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Autore: heliodor    26/04/2020    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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È questa la nostra forza (-10)

 
La tenda del re era affollata quel giorno. Oltre a lei, erano presenti Erix, Bryce, Alion e una mezza dozzina di comandanti.
E re Andew.
Era stato lui a convocare quella riunione dopo che i primi soldati e mantelli erano tornati al campo. Per la maggior parte erano feriti o moribondi. Una parte più piccola erano fuggitivi o disertori.
Erix aveva proposto di ucciderne uno su dieci per punirli del loro tradimento, ma Alion si era opposto.
“Meglio giustiziarli tutti” aveva suggerito il re di Malinor. “Un disertore è un disertore e resterà tale per il resto della sua vita.”
“Ci servono soldati e mantelli” aveva replicato Erix. “Per l’imminente battaglia.”
“Io non scenderò in battaglia fianco a fianco di codardi e rinnegati” disse uno dei comandanti, lo sguardo rivolto verso Bryce.
Gladia gli scoccò un’occhiataccia. “Tu sei Valian Darbell, vero?”
Lo stregone raddrizzò la schiena e la fissò con aria di sfida. “E tu sei Gladia l’inquisitrice.”
“Mi chiamano anche l’assassina. O la stella rossa, come il sangue dei nemici che ho versato.”
Valian non smise di fissarla con astio. “Ora che ci siamo presentati c’è qualcosa che vuoi dirmi, inquisitrice?”
“Voglio solo rammendarti cosa è accaduto due giorni fa, Valian. Eri presente alla sentenza?”
“Come tutti i comandanti” rispose.
Gladia annuì. “Ricordi che cosa è stato deciso?”
Valian annuì. “Che Roge il rinnegato venisse esiliato.”
“Prosegui.”
“E che l’accusa di diserzione verso la strega dorata è una menzogna priva di ogni fondamento.”
“E cosa è stato stabilito?” lo incalzò.
Valian deglutì a vuoto. “Che chiunque osi dire che la strega dorata è una rinnegata sarà sottoposto a processo ed esiliato a Krikor.”
Gladia annuì di nuovo. “Credo che la decisione sui rinnegati spetti a re Andew.”
Il re assunse un’espressione grave. “Li posizioneremo nelle prime file, in modo che possano dimostrare il loro valore sul campo di battaglia.”
Re Alion sorrise. “Li mandi incontro a morte sicura. È una scelta che condivido.”
“Almeno moriranno servendo l’alleanza” disse Gladia. “Ci sono altre cose di cui dobbiamo discutere.”
Un inserviente entrò nella tenda. “Maestà, eccellenze” disse rivolgendo un saluto ai presenti. “Una pattuglia è appena tornata. E non sono soli.”
“Altri sbandati?” fece re Alion annoiato. “Dateli alle guardie e che li tengano nei recinti fino alla battaglia.”
“Maestà” disse l’inserviente con tono incerto. “Chiedono di parlare con voi.”
 
Appena fuori dalla tenda, Gladia cercò con lo sguardo le due figure che sostavano a pochi passi di distanza. Riconobbe subito quella alta e slanciata di Vyncent di Londolin. Aveva solo un accenno di barba e anche se i capelli color platino erano scarmigliati e disordinati, non aveva perso molto del suo fascino.
Ora capisco perché Bryce è innamorata di lui, si disse.
Prima ancora che potesse muovere un passo, Bryce la superò di corsa e si fermò solo davanti a Vyncent, che la fissò come inebetito.
La principessa si gettò verso di lui e gli cinse le spalle con le braccia. Lui la strinse a sé e rimasero in quella posizione per qualche istante.
Gladia notò che un passo più indietro Sibyl volgeva lo sguardo altrove, come se fosse infastidita da quell’abbraccio.
Sibyl, si disse. È sopravvissuta anche a Nazdur. Dannazione, quanto ho sottovalutato questa strega selvaggia?
Decise di andarle incontro per toglierla dall’imbarazzo della scena che stava avvenendo accanto a lei.
“Tu” disse con tono allegro. “Credo di doverti un favore.”
Sibyl la fissò stupita. “Io?”
“Hai messo in salvo Bardhian e riportato indietro Vyncent.”
Il suo viso si illuminò. “Bardhian è qui?”
Gladia annuì. “E non ha smesso un solo giorno di chiedere se una pattuglia ti avesse ritrovata. Era sicuro che fossi andata anche tu con un portale, ma dice che quel certo Halux non era molto abile.”
“Halux non c’entra” disse Sibyl. “Ed è stato un eroe. Se siamo qui lo dobbiamo solo a lui. Io ho solo causato disastri.”
“Vyncent” gridò Bardhian arrivando in quel momento. Si lanciò sul suo mentore strappandolo all’abbraccio di Bryce.
Vyncent si aggrappò a lui stringendolo a sua volta. “Sei cresciuto. Ed è barba quella che vedo sul tuo mento?”
“Ce l’ho sempre avuta” disse il principe di Malinor sciogliendo l’abbraccio. Solo allora sembrò notare Sibyl. “Ci sei anche tu.” Andò ad abbracciare la strega, che si ritrasse indietro di un passo prima di cedere. “Halux deve averti spedita lontana. Lui dov’è? Codardo com’è si sarà certamente nascosto da qualche parte.”
“È stato più coraggioso di quanto pensi” disse Sibyl. “Poteva inviare solo un’altra persona con il suo portale. E ha scelto me.”
Bardhian la fissò serio in viso. “Mi spiace. Eravate amici.”
“Io non ho amici” disse Sibyl. “E tutti quelli che cercano di esserlo fanno una brutta fine.”
Re Andew, Erix, Alion e i comandanti che occupavano la tenda uscirono uno alla volta. L’ultimo fu il re.
Gladia notò il viso di Sibyl che si illuminava e gli occhi che diventavano più chiari, come se qualcosa luccicasse al loro interno.
“Vyncent di Londolin” disse il re. “Bentornato.”
Vyncent si inginocchiò. “Maestà.”
“Qui sono solo il comandante di un esercito dimezzato” disse re Andew. “Puoi risparmiare le cerimonie.” Alzò gli occhi verso Sibyl. “È quella chi è?”
“È Sibyl” disse Vyncent. “La strega rossa.”
