell’evento. Vedere il divertimento sul volto della Guaritrice e di Silente – persino di Severus – mentre percepivano l’attività proveniente dall’Incantesimo di Legame dei due ragazzi, per poi informarli di cosa stesse succedendo nella stanza accanto. Di certo non voleva assistervi in prima persona, neanche in un ricordo.

Si girò dall’altra parte, solo per ritrovarsi i due ragazzi di nuovo davanti, e stavolta molto più coinvolti – rifuggì quasi fisicamente a quello che stavano facendo, poi scansò l’imbarazzo con decisione e si consolò sentendo il lamento mentale di Weasley di fronte a quella scena.

Ma non era certo una cosa che voleva vedere, quindi si concentrò sul suo peggior ricordo di dolore. Sentì il bruciore del Marchio che gli penetrava nella pelle e sentì di nuovo anche le sue stesse grida per l’agonia che lo aveva travolto. Si costrinse a rivivere l’esperienza invece di spingerla via automaticamente, come aveva fatto tutte le volte che il ricordo era tornato in superficie negli ultimi venti anni. Si sentì vendicato e compiaciuto quando Weasley fuggì anche a quell’immagine.

E all’improvviso, spontaneamente, comparve un ricordo di piacere e prese il posto del dolore: un piccolo volto in miniatura, capelli biondi e sottili ancora umidi dalla nascita, occhi grigi e fumosi che si aprivano per la prima volta e guardavano Narcissa prima di chiudersi di nuovo, stretti stretti, mentre la bocca rosa, troppo piccola per essere vera, si apriva per emettere un debole vagito di fame. Lucius sentì una mano minuscola stringergli il dito e un brivido del tutto inaspettato lo percorse.

Si era aspettato di provare orgoglio. Si era aspettato soddisfazione, per essere riuscito con successo a mettere al mondo un erede dei Malfoy. Non si era aspettato l’ondata di amore e devozione che si trovò a provare per quella creatura minuscola che non aveva fatto assolutamente nulla per meritarsi quei sentimenti. Si era sentito a disagio, e si sentiva a disagio adesso, ma probabilmente questo bastava per gli scopi dell’incantesimo.

“Invochiamo il caldo e il freddo,” disse la Esposito, e Lucius tirò un sospiro di sollievo nel ricordare il calore della casa di un Auror Nato Babbano avvolta dalle fiamme, e la soddisfazione nel sapere che non avrebbe mai più rintracciato un altro Mangiamorte.

Weasley stava ricordando un Dissennatore che risucchiava tutto il calore di una carrozza dell’Espresso per Hogwarts, ma per Lucius il freddo era la cella di Azkaban. Sembrava che il freddo fosse rappresentato da Azkaban anche per Narcissa: un cortiletto dove lei era in attesa, tremante, di ottenere il permesso di entrare dalle arroganti guardie che si divertivano a mostrare il disprezzo che provavano per lei, per Lucius, per tutto quello in cui credevano.

Almeno le guardie erano umane, pensò Lucius con tetra soddisfazione. Quando Lucius era arrivato alla prigione, non era rimasto più neanche un Dissennatore sull’isola; erano stati tutti reclutati dal Signore Oscuro.

“Invochiamo l’amore e l’odio,” disse Silente, e la tensione nel cerchio crebbe vertiginosamente.

Amore e odio. La definizione più adatta per quel gruppo.

Lucius si concentrò e pensò a Narcissa, a Draco, a sua madre. Non cercò neanche di trattenere un ghigno derisorio quando vide un turbinio di capelli rossi e di facce lentigginose passargli nella mente, insieme a un lampo improvviso di capelli cespugliosi e a quella famosa cicatrice. Vide passare immagini confuse dei Parkinson, e poi diversi studenti – riconobbe, vagamente, se stesso da bambino, con il braccio ingessato, e non ebbe il tempo di capire da chi provenisse quell’immagine – e la fugace immagine di… qualcosa, un ragazzo che sembrava familiare, che usciva da una classe – ma non aveva il tempo di pensarci, le emozioni scorrevano con troppa velocità e troppa forza, e si preparò a concentrarsi sulla parte successiva, sicuramente la parte più difficile di tutto l’incantesimo.