Re Andew annuì grave. “Ho sentito parlare di te. Mi aspettavo di incontrare una strega matura e invece sei solo una ragazzina.”
Sibyl arrossì.
“Se venite dal campo di Malag, dovete dirmi ogni cosa” disse il re rivolgendosi a Vyncent.
“Lo faremo” disse lo stregone. “Ma prima voglio sapere come sta Joyce e dove si trova.”
L’espressione del Re divenne triste. “Lei non è qui. Pensavo lo sapessi.”
“Dov’è allora?”
“Se lo sapessi, andrei io stesso a prenderla.”
Vyncent abbassò gli occhi. “Malag ha giurato di averla rimandata al tuo campo.”
“Non dovresti fidarti della parola di un rinnegato. Ora vieni nella mia tenda. Voglio che mi racconti tutto quello che è accaduto.”
Vyncent gettò una rapida occhiata a Sibyl.
Re Andew si voltò e indicò la strega rossa con un cenno della testa. “Anche tu.”
Sibyl entrò nella tenda con passo incerto.
Bryce l’affiancò. “Vyncent sembrava così convinto di trovare Joyce qui. Strano che si sia fidato della parola di Malag.”
“A vote vogliamo credere anche a ciò che è impossibile, pur di avere una speranza.”
Gladia entrò nella teda seguita dagli altri.
Vyncent e Sibyl erano in piedi uno di fianco all’altra. Davanti a loro re Andew li scrutava con attenzione.
“Inizia a parlare tu, Vyncent.”
“Persym mi aveva catturato a Malinor, dopo che Gressen mi aveva scambiato per Klarisa.”
“Adesso è morto se può farti stare meglio” disse re Alion. “Ucciso da Marq Occhi Blu.”
“Il rinnegato?” fece Vyncent sorpreso.
“Ha sorpreso anche me.”
“Continua” disse re Andew.
“Poco dopo la caduta di Malinor, Persym mi propose un accordo. Andare a nord per incontrare Malag e ucciderlo tentando di avvelenarlo.”
“Un’azione disdicevole anche nei confronti di un rinnegato” disse Erix con tono severo.
“Ma vista la situazione, comprensibile” aggiunse re Andew.
“Viaggiai con Desmodes, un orfariano e Ronnet.”
“Mio figlio?” fece re Alion. “Che ne è stato di lui?”
“Si è incoronato re” disse Vyncent.
“Questo lo sapevo già. Klarisa mi ha informato.”
“È ancora convinto di essere re” disse Vyncent. “Era al campo di Malag quando siamo partiti.”
“Penseremo a lui dopo” disse re Andew. “Dimmi qualcosa di importante, Vyncent. Quanti soldati hanno? E quanti mantelli? Hanno subito molte perdite?”
“Credo che il loro numero sia più che dimezzato” disse Vyncent. “Anche se non posso esserne del tutto certo. Mentre ci allontanavamo ho intravisto molti feriti e mutilati.”
“Questa è una buona notizia” fece Erix stringendo i pugni. “Se li attaccassimo adesso potremmo batterli facilmente.”
Re Andew annuì deciso. “Prepareremo subito un piano di battaglia. Entro due o tre giorni al massimo muoveremo verso di loro e…”
“Malag ha proposto una tregua” disse Sibyl con voce tremante.
Tutti gli occhi si rivolsero a lei. Quella frase aveva sorpreso persino Gladia, che già pensava alla battaglia imminente.
“Una tregua?” chiese re Andew. “Adesso che sente la sconfitta vuole una tregua?”
“È chiaro che l’arcistregone ci teme” fece re Alion sogghignando. “È davvero il momento giusto per attaccarlo.”
“No” fece Sibyl. “Non lo è affatto.”
Alion la squadrò da capo a piedi. “Perché questa ragazzina ci parla come se fosse uno dei nostri comandanti? Se non il comandante di questo esercito?”
“Perché io ho visto i Colossi di Persym e voi no, a parte Bardhian” rispose la strega rossa.
Re Alion fece per dire qualcosa ma si trattenne. “Li ho visti anche io.”
“Da lontano, forse” disse Sibyl. “Altrimenti ora sapresti che sono loro il vero nemico e non i rinnegati di Malag.”
Alion rimase in silenzio.
“Sappiamo già delle battaglie di Nazdur e di Malinor…” iniziò a dire Erix.
“Non sono state battaglie” esclamò la strega rossa. “Ma stragi. I Colossi travolgono tutto ciò che incontrano. Non combattono contro soldati e mantelli. Li calpestano. E quello che ha attaccato Nazdur… lui era il peggiore di tutti…” La sua voce si fece incerta. “Mangiava le persone. Voi non avete idea di cosa sono capaci. Non ne avete idea.”
“Quello che dice Sibyl è vero” disse Bardhian facendosi avanti. “Io li ho visti e combattuti.” Scosse la testa. “Non sarà facile distruggerli.”
“Eryen potrebbe farcela” disse Gladia.
“Contro uno di essi” replicò Sibyl. “Ma contro tre? Insieme?”
“Ci servirà tutto l’aiuto possibile contro quei mostri” disse Bardhian. “Persino quello del nostro peggior nemico, a questo punto.”
“Non è una decisione che spetta a voi prendere” disse Erix. Guardò re Andew.
“Devo rifletterci attentamente” disse il re. “Aggiorniamo a domani questa riunione. Voi due intanto riposatevi e mangiate qualcosa.”
“Me ne occuperò io” disse Bryce scortando fuori dalla tenda Sibyl e Vyncent. Bardhian li seguì.
Rimasti soli, Gladia prese la parola. “Non vorrai davvero considerare la tregua proposta da Malag, spero” disse rivolgendosi a re Andew.
Lui la guardò accigliato. “Dici che non devo fidarmi della parola di Bardhian?”
“Devi fidarti di noi” disse Gladia.
“Giusto” le fece eco Erix. “Siamo i tuoi comandanti e consiglieri.”
“Allora consigliatemi. Ho un esercito appena sufficiente per sferrare un solo attacco contro uno dei miei nemici. Se attacco Malag, Persym ci distruggerà. Se attacco Persym, sarà Malag a finirci, se sopravviviamo. Che alternative ci restano?” Guardò Alion. “Tu hai affrontato i Colossi sul campo di battaglia.”
“Ero nelle retrovie” disse il re di Malinor. “Ma ricordo bene che cosa accadde. Eravamo sicuri di sfondare lo schieramento nemico, quando venimmo respinti. Pensai a una ritirata strategica, ma alla fine venimmo letteralmente travolti da soldati e mantelli che fuggivano terrorizzati. Quasi tutti quelli che avevano affrontato i Colossi morirono in quella battaglia. Quelli che vedi qui sono fuggiti ancor prima di scontrarsi con essi.”
Re Andew sospirò. “Avete altre idee da suggerirmi?”
“Affrontiamo l’arcistregone adesso che è debole” disse Erix. “Anche l’inquisitrice è d’accordo con me.”
Gladia annuì. “È la scelta giusta da fare.”
Andew si grattò il mento. “Concediamoci un altro giorno per pensarci sopra e poi decideremo. La riunione è sciolta.”
Fuori le ombre della sera si stavano allungando e Gladia aveva fretta di tornare alla sua tenda per riposare e poi tornare da Vyncent e Sibyl per farsi raccontare tutto ciò che sapevano sull’esercito di Malag e i Colossi.
Quando scostò il velo e i suoi occhi si furono adattati alla penombra, notò una figura seduta sulla stuoia.
“Robern” esclamò sorpresa. “Come hai fatto a passare inosservato?”
“Le guardie erano distratte e io sono piuttosto abile. Sembra ci sia stata agitazione al campo. È accaduto qualcosa di importante?”
“Prima dimmi come procede il nostro piano.”
Lo stregone scosse la testa. “Non sono riuscito ad avvicinarmi. C’era una battaglia in corso e Malag era sotto stretta sorveglianza. Ho dovuto rinunciare.”
Gladia soppesò con attenzione le parole da dire. “C’è una cosa che devi sapere.”
Lui le rivolse un’occhiata perplessa.
 
***
 
Suo padre la guardò con severità, come faceva a volte quando voleva rimproverarla, tanto tempo prima a Valonde.
Adesso erano lontani migliaia di miglia da casa e lei aveva un viso diverso, ma la situazione non era cambiata di molto.
Era ancora la ragazzina che aveva commesso una marachella e veniva ripresa dal padre.
Solo che la marachella che aveva fatto quella volta era costata la vita a migliaia di persone e poteva portare alla morte di altre migliaia.
Eppure, non era riuscita a trattenersi. Doveva pronunciare quelle parole. Le erano uscite dalla gola quasi contro la sua volontà.
Aveva detto quello che riteneva giusto e poi aveva lasciato che fossero quelle persone a decidere.
Non posso fare altro, si disse.
Suo padre aveva rimandato ogni discussione al giorno seguente, lasciandoli liberi di andare. Joyce era uscita dalla tenda con la mente in subbuglio e a stento si era resa conto della folla che li attendeva all’esterno.
La maggior parte sembrava lì per rallegrarsi con Vyncent e abbracciarlo. Venne trascinato quasi dalla folla in un turbine di abbracci e strette di mano.
Vide Bryce al suo fianco confondersi tra quella folla e chinò il capo. Quando lo rialzò, ebbe un sussulto.
Davanti a lei c’erano tre figure in piedi. Elvana la scrutava con sguardo severo, come aveva fatto suo padre poco prima.
La ragazza dagli occhi obliqui – Shani, si chiama Shani, si disse – le rivolse un’occhiata annoiata.
E infine Oren, con un’espressione a metà strada tra lo stupore e il sollievo.
“Lo sapevo” disse andandole incontro. “Lo sapevo che non eri morta.”
Joyce si concesse un mezzo sorriso.
Almeno sta bene, si disse.
Non aveva avuto molto tempo per pensare a Oren mentre era impegnata a Nazdur con Joane e l’addestramento, ma adesso sentì quel timore che aveva represso e nascosto sciogliersi e sparire.
Oren si fermò davanti a lei, quasi in attesa di una sua risposta.
Joyce si limitò ad annuire. “Sono viva” disse. “Avete recuperato il corno di Adrax?”
“Purtroppo no” disse Oren. “Siamo dovuti tornare indietro perché Shani è stata maledetta.”
Anche lei? Si chiese Joyce. Ora siamo in tre.
“E adesso come sta?”
“Bene” disse Shani. “Oren si è occupato di me. È stato molto caro.”
Lo immagino, pensò Joyce.
“Dovete raccontarmi tutto.”
Elvana la colpì alla spalla strappandole un grido di dolore e di sorpresa.
“Questo è per essere andata via senza avvertirmi.”
“Mi spiace” disse. “Non c’era molto tempo.”
Lo sguardo di Elvana si rilassò. “Lo so. Oren mi ha raccontato tutto. Ma se fossi venuta da noi, da me, ti avremmo aiutata. Siamo un gruppo, dannazione. È questa la nostra forza.” Sbuffò, come se volesse trattenere qualcosa dentro di sé. “Devi raccontarmi tutto quello che hai fatto dopo che ci siamo separate. Di quell’idiota di Bardhian non mi fido. Dice cose assurde.”
“Quali cose?”
“Che sei stata addestrata da Joane di Barakzah. La Stella Nera.”
Joyce sorrise. “È vero. Joane e io siamo diventate amiche, in un certo senso.”
 “Dimmi tutto” disse Elvana con tono inquisitorio.
“Prima vorrei fare un bagno” rispose. “E mangiare qualcosa.”
 
Joyce sedette al lungo tavolo tra Oren e un guerriero di Valonde che non conosceva. Accanto alla guardia del corpo sedette Shani. Elvana invece si piazzò davanti a lei, osservandola con sguardo serio.
Un paio di valletti posarono dei vassoi pieni di carne e verdura ma nessun cucchiaio o coltello per tagliarle.
“Devi usare le mani” disse Elvana. “Le posate sono un lusso qui al campo.”
Joyce scrollò le spalle. Il bagno si era rivelata una pessima idea. Non c’erano bagni al campo a parte quelli che tutti usavano per i propri bisogni. Per lavarsi si usavano tovaglie bagnate nei pochi ruscelli che scorrevano lì attorno. In quella stagione l’acqua era fredda e le aveva arrossato la pelle, ma almeno adesso era pulita.
Il valletto mise una caraffa d’acqua davanti a lei e un bicchiere di legno e se ne andò. Joyce lo riempì con calma nonostante lo sguardo impaziente di Elvana.