Odio. Era fin troppo facile provarlo, e tutti sapevano bene che avrebbero dovuto controllarlo se non volevano che la situazione sfuggisse di mano.

Però era un sentimento talmente puro. Seducente, come una droga, brillante e pulito. L’odio per chi si opponeva a loro, per chi li voleva indebolire. Ed era difficilissimo mantenere il controllo sufficiente a trattenersi dal concentrare quella potente emozione sulle persone che facevano parte di quel cerchio. Invece cercò di pensare il più intensamente possibile a Peter Minus, quel vermiciattolo ripugnante che avevano dovuto accettare tra di loro. Pensò a Malocchio Moody e la sua feroce mania anti Arti Oscure che, sedici anni prima, gli aveva reso così difficile restare fuori da Azkaban e, l’anno scorso, uscire da Azkaban. Pensò agli Auror altezzosi che si erano divertiti a umiliarlo e a deridere la sua impotenza mentre era nella cella, piccola e fredda e buia, così – così simile a una stanzetta sotto a una rampa di scale… con uno shock, Lucius riconobbe una versione più giovane di Potter, riconobbe il ribollire dell’odio che sprigionava da Potter, verso… i suoi parenti Babbani?

Lucius scosse la testa, distratto, iniziò a indietreggiare, ma poi l’odio di Potter si concentrò su Severus – e Severus lo odiava di rimando – ma c’era una nuova intensità, quando l’odio di Potter e di Severus iniziò a fremere pericolosamente e si unì a – Lucius si accorse che l’odio di Weasley si unì a quello di Potter, e sentì l’odio del moccioso concentrarsi su di lui; la connessione che li univa rendeva le emozioni di Weasley più forti di quelle degli altri ed era insopportabile, il fatto che Weasley, in tutta la sua furia, ricordasse a Lucius uno dei suoi peggiori fallimenti: il viso sporco della sorella di Weasley, quella che non aveva fatto quello che avrebbe dovuto fare con il diario del Signore Oscuro e invece si era trascinata Potter con sé e aveva rovinato tutto. E Weasley non aveva neanche il cervello, né l’orgoglio Purosangue, per capire che era proprio il suo comportamento, e quello dei suoi genitori, che faceva di loro i nemici, e quindi i bersagli, di Lucius. Erano orgogliosi della loro corruzione del mondo magico, erano orgogliosi della loro vergognosa povertà e dei loro modi da traditori del sangue, e li voleva tutti morti, Weasley e suo padre e sua sorella e tutti i loro parenti pestilenziali, e tutti quelli come loro, come Paciok e i suoi patetici genitori, e Potter e i suoi patetici amichetti, e la rabbia e l’odio stavano crescendo, fiamme di disprezzo e disgusto si alzavano dalla figlia di Parkinson verso Paciok, e da Paciok e dalla Sporcosangue e da Severus e da Draco, l’odio viscerale verso Potter, Potter che lo odiava di rimando, e trascinava l’odio a livelli mai raggiunti, e c’era così tanto odio dentro di Lucius che avrebbe potuto lanciare una dozzina di Avada Kedavra, per incenerire Potter e tutti quelli come lui, e per liberare Draco dalle loro grinfie e da quell’orribile anatema – liberare tutti da quell’anatema che era Silente e tutte le sue idee da traditore del sangue e i suoi alleati, la furia e l’odio e la rabbia che crepitavano, fuori controllo, l’odio di Potter nei confronti di tutti pronto a esplodere e per dio Lucius gliel’avrebbe fatta pagare, fosse stata l’ultima cosa che faceva al mondo, lo avrebbe ucciso, e raccolse tutto il suo odio per concentrarlo–

“NO!”