“Allora Joane? L’hai conosciuta davvero?”
Joyce annuì mentre masticava un boccone di carne. Era dura e insipida, ma almeno non era secca e stantia.
“Parlami di lei.”
“Bardhian non ti ha detto niente?”
“Non mi fido di lui. È davvero sua madre?”
Joyce annuì.
Elvana scosse la testa. “Non ti rendi conto di quanto sei fortunata.”
Joyce le rivolse un’occhiata di traverso.
“Joane è una leggenda vivente. La strega suprema della sua generazione. Tutti lo sanno.”
“Credevo fosse Marget di Valonde la strega suprema” disse Joyce senza sollevare gli occhi dal piatto.
Elvana batté il pugno sul tavolo facendo sobbalzare piatti e picchieri. Un paio di soldati alla sua sinistra le rivolsero un’occhiataccia e continuarono a mangiare e parlare tra di loro.
“Io non sono affatto d’accordo” disse la strega. “Marget è forte, ma Joane è di un altro livello, tutti lo sanno. Ovviamente che resti tra di noi. Se Bryce venisse a sapere che penso certe cose di sua madre se la prenderebbe. Conto sul vostro silenzio. Anche il tuo, Oren.”
“Io non dirò niente” disse Oren.
Joyce si limitò a grugnire qualcosa.
“I Colossi” disse Elvana sporgendosi verso di lei. “Li hai visti da vicino?”
“Anche troppo.”
“Sono così terribili come dicono?”
“Anche di più.”
Elvana appoggiò la schiena contro la sedia. “Va bene, non hai voglia di parlarne. Lo capisco, ma ci servono informazioni. In pochi li hanno visti in azione. Non sappiamo nemmeno quali sono i loro poteri, se ne hanno.”
“Sono enormi” disse Joyce. “E forti. Uno lancia sfere infuocate come se fossero dardi. Un altro divora le persone. Il terzo non l’ho visto in azione.”
Elvana la fissò interdetta. “Mangiava le persone?”
Joyce annuì.
“Deve essere stato orribile” disse Oren. Le appoggiò la mano sul braccio e lei lo ritrasse subito, come se quel contatto l’avesse ustionata.
“Scusami” si affrettò a dire.
Oren ritirò la mano.
Joyce non osò guardarlo, ma poteva intuire la sua delusione.
Sta solo cercando di consolarmi, si disse. Ma non mi serve essere consolata.
“Se c’è qualcosa che possiamo fare” iniziò a dire Shani.
“Restate vivi” disse Joyce alzandosi di scatto.
E stare lontani da me, pensò. Tutti quelli che mi sono vicini tendono a morire. Mythey è morto per salvarmi. Fredi è morta perché ero troppo sicura di me. Halux, Kallia e Joane sono morti perché si sono fidati di me. Marq è quasi morto ed è stato torturato e chiuso in una dannata gabbia perché è venuto a cercare me. In centinaia sono morti a Theroda perché sono una stupida. E a migliaia sono morti a Roxarr perché ho commesso lo stesso errore. E chissà quanti altri moriranno domani o tra una Luna perché ho suggerito a mio padre di fidarsi di Malag.
Per un attimo i volti di tutti quelli che non c’erano più sembrarono circondarla e premere su di lei, come a volerle rendere conto di cosa era accaduto.
Mia è la colpa, mia è la responsabilità per la loro morte, si disse. Joane aveva ragione.
Combatti da sola, muori da sola, sentì la voce della strega riecheggiare nella sua mente.
“Stai bene?” le chiese Elvana preoccupata.
Solo allora si rese conto di essere in piedi con le mani appoggiate sul tavolo e la testa chinata in avanti.
Si raddrizzò a fatica. “Sono stanca. Per il viaggio e tutto il resto. C’è una tenda dove posso riposare?”
“Gladia te ne ha assegnata una” disse Elvana. “Se vuoi ti accompagno.”
“Dimmi solo come arrivarci.”
 
Joyce raggiunse la tenda quando era già buio e i soldati stavano accendendo i primi fuochi per la notte.
I comandanti passavano in rassegna le truppe e gridavano ordini mentre stabilivano i turni e le zone di guardia.
Joyce scostò il velo della tenda, ansiosa di gettarsi sul giaciglio e avvolgersi in una coperta di lana.
All’interno, colse una sagoma accucciata nell’ombra. Evocò i dardi magici, pronta a scagliarli contro il nemico.
“Accogli sempre in questo modo gli amici?” domandò una voce.
Joyce si rilassò. Evocò una lumosfera rivelando il viso dal naso adunco e il mento appuntito dell’uomo seduto sulla stuoia a gambe incrociate.
“Sei tu che ti presenti sempre come un assassino in agguato” disse con tono stanco a Robern.
Lo stregone sospirò. “Mi spiace, ma non potevo rivelarmi. Qui al campo sono di fatto un intruso e non verrei accolto in modo amichevole.”
“Anche perché eri un servitore di Malag. Se non lo sei ancora.”
“Ho smesso di servirlo anni fa” disse con tono triste. “Ma hai fatto bene a nominarlo. È di lui che voglio parlare.”
Joyce si accigliò.
“Lo hai incontrato.”
Non era una domanda, ma un’affermazione.
“Tre volte” disse. “E in una l’ho quasi ucciso. Con la spada di Bellir.”
“Cosa vi siete detti?”
“Niente di importante in verità. È solo un vecchio.”
“Non lasciarti ingannare. Se ti è apparso in quella forma era perché voleva che tu la pensassi in quel modo.”
“Può cambiare forma? Come un demone?”
“Ti ho già detto che è solo un uomo” disse Robern con tono aspro. “La prima volta che vi siete incontrati? Parlamene.”
“Non avevo questo viso” disse Joyce. “Ma il mio.”
“Che cosa ti ha detto?”
“Si è scusato con me e mi ha rimandata indietro.”
“E dopo? La seconda volta?”
“È successo alla fortezza di Torfaran, durante la battaglia. L’ho affrontato con la spada di Bellir e l’ho ferito.”
“Solo perché lo hai colto di sorpresa. Quando è successo eri Sibyl, non è vero?”
Joyce annuì.
“E anche la terza volta.”
“Sì. Ed è stata la più strana.”
“Che cosa è accaduto?”