Lucius per poco non si lasciò sfuggire un ringhio di rabbia per la distrazione; non aveva riconosciuto la voce che aveva urlato, non lo avrebbero fermato, non – ma poi lo stavano trascinando, non c’era altro modo di descriverlo; se fosse stata una sensazione fisica avrebbe detto che qualcuno lo aveva afferrato e allontanato di peso da Potter, ma non era proprio così, qualcuno stava bloccando la sua mente, stava cercando di bloccare il suo odio – chiunque fosse, lo avrebbe distrutto per poi tornare a uccidere il Bambino Sopravvissuto–

Altre voci si unirono alla prima, e Lucius riconobbe vagamente la magia di Ronald Weasley che strattonava la sua – il ragazzo era forte, doveva ammetterlo, e tenace, a giudicare da come lo teneva a bada, ma Lucius avrebbe potuto scansarlo via con un – solo che ci si era messo pure Severus, anche lui aveva cominciato a spingerlo via; Lucius bruciò di rabbia nel vedere il suo tradimento, e probabilmente sarebbe riuscito a sconfiggere anche Severus, ma ora a lui si unirono anche Silente e McGranitt e la figlia di Parkinson e Narcissa–

Linee di magia furiosa crepitavano sopra Draco e Potter

Oddio

I due ragazzi si stringevano in un abbraccio carico di odio e stavano per ammazzarsi

Potter colpiva Draco, gli lanciava una manciata di fango, Draco derideva Potter, gli augurava di morire

La magia era fuori controllo avrebbe ucciso suo figlio se qualcuno non la fermava veniva da loro e attraverso di loro e traeva il potere dall’odio di Lucius, dall’odio di tutti

Stava per distruggere suo figlio

Forse Draco aveva già subito danni irreparabili, bruciato dalla forza della magia malevola sprigionata da tutti loro negli ultimi minuti

Draco rompeva il naso di Potter, Potter distruggeva una finestra sopra Draco e cacciava un grido di rabbia

Lucius si sentiva sospeso a mezz’aria, e poteva vedere, inorridito, mentre Draco e Potter annegavano sempre più nell’odio e gli altri cercavano inutilmente di controllare il fuoco, Severus e Lupin e Chips e Zabini e Granger e Pansy e Weasley spingevano dei ricordi verso di loro, Draco che prestava un po’ di inchiostro a Potter, Potter che sorrideva a Draco, immagini di pace e di qualsiasi forma di affetto suo figlio e suo marito fossero riusciti a trovare l’uno per l’altro

Draco provava a lanciare una fattura a Potter sul treno

Lucius finalmente si mosse, cercando disperatamente di richiamare alla memoria quel poco che aveva, un’immagine di Draco e di suo marito che riposavano insieme in infermeria dopo che erano crollati, immagini dai primi giorni dell’incantesimo, il bacio nella sala d’aspetto di Silente, e le immagini dagli altri finalmente iniziarono a scorrere con più vigore

Draco scherniva Potter, ma la sua rabbia, in qualche modo, fu incanalata e diretta lontano dalla violenza fine a se stessa e verso qualcosa… di diverso

Potter afferrava con rabbia Draco e lo spingeva contro un albero

Draco faceva notare a Potter un errore nel compito di Aritmanzia

Potter passava a Draco la cravatta

E le linee di odio stavano lentamente scemando

Draco dava un calcio a Potter in un corridoio, poi si buttava al suo fianco e lo stringeva, Potter gli toccava il braccio e affrontava un Auror arrogante nell’infermeria, abbracciava Draco e gli sussurrava parole gentili e Draco si irrigidiva dal dolore

E giù

Draco accarezzava i capelli di Potter

Potter e Draco rientravano nelle loro stanze e crollavano sul divano, ridendo insieme, seguiti da Weasley, preoccupato, e da Pansy, molto divertita

E giù

E le linee erano quiete, stabili, la magia di nuovo sotto controllo.

La Esposito prese un respiro profondo e concesse a tutti qualche secondo per prendere fiato e calmarsi e trarre conforto dalla luce che brillava sopra di loro.

“Lucius Malfoy, ti libero dal cerchio,” disse la Esposito con voce calma, e Lucius sentì spegnersi la luce della sua bacchetta. Rimase qualche secondo in piedi a tremare, poi si rese conto che se non si fosse messo a sedere sarebbe molto presto caduto a terra. Crollò a sedere sulla sedia dietro di lui, grato, con il petto ansimante.

Cosa diamine aveva appena fatto?

Chiuse gli occhi, si appoggiò allo schienale e cercò di riprendere fiato. Sentì vagamente gli altri uscire dal cerchio, uno dopo l’altro, tutti sfiniti. Lupin. Severus. Paciok.

Il figlio di Arthur Weasley, che aveva visto così tanti dei suoi ricordi più intimi. Che aveva lottato con Lucius per fargli ricordare cosa stavano facendo – e per chi lo stavano facendo.

Narcissa era uscita; Lucius non riusciva a incontrare il suo sguardo. Non lo avrebbe mai perdonato. Oh, avrebbe detto che lo perdonava – era una grande esperta in diplomazia, etichetta, e cortesie di circostanza, proprio come lui. Ma nel più profondo del loro Legame, nel punto più importante, non avrebbe mai dimenticato e non avrebbe mai perdonato.

Chiuse gli occhi e cercò di svuotare la mente, riprendendo forza, mentre, uno dopo l’altro, gli altri venivano liberati, e infine il cerchio fu chiuso, ma la sua mente era un turbinio di immagini, di paura e di senso di colpa. E di orrore per quello che aveva quasi fatto.

Gli altri erano tutti esausti, chi più, chi meno; tutti quasi in silenzio, tranne le Guaritrici; Silente parlava a bassa voce con la McGranitt, ed entrambi sembravano dimostrare appieno la loro età, cosa che normalmente non succedeva. Pansy era vicino a Narcissa; sembrava volesse confortarla ma non sapeva bene come, la sua tipica compostezza Serpeverde scossa dalla paura e dalla stanchezza. Severus poggiava la fronte sulla finestra e fissava il campo di Quidditch, in meditazione.

Erano tutti tesi, nonostante la spossatezza; tutti risentivano degli effetti del disastro sfiorato e dell’incertezza sull’esito dell’incantesimo. Nessuno sapeva se quell’ultima coppia avesse rovinato tutto.

Non era possibile. Per poco la situazione non gli era sfuggita di mano, ma si erano fatti indietro prima di fare danni seri. Lucius si ripeté quel pensiero come un mantra, mentre le Guaritrici esaminavano i ragazzi, con le bacchette che tracciavano percorsi complicati e tremolavano alla luce delle candele.

Draco stava bene. La perdita di controllo di Lucius durante quell’ultima coppia non poteva averlo danneggiato.

Però, se lo avesse fatto, il Signore Oscuro se ne sarebbe di sicuro compiaciuto se Draco si fosse trascinato Potter con sé – Lucius rabbrividì, consapevole, vagamente, che quel pensiero era imperdonabile.

No. Stavano bene. Draco stava bene. Il Signore Oscuro avrebbe dovuto trovare un altro modo per occuparsi di Potter.

“Signora Malfoy?” chiamò la Esposito, e Narcissa corse al suo fianco. Lucius poté solo restare a guardare, impietrito, mentre la Guaritrice indicava un particolare tracciato della luce a Narcissa e alla Granger. Gli occhi di Narcissa si allargarono leggermente, le sue spalle si rilassarono e la Granger annuì, lo sguardo apprensivo che si trasformava in interesse intellettuale mentre la Guaritrice continuava a spiegarle i tracciati a bassa voce.

Stavano bene. Sarebbero sopravvissuti.

Narcissa annuì lentamente e si girò, lanciando con lo sguardo un silenzioso segnale a Lucius, che la seguì nel piccolo ufficio lì vicino.

“Si riprenderà,” disse a bassa voce, dopo che Lucius si chiuse la porta alle spalle.

Lucius annuì, esitante, incapace di interpretare le emozioni della moglie. Narcissa di solito non si abbandonava agli isterismi, ma quando c’era Draco di mezzo, era imprevedibile. Ma in quel momento non sembrava sull’orlo di una crisi di nervi. Si limitava a guardarlo con occhi distaccati, freddi.

“Avrebbe potuto morire,” disse con voce gelida.

Lui deglutì a fatica.

“E se fosse morto, tu saresti stato il prossimo,” disse. “Per poco non hai permesso a te stesso di uccidere il tuo stesso figlio. Mio figlio.”

“Narcissa–”

“No.” Sollevò una mano. “Non rivolgermi la parola, per qualche giorno almeno. Per tutta la sua vita, ti ho sempre lasciato fare quello che volevi. Ho lasciato che lo trattassi al pari di un elfo domestico, ho lasciato che lo intimidissi e lo ferissi e lo ignorassi, ma se provi a metterlo di nuovo in pericolo, spero tu sappia che ti ucciderò, lentamente e dolorosamente. E non mettermi alla prova,” disse, con la voce che cominciava a traballare.