Joyce ricordava bene quel colloquio. “Cosa non è accaduto, piuttosto. Pensavo che mi avrebbe uccisa o costretta a rivelare la mia identità.”
“E invece?”
“Mi ha detto di non togliermi la maschera.”
Robern annuì grave. “Cerca di portarti dalla sua parte.”
“Perché?”
“È il suo modo di agire. Cerca sempre di trasformare un nemico in un nuovo alleato.”
“E se non ci riesce?”
“Lo elimina.”
Joyce sentì un groppo alla gola. “Mi ha raccontato una strana storia riguardante Bellir, ma non se credergli.”
Robern si alzò. “Non devi fidarti di lui.”
“Non mi è sembrato che stesse mentendo. Se fosse vero, tutta la leggenda di Bellir sarebbe una grossa menzogna.”
“Joyce” disse lo stregone con tono grave. “Se lo incontrerai di nuovo, non dovrai ascoltarlo. Non credere a una sola parola di quello che ti dirà.”
“La prossima volta che lo avrò di fronte, lo ucciderò” disse decisa.
“No” fece lui perentorio. “Se puoi, evitalo. Tieni a mente le mie parole. Se cederai, anche solo per un istante, sarai perduta per sempre.”
“Mi teme perché sa che sono una maga, vero?”
Robern si limitò a fissarla.
“Sa che sto usando il compendio di Arran Lacey. È per questo che ha paura di me. Sa che Arran aveva trovato il modo di batterlo e teme che possa farlo anche io.”
“Malag lo ha sconfitto, mi sembrava di avertelo già detto.”
“Non importa. Io troverò il modo di batterlo.”
“Se lo affronti adesso non vincerai. Dammi ascolto.”
Ti ho già dato ascolto molte volte, si disse. E guarda dove sono finita. Posso fidarmi di te?
Aveva pensato a lungo a un modo per capire se poteva fidarsi di Robern, fin da quando aveva parlato con Joane di una certa questione.
Ora poteva mettere alla prova quanto aveva appreso.
“Se vuoi che ti ascolti, devo fidarmi di te” disse.
“Ti ho mai tradita, Joyce?”
“Ho un piano per uccidere Malag.”
“Che piano?” chiese lui.
“Per ora non posso parlartene, ma voglio coinvolgere anche Gladia, l’inquisitrice.”
“Sei sicura di poterti fidare di lei?”
“Non lo so” disse cercando le parole giuste. “Tu credi?”
Robern sembrò esitare. “L’inquisitrice sembra seguire un suo piano per quanto riguarda Malag.”
È il momento, pensò.
“Sembri sapere molto su di lei. La conosci?”
“Solo di fama.”
Joyce guardò verso l’uscita. “Credo dovresti andare. Tra poco il campo sarà pieno di guardie e di pattuglie.”
Robern la fissò per qualche istante. “Ricorda le mie parole.” Si avvicinò al velo che chiudeva la tenda e lo sollevò. Un attimo dopo sparì oltre di esso.
Joyce si avvicinò al giaciglio e vi si lasciò cadere sopra. Impiegò solo pochi minuti per scivolare in un sonno leggero e senza sogni.
Si svegliò di soprassalto, sicura che qualcuno fosse entrato nella tenda.
Robern è tornato? Si chiese confusa. O Malag ha mandato un assassino a uccidermi?
Quell’idea le era balenata nella mente poco prima di addormentarsi, ma si era confusa nel dormiveglia e non ci aveva ragionato troppo sopra.
“Sei sveglia?” domandò una voce dall’esterno.
Anche se attutita dal tessuto della tenda, la riconobbe subito. Era quella di Bryce.
Si assicurò di avere la trasfigurazione ancora attiva prima di dirle: “Sono sveglia. Entra pure.”
Bryce si infilò nella tenda e nel buio poté cogliere la sua espressione accigliata. Sedette con le gambe incrociate davanti a lei. “Hai mangiato qualcosa? Hai fatto un bel bagno?”
“Immagino che Elvana ti abbia detto tutto” disse Joyce.
“Elvana non è la mia ancella” disse lei. “E non fa la spia. Se osassi chiederle di fare una di queste due cose, mi beccherei un dardo in una gamba, come minimo.”
“Sì, ne sarebbe capace” disse Joyce divertita.
“Non voglio rubare tempo al tuo riposo” disse sua sorella. “Ma c’è una cosa che devo sapere subito.”
Joyce aveva temuto quel momento. Era felice di aver rivisto Bryce, ma al tempo stesso era arrabbiata con lei per la questione dei voti nuziali che aveva scambiato con Vyncent.
Era un pensiero che non riusciva a cancellare dalla mente fin da quado Bardhian gliel’aveva riferito.
Aveva cercato di dimenticare impegnandosi nell’addestramento con Joane e nel seguire gli sforzi di Halux, ma era servito solo a distrarre la sua mente, non a cancellare il ricordo.
Ma non era di quello che Bryce voleva parlarle. Per lei era solo Sibyl, la strega selvaggia che Elvana aveva addestrato a Malinor.
“Hai detto una grossa menzogna a Vyncent, mentre eravate con Malag” disse Bryce. “Lo hai sconvolto a dir poco. Vyncent non merita di essere illuso in quel modo.”
“Mi spiace” disse cercando le parole giuste.
Bryce sospirò. “Voglio sapere perché lo hai fatto” disse con tono deciso. “E cerca di essere convincente, perché a causa del tuo inganno Vyncent era quasi propenso ad accettare la proposta di Malag.”
“Era la cosa giusta da fare in quel momento” disse Joyce.
Anche lei aveva riflettuto sulla menzogna che aveva detto. Sapeva che Vyncent ne sarebbe rimasto deluso, ma aveva pensato in fretta e aveva trovato solo quella soluzione.
“Era giusto mentirgli e illuderlo?”
“Illuderlo?” fece Joyce accigliata.
“Tu non sai quanto tiene Vyncent a mia sorella.”
“Non vi siete scambiati i voti nuziali a Orfar, dopo la battaglia?”
Bryce arrossì. “Questo non ti riguarda, ragazzina.”
Invece sì, avrebbe voluto dirle, ma per ora era sufficiente averla messa in imbarazzo.
E magari si sentirà anche un po’ in colpa, si disse.
“Io non ti sto giudicando” le disse.
Anche se potrei farlo, pensò.
“Vorrei ben vedere” fece Bryce indignata. “Ora spiegami il motivo di quella menzogna.”
“L’ho detta per salvare il tuo amato Vyncent” disse con tono secco.
Bryce sembrò vacillare. “Come intendevi salvarlo, se lo hai ingannato?”
“Vyncent sarebbe rimasto lì se non gli avessi detto che la sua promessa sposa è ancora viva. Era intenzionato a sfidare Malag e farsi uccidere, per lei.”
“Lo avrebbe fatto davvero?”
“Credo di sì” disse Joyce tentando di nascondere la propria soddisfazione. “Era davvero in pena per la povera principessa perduta, abbandonata da tutti, persino da sua sorella.”
“Attenta a come parli.”
“Ovviamente lui non ti dirà mai quanta pena provava per lei. Per non ferirti, credo. In fondo Vyncent è leale e valoroso, ma questo lo sai meglio di me.”
Bryce si alzò di scatto. “Se lo hai fatto per salvarlo” disse respirando a fondo. “Io ti ringrazio e ti devo delle scuse. Ma non osare più parlare di certe cose con quel tono. Tu non sai niente.”
“Sono io a chiedere scusa a te” disse Joyce assaporando quella piccola vittoria.
Bryce fece per uscire.
“È strano” disse Joyce.
Bryce si arrestò sulla soglia della tenda. “Cosa?”
“Non mi hai fatto nessuna domanda sulla principessa Joyce. Non mi hai nemmeno chiesto se l’ho vista davvero, mentre ero al campo dell’alleanza.”
Bryce strinse i pugni e senza voltarsi scostò il velo della tenda guadagnando l’uscita.
Joyce osservò il velo ondeggiare per qualche minuto, poi si distese sul giaciglio. Stavolta impiegò meno tempo per addormentarsi.
 
***
 
Roge si lasciò andare sedendo sulla roccia. Anche se era dura e scomoda, era l’unico appoggio nelle vicinanze. Poco lontano scorreva un rigagnolo dove aveva riempito la borraccia, ma il problema era il cibo.
Non aveva più pane e la carne secca stava finendo. E non aveva idea di dove fosse. Aveva camminato per tre giorni dirigendosi verso occidente, convinto di trovare una strada che lo conducesse a Odasunde o Azgamoor, ma aveva incontrato solo praterie desolate che si estendevano per decine di miglia in ogni direzione.
“Mi hanno portato nella parte sbagliata” disse ad alta voce svuotando uno stivale pieno di sabbia.
Dovevo aspettarmelo, si disse. In fondo son un rinnegato ed è del tutto normale mentire a un fuorilegge.
Era certo che non fossero quelli gli accordi presi da Gladia. L’inquisitrice aveva la fama di essere terribile e implacabile, ma non ingiusta. Se aveva emesso quella sentenza, era certo che avesse dato disposizioni precise su dove condurlo e quante scorte dargli.
Era chiaro che i bravi soldati e mantelli di Valonde avevano un modo diverso di trattare i rinnegati.
Ricordava una volta, anni prima, quando si era appena consacrato, di aver sentito di una strega rinnegata che aveva portato disonore al circolo.
I decani si erano riuniti e per voce di Khone avevano decretato la sentenza. Esilio per la rinnegata.
Quello che era successo dopo la sentenza non era molto chiaro. La strega era scomparsa quella notte stessa e nessuno l’aveva più vista. Non era chiaro se fosse fuggita o se fosse stata imprigionata o uccisa.
Era scomparsa e nessuno si chiedeva dove fosse.
Tranne Roge.
Lui voleva sapere. Non che gli importasse di quella persona che nemmeno conosceva bene se non per averla intravista di sfuggita qualche volta alla mensa.
Era solo curioso come tutti i ragazzi appena consacrati che non conoscevano la vita del circolo. Così aveva chiesto in giro, ricevendo risposte elusive se non dei veri e propri ammonimenti.
Persino Razyan, che era uno stregone adulto e rispettato, gli aveva opposto il silenzio.
“È meglio se non fai troppe domande in giro” gli aveva detto mentre tornavano a palazzo. “Potresti dare fastidio a qualcuno.”
“Sono solo curioso.”
“Tieni per te la curiosità.”
Ma Roge non era capace di farlo e così aveva domandato a Galef, che solo da poco era diventato uno stregone di livello superiore, guadagnandosi il rispetto dei più anziani.
“Non chiederlo a me” aveva risposto. “Ho fatto anche io qualche domanda senza ricevere risposta. E io conoscevo anche Delmina di persona.”
“Una persona non può sparire senza lasciare traccia.”
“Lascia perdere” disse Galef. “Sembra che a nessuno piaccia parlare di questa storia.”
“Da qualche parte deve pur essere andata.”
“Dimenticala, segui il mio consiglio.”
“E se tornasse? È pur sempre una rinnegata. Potrebbe far del male a qualcuno.”
Galef aveva scosso la testa e da qual momento non aveva più risposto alle sue domande su Delmina.
Della rinnegata si era persa ogni traccia e non se ne parlò per una Luna, quando venne ritrovato un corpo nel fiume.
La bocca di un canale era ostruita impendendo il passaggio delle barche dalla darsena al molo, così alcuni pescatori si erano immersi per vedere cosa bloccasse l’ingresso, scoprendo tra i detriti i resti di qualcuno che era annegato tempo prima.
Il corpo aveva il viso sfigurato ed era stato impossibile riconoscerlo, ma Roge aveva da subito sospettato che si trattasse di Delmina.
Ne aveva parlato con Galef qualche giorno dopo.
“Ti ho già detto di dimenticare questa storia” lo aveva ammonito lui. “Se fai troppe domande attirerai sospetti anche su di te.”
“Chi dovrebbe sospettare di me?”
“Se ti interessi troppo a una rinnegata è inevitabile attirarli. Lo sanno tutti.”
“Secondo te si è uccisa o l’hanno gettata nel canale dopo che era morta?”
Galef gli aveva rivolto un’occhiataccia. “Dimentica questa storia. A nessuno importa niente di una rinnegata. Forse era lei o forse no. Forse è stata uccisa o forse ha deciso di morire per la vergogna. Nessuno lo saprà mai.”
A nessuno importa di un rinnegato, pensò Roge.