“Non ho–”

“Ti ho detto di non parlare,” sibilò. “Tu–” si girò di scatto e si strinse con le braccia. “Avrebbe potuto morire.” Prese un respiro tremante. “Se non fosse stato per Ronald Weasley, Draco sarebbe morto. Per colpa tua. Perché tu odi Harry Potter più di quanto ami tuo figlio.”

Lucius si morse il labbro e scacciò dalla mente le parole di Narcissa. Non era vero. Lucius avrebbe trovato la forza di fermarsi, qualunque cosa avesse fatto Weasley; si sarebbe fermato, non si sarebbe spinto così tanto fino a fare del male a Draco–

Gli riaffiorò in mente, improvvisa e vivida, un’immagine di Draco, piccolo, che rideva dalla gioia mentre Lucius lo faceva volteggiare sopra la testa; i capelli biondi e sparpagliati che incrociavano un raggio di sole dentro la sua stanza mentre si sollevava in piedi appoggiandosi su un tavolino e sgambettava verso un elfo domestico; che gridava dalla felicità la prima volta che Lucius l’aveva fatto volare. Che stringeva Lucius forte mentre la scopa volava in alto, sempre più in alto, spaventato, ma fidandosi che suo padre non lo avrebbe fatto cadere.

Sbatté le palpebre, sorpreso, mentre gli si appannava la vista e sentiva una striscia di freddo sulla guancia; sollevò una mano e sentì del bagnato sulle dita. Le guardò, confuso, e gli si strinse il petto, e gli si strinse la gola e un singhiozzo premeva per uscire fuori.

Chiuse gli occhi e abbassò la testa, con le lacrime che scorrevano lungo il viso, le labbra strette, e si sforzava con tutte le forze di mantenere il controllo. Il silenzio nella stanza era interrotto solo dai suoi respiri rumorosi.

Narcissa stava alla finestra; il suo volto non tradiva alcuna emozione di fronte al subbuglio che imperversava dentro Lucius.

E altri pensieri traditori tornavano in superficie, più velocemente di quanto Lucius riuscisse a scacciarli; pensieri che gli sussurravano che la fiducia di suo padre era stata malriposta, che aveva causato la caduta del nome dei Malfoy e più in basso di così non poteva andare. Che era stato etichettato come un criminale perché aveva fallito nel servire un potente mago Oscuro, che ora aveva tradito. Tradito per un figlio che poi aveva quasi ucciso con la sua debolezza. Fallimento, vergogna, debolezza, cantilenavano le voci, ovunque si girasse, e il suo stesso corpo lo tradiva e minacciava di travolgerlo con il bisogno di piangere per i suoi fallimenti e per la paura di quello che per poco non aveva fatto a Draco–

Il viso severo di suo padre gli tornò in mente, ricordandogli silenziosamente che era un Malfoy e la cosa che i Malfoy riuscivano a fare al meglio era mantenere il controllo. Gli ricordò che un fallimento non ne giustificava un altro e che, qualunque sbaglio avesse commesso, Lucius non avrebbe aumentato la sua vergogna dando voce al suo dolore.

Con un brivido, mise a tacere le voci. Soppresse senza pietà le lacrime che minacciavano di uscire, i tremori. Afferrò e si tenne stretto il suo orgoglio Malfoy.

Infine si schiarì la voce e si raddrizzò. Si costrinse a girarsi verso Narcissa e a non trasalire di fronte al gelido disprezzo nei suoi occhi.

Narcissa lo scrutò con attenzione, arricciò le labbra e gli passò la bacchetta sopra il volto. Lucius sentì uno strano formicolio e si rese conto che probabilmente Narcissa stava facendo scomparire ogni traccia della sua perdita di controllo. Lo esaminò con occhi freddi, aggrottò brevemente la fronte, poi si passò la bacchetta sul suo stesso volto, fino ad avere gli occhi cerchiati di rosso e le guance paonazze.

Si schiarì la gola e si diresse verso la porta, poi lo aspettò ed estese un braccio in modo che lui potesse prenderlo e accompagnarla fuori dal piccolo ufficio: il ritratto perfetto di un marito calmo e di una moglie sconvolta.

Tornarono di fuori ad affrontare gli altri.

ooooooo

FINE

  
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