Dopo che l’avevano abbandonato sull’altopiano, aveva pensato che qualcuno si sarebbe chiesto che fine avesse fatto.
Poi aveva ricordato Delmina e la sua sorte ancora ignota.
A nessun sarebbe venuto in mente di pensare a lui. Era come morto. Peggio che morto. Dimenticato da tutti, come se non fosse mai esistito.
Cancellato dalla realtà.
Fissò il suo viso riflesso nell’acqua.
Io esisto, si disse. Sono qui e sto andando da qualche parte. Ma dove? Ad Azgamoor cosa mi attende se non la morte? Lì non vogliono gli stregoni e il priore non gradirà il fallimento. Potrebbe decidere che non gli sono utile o che non vale la pena immischiarsi nelle faccende di Roge il rinnegato. Potrei ritrovarmi a intasare un canale, uno di questi giorni.
Odasunde era un’altra meta possibile. La città era un porto molto trafficato ed era certo che nessuno l’avrebbe notato. Non aveva più il suo mantello azzurro e poteva mescolarsi con il traffico di pellegrini che andavano e venivano. Magari sarebbe riuscito a salire su di una nave.
Ma per dove? Si chiese.
L’oriente era l’unica meta ragionevole. Lì a occidente c’erano la guerra e l’alleanza, col rischio di essere riconosciuto. Il continente maggiore era da escludere. Le città orientali gli erano sconosciute, ma potevano essere un rifugio sicuro.
Per un po’.
Non riusciva a non pensare alla povera Delmina e ai suoi ultimi giorni.
Dopo la sentenza era andata al fiume con l’intenzione di gettarsi in acqua? Si chiese. O vi era scivolata per caso? O qualcuno, magari mantelli del circolo, avevano deciso che la sua colpa era troppo grande e doveva essere punita con la morte piuttosto che con l’esilio?
Lo chiese di nuovo a Galef una Luna dopo il ritrovamento del corpo, quando pensava che la notizia fosse ormai dimenticata.
Lui sembrava nervoso. “Hai chiesto a qualcuno oltre me?”
“No” rispose.
“Sei sicuro di non aver fatto troppe domande in giro?”
“Sono stato zitto.”
Galef si era guardato attorno. “Ne parliamo un’altra volta, ma non qui. A palazzo, quando avremo entrambi un permesso per tornarci. Nel frattempo resta in silenzio e tieniti per te le domande, intesi?”
Tre Lune dopo avevano avuto entrambi il permesso di rientrare a palazzo per un paio di giorni e Roge era andato dal fratello.
Galef stava addestrando Bryce mentre Joyce li osservava da un angolo della sala, l’espressione annoiata.
Sedette accanto a lei. “Niente libri da leggere oggi?”
“Ho letto tutto quello che c’era nella biblioteca.”
“Mentre tornavo ho visto un carro fermo davanti al negozio di Ayluin il libraio” disse.
Il viso di Joyce si illuminò. “Davvero? Gli hanno portato qualche novità? Dei nuovi romanzi?”
“Non ne ho idea, ma potrei passarci più tardi, prima che chiuda.”
“Sarebbe meraviglioso.”
“Lo so, ma c’è un problema” disse scuotendo la testa.
“Cosa? Se è per i soldi non è un problema, posso darti delle monete. Ne ho messe da parte un po’.”
“Non è quello. È che devo parlare con Galef.”
“È lì che sta addestrando Bryce.”
“Lo so, ma devo parlargli in privato. Noi due da soli.”
Joyce si era accigliata.
“Se tu, con una scusa, potessi allontanare Bryce per un po’, io non dovrei aspettare la fine dell’addestramento e potrei passare da Ayluin prima che chiuda.”
“Non puoi passarci domani di prima mattina?”
“Devo tornare al circolo” aveva mentito. In tasca aveva un permesso di tre giorni. “È un vero peccato. Mi sa che dovremo rimandare di un paio di Lune e chissà se il libraio avrà ancora quei romanzi che gli sono arrivati.”
“Ti prego” aveva piagnucolato Joyce con gli occhi lucidi. “Sarebbe davvero importante per me.”
“Anche parlare con Galef da solo lo è. Per me” disse con tono grave. “Puoi aiutarmi?”
Joyce si era morsa il labbro inferiore. “Quanto tempo ti serve?”
“Un’ora andrà bene.”
Joyce aveva marciato verso i due che si stavano scambiando dei dardi magici. Non appena l’aveva vista, Galef si era arrestato, facendo un rapido cenno con la testa a Bryce.
Joyce si avvicinò alla sorella maggiore. “È successa una cosa terribile” disse con tono allarmato. “Mythey mi ha mandato un valletto. Dice che Arasne è stata male per tutta la notte.”
Arasne era la cavalla che Bryce aveva ricevuto in dono due anni prima e che accudiva nelle stalle del palazzo.
“Ma l’ho controllata ieri sera” aveva detto Bryce. “Stava bene.”
“Ma desso sta male” aveva insistito Joyce. “Mythey ha chiamato i valletti ma dovresti venire anche tu. Nel caso accadesse qualcosa di brutto.”
Bryce aveva rivolto un’occhiata supplice a Galef, il quale aveva sospirato. “Un po’ di risposo ti farà bene. Ma torna qui appena hai finito.”
Roge aveva atteso che le due ragazze fossero andate via prima di avvicinarsi. “Dimmi quello che sai su Delmina.”
Galef gli aveva rivolto un’occhiata sospettosa. “Arasne non ha niente, vero?”
Roge si era stretto nelle spalle. “Ne avranno per un’ora al massimo. Il tempo che Bryce si renda conto che la sua puledra non ha niente.”
“Hai reso Joyce complice di un inganno.”
“Sì e dovrò comprarle almeno una mezza dozzina di libri per compensare. Adesso dimmi quello che hai scoperto.”
Galef aveva sbuffato. “È solo una voce e deve restare tale.”
“Il segreto morirà con me.”
Lui lo aveva guardato di traverso.
“Cosa ho detto di male?”
“Non ti conviene scherzare su certi argomenti” aveva risposto Galef serio. “Se si venisse a sapere, verrebbero puniti i responsabili e tutti quelli che sapevano. Anche noi.”
“Siamo i figli del re. Non ci faranno niente.”
“Anche la principessa Maylin la pensava allo stesso modo.”
Maylin la Peccatrice era famosa, nella sua famiglia. Era vissuta duecento anni prima, durante un periodo turbolento della storia di Valonde. La ragazza, sedotta da un principe straniero di Akrakor, aveva complottato contro il circolo cercando di indebolirlo ma era stata scoperta. Nel processo si era difesa sostenendo di aver fatto gli interessi della sua casata, i Valonde. Al che i giudici le avevano risposto che lei era lì in quanto consorella del circolo. E l’avevano condannata a morte.
Suo padre Theduin aveva accettato con rassegnazione il verdetto e l’aveva confermato, anche perché era uno dei giudici che l’aveva emesso.
“Starò zitto. Hai la mia parola d’onore di principe e confratello.”
“Sai chi è Wena?”
Roge aveva scavato nella sua memoria trovando solo qualche vago ricordo e un paio di conversazioni alle quali non aveva prestato molta attenzione.
“È importante?”
“La sua amicizia con Delmina era nota a molti, anche se era vietato parlane. I decani non lo vietano e nemmeno le regole del circolo, ma a volte capita e fanno finta di niente.”
“Continua.”
“Sai chi è Sige, almeno?”
“Quello lo conosco bene” aveva risposto Roge.
Sige era uno stregone sui trent’anni, tanto arrogante quanto severo. Tutti quelli che l’avevano avuto come guida si erano lamentati dei suoi modi spesso brutali.
Il fratello di Aimon, uno dei suoi migliori amici, lo aveva avuto come guida e ne era uscito devastato. Una volta aveva corso il rischio di perdere un braccio a causa dell’addestramento.
“Era la guida di Delmina” aveva aggiunto Roge.
“È una cosa importante?”
“Sì, se la tua allieva diventa una rinnegata.”
“Che cos’ha fatto Delmina di così terribile?”
Aveva sentito delle voci, ma nessuna conferma ufficiale.
“Pare che abbia attaccato Sige durate l’addestramento. Nel processo ha giurato che si stavano addestrando e che quando lei ha sconfitto la sua guida, lui è andato su tutte le furie minacciandola se lo avesse raccontato in giro.”
“Immagino che se lo sia lasciato sfuggire.”
Galef aveva annuito. “Con la sua amica Wena, che poi l’ha raccontato ad altri e così via, mettendo in ridicolo Sige.”
“Così lui ha accusato Delmina.”
“Questo è quello che ho sentito. I decani sapevano della contesa, e hanno deciso di esiliare la poverina invece di condannarla a morte. Pare che Khone si fosse anche opposto a qualsiasi condanna, ma che fosse in minoranza. In fondo Delmina aveva mancato di rispetto alla sua guida e andava punita.”
“Con l’esilio?”
“Sono tempi duri. Si parla di una guerra imminente e i decani non vogliono debolezza e insubordinazione nel circolo. Per questo sono stati così severi con lei.”
Roge si era fatto pensieroso. “Ma ciò non spiega la sua morte. Se Delmina si è uccisa…”
“Io non credo che le cose siano andate così. Wena pensa che Sige l’abbia attirata in trappola, forse offrendole un chiarimento e il perdono davanti ai decani. E che poi l’abbia uccisa.”
“Wena ha detto questo? Se è così verrà esiliata anche lei.”
“È stata molto attenta. Sono solo voci e se qualcuno provasse ad accusarla, rischierebbe di venire accusato a sua volta di infangare l’onore di una consorella.”
Galef aveva scosso la testa. “Che storia assurda. Forse dovremmo informare nostro padre. Lui potrebbe fare qualcosa.”
“No” aveva detto Galef con tono perentorio. “E ti consiglio di dimenticare questa storia.”
“Non ho alcuna voglia di mettermi nei guai, ma mi chiedo una cosa.”
Galef lo aveva guardato di traverso.
“Quella Wena secondo te che cosa farà con Sige? Potrebbe fargliela pagare?”
“Se lo farà, ne pagherà le conseguenze” aveva detto suo fratello. “E ora vai a chiamare Bryce e fammi finire il suo addestramento per oggi.”
Anni dopo, Wena aveva ottenuto la sua vendetta su Sige piantandogli un dardo nella schiena.
Finirò anche io così? Si chiese fissando il viso dai lineamenti delicati e la barba appena abbozzata riflesso nell’acqua. Qualcuno verrà a cercarmi per vendicarsi? O sarò io a cercare vendetta?
Si raddrizzò.
No, pensò. Io non sono quel tipo di persona. Ho pagato per ciò che ho fatto, forse anche più di quanto meritassi. Delmina voleva porre rimedio al suo comportamento incontrando Sige? Sperava davvero di essere perdonata se gli avesse chiesto scusa in ginocchio? Forse anche io avrei dovuto gettarmi per terra e chiedere perdono a mio padre? Lo avrebbe convinto a perdonarlo?
Una volta, forse Razyan o Galef, parlando del re di Valonde gli avevano detto che non era incline al perdono.
Nemmeno verso sé stesso.
Può una persona che non riesce a perdonarsi, perdonare a sua volta? Si chiese. Io potrei farlo, ma mio padre? È il suo perdono che cerco? E come posso ottenerlo? Fuggendo via come un ladro?
Roge volse lo sguardo a oriente, dove il sole stava tramontando.
Lady Gladia lo aveva interrogato a lungo sui Colossi e lui aveva risposto con quello che sapeva. Li aveva visti da vicino quando aveva attraversato quel portale e adesso erano qui.
Lui era l’unico ad aver fatto quel viaggio e a trovarsi vicino al campo di battaglia ora che stavano per attaccare.
Forse Persym non si aspetta che io sia presente, pensò. Per lui sono solo un rinnegato che può scappare o morire in un canale. Forse posso sorprenderlo. Forse usano un portale simile a quello per evocare i Colossi. E se mi trovassi lì quando lo faranno, potrei usare quel portale per… cosa?
In quel momento non gli veniva in mente nulla, ma le sue gambe, quasi contro la sua volontà, si mossero verso il sole morente.
Forse così otterrò il perdono, pensò. Non di mio padre o dei miei confratelli, ma il mio.
E in quel momento era tutto ciò che gli importava.

Nota
Come potete vedere, è partito ufficialmente il countdown.
Per cosa, potete immaginarlo anche da soli ;)

